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Autore: belle_delamb    06/02/2017    3 recensioni
Ecco una raccolta di storie su quanto possa essere oscuro l’amore, soprattutto se interviene la magia. Fate innamorate di mortali, ragazze tanto gelose da uccidere, scienziati desiderosi di creare la moglie perfetta, antiche maledizioni, uomini dei sogni oppure usciti da un qualche libro e tanto altro.
Partecipa al Challenge: Mal d’amore challenge
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Con le lacrime agli occhi mi diressi verso la palestra. Ero stava vittima dell’ennesima delusione, nessuno mi aveva invitata al ballo di fine anno. Non che questa fosse una novità, succedeva ogni anno che io non venissi scelta, solo che questa volta avevo veramente creduto che Fred, il mio compagno di classe, me lo chiedesse, ne ero così certa da aver detto alla mia amica Jenny di avere già l’invito in mano. Sbagliavo. Entrai in palestra e mi cambiai rapidamente nello spogliatoio. Avevo intenzione di esercitarmi fino a cadere a terra dalla stanchezza. Mi diressi al tapis-roulant, decisa a cominciare con quello, quando qualcuno mi superò rapidamente.
-Ehi- esclamai, decisa a dirgliene quattro a quel maleducato. Le mie intenzioni mutarono non appena si girò. Era identico a come mi ero immaginato Erik, il protagonista della mia serie di romanzi preferiti, Dark Shade. Restai a bocca aperta incapace di parlare. Stessi capelli biondo cenere, stesso ciuffo che ricadeva sull’occhio destro, stessi profondi occhi azzurri, addirittura stesso sorriso, con la piccola cicatrice accanto al labbro che veniva descritta nei libri.
-Scusa, volevi andarci tu?- mi chiese –Sono un vero maleducato- fece un passo indietro e un profondo inchino –sono perdonato?-
-Certo- mormorai, non riuscendo a dire altro. Indossava la maglietta con pantera proprio come nel secondo romanzo della saga. Incredibile.
-Allora accetterai le mie scuse e un caffè?-
Mi sentii avvampare. Era un invito quello? Il primo della mia vita.
-Oppure il caffè non ti piace? Preferisci qualcos’altro?-
-No, il caffè va benissimo- dissi subito, temendo che potesse interpretare la mia esitazione come un rifiuto.

Un quarto d’ora dopo eravamo seduti sulle panche della palestra, il caffè fumante della macchinetta in mano, intenti a parlare come se ci conoscessimo da una vita.
-Vieni spesso in palestra?- gli chiesi.
-Qualche volta, per tenermi in forma- sorrise, proprio come doveva sorridere Erik nel romanzo, facendo risplendere lo sguardo.
Avrei voluto osare qualcosa di più, magari chiedergli il numero, ma mi mancò il coraggio. Lui però parve leggermi nel pensiero.
-Si sta facendo tardi, mi dai il tuo numero? Magari potremmo vederci ancora-
-Certo- glielo dettai con voce un po’ tremante, quindi aspettai che me lo facesse squillare –Ehm- dissi –però non ci siamo ancora presentati-
-Oh che sbadato- mi porse la mano –il mio nome è Erik -
M’irrigidii. – Kelly – sussurrai.
-Nome stupendo-
-Già-

Uscii dalla palestra saltellando, non mi sentivo così felice da molto tempo. Quel ragazzo sembrava uscito da chissà dove solo per risultare di mio gradimento. Mi diedi un pizzicotto per assicurarmi di non stare sognando. Incredibile come somigliasse al personaggio dei miei romanzi, ma a volte le coincidenze sanno essere enormi. Il trillo del mio cellulare mi fece sobbalzare. Era un messaggio di Erik, diceva che gli mancavo. Sentii un tuffo al cuore. Quella era l’inizio di una bella storia d’amore, ne ero certa. Non mi ero mai sentita così euforica. Ridacchiai tra me e me.

Ovviamente non riuscii a tenere la bocca chiusa. La prima che lo seppe, appena arrivata a casa, fu Jenny che rimase sorpresa.
-Fino a stamattina mi parlavi di Fred e ora chi è questo Erik?-
-Identico al protagonista di Dark Shade -
-Wow, allora deve essere davvero bello-
-Un sogno ad occhi aperti, è perfetto-
-Quindi andrai con lui al ballo?-
Non avevo più pensato al ballo. Sì, Erik sarebbe stato il cavaliere perfetto, quello che tutte le mie compagne avrebbero guardato invidiose.

Quella sera stessa accennai ad Erik del ballo, esprimendo la mia tristezza nel non avere ancora un accompagnatore. Lui non parve cogliere subito l’allusione, ma in seguito, dopo un po’ d’insistenza, comprese quanto per me fosse importante.
-Ti accompagnerò al ballo- disse.
Non riuscii a trattenere un gridolino di gioia. –Bene, ho un vestito bellissimo- e nuovissimo, ma evitai di aggiungerlo, sarebbe sembrato troppo disperato.

Nei giorni seguenti mi capitò di rileggere il primo libro di Dark Shade, nel tentativo di trovare cosa l’Erik reale e quello del romanzo avessero in comune. La descrizione fisica combaciava alla perfezione. Nella storia Erik era un immortale dall’origine non meglio specificata, una creatura tanto affascinante quanto infelice, che girava per il mondo e per le epoche senza riuscire a trovare la pace. Inutile dire che incontrava una ragazza, Gween, timida e impacciata, di cui s’innamorava. La loro storia d’amore era travagliata, ma procedeva per cinque libri senza nessun vero cedimento. Un amore fittizio, chiaramente irreale, senza contare che i due protagonisti non andavano oltre al bacio. La mia storia invece sarebbe stata molto più terrena e appassionata. Ero proprio intenta a fantasticare quando Erik mi propose una passeggiata al parco.
-Certo, dammi il tempo per prepararmi, mi passi a prendere sotto casa?-
-Sono praticamente già lì, fai con comodo-
Sospirando mi vestii, un abitino stretto che mi arrivava a malapena alle ginocchia e che valorizzava le mie gambe. Mi guardai allo specchio, feci un giro su me stessa, mi avvicinai con il viso per controllare che il trucco fosse a posto e corsi fuori, afferrando la borsetta.
-Sei stata velocissima- disse Erik che mi aspettava dinnanzi al portone.
In quello stesso momento passò la ragazzina che viveva al piano sotto al mio, mi salutò con un grugnito e ignorò completamente Erik. Per poco non scoppiai a ridere, brutta l’invidia.
-Invece ci ho messo troppo- dissi, afferrandomi al suo braccio.
-Sono ben disposto ad aspettarti- disse lui e c’incamminammo lungo il viale.
-Sei sempre così cortese-
-Come potrei non esserlo? E poi oggi sei proprio bellissima-
Ridacchiai. –Merito del vestito- sorrisi –quello che metterò sabato sera però sarà ancora più bello-
Qualcosa nel suo sguardo cambiò. – Kelly, forse dovrei dirti … - e proprio in quel momento vidi Jenny.
-La mia amica- dissi –vieni, te la presento-
-Aspetta-
Non lo ascoltai e lo trascinai con me, il mio trofeo, mentre chiamavo Jenny a gran voce.
Lei si voltò e mi fissò un attimo sorpresa, prima di venirmi incontro con un sorriso. – Kelly, che piacere vederti-
-Come stai?- le chiesi.
-Bene, stavo andando a comprare un girocollo che ho visto ieri, vuoi accompagnarmi?-
Ma come poteva chiedermelo vedendo che ero in dolce compagnia? Ma Jenny era sempre stata gelosa di me. –Come vedi- esordii, sicura di me –sono in ottima compagnia-
La mia amica mi guardò con occhi sgranati, quindi spostò lo sguardo intorno a me. –In che senso?-
Sbuffai. –Lui è Erik -
-Lui chi?-
-Ecco, era di questo che dovevo parlarti- disse Erik.
-Oh, l’invidia è proprio brutta- dissi rivolta a Jenny.
-Invidia? Dovrei essere invidiosa di una pazza che parla da sola?-
Quella frase mi colpì come un pugno.
-Ti hanno vista tutti in questi giorni, i monologhi che fai per strada, io speravo che fosse una cosa priva d’importanza, un’eccentricità, ma a quanto pare è qualcosa di molto più grave-
-Cosa stai dicendo?- sussurrai, la voce che tremava.
-Andiamocene- intervenne Erik –andiamo via, ti spiegherò tutto- e mi lasciai trascinare via da lui, non sapendo cosa fare.
Ci fermammo parecchio più in là. Mi appoggiai a un muro con il respiro affannato. –Adesso mi dici cosa sta succedendo-
Quello che Erik mi raccontò mi lasciò così sorpresa che dovetti sedermi sulla prima panchina e farmi rispiegare tutto da principio.
-Quindi tu sei veramente quell’Erik?- chiesi infine, per essere sicura di aver compreso bene, divisa tra lo stupore, la gioia e la paura.
-Quello che si racconta in quei libri è vero- disse lui, non abbassando lo sguardo.
-Sei immortale?-
-Sì-
-Wow, wow, è incredibile-
-Stai reagendo bene alla cosa-
-In realtà semplicemente non riesco a crederci-
-In cuor tuo sai bene che non ti sto mentendo-
Certo e potevo rivedere la reazione di Jenny, ma questo avrebbe voluto ammettere che Erik non era reale e io non potevo ammetterlo, ne sarebbe andata della mia salute.
-Io ti amo, Kelly -
Quello fu troppo, corsi via in lacrime.

La settimana seguente fu un’agonia. Dovetti andare a scuola e fare finta di non sentire le risatine dei miei compagni. Jenny mi evitava, fissandomi malamente quando c’incontravamo faccia a faccia. Inutile dire che non andai al ballo, senza cavaliere e senza dignità non c’era motivo di recarvisi. Inoltre fui ben attenta a evitare ogni occasione di aggregazione sociale, compresa l’ora di ginnastica, quando le ragazze si radunavano nello spogliatoio per spettegolare. Erik continuava a chiamare e mandare messaggi, ma io li ignoravo, seppure con un profondo dolore nel cuore. Avrei preferito cento volte potergli rispondere, ma non potevo accettare ciò che mi aveva detto. Poi un giorno lo trovai fuori dalla mia scuola. Rapida svoltai a destra per evitarlo.
- Kelly, aspetta- disse lui raggiungendomi.
Non gli risposi, il cuore in gola, la terribile paura di sembrare pazza.
-Non puoi ignorarmi per sempre-
-Sì che posso, come fanno tutti gli altri, tu non esisti- sbottai.
Ci fu un attimo di silenzio, come se la cosa l’avesse offeso. –Okay, hai vinto tu, ma dammi la possibilità di spiegarti tutto-
Mi limitai a scuotere la testa.
-So che tu a me ci tieni-
Mi sfuggì una risatina nervosa.
-Sbaglio forse?- chiese lui, afferrandomi per il braccio.
-No- ammisi con un certo rancore.
-Cambia forse qualcosa che mi possa vedere solo tu? Il tuo sentimento per me è diverso?-
No, non lo era, per me non era cambiato assolutamente nulla. Questa volta non risposi, lui non doveva sapere cosa provavo.
-Quello che provo per te è autentico-
Osservai un gruppo di ragazzi che mi fissava ridacchiando. Dovevo proprio essere uno spettacolo esilarante. –Fa male- sussurrai –essere derisa ma male-
-Ma l’amore deve fare un po’ male, altrimenti non è autentico, non pensi?-
Mentiva e io lo sapevo, ma non riuscii a oppormi. Ispirai a fondo, non potevo accettare quel tipo d’amore.
-Ti amo, Kelly, nessuno potrà mai amarti come me-
Rabbrividii a quella frase. Era la stessa che nel romanzo rivolgeva a Gween quando questa aveva scoperto che lui era immortale. Le cose però erano diverse. Nella storia Erik era un personaggio reale, visibile a tutti, mentre nel mio caso … beh, poteva anche essere frutto di un delirio allucinogeno per quanto ne potevo sapere.
-Mi concedi almeno una possibilità?-
Sospirai.
-Dai, una sola possibilità, non ti deluderò-
Gliel’avrei concessa anche se mi avesse delusa. Annuii, impossibilitata a parlare e lasciai che quel fantasma, invisibile a tutti tranne che a me, mi baciasse in mezzo alla strada, sotto lo sguardo derisorio di tutti i presenti, ma in fondo quella cosa non m’interessava.

I giorni che seguirono furono in fondo felici, nonostante i sentimenti contraddittori che provavo. Erik cercava di essere il più presente e il più premuroso possibile, il migliore dei fidanzati, l’unica pecca era che in fondo non era reale.
-Non è meglio che gli altri non mi vedano?- mi chiese una sera, in camera mia –Non potrei essere qui altrimenti-
Uscii dal bagno. Mi ero messa la mia camicia da notte più bella, quella bianca di seta. –No, effettivamente se i miei ti avessero visto non ti avrebbero certo permesso di dormire con me-
-Vieni- disse, allargando le braccia.
Mi rifugiai nel suo abbraccio e mi accoccolai contro di lui, appoggiando la testa contro il suo petto e ispirando il suo profumo. –Raccontami qualcosa di te, della tua vita- mormorai.
-Ma di me sai tutto, è scritto in quei romanzi-
-Sei davvero immortale?-
-Oh sì, è vero tutto, dalla maledizione della strega al mio continuo viaggiare, solo una cosa non è detta: io non posso apparire a tutti-
-Perché?-
-Era la parte peggiore della maledizione, poter vivere per sempre ma essendo visto solo da alcune persone, una tortura-
-L’autrice del libro come conosceva la tua storia?-
- Gliel’ho raccontata io, lei ha solo modificato alcune parti, ma la struttura principale è la stessa-
Quindi questa era la storia. Ne rimasi quasi un po’ delusa, chissà cosa mi aspettavo, ma a volte le spiegazioni più semplici sono le più sorprendenti e le meno credibili. Alla fine c’era solo una cosa che mi premeva di sapere.
-Tra voi due … -
-Non c’è mai stato nulla- mi precedette lui.
-Sicuro?-
-Certo-
-Allora perché le hai raccontato la tua storia?-
-Perché mi sentivo tremendamente solo, è terribile essere immortali, vedere tutti accanto a sé morire, sapere che si rimarrà sempre soli, senza nessuna possibilità di vedere chi si ama di nuovo … è orrendo-
-Prima di me quante sono state?- chiesi d’impulso.
Lui esitò. –Vuoi davvero sapere?-
No che non volevo, ma dovevo. Annuii e sostenni il suo sguardo.
-Alcune- ammise lui –ma non entrerò nel dettaglio-
-Quante?-
-Oh, Kelly, non importa, adesso ci sei tu, questa è l’unica cosa che conta-
-Non è vero-
-Sapere delle altre può solo farti male-
Ma forse iniziavo ad abituarmi a quel dolore che accompagnava la nostra relazione, quasi a bramarlo. –Dimmi di loro- insistei e alla fine lui cedette.
Mi raccontò così della sensuale Charlotte, fanciulla della Francia medioevale, timida e uccisa dalla peste, e di Jane, figlia di un pirata, ribelle e anticonformista, che nel Cinquecento viaggiava vestita da uomo e che un giorno finì accoltellata in una rissa. E poi c’era Isabel, altezzosa e ricca, morta di inedia perché si era ribellata al padre. E ancora Laura, attricetta di teatro, quasi una meretrice, conoscitrice dell’arte dell’amore, deceduta per consunzione. E tante altre, troppe perché potessi ricordarle tutte. Bellezza e giovinezza le accomunava, rendendole simili, seppur nella loro diversità, e poi c’era un’altra cosa che le eguagliava.
-Sono tutte morte giovani- mormorai.
Erik esitò un attimo, poi annuì. –Erano però anche periodi in cui non si viveva a lungo-
-Muoiono tutte in maniera atroce-
Questa volta Erik non replicò.
-Sarà lo stesso per me-
-Oh, questo no, farò in modo che non ti succeda nulla- esclamò con trasporto, prendendo le mie mani tra le sue.
E io quella sera volli credergli.

Qualche giorno dopo mia madre volle parlarmi. Mi fece sedere in cucina e improvvisamente mi sembrò di essere ritornata bambina e di aver combinato un qualche guaio per il quale presto sarebbe arrivata la punizione.
-Ho incontrato Jenny stamattina-
Mi sentii gelare.
-Mi ha detto che non ti vede da un po’-
-Abbiamo litigato- ammisi.
-Lei mi ha detto che ti ha vista parlare da sola e che tu l’hai aggredita-
Esitai un attimo prima di parlare. –Non è andata proprio così, lei mi ha detto delle cose che non mi sono piaciute ed è per questo che le ho risposto-
-Va bene- mia madre sospirò –sei strana, Kelly, in questi giorni sei proprio strana-
-Sono stanca, ho molto da studiare-
Mia madre annuì, ma non era convinta. –Sai che con me puoi parlare di tutto, vero?-
-Certo- non di Erik però, lei non avrebbe capito, nessuno poteva capire.
-Non dirò nulla a tuo padre, ma voglio che tu mi prometta che ti confiderai con me se ci sarà qualcosa che non va-
Promisi e vidi il viso di mia madre rilassarsi leggermente. Improvvisamente mi sentii in colpa perché non avrei mai potuto mantenere la mia promessa.

Quella sera posi ad Erik il problema che mi premeva più di ogni altro. Eravamo abbracciati nel mio letto e mi tirai un po’ su per guardarlo in faccia.
-Per quanto potremo andare avanti così?- domandai.
Lui mi parve sorpreso. –Non ti diverti? C’è qualcosa che non va?-
-No, non volevo dire questo, ma non potremo mai essere una coppia normale, vederci con gli amici, fare shopping insieme, non so, tutte queste cose-
Lui sospirò con sguardo triste. –Purtroppo non possiamo, a meno che … no, nulla- e scosse la testa.
-A meno di cosa?- insistei, convinta per un attimo che ci potesse essere una soluzione.
-Nulla, nulla-
-Cosa non vuoi dirmi?- lo fissai negli occhi.
-Non ha importanza-
-Per me sì, ti prego, sii sincero-
-Ci sarebbe un modo per passare nel mio mondo, là potremo vivere il nostro amore alla luce del sole, visti da tutti-
-Stai parlando della Terra del Sole?- chiesi, ricordando che nel romanzo era da là che veniva.
-Proprio di quella-
-Nel libro non viene detto come andarci, né ne parli mai in modo accurato, dici solo che è il luogo da cui provieni e che lì non è mai notte-
-Non amo parlare di quel luogo, è legato al mio passato, ma se non c’è nessuna soluzione e tu desideri questa cosa sarei veramente felice di andarci con te-
-Ma vorrebbe dire lasciare questo mondo?- chiesi.
-Purtroppo sì, non c’è altra soluzione da questo punto di vista-
-Io non so se potrei- lasciare i miei genitori, tutto ciò che conoscevo.
-Non sei costretta a farlo, era solo una proposta-
Ma aveva insinuato l’idea e questa iniziò a tormentarmi. Oh, come sarebbe stato bello poter stare insieme a Erik, dimenticare tutti i problemi, essere finalmente felice. Anche se questo mi avrebbe fatto immensamente male.

-Sono pronta- gli dissi un giorno, mentre passeggiavamo fianco a fianco lungo la strada.
-Vuoi davvero venire nella Terra del Sole?-
-Sì-
Erik sospirò. –C’è un solo modo in cui puoi farlo-
-Come?-
-Poco fuori dalla città c’è una roccia, è parecchio alta, si chiama Rocca della Sventurata, tu devi andare lì e … - esitò.
-Parla- lo spronai.
-Devi lanciarti giù da quella-
Inizialmente pensai di non aver capito bene, oppure che stesse scherzando, ma quando lui ripeté la frase compresi che non c’era stato nessun fraintendimento. –Morirò-
-Oh no, quello è il portale, ti troverai nella Terra del Sole-
-Io non voglio buttarmi- mi sfuggì un po’ più forte di quanto avrei voluto dirlo.
-Per raggiungere la Terra del Sole non c’è altra strada … ma ovviamente possiamo anche continuare a vivere qui-
Certo, era una possibilità. Quel pensiero mi diede molto da riflettere e non potei negare a me stessa che il solo pensiero di dover lasciare la mia casa e tutto ciò che essa rappresentava mi faceva venire le lacrime agli occhi. Poi successe un’altra cosa. Erik, inizialmente così comprensivo, iniziò a farsi più distante, a trovare scuse per non vedermi, scuse assurde visto che lui non poteva avere una vita come tutti gli altri individui. Qualcosa non andava ma, ahimè, folle d’amore, non facevo che crogiolarmi nel mio dolore, nutrendomi di esso, unica mia fonte di sostentamento visto che c’entrava lui. Alla fine decisi di affrontarlo.
-Vuoi che io venga con te nella Terra del Sole, vero?-
-Mi farebbe molto piacere- fu la risposta di Erik, come se la cosa in fondo non gli importasse più di tanto, ma io sapevo che voleva.
-Mi devo lanciare?- tremavo, ma lui fece finta di nulla.
-Un salto, poi tutto andrà bene, come mai in vita tua-
Non gli credevo, non sarebbe stato così semplice. –Dammi un po’ di tempo-
-Una settimana- esclamò, alzandosi, lasciata finalmente la maschera.
Lo osservai andarsene, le lacrime agli occhi. Ora dovevo solamente capire cosa fare.

Quella sera mi misi al computer e, dopo un attimo di esitazione, digitai il nome “Terra del Sole” sul motore di ricerca. Subito mi apparve un sito dedicato a Dark Shade, lo aprii e potei leggere una descrizione dettagliata del luogo, insieme a un suo disegno. Il tutto si basava su un racconto che io non avevo letto e che doveva fare da prequel alla trama, raccontando cos’era successo a Erik prima d’incontrare Gween. Rapida scaricai il racconto in e-book e mi misi a leggerlo, certa di poter trovare al suo interno qualcosa di utile. In realtà si accennava solo a un periodo nella vita di Erik passato in quel luogo, nulla di significativo. Nonostante ciò lessi con molto piacere la storia e mi parve di essere tornata la liceale ingenua che sprofondava nelle pagine della saga, sognando di trovarsi tra le braccia di Erik. Ovviamente ora non ero più così felice di averlo trovato, non dopo le ultime cose che erano successe. Fu proprio mentre stavo per chiudere internet che vidi il titolo di una pagina web.

Addio Margaret, ci mancherai

Curiosa di sapere cosa c’entrasse quell’addio con Dark Shade e la Terra del Sole aprii la pagina. Restai a bocca aperta quando vidi una ragazza lentigginosa, con ricci capelli corvini ed enormi occhiali, tenere tra le mani un’edizione speciale che racchiudeva i primi tre libri della saga. Lessi l’articolo.

La sedicenne Margaret White si è gettata dalla Rocca della Sventura. I motivi del gesto non sembrano essere chiari, ma si è ormai esclusa sia l’ipotesi dell’omicidio sia quella dell’incidente. La ragazza aveva vinto lo scorso mese l’ambito 3 special di Dark Shade.

Quindi era un’altra appassionata della saga, proprio come me, e si era lanciata dalla Rocca della Sventura, laddove, secondo Erik, bisognava buttarsi per raggiungere la Terra del Sole. Coincidenze? Illuminata da un’oscura intuizione digitai il nome della roccia e il termine suicidi, quindi premetti invio. Un gran numero di siti mi si presentò davanti e dopo circa mezz’ora avevo messo insieme un po’ di materiale interessante e agghiacciante. Margaret White non era la sola appassionata di Dark Shade suicidatasi in quel luogo, la lista di ragazze come lei era molto lunga. Terminai l’ultimo disperato articolo e chiusi il computer, bisognosa di pensare. In realtà mi girava tremendamente la testa. Erik mi aveva quindi mentito. O meglio non mi aveva mai detto che non ero l’unica, che c’erano state delle altre e che erano morte. Nessuna Terra del Sole per loro, nulla di nulla. Iniziai a chiedermi se anche per me non ci sarebbe stato nulla dopo il volo. Ma non lanciarmi voleva dire rinunciare a Erik, lasciare andare il mio unico amore, ero davvero disposta a quello?

Non sentii Erik per alcuni giorni e, seppur con dolore, evitai di cercarlo. Inutile dire che per me fu quasi un’agonia non poter ascoltare la sua e nemmeno condividere i miei pensieri. Quando non resistetti più lo chiamai.
- Erik – sussurrai –ho saputo delle altre-
Ci ritrovammo al parco dietro casa mia. Non dormivo da giorni, logorata da un amore che ormai mi faceva solo soffrire.
-Perché non mi hai detto nulla?-
-Io non le amavo come amo te- disse lui.
-Si sono gettate, sono morte per te-
-Loro non ci credevano veramente- sospirò e mi parve più bello che mai in quel momento –loro non mi amavano come te-
Quella frase mi strinse il cuore. Era vero, lo amavo alla follia, ma era abbastanza?
-Ora sta a te decidere, se vuoi o meno venire via con me-
-Ho paura- sussurrai. -L’amore è paura e dolore, Kelly, solo i folli non lo comprendono-
Sì, l’amore faceva male.

Ho messo per iscritto questi avvenimenti. Perché l’ho fatto? Avevo bisogno di ricapitolare tutto, tremendamente bisognosa di capire cosa fare. Amo Erik, lo amo alla follia, so che senza di lui la vita non potrà più essere la stessa. Allora perché sono ancora qui indecisa su cosa fare? Forse perché amare Erik mi fa male, tremendamente male, come se fossi pazza, come se non avessi nessuna possibilità di recuperare la sanità mentale. Sono pazza e questo mi fa soffrire. Erik non vuole il mio bene, questo l’ho compreso, altrimenti non mi chiederebbe di lasciare tutto ciò che amo per lui, se ci tenesse davvero a me acconsentirebbe a vivere con me nel mio mondo. A lui in realtà non importa se accetterò o meno, sa che ci sono delle altre pronte a fare l’estremo salto, per lui un nome, un viso, un destino valgono un altro. Per lui non cambierà assolutamente nulla, questa è la cosa più dolorosa. Per me sì. Lui però conosce già la mia risposta, sa che mi arrenderò e che sceglierò lui, come hanno fatto le altre. Questo è il mio addio, l’ho scritto perché si sappia il motivo del mio gesto, perché non si dica in giro che è stato fatto per poco amore della vita, perché io lo faccio proprio per amore, vero amore. Ma l’amore fa male.

Note: Questo racconto partecipa al challenge Mal di challenge e parla dell’amore masochistico
   
 
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