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Autore: Duncneyforever    05/02/2017    1 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Il mio risveglio avviene come al solito, tra le forti braccia di Schneider, il quale da qualche giorno a questa parte sembra mostrare un lato di sè più dolce e umano; non posso esserne sicura, ma credo che il rosso si sia affezionato a me anche più di quanto non voglia ammettere. Ieri notte siamo entrati in camera con il sorriso sulle labbra, ma la sua sfacciataggine come al solito ha rovinato tutto: dovevo mettermi il pigiama, ma lui proprio non ne voleva sapere di girarsi dall'altra parte; essendo molto pudica mi vergognavo tantissimo e non solo per il fatto che fosse lui, ma anche per il fatto che fosse un uomo e, se a casa mia tendevo a coprirmi anche davanti a mia madre, cosa avrei fatto se lui mi avesse vista mezza nuda... di certo sarei morta dall'imbarazzo. Per risolvere la questione mi sono voltata io dall'altra parte, ma non ho risolto molto dato che ha comunque avuto una buona visuale del mio posteriore; gli ho intimato di stare zitto e violacea dalla rabbia e dall'imbarazzo mi sono infilata sotto le coperte, mentre il rosso ancora si mordeva il labbro dall'estasi; ha appoggiato il mento sul mio capo e mi ha stretta prepotentemente a sè, contatto che ci fece calare il sonno dopo poco tempo. Ora sto riponendo le mie poche cose in valigia e contemporaneamente mi sto vestendo, poiché pare che il tempo a nostra disposizione scarseggi e pare anche che il treno per l'Italia parta tra meno di un'ora e che alla suddetta stazione ci dobbiamo ancora arrivare. Non ho neppure il tempo di salutare Ariel come si deve, perché con il colonnello nei dintorni non possiamo dialogare più di tanto. Scendo le scale a fatica, con la valigia che mi ostacola i movimenti e che per poco non mi fa ruzzolare per terra, fino a quando Rudy non mi solleva da terra con il bagaglio ancora in mano e mi accompagna all'auto parcheggiata fuori: ancora sospesa come una baguette, mi sistemo sul sedile anteriore e avvicino le mie cose al grembo, poi guardo il tedesco con sorpresa e stupore.

- Was ist passiert? Dovevamo sbrigarci - e detto ciò si accomoda sul sedile accanto e mette in moto, come se nulla fosse accaduto, poi prende la strada opposta al campo e non stacca un attimo gli occhi dalla strada, fin quando non scorge la stazione in lontananza; io mi ero addormentata, anche perché il grigiore del paesaggio non offriva un bel vedere, se non il filo spinato, le torrette e il fumo nero del lager non molto distante... ogni tanto qualche chiazza di verde e qualche albero distoglievano dall'orrore della soluzione finale e Oświeçim pareva quasi una normale cittadina polacca immersa nelle campagne. Il tocco di Rudy mi risveglia e mi intima di prepararmi a scendere dall'auto: una notevole quantità di crucchi sostano alla stazione, alcuni sorvegliano le zone vicine, altri aspettano il treno, dilettandosi in chiacchiere con i compagni, anch'essi in divisa. Appena scesa mi avvicino al colonnello, poichè da subito noto che egli gode di grande rispetto e che quindi ogni soldato sul nostro cammino si sofferma e protende il braccio in sua direzione, recitando il saluto nazista. " Heil Hitler " e " Sieg Heil " mi riempiono le orecchie fino all'arrivo definitivo del treno sul binario; siamo i primi a salire. Mi aggiro in cerca di un bel posto tranquillo in cui sedermi e finalmente lo trovo nella penultima carrozza, accanto ad una benestante famiglia composta da padre, madre e figlie adolescenti. Il rosso mi raggiunge poco dopo, lamentandosi del fatto che io sia praticamente scappata senza attenderlo. La nostra conversazione attira l'attenzione della figlia minore che, dopo averci sentito parlare in italiano, mi invita a scambiare quattro chiacchiere con lei, mentre lo sguardo languido del rosso si posa sulla scollatura della sorella maggiore la quale, accorgendosene, ridacchia divertita e risponde alle avance di lui con altrettante moine. 

Che schifo, mi viene da pensare, e parlando con Greta mi rendo conto che non sono l'unica a pensarla in questo modo. Pian piano scopro che la sua famiglia non è tedesca, bensì austriaca, di un paese a confine con il Trentino e che quindi lei, oltre al francese, ha studiato anche l'italiano. Lei e la sorella Cecilie non vanno molto d'accordo, ed è proprio Greta a lamentarsi della sua natura civettuola; ogni tanto ci voltiamo verso i due " piccioncini " e quasi ci sale su il vomito. 

- I tuoi genitori non dicono niente a riguardo? - Sussurro, verso la sedicenne. 

- Macchè, sono fedelissimi al partito.. Scommetto che sarebbero felici di avere un alto ufficiale nazista sotto la gonnella della loro primogenita. Sia mai che ci guadagnino qualcosa, magari una buona parola - sorride, ironica, indicando la sorella seduta sul grembo di Rudy. - Quello come lo conosci? Per caso, ha un qualche interesse per te? Ho visto come ti teneva stretta prima. - 

- Storia lunga, non mi farei mai neanche sfiorare da un individuo del genere... Hai visto che maniaco? Dormiamo solo nello stesso letto, nulla più. - 

- Quindi non... - Assottiglia gli occhi nocciola, alludendo ad un certo genere di cose. - È un bell'uomo, in fondo e tu non sembri troppo bambina per la tua età. - 

- Bello sì, ma stronzo, non immagini quanto! Mai, te lo assicuro - e proprio mentre dico ciò vediamo il rosso sussurrare qualcosa all'orecchio di Cecilie, qualcosa che la fa arrossire e contorcere su se stessa; poco dopo i due si alzano, la ragazza lo trascina per il corridoio fino alla porta del bagno, ove li vediamo scomparire. 

- Gleah - esclamiamo entrambe, mentre i genitori si guardano l'un l'altra con un mezzo sorriso malizioso sulle labbra. Ora capisco perché Greta mal parli di loro: sono davvero avidi, di denaro e potere, tanto da concedere la figlia ad uno sconosciuto di cui non sanno assolutamente nulla soltanto perché porta la croce di ferro al collo. Ribrezzo, vergogna proverei al posto loro. Passa un quarto d'ora, mezz'ora, un'ora... incuriosite ci avviciniamo un po’.

- È passato un secolo! Il tuo non-uomo ci sa proprio fare, fossi in te non me lo lascerei scappare! - Sghignazza lei, tirandomi una leggera gomitata sul braccio.

- Tua sorella può pure tenerselo! Chi lo vuole... Le notti in Polonia sono state un inferno! Hai idea del concerto che mi sono dovuta ascoltare? - Mi basta fare un altro passo per sentire dei forti gemiti e il frastuono di corpi sbattuti sulle pareti poco spesse della piccola stanza. Indietreggio e mi volto disgustata verso di lei - non provi nulla sapendo che è tua sorella? - 

- So come è fatta, le piace divertirsi, ma non è cattiva... - Alza le spalle, per poi voltarsi di scatto verso la porta - meglio andare - corriamo in fretta, quasi inciampando sui nostri piedi, prima di atterrare disordinatamente sui sedili. Ridiamo vivacemente quando li vediamo arrivare, a stento tratteniamo le risate. Cecilie ci fulmina con lo sguardo, mentre finisce di sistemarsi il vestito, mentre negli occhi grigi di Rüdiger scorgo soddisfazione e aria di sfida. 

Il giorno dopo siamo costretti a salutare la famiglia Stein, io decisamente più rattristata del tedesco, poichè in questa ragazza avevo davvero trovato una buona confidente e ammetto che mi rende infelice sapere che non la rivedrò più... Anche lei sembra dispiaciuta di questo 

- ci siamo divertite, dopotutto - spezzo la tensione, ricordando gli avvenimenti del giorno prima. 

- Sì ma... Tienitelo stretto... Fossi in te ci farei un pensierino - mi dice all'orecchio, facendomi un occhiolino, scendendo dal treno e sparendo tra la folla. Mi volto verso il rosso, poi di nuovo verso il finestrino e vedo la ragazza dai lunghi capelli biondi agitare la mano verso di noi, o meglio, di lui:

- deduco che ti sia divertito. Un’ora in quello sgabuzzino? Devi averle provate tutte!- Mi appoggio con il gomito al finestrino e sbuffo sonoramente, pensando a quante cazzate avrà detto in merito per convincere la ragazza.

- Gelosa? - 

- Ti piacerebbe Rothaarige. - 

Ci siamo stuzzicati per i due giorni successivi fin quando, finalmente, non abbiamo visto uno scorcio di Italia dal vetro del treno. Ora sono spaparanzata sulle ginocchia del rosso, abbiamo appena terminato la colazione e non dovrebbe mancare molto all'arrivo; non saprei dire esattamente dove siamo, ma dalle campagne verdeggianti, dai vigneti, dai caseggiati caratteristici e dai tiepidi raggi del sole direi che ci troviamo in Toscana o nell'alto Lazio. Ricordo bene la strada, l'ultima volta è stata l'estate scorsa: ogni anno, infatti, con i miei genitori attraversiamo l'Italia da nord a sud per andare in vacanza. Dodici lunghissime ore di auto, che grazie a lettore CD, IPad, S3 mini ed auricolari paiono quasi un'oretta scarsa. Qui non ho molto, se non la compagnia di un ufficiale nazista insopportabile e ninfomane.. La nota positiva è che le sue coccole non sono poi così male e in assenza di coperte il suo calore umano è certamente gradito. 

- Che ore sono? - Chiedo, senza alzare la testa dalle due gambe. 

- Es ist acht nach halb sieben - sono le sette e ventidue, insomma. Mi rimetto a sedere compostamente e dopo un'oretta, dal finestrino, riesco a vedere uno scorcio della città eterna; 

- ci siamo!! - Con uno scatto mi metto in piedi e appoggiando le mani al vetro osservo il panorama con meraviglia, come se non avessi mai visto la capitale in vita mia; mi salgono le lacrime agli occhi... è così bello essere a casa. Appena arrivati in stazione, saltello fino all'uscita tanto che Schneider è costretto a corrermi appresso per i vagoni per evitare di perdermi: sono tra le prime a scendere e subito mi guardo attorno con meraviglia; ci sono un gran numero di persone, di tutte le età, alcune di fretta, le quali si slanciano in avanti a grandi falcate come soldati pronti all'attacco, altre meno, che curiose e spaesate si aggirano per la struttura con un carico di valige tra le braccia e il sogno di una vita nuova nel cuore. Schneider, a pochi passi da me, si è soffermato a parlare con alcuni uomini che, evidentemente, lo stavano aspettando: uno di loro parla tedesco, ma il forte accento italico tradisce la sua origine, un altro se ne sta impettito nella sua camicia nera, in religioso silenzio ( probabilmente non conosce la lingua e sta attendendo la traduzione dell'interprete ) mentre un altro ancora, dai chiari tratti germanici, interviene nella discussione ogni tal volta il rosso non sappia farsi comprendere dal romano.

- ... Und sie ist meines Mädchen, mit mir gekommen- guardo a destra e a sinistra, poi indietro e mi rendo conto che si sta riferendo proprio a me. Non so che fare, accennare un saluto con la mano o sussurrare un " ciao " per poi esclissarmi? 

L'interprete si fa avanti sicuro di sè, prende la mia mano destra e la porta alle labbra, baciandone leggermente il dorso.

- Guten Morgen Fraulein, ich freue mich, Sie kennen zu lernen - esordisce, dopo aver staccato le labbra asciutte dalla pelle; io lo guardo come avesse parlato in aramaico, con un'espressione da " che stai a dire? " stampata in volto.

- Sono più italiana di voi, signore - Rudy mi stringe a sè come fossi un trofeo.. cosa molto irritante, per la quale mi allontano immediatamente con fare sfastidiato, mentre il fascista che fino a poco fa aveva taciuto si fa scappare un " azz " per la sorpresa

- che caratterino hai, ragazzina - esclama, guardandomi dall'alto in basso: noto ora le sue fattezze, quasi insolite per essere quella di un italiano e la statura ( anch’essa piuttosto alta considerata la media del tempo), gli occhi scuri ed espressivi e i capelli altrettanto scuri, corti e pieni di brillantina. Si direbbe che abbia più anni del rosso, ma non abbastanza affinché non venga più chiamato " ragazzo ". A detta mia, un uomo dall’aria misteriosa, che ricorda la monaca di Monza in versione maschile... 

- Andrea, lieto di conoscerti... Per qualunque cosa, a tua completa disposizione - 

 

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