Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Hermes    06/02/2017    1 recensioni
Diciassette anni di giorni da spiegare e mettere a fuoco.
Un’autopsia al tempo fra la nebbia di San Francisco e la polvere del deserto, per arrivare nel presente che potrebbe essere solo una possibilità nel futuro.
Il mondo è costruito sulle nostre scelte.
[Questa storia fa parte della serie 'Steps']
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Steps'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Look at me now
Grew up to be a whore
And I want it
I believe it
I'm a million different things
and not one you know
Marylin Manson ~ I want to disappear

Non aveva visto suo padre da quando l’aveva scaricato davanti alla casetta, una settimana prima.
Almeno fino a quel mattino.
Il vecchio doveva essere tornato nella notte ed invece di andare a letto aveva optato per qualche ora di studio prima di crollare lungo e stravaccato sul divano dell’angolo salotto, uno dei suoi libri di testo sopra gli occhi ed un rumore da fagotto che borbottava da sotto mentre russava.
Tipico.
Dapprima Kurt ignorò Linds dormiente per raggiungere la cucina in silenzio, in cerca di una ciotola di metallo per iniziare la colazione.
Ma la tentazione…la speranza che tutto potesse cambiare, che per una volta avesse potuto fare felice sua madre ed andare d’accordo con suo padre. Tutto troppo attraente per essere ignorato, ahimè.
A quel punto la ciotola – per puro caso eh! - gli scivolò dalle mani, cozzando rumorosamente contro il piano di granito del bancone spezzando il silenzio della stanza bruscamente ed, con esso, il coma indotto del vecchio.
“…”
Suo padre si era sfilato il libro da sopra gli occhi gonfi ed arrossati, sbattendo le palpebre nella sua direzione.
“Efficiente come sveglia.”
“Non l’ho fatto apposta.” stava rompendo le uova una per una ma la voce gli uscì monocorde, senza inflessione di pentimento anche se avesse voluto.
Linds si era messo a sedere, passandosi le mani sulla faccia per poi stirarsi “Vado a farmi una doccia, ti dispiace aggiungere due uova in più per me?”
“Certo che no.”
“Grazie. ”
Quindi Kurt lo guardò scomparire per il disimpegno, con la camminata ciondolante di una persona poco abituata a muoversi sulle proprie gambe e completamente assente circa la sua occhiata fulminante.
Le uova strapazzate subirono una spedizione a dire poco punitiva quel mattino, tanto che raggiunsero la consistenza perfettamente omogenea ed a contatto con l’olio bollente della padella sparsero un profumo invitante per la stanza che attirò indietro Linds come il miele il grizzly.
“Toglimi una curiosità Kurt, quale magia hai attuato per far uscire fuori tutto questo cibo dalla dispensa vuota?” era genuinamente curioso e il ragazzo gli lanciò un’occhiata con sopracciglio alzato mentre spadellava con delicatezza le uova nei piatti. Pensavi davvero che mangiassi come te? Grazie ma ci tengo al mio fegato, eh!
“Ho le mie fonti.”
Linds sbuffò con un sorrisetto, scuotendo la testa ed iniziando a mangiare.
Nient’altro da dire? Che fortuna stamattina…
“Novità da San Francisco?”
Kurt ci provò, sul serio, ma i suoi occhi rotearono nelle orbite prima di rispondere “Niente di nota.”
“Hai bisogno di aiuto con il workload estivo o sei già a buon punto?”
Stessa domanda ripetuta ad nauseam ogni anno...come se ti avessi mai chiesto aiuto! Come se ‘veramente’ ti interessasse qualcosa!
“Conto di finire oggi senza tanta fatica.” non avrebbe voluto ma una punta della scocciatura che sentiva gli era finita nella voce ed il vecchio se ne era accorto perché il sorriso svanì e divenne improvvisamente quieto.
“Bene, pensavo di andare fino a Las Vegas per i prossimi giorni.”
“...” Scappa, bravo.
“Vuoi venire con me, Kurt?”
A quella domanda aveva smesso di mangiare mentre la bile nel suo stomaco aveva iniziato a salire su ed a quel punto la diplomazia era ufficialmente scappata a gambe levate “No, grazie. Non ci tengo a vedere le showgirls ed ho francamente altro di meglio da fare.”
Il vecchio sbatté le palpebre prima di arricciare la bocca e replicare molto pacatamente “Pensi davvero questo di me?”
Occhi negli occhi sopra le uova strapazzate; nero nel nero dove non c’è spazio per delicatezze.
Il momento in cui vedo il suo sguardo cambiare e mio padre decide che, in fondo, non gliene frega niente di cosa penso e ricomincia a mangiare mentre a me passa l’appetito.
Non passano dieci minuti che rimango seduto da solo al bancone, poi il vecchio torna dalla sua stanza vestito di tutto punto mi fa un cenno e sparisce letteralmente a bordo della Jaguar. In mano la sua solita valigia ‘delle meraviglie’, come dice lui.
Se potessi…se riuscissi solo…no.
La forchetta continua il suo và e vieni dal piatto alle mie labbra ma è come se inghiottissi catrame e petrolio.
Venti minuti dopo avevo inforcato le mie scarpe per correre ed i wayfahrer, un paio di minuti di stretching e via in mezzo alla sabbia.
Dieci chilometri e tutto sarebbe tornato alla normalità, poi in retrospettiva è meglio che inizi con il pre-allenamento o schiatterò tra due settimane.
Non c’era niente di meglio di quel deserto, e del nulla assoluto.
Della pressione del sole che gli infuocava la nuca corvina mentre correva a passo controllato.
Era un ottimo metodo per mettere a tacere la voglia assoluta di urlare che si sentiva addosso.
Sapeva perfettamente bene cosa andasse a fare suo padre nella capitale del gioco.
Andava a donne ma non toccava sua madre.

La prima volta che Linds l’aveva portato con sé, aveva solo otto anni.
Arrivati a LV erano principalmente stati il più del tempo in una camera d’albergo un po’ scialba ed in giro per vari locali dalle luci scure e pieni di specchi.
Linds non gli aveva negato burger con patatine e ketchup due volte al giorno, Mom se avesse saputo li avrebbe sgridati entrambi di mangiare ‘immondizia’.
Ricordava che c’erano strani odori in quei posti, gli facevano arricciare il naso e starnutire.
I suoi ricordi però rimanevano nebulosi, il più delle volte stava fuori attorniato da un mucchio di ragazze tutte in fila per vedere il suo papà e molte di loro erano contente di poter passare alcune ore a parlare con lui.
Alcune lo avevano anche portato a mangiare un gelato od un milk-shake al cioccolato quando era stanco od annoiato.
Ma certe volte ricordava che la porta dietro alla quale suo padre si rinchiudeva rimaneva accostata e lui poteva curiosare…

Papà che parlava con varie ragazze e si prendeva il suo tempo con ognuna di loro.
Le guardava nelle pupille, il naso, dentro la bocca, e qualche volta anche sulle braccia.
Certe volte assumeva uno sguardo cattivo ed una voce brusca certe altre lasciava che gli parlassero sottovoce mentre tiravano su con il naso ma si impedivano di piangere.
Non le aveva mai viste piangere ma, se sorridevano, il loro sorriso non era mai come quello della mamma.

Il Kurt adolescente non era sicuro che una minima parte di quelle immagini fossero vere od il frutto della sua immaginazione infantile, buona solo per dell’innocenza che il mondo non rispecchiava.
Una parte di lui – sentiva - non voleva svelare l’arcano.

~

“The machine of a dream
Such a clean machine
With the pistons a pumpin'
And the hub caps all gleam”

L’impianto a dodici autoparlanti era una figata assoluta…
Con quello che l’ho pagato.
Aveva raggiunto Las Vegas a buon passo.
Merito della sua amata Jag che filava meglio di tutte le auto che avesse mai posseduto.
Più o meno tutte sportive, la peggiore era stata una Mustang Fastback del ‘67 blu metallizzata di terza mano…girava come un orologio, un motore da schianto ma il tettuccio perdeva…sigh!
Quella Ford aveva fatto una bruttissima fine ma gli aveva lasciato dei ricordi stupendi.
A causa della sua corrente postazione lavorativa aveva dovuto cambiare auto quasi ogni sei mesi…per una causa o per l’altra la meccanica non reggeva alle temperature estreme ed alla sabbia o l’elettronica andava a caput a causa delle radiazioni del parco atomico.
Con crescente disperazione le aveva provate tutte, quasi arrivando al punto di cercarsi un’altra auto d’epoca a doppio carburatore ed senza centralina.
La Jaguar invece – contro tutte le sue aspettative – aveva preso bene il clima tremendo ed non sembrava cedere di un millimetro nemmeno ad otto anni dal suo acquisto…Jaguar te amo!!!
Dato che era in anticipo aveva girato un po’ per la strip prima di cercare un parcheggio sorvegliato ed raggiungere a piedi la sua destinazione, gli occhi schermati da un paio di occhiali a specchio ed la giacca del grigio completo di lino agganciata con due dita.
La zona non era una delle più frequentate di Las Vegas, probabilmente quella meno satura di casinò e spettacoli ma Linds sembrava conoscerla bene.
Raggiunta una particolare via secondaria si era riparato sotto una pensilina dal sole del mattino che già faceva scottare l’asfalto ed entrò nella reception di un alto edificio di vetro, infilandosi nell’ascensore e spingendo il bottone del dodicesimo piano.
Arrivato a destinazione la segretaria l’aveva fatto accomodare nella saletta d’aspetto ma l’attesa non fu lunga e presto fu ammesso nello studio della donna che negli ultimi dieci anni aveva accettato di ascoltarlo.
“Linds, sono felice di rivederti, siediti.” i suoi occhi erano di un caldo color nocciola ma non traspariva calore, non dopo tutti gli anni col quale aveva esercitato la sua professione “Sono passate due settimane dall’ultima volta che abbiamo avuto una sessione…hai qualcosa di nuovo da raccontarmi?”
“Kurt è arrivato alcuni giorni fa.” Linds aveva annuito, stirando i polsini della camicia sovrappensiero.
“Come ti senti?”
Un cenno di frustrazione gli corrugò la fronte “Come al solito.”
“Descrivimi il tuo stato d’animo.”
“Non è cambiato negli ultimi anni, Creane!!!” aveva sbottato, le mani strette.
“Mister Lagden, abbiamo fatto progressi nel corso della nostra relazione ma solo quando la collaborazione risultava esserci da entrambe le parti. Ora le chiedo di rispondere alla mia domanda.”
“Sono…sono indeciso, non so cosa devo fare…Kurt è ostile.” sbuffò, senza incrociare lo sguardo con quello della donna di mezz’età seduta sulla poltroncina opposta.
La donna strinse le labbra alla risposta/non risposta del suo paziente…sapeva che c’era molto di più oltre la sua apparente inabilità nel confronto, ma continuò con le sue domande di routine.
“Dall’anno scorso ci sono stati cambiamenti in Kurt?”
“Deve essersi di nuovo rotto il naso, l’osso mi sembra più storto. In statura e peso non ho rivelato molta differenza a parte la maggiore ostilità.”
“È uno stato d’animo che pensi sia legato alla sua fase adolescenziale?”
“No…sì…non lo so.”
La donna segnava alcuni piccoli punti sul blocco note ma si fermò quando l’uomo biondo iniziò a grattarsi gli avambracci in un tic nervoso che non aveva più fatto la sua ricomparsa da anni.
“Linds, è ovvio che qualcosa ti disturba.”
Aveva abbassato gli occhi ed le sue dita si erano fermate di scatto, le braccia si erano posate meccanicamente sui braccioli, rigide. Deglutì.
“Penso…I’m biased…” un cenno secco del capo “Il mio Asperger potrebbe essere ereditario alla fin fine.”
“Hai visto aspetti di questo tipo in Kurt?”
“Oltre la sua rabbia? È difficile da dimostrare.”
“Il suo stato emotivo è in linea con la fase dell’adolescenza, Linds.”
L’uomo fece una smorfia, incrociando le dita “Lo so.”
“Nel caso che tu abbia ragione e Kurt avesse anche lui una forma di Asperger…cosa ti spaventa?”
“…”
Il mutismo del suo paziente lasciò a Claudia il tempo di annotare quella particolare svolta di pensiero per poi prenderla in esame più tardi.
“Ho sempre sperato che non fosse come me.” la confessione era stata fatta con una piattezza tonale che non aveva più sentito da tempo “Che potesse crescere ed avere una vita totalmente normale. Ho fatto tutto il possibile per non influenzarlo, Claudia.”
La dottoressa Creane sospirò, brevemente.
Ed ecco che erano arrivati al nocciolo di uno dei tanti problemi che Lagden dimostrava a rotazione cronica.
“Linds, sai che trovo ammirevole la tua lucidità e logica di pensiero ma in questa particolare situazione non sei né logico né lucido.
La crescita di un individuo si rifà a fattori emotivi ed ambientali. Nessuno si sviluppa allo stesso modo e da ciò deriva la formazione del carattere in relazione allo spettro del bene e del male.
Kurt ha un risentimento marcato per una figura paterna con cui non ha mai avuto legame.
Hai preso una decisione con buone intenzioni che si è rivelata controproducente, Linds ed ora ti trovi ad affrontare un ermetismo difensivo ed un’irritazione fondata su basi che vanno oltre l’arco di una decade. Ardue da appianare.”
“Non volevo fargli del male.”
“Esatto. Il tuo sbaglio si fonda sul ‘non volere’. Mi hai esposto all’inizio della nostra avventura dottore-paziente la tua gelosia innata nei confronti del terzo, la paura di non essere più abbastanza. Il categorico rifiuto di adattamento a nuove relazioni e la fuga istintiva dallo scontro.” Claudia aveva lasciato la cartellina sul tavolino fra di loro incrociando le gambe e rilassandosi “Non ti sei confrontato con il futuro e hai lasciato che questo ti si modellasse intorno formando un archetipo – l’idea che Kurt ha di te – che dimostra un pensiero totalmente differente dal tuo. Mi stai seguendo, Linds?”
“Trasparente.”
“Non sarà facile, ma cosa ne pensi se provassimo a fare un passo in avanti ed instaurare un dialogo vero con tuo figlio Kurt, Linds?”
Gli occhi neri si alzarono per guardarla, sorpresi.
“Non credo che sia possibile.”
“A piccoli passi nulla è impossibile ma per riuscire bisogna procedere con tatto ed – sopra ogni cosa – calore emotivo. Abbiamo comprovato che sei in grado di esprimere le tue emozioni in determinati casi ma spesso causano reazioni estreme o contrarie ai tuoi intenti.”
“Non sono convinto.”
“La decisione rimane tua, Linds.”
Un battito di silenzio mentre la cartellina veniva di nuovo sfogliata.
“Tre settimane fa avevi acconsentito a contattare Michelle, com-”
“Non l’ho fatto.”
“Per quale motivo?”
“Non ho avuto un momento per pensare a cosa… intendevo costruirmi una struttura dietro alla telefonata e-”
“Linds, stai mentendo.” il tono paziente ma fermo di Claudia gli chiuse la bocca “Vuoi credere di avere l’intenzione ma al solo affacciarsi il momento di fare la telefonata hai trovato una scusa. Abbiamo già discusso che l’approccio migliore è la spontaneità nelle relazioni extrapersonali, vero Linds?”
“Sì, ma-”
“È importante che le tue parole siano sincere e mai ‘costruite’. Immaginare una conversazione a pennello non ti aiuterà nella sfera emotiva.”
L’uomo biondo scosse il capo, sospirando; le sue mani sui braccioli si erano finalmente rilassate e lo sguardo acuto della donna notò lievi tremori che percorrevano le dita.
“Hai fatto uso dei tuoi preparati, Linds?”
“No.”
“…”
“Sì. Avevo bisogno di rimanere sveglio. Nulla di allucinogeno. Sono pulito!” l’uomo le aveva lanciato un sorrisetto.
“Come dottore il mio consiglio è di non utilizzare più composti. Il tuo stile di vita ed l’ultimo check medico che mi hai mostrato alcuni mesi fa non sono in linea con i risultati di un uomo medio sano della tua età.”
“So perfettamente le statistiche, Claudia.”
“Vuoi parlarmi dei tuoi pensieri degli ultimi giorni?”
“Sai benissimo che non penso al di fuori dal lavoro.”
“Un motivo in più per esercitare il cervello, Linds.”
[…]
La sessione era durata un’ora e mezza ma per lui sembravano durare sempre di più.
A volte non si sentiva meglio ma quelle ‘conversazioni’ lo mantenevano sano e con una seppur flebile speranza.
Quale speranza alcuni giorni non sapeva…ma se fosse stato possibile tornare indietro nel passato e ricostruire il futuro.
Come scoprire le mosse da attuare perché il Rubik si risolvesse fra le sue mani una volta per tutte e rimanesse risolto permanentemente.
Vivere una vita normale, senza attacchi di panico, senza sentirsi in un angolo, senza cercare ogni volta una via d’uscita.

Si era lasciato alle spalle lo studio della Dottoressa Creane ed aveva recuperato l’auto per parcheggiare nel cortile posteriore di un poco noto locale notturno, nella periferia della city.
A quell’ora era ancora chiuso ma le porte per lui si aprirono comunque con un occhiolino seducente di una delle ragazze arrivate per provare il numero prima di quella serata.
“Hi, sweetheart!”
Linds strizzò complice gli occhi, mostrando appena il braccio con il quale teneva la borsa di cuoio “Mi faccio un bicchierino, passi parola tu?”
“Don’t worry, baby.”
Passò dal dietro le quinte al locale ed i lustrini lo abbagliarono per un attimo nonostante tutto fosse in semipenombra.
Un ritmo sensuale usciva dall’impianto ed due ragazze stavano ballando a tempo, ancheggiando e provando acrobazie al palo.
“Il solito annacquato?” gli chiese la barista dietro il bancone ed quando lo vide annuire posò un bicchiere sul ripiano “Non capisco come fai a bere dell’ottima roba allungata, è uno spreco Doc.”
Linds alzò le spalle, bevendo un piccolo sorso con una smorfia di disgusto “Novità?”
Gli occhi della barista si fecero seri e duri, quella donna era gli occhi e le orecchie di quel locale di striptease ed una volta ogni quattordici giorni era in grado di raccontargli tutto quello che aveva bisogno di sapere per fare bene il suo lavoro.
[…]
Era arrivato il tramonto ed aveva passato sette locali come quello, tutti allo stesso modo, a quel punto era quasi pronto per darla vinta alla giornata e farsi una bella doccia. Il completo grigio pronto per la lavanderia dell’hotel.
Toc-Toc.
Gli occhi neri di Linds si alzarono verso la porta e smise di riporre i suoi strumenti nella borsa.
Non aveva uno studio ma quando faceva le sue visite le ragazze gli avevano lasciato uno dei loro camerini per dare almeno un minimo di dignità e di privacy ad ognuna.
“Avanti.”
La porta si aprì e Linds sbatté un paio di volte le palpebre per essere sicuro di vederci bene.
Click.
La porta si era richiusa ed lì vicino stava una ragazzina che si torceva le mani.
“Mi hanno parlato di te.” aveva subito detto con tono autoritario nonostante si vedesse il suo nervosismo.
“Posso fare qualcosa-”
“Voglio uscirne.”
Linds alzò un sopracciglio, squadrandola per bene.
Era davvero solo una ragazzina, nemmeno maggiorenne, altro non riusciva a vedere con i lunghi ed ossigenati capelli biondi che le nascondevano il viso.
“Lavori qui?”
“Che ti importa?!”
“Stammi bene a sentire sugar, se vuoi il mio aiuto trova dentro di te un minimo di educazione, dacci un taglio con la difensiva e rispondi quando ti faccio una domanda.”
“…”
“Riproviamo?”
Un mezzo accenno del capo ma la tregua sembrava tenere.
“Sostanze in ordine di utilizzo, prego.”
L’adolescente si sedette su uno degli sgabelli per gli specchi ed parlò mentre ascoltava pazientemente.
[…]
Era riuscito finalmente a trovarsi una camera per passare la notte in uno qualsiasi dei vari hotel/casinò disseminati per Las Vegas.
Una doccia ristoratrice, qualcosa portato su dal servizio in camera ed era a posto.
Dopo la magra cena – nel quale era assente qualsiasi forma di goccetto digestivo – aveva preso in mano le dispense sulla formazione e sullo studio fisico-chimico delle rocce marziane; una ripassatina leggera ci stava dato il giorno dopo avrebbe dato l’esame.
Non che ci fosse possibilità di fiasco ma almeno avrebbe passato un paio d’ore occupato in revisione.
Purtroppo per lui il suo cervello era troppo sveglio per essere messo a tappeto da seicento pagine di statistiche.
Le sessioni con Claudia lo rendevano più irrequieto del normale, ogni domanda di quella donna lo obbligava a pensare, a soppesare le proprie scelte nel passato.
A rendersi conto di quanto quel tempo era finito: chiuso e immodificabile.
Erano solo le dieci e mezzo.
Senza rendersene conto stava lisciando con le dita la forma del cellulare.
Se io…
No.
Anche se dovrei.
Davvero no.
Erano passati più di dieci anni dall’ultima volta che l’aveva vista in carne ed ossa, e quel particolare incontro non era andato per niente bene.
Un altro pezzo di quel passato, di quel Linds non completamente cresciuto, non del tutto ‘sano di mente’.
Aveva spostato il telefono sul comodino, spento la luce ed atteso il sonno.
Troppe cose da dire, e poco tempo rimasto a disposizione.

I wanna die young
And sell my soul,
Use up all your drugs
And make me come
Yesterday man,
I was nihilist and
Now today I'm
Just too fucking bored
By the time I'm old enough
I won't know anything at all
Marylin Manson ~ I want to disappear

~~~

Canzone del capitolo:
- Marylin Manson ~ I want to disappear.

Le note di questo capitolo sono:
- La canzone che ascolta Linds in auto è I'm in love with my car, una traccia di A Night at the Opera album dei Queen del 1975, potete ascoltarla qui;
- Mustang Fastback del '67 ovvero per me 'La Mustang' (se non si tiene in conto la più giovincella Boss 302 del '69 OMG!), sono patita di macchine e questa mi pareva un ottimo veicolo come prima autovettura per Linds (sopratutto ai suoi inizi in America Centrale! xD). Già negli anni sessanta quest'auto era considerata un 'mostro' dell'asfalto e montava quattro dischi freno ventilati per permettergli di inchiodare in sicurezza. Per darvi un aiuto vi rimando all'ultimo video dei Rollin' Stones Ride 'em on down dove la inquadrano per bene e ci giocano pure un po'...LoL la colonna sonora è ok ma io amo l'auto!
- Asperger Hans era uno psichiatra e pediatra austriaco il cui lavoro e teorie non furono riconosciute fino all'inizio degli anni novanta quando la psichiatra inglese Lorna Wind coniò il termine 'Sindrome di Asperger'. Non voglio dilungarmi troppo sull'argomento perché ci ritorneremo in dettaglio più avanti nel corso di UT ma posso dirvi che è considerato un disturbo pervasivo dello sviluppo e viene ritenuta una forma dello spettro autistico 'ad alto funzionamento'. Non è comunque una condizione genetica od ereditaria;
- La Valigetta delle meraviglie ed i preparati di Linds si riferiscono al suo fitto passato alcaloide che qui ho solamente accennato, per maggiori info vi rimando alle prime due storie.

Sono reduce dall'influenza e dal 'ritorno alla vita reale'...LoL
Eccomi qui con il quarto di UT fresco fresco di scrittura!
Questa volta passiamo un po' di tempo con il caro vecchio Linds, il topo genio per definizione. xD
Questo capitolo aveva tutta un'altra struttura all'inizio ma - come Michelle - Lagden ha sempre degli assi nella manica apposta per farmi sclerare come una scema quando meno me l'aspetto. Lo rivedremo ancora one-on-one nel corso degli eventi, mi sa.

Grazie a Petitecherie per la rece al capitolo precedente (non ti ho risposto per un motivo...ah il nostro Lindor right?).
Spero che questa storia interessi a qualcuno dei suoi lettori...sto scrivendo per non fondere la mia sanità mentale a causa di plot bunny quindi sarebbe bello leggere le vostre idee!
*indica il bottone 'recensisci'*
Ci rivediamo appena trovo il tempo di finire un'altro capitolo! =)
Buonanotte e non correte troppo che ci penso già io, LoL
Hermes

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Hermes