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Autore: simocarre83    06/02/2017    1 recensioni
Secondo racconto che parte dopo l'epilogo del primo. quindi se volete avere le idee chiare sarebbe, forse, il caso di leggere anche il primo. Ad ogni modo, una brutta notizia che presto diventano due, due vittime innocenti, loro malgrado, nuovi personaggi e purtroppo nemici che compaiono o RIcompaiono. Ma sempre l'amicizia che ha, come nella vita, un ruolo fondamentale.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN’OPERAZIONE QUASI RIUSCITA

Mercoledì 20 Dicembre, Simone stava tornando dal lavoro. Ad inizio settimana, aveva saputo che quel “mostro di suo cognato”, come amava definirlo, era riuscito a far scagionare Francesco e far reintegrare tranquillamente Michele. D’altra parte in famiglia lo sapevano tutti. Amava tantissimo la Francia, e per questo viveva con moglie e figlia lì. Ogni tanto accettava qualche caso e tornava in Italia. Ma gli bastava perché vinceva. Sempre. E poi se ne tornava a Parigi. Michele gli aveva addirittura raccontato che quando l’hanno visto entrare in questura si era quasi fatto silenzio e mezza giornata dopo tutto era a posto. Questo era successo lunedì. Ed ora Michele stava occupandosi di altri casi, essendo stato archiviato quello. E Francesco era ritornato a casa a Matera.
Era stato dato il permesso per i funerali di Emanuele. E si erano svolti. Simone e Giuseppe avevano mandato un telegramma a Maria e Francesco, di condoglianze, aggiungendo che sarebbero scesi entrambi a Policoro per le vacanze di Natale e che avrebbero avuto modo di passare un po’ di tempo insieme.
Fino alle 18.30 Simone aveva lavorato in ufficio, spalla a spalla con Vito, per dare la botta finale all’offerta per la Cina, ed erano arrivati al giusto compromesso. Quindi se ne erano andati a casa tranquillamente.
Alle 19, Simone aveva visto Giuseppe sbucare dalla sua camera, stravolto. Il mercoledì era sempre un giorno così pesante! Ma sapeva che Giuseppe stava cogliendo i buoni risultati del suo lavoro, e che quindi era un lavoro pesante ma necessario. Così, mentre studiava ascoltava la musica, cosa che Simone non sarebbe mai riuscito a fare, ma studiava sul serio. E qualche volta aveva anche chiesto a sua mamma di interrogarlo, quando aveva veramente bisogno di sentirsi preparato, e mai una virgola fuori posto. Un ulteriore motivo per essere contento di suo figlio. Orgoglioso.
Alle venti e trenta, avevano appena finito di mangiare. Simone stava lavando i piatti, Giuseppe stava sparecchiando e Maria era scesa nel seminterrato a stendere i vestiti appena lavati. Insomma, una scena di ordinaria vita famigliare.
Suonarono alla porta. Giuseppe, il più vicino ed il più libero, corse ad aprire.
“Ciao Zio!” sentì esclamare dall’ingresso “Mamma! C’è lo zio!”.
-Strano- pensò Simone -Vito qui da solo?! E Alessandra?-
Poi, però, sentì che Maria saliva prima lentamente, le scale, poi quando riuscì a vedere di chi si trattava, si mise ad urlare e ridere e corse su a tutta velocità. E non l’avrebbe mai fatto con Vito, che vedeva almeno una volta alla settimana. Capì quindi di aver sbagliato zio.
Immediatamente si asciugò le mani e corse anche lui fuori dalla cucina.
“Ma guardatelo, il Francesino!” esclamò Simone mentre si avvicinava a grandi passi a Nicola.
In realtà “il Francesino” era il nomignolo affettuoso con cui Giuseppe, il padre di Nicola, lo chiamava da quando si era trasferito a Parigi. Con l’andare del tempo tutti in famiglia avevano incominciato a chiamarlo così.
Si salutarono come si doveva per delle persone che non si vedevano da Pasqua di quell’anno, almeno da otto mesi.
“Però! A Milano fa freddo! Stamattina a Matera c’erano 19 gradi. Ed ora la macchina segnava -5!” esclamò stringendosi ancora nel cappotto che non aveva tolto.
“Eh! Hai beccato la settimana più fredda del secolo. Stando a quello che dicono i meteorologi!”
“Ma che cosa ti spinge da queste parti?!” chiese Maria.
“Cos’è?! Non posso venire a trovare mia sorella in ritorno da un viaggio di lavoro?” chiese Nicola.
“Certo che si!” rispose Maria “Ti fermi da noi, stanotte?!”
“No! Grazie! Sono passato prima da Vito e mi ha offerto lui ospitalità. E comunque domani mattina parto per Parigi!” disse sorridendo.
“Vieni accomodati!” disse Simone. Accompagnandolo fino al salotto e al divano.
Dalla tasca del cappotto tirò fuori due custodie, Nicola. Una la diede a Giuseppe.
Giuseppe la osservò. Era il gioco di “FIFA”. Poi, però, si accorse dell’anno.
“WOW! Fifa 2024! Ma come hai fatto!?!”
“Sapevo che in Italia ancora non è uscito, ma in Francia si, e dovendo passare da queste parti, di ritorno da Matera ho pensato di farti un regalo! Basta che non lo consumi!!” disse ridendo.
Giuseppe non stava più nella pelle. In un microsecondo sparecchiò.
“Papà! Posso andare su?! Non vedo l’ora di provarlo!” disse.
“Ok! Basta che se ti chiamiamo scendi a salutare lo zio!”
“Certo! Grazie Zio!!!” esclamò un felicissimo Giuseppe saltando al piano di sopra.
Appena Giuseppe scomparve dalla loro vista, l’espressione di Nicola cambiò.
“Mi dispiace essere piombato da voi così all’improvviso, ma si è reso necessario!”
“Perché?” chiese Simone. A questo punto anche lui non più tanto sorridente.
“Per questo!” e sollevò con la mano l’altra custodia. “L’ho ricevuta ieri mattina. In albergo. E l’ho vista. Almeno… ci ho provato. Perché è veramente impossibile arrivare fino in fondo alla sua visione!”
“Che cos’è?!” chiese Maria.
“Risale alla notte tra lunedì e martedì. Testimonia la morte di Francesco!” disse, non avendo neanche il coraggio di guardare in faccia Simone e sua sorella.
“Che cosa!?” chiese esterrefatto Simone. “Ma come è possibile!?”
“Vito mi ha lasciato qui ed è andato a prendere Giuseppe. Staranno ormai arrivando!” disse Nicola. E effettivamente proprio in quel momento due luci sbucarono dalla via e una macchina parcheggiò davanti casa di Simone e Maria. Era, oltre ogni dubbio, la macchina di Vito.
“Michele mi ha incaricato di venire qui e dirvi come, ormai a questo punto, sono andate le cose! Prima di tutto devo dirvi che Michele, dopo essere stato reintegrato, questa mattina è stato nuovamente sospeso con effetto immediato. Oggi è scappato con i figli, che sono al corrente di tutto, a Roma. Da sua cognata. Quindi, presumibilmente, si è reso introvabile da loro!” aggiunse Nicola, una volta che tutti e quattro, Simone, Maria, Giuseppe e Vito, si erano seduti sul divano.
Nicola si avvicino al lettore dvd e vi inserì il proprio disco. Le immagini che partirono sono indescrivibili. Bastarono trenta secondi per far chiedere tutti a Nicola di spegnere quello scempio.
“Il filmato dura quattro ore. E le cose peggiorano fino a che un colpo di pistola non pone fine alle sue sofferenze! Michele, per lavoro, è stato costretto a guardarlo tutto! È stato massacrante emotivamente e anche fisicamente parlando! Ed è stato l’ultimo lavoro che ha compiuto all’interno della polizia scientifica” concluse Nicola.
Tutti stavano piangendo in quella casa a quel punto. Era indescrivibile l’aria che c’era in quel momento.
“Chi è stato a fargli questo!?” chiese Vito. Erano anni che non gli si vedeva quell’espressione. Era veramente impaurito per quello che era successo. La risposta di Nicola, però, non fu quella che voleva Vito.
“Non lo sappiamo. La domanda a cui posso rispondere è ‘perché?’ dal momento che io e Michele un’idea ce la siamo fatta, visto anche quello che è successo in questi ultimi tre giorni e visto quello che mi ha spiegato Francesco sabato, appena ci siamo visti!” rispose Nicola.
Tutti si predisposero ad ascoltare quello che Nicola aveva da dire.
“Dunque, prima di tutto, contrariamente a quello che potreste pensare, Francesco e Emanuele non avevano solo una piccola azienda di prodotti informatici. Avevano inventato tanti programmi e tante piccole cose. Ma tutti quei brevetti gli avevano fornito delle rendite di diversi milioni di euro all’anno”
E già a quel punto, Simone e gli altri pendevano dalle sue labbra.
“Ciascuno si fidava ciecamente dell’altro, al punto, che non avendo figli e eredi, ciascuno era stato nominato erede universale dall’altro. Francesco riteneva che qualcuno puntasse a quei brevetti e a qualcos’altro, che però non mi ha voluto dire, di ben più prezioso. Hanno quindi inscenato questa cosa: hanno ucciso Emanuele. Con le prove a loro disposizione, hanno fatto incriminare per l’omicidio Francesco. Quando Francesco ha visto suo fratello ha subito capito di essere lui stesso in pericolo. Perché lui, legittimo erede di suo fratello, sarebbe stato il prossimo. E se fosse morto, in un attimo tutte le loro proprietà sarebbero finite ad un’asta. E sarebbe stato facilissimo prenderle. Per chiunque. L’unico modo per risolvere la questione era contattare immediatamente un notaio e preparare un nuovo testamento, che eleggesse suo erede universale qualcun altro. Ma non ha fatto in tempo, perché è stato arrestato dalla polizia. Ora, la legge sul diritto ereditario sancisce che…”
“Beh! Taglia e non soffermarti sulle leggi…” disse Vito, solo per essere fulminato dal gemello.
“Ora! La legge sul diritto ereditario, formulata nel 2021, dice che, qualora l’erede universale perda i diritti civili per la condanna all’ergastolo per l’omicidio della persona da cui eredita, tutti i suoi beni debbano essere venduti all’asta, esattamente come se morisse a sua volta. Inoltre, la stessa legge, prescrive che un imputato per reati con condanna superiore a 20 anni, praticamente un imputato per omicidio, non possa effettuare operazioni di carattere testamentario. In pratica Francesco, una volta arrestato per l’omicidio di Emanuele, non poteva più rivolgersi ad un notaio. Ecco perché è stato così felice di vedermi. Sapeva che, qualora fosse stato scagionato dalle accuse, Francesco, nuovamente libero, avrebbe potuto contattare un notaio. E lunedì, appena scarcerato, andammo direttamente lì. Lui fece redigere e firmò un nuovo testamento, nel quale nominava degli eredi. Neanche a me volle dire chi erano questi eredi. Lo vidi uscire dal notaio molto più rilassato. Aveva capito che, finché il nome degli eredi fosse rimasto segreto, nessuno avrebbe potuto fargli niente. Purtroppo si sbagliava. Michele mi ha spiegato che per tutte e quattro le ore hanno cercato di estorcergli, prima il nome degli eredi, senza riuscirci. Poi il luogo dove tenevano tutte le loro invenzioni, non riuscendo neanche a raggiungere quel risultato. Alla fine, Michele mi ha detto che ha visto tutti i sintomi di un infarto, quindi probabilmente, quando ha perso i sensi e i rapitori gli hanno sparato, Francesco era già morto. Ma pochi decimi di secondo dopo, il filmato finisce”
“Si può sapere qualcosa di più sul posto dove sono!?” chiese Vito.
Nicola guardò Simone, che sembrava voler rispondere proprio a quella domanda. E capì che lui aveva capito.
“Si!” continuò l’avvocato “Avete capito proprio bene. Anche Michele è giunto alla stessa conclusione. Gli eucalipti, la pineta, e le piante di liquirizia… sono inequivocabili. Si tratta della radura. Michele mi ha detto che è stato aggredito da gente mascherata e che tra loro ha riconosciuto quasi certamente Amaraldo. Non so che cosa possano centrare loro, ma è un’ulteriore conferma del fatto che c’entrano qualcosa”.
Simone guardò Maria. Poi Giuseppe. Ed entrambi gli fecero un cenno affermativo. Poi parlò.
“Allora forse è il caso che quest’anno le vacanze di Natale andiamo a farcele in un altro posto. Più stiamo lontani da quel paese, ormai, meglio è. Per tutti!”
“Per quanto mi riguarda, do pienamente ragione a Simone!” fu la risposta di Maria.
“E credo che per quest’anno, sia il caso di rimanercene a Milano anche noi!” concluse Giuseppe.
“Grazie di essere venuti! Ma questo è tutto! adesso se Vito vuole, preferisco andare a casa a riposarmi un po’, così domani posso farmi questi altri mille chilometri per ritornare a casa” concluse Nicola.
Tutti furono d’accordo. Quelle ultime cose che avevano saputo, avevano messo tutti di malumore. Simone si alzò per andare a chiamare suo figlio, per scendere a salutare gli zii e Giuseppe. Senza dire niente a nessuno si alzò dal divano e si avvicinò all’ingresso. Fu lì, nello specchio posto di fronte alla porta di casa, che vide una scena terribile. Giuseppe, seduto sulle scale, che aveva assistito a tutta quella conversazione e che stava silenziosamente piangendo. Appena anche suo figlio si accorse di suo padre che stava arrivando, si fiondò al piano di sopra. Simone rallentò un attimo e poi fu ai piedi delle scale.
“Giuseppe! Vieni che lo zio sta andando!” urlò verso il piano di sopra. Sentì lo sciacquone del bagno che scaricava. Il rubinetto aperto e Giuseppe che scendeva sorridente dalle scale.
“Ah! Ma c’è anche lo zio Vito e Giuseppe! Potevate chiamarmi prima!” disse, ridacchiando.
Scherzò un po’ con Giuseppe, salutò abbracciando gli zii e li accompagnò, come il resto della famiglia, alla porta. Una volta richiusa la porta di casa, diede la buonanotte ai suo genitori e ritornò al piano di sopra. I due coniugi rimasero ancora qualche minuto a parlare.
“Se questo dvd può essere l’unica prova di un omicidio, può essere il caso di tenerlo! Però al sicuro, dove Giuseppe non può trovarlo e vederlo, neanche per caso!” disse Maria.
“Va bene!” rispose Simone. Guardandola. E Maria capì al volo che c’era qualcosa che non andava.
“Non mi stai dicendo tutto. Sai qualcosa che io non so!” disse.
Simone ci pensò un attimo. Poi optò per la verità, che aveva imparato essere la strada migliore, sempre.
“Giuseppe. Prima, quando sono andato a chiamarlo. Era seduto sulle scale e aveva visto tutto. Me ne sono accorto perché l’ho visto dallo specchio della porta. E stava piangendo. Allora ho rallentato e l’ho chiamato. Lui è corso immediatamente su e ha fatto finta di essere in bagno. Ho sentito che tirava lo sciacquone, che si lavava le mani, e evidentemente si è sciacquato la faccia, perché poi è sceso sorridente e riposato. Ora non so che cosa fare: parlarci oppure lasciare che sia lui a farlo, se vuole”.
“Sono certa del fatto che, dopo una chiacchierata come quella di venerdì, sarà lui a parlarti. E che Giuseppe ha fatto quella finta per non fare brutta figura con i suoi zii e Giuseppe! Nel caso domani pomeriggio ci parlo io, tanto viene a fare la spesa con me. Ma credo che, anche e soprattutto questa volta, sia il caso di fidarci della maturità di nostro figlio” disse Maria.
Simone decise di credergli. E salirono anche loro al piano di sopra per la notte.
Una decina di minuti dopo, Maria stava leggendo in camera da letto, e Simone si alzò per andarsi a lavare i denti, come faceva ogni volta prima di andare a dormire. Passando davanti alla camera di Giuseppe vide che la luce era ancora accesa. E che quindi era ancora sveglio. Non ci pensò più di tanto e finì di lavarsi i denti.
Uscito dal bagno, vide la porta della camera di suo figlio non più chiusa, ma leggermente accostata. Anche senza avvicinarsi troppo era possibile vedere una buona parte della camera. Vide chiaramente Giuseppe, seduto nel letto, con le gambe sotto le coperte e il corpo fuori. Con i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani. E, anche se i capelli leggermente lunghi erano sul viso, il piumino era scuro, quindi si vedevano chiaramente delle macchie bagnate in corrispondenza del viso. Che fecero capire a Simone che poteva stare succedendo una sola cosa. Giuseppe stava piangendo. Stava evidentemente continuando il pianto di qualche minuto prima. Pur essendo ancora abbastanza indeciso su cosa fare, capì che era giunto, ancora una volta, il momento di fare il padre, più che semplicemente l’amico, e di tirare fuori i sentimenti. Gli batteva forte il cuore. Soprattutto perché si ricordava di averla già fatta una cosa del genere, in passato. In circostanze e situazioni completamente diverse, ma ci era già passato.
Scostò leggermente la porta. Suo figlio si accorse della figura di suo padre sulla porta di camera sua. Ma non fece niente. Né per impedirgli l’ingresso, né per agevolarlo.
Simone si avvicinò al suo letto. Appena si sedette su di esso, il giovane gli si gettò addosso e si mise a piangere disperatamente.
“Sono stato un idiota a sentire e vedere quello di cui avete parlato con lo zio!” disse, ancora sconvolto per quello che gli era accaduto.
Simone lo abbracciò a sé. Forte. E lo fece calmare accarezzandogli la schiena. Come faceva quando era piccolo e aveva qualche incubo. E si svegliava piangendo. E funzionava anche allora, oltre dieci anni dopo. Solo che quello non era un sogno. Ed era il momento più che mai opportuno per chiarire le cose.
“Come ti è venuto in mente di scendere ad ascoltare quello che stavamo dicendo? Non eri in camera tua a giocare?”
“Si! E il gioco è fortissimo. Solo che quando arriva una macchina, di solito, mi affaccio per vedere chi era. E visto che praticamente non mi era mai capitato di vedere lo zio Vito con Giuseppe, mi sono preoccupato che fosse successo qualcosa di grave. Allora sono sceso di nascosto per sentire cosa era successo!”
“Beh! Direi che quello che hai visto e sentito e quello che ti sta accadendo adesso, basti e avanzi come castigo per esserti comportato da idiota. Pensi che io e la mamma ci divertiamo a tenerti nascoste le cose che facciamo?!” disse Simone.
“No! Lo so che non vi divertite! Ero solamente curioso!”
“Il fatto è che a volte la curiosità fa male! Quando avevo la tua stessa età, ed ero appena ritornato a Policoro, in quell’estate del 2000, mi sono ritrovato, per curiosità, a seguire un ragazzino per poi capire che quello era uno dei nostri peggiori nemici, il fratello di Cosimo. E così avevo fatto sapere ai miei nemici che ero lì e, praticamente, sono stato la causa dell’aggressione a Francesco. Proprio quel Francesco che prima ha pianto per suo fratello, poi è stato addirittura accusato del suo omicidio e infine ha perso la vita. Proprio lui! Capisci fin dove può arrivare la curiosità delle persone?”
“E poi sono triste per Francesco. Cioè… pur non conoscendolo, mi sono affezionato a lui, da tutto quello che mi hai raccontato, dal suo carattere, dalla sua simpatia. E quando ho saputo che era morto, beh! Mi è venuto da piangere!” disse Giuseppe abbassando ancora lo sguardo.
“Vedi Giuseppe. È purtroppo questo quello che succede quando si perde una persona alla quale si è affezionati. Si ripensano a tutte le cose che si è fatti insieme. E spesso succede che si pianga. È successa la stessa cosa a me e alla mamma stasera. Quindi, è semplicemente normale. Anche se non è bello. Per niente!”
“Quindi quello che è successo stasera, vi ha fatto scegliere di non andare a Policoro per Natale!?” disse, cercando, per quanto fosse possibile, di cambiare discorso.
“Stando così le cose no! È troppo pericoloso. Per tutti. D’altra parte hai sentito, no? Anche Giuseppe con Anna e Simone non ci andranno!” concluse Simone.
“Buonanotte Papà! E grazie per quello che hai detto!” disse Giuseppe. Mosso da una profondissima sincerità.
“Buonanotte! Riposati e vedrai che domani tutto sarà più semplice. Ma ricordati di una cosa! Io e la mamma vogliamo sempre il tuo bene e non faremmo mai nulla che possa metterti in pericolo. Fidati di noi, anche ubbidendo quando le cose non ti sembrano proprio giuste. Ok?!” chiese Simone, sorridendo.
“OK! Buonanotte papà!” rispose Giuseppe, completamente e definitivamente rilassato dalle parole di suo padre.
E anche quella giornata, molto faticosa, finì.


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Buongiorno a tutti ed eccovi giunti ad un nuovo capitolo! la trama si complica, e a malincuore, ho dovuto prendere questa decisione drastica... ma non preoccupatevi troppo perché sentirete ancora parlare di loro! Ricordatevi sempre di farmi sapere cosa ne pensate! alla prossima!!
  
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