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Autore: Switch    07/02/2017    5 recensioni
Terza storia della serie Heart's mutation, dopo SITR e JTWYA. TMNT 2003
Isabel e Raphael vivono il loro idillio, circondati dall'affetto della famiglia, ma non tutto va sempre liscio.
Tra tornei, battaglie, misteri che si infittiscono e si accumulano, la relazione crescerà o si romperà. E poi, un mistero potrebbe portare a nuove conoscenze, a capirsi meglio.
E un sacrificio non è sempre solo dolore.
Genere: Angst, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heart's mutation'
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Avevano raccolto i quattro ciondoli dei quattro elementi base.

Non pensavano ce ne fossero altri, erano davvero convinti che quei quattro fossero gli unici e che perciò da un momento dovesse accadere qualcosa, forse l'arrivo di un mostro potente come al livello finale di uno dei giochi di Mikey, forse direttamente l'artefice di tutto quello, un mago prodigioso che avrebbero affrontato, facendosi spiegare cosa potesse mai volere da loro.
Di certo, quello di cui tutti erano certi, era che sarebbe accaduto da un momento all'altro. Niente più che pochi giorni, perché le apparizioni degli elementi erano state sempre più vicine nel tempo, perciò non avrebbero dovuto aspettare molto.

Donnie si sbrigò a inserire il segnale del suo ciondolo nel tracciatore, poi iniziò ad allenarsi anche lui coi suoi fratelli, ma erano sempre tutti sottilmente sul chi vive, sempre distratti, sempre con la testa tesa a percepire una nuova minaccia, qualcosa che doveva accadere.
Perché non poteva essere tutto lì.

A volte, anche se nessuno di loro lo aveva mai confessato agli altri, li prendeva la paura che in realtà non sarebbe successo davvero nulla, che semplicemente avrebbero continuato con le loro vite di sempre, solo con in più quei ciondoli magici, senza sapere mai perché, senza scoprire mai chi ci fosse dietro.
Ma non era possibile, no? Perché qualcuno avrebbe dovuto creare disastri di quella proporzione, tutto quel casino, per poi lasciare tutto così, incompiuto?
Sarebbe successo qualcosa.
Doveva.
Continuarono a crederci. Anche dopo che un'altra settimana era passata e mancavano ormai pochi giorni alla fine di Luglio; ma per allora di certo sarebbe successo.

Gli allenamenti seguirono e Donatello imparò a controllare perfettamente il suo potere, dal creare terremoti semplicemente pestando un piede al far spuntare costoni di roccia con un gesto della mano, in pochissimo tempo riuscì a padroneggiarlo appieno; il suo ciondolo, legato al collo, aveva il simbolo di un triangolo con la punta verso il basso tagliato in orizzontale da una linea, che si illuminava di verde ogni volta che usava la sua magia.
Non c'era più niente di anomalo, in città.
Temperature normali per la solita estate torrida, ragazzini in ferie, i lavori per ripristinare le strutture danneggiate erano già iniziati e dalle menti della gente era già sparita la preoccupazione per tutto quello che era successo, già dimenticato dalla frenesia della città.
Era... seccante. Perché per loro niente era finito.
Ogni giorno era un'attesa infinita, ancora più lunga perché il sentimento era condiviso e i dubbi di tutti si accumulavano fino allo spasmo.

Arrivò la fine del mese, l'ultimo giorno di Luglio, e ancora nulla. Si stavano allenando come al solito nel dojo, solo loro quattro, ormai anche il sensei sentiva che non era prudente rimanere lì dentro in balia degli elementi.
Gli umani ovviamente se ne tenevano alla larga senza tanti complimenti, anche se incuriositi e galvanizzati da tutto quel mistero e dai loro nuovi poteri; quindi anche se non si allenavano più con loro, Steve era soprattutto il più penalizzato, tutti erano alla costante ricerca di informazioni e si erano raccomandati di avvisare nel caso succedesse qualcosa.

Gli allenamenti magici non erano solo... magici, ma comprendevano anche allenamenti fisici mescolati a quelli più esoterici: era stata una regola di Raphael, che li aveva spiazzati se dovevano essere sinceri, per non fare troppo affidamento sulla magia, nel caso in cui poi avessero perso i loro poteri al momento clou, senza preavviso.
C'era così tanta maturità in quell'avvertimento, così tanta Isabel nei suoi pensieri quando l'aveva pensata, che tutti si dissero d'accordo immediatamente.

Interruppero per qualche istante la sessione di allenamento, le fiamme, il vento, l'acqua e le rocce si fermarono e scomparvero e i quattro medaglioni smisero di brillare.
Ci fu così tanto silenzio finalmente che sentirono il sensei sospirare di sollievo nella stanzetta da meditazione. Chissà quanto fastidio gli avevano dato sino a quel momento.

Mikey si sedette un attimo sul pavimento, mentre Don andava in cucina a prendere da bere.
Aveva sacrificato le invenzioni in quell'ultimo periodo, anche e soprattutto a sfavore della nascente O'Neill Tech, che un po' si sentiva in colpa. Prese quattro bottigliette dal frigo, facendosi solenne promessa mentale di lavorare il doppio una volta finito tutto quello, per aiutare la sua amica a far decollare il progetto.
In fondo era anche il suo progetto, era sì un socio fantasma, ma avrebbe preso la sua bella fetta una volta avviato.

Stava tornando indietro, quando sentì Michelangelo chiamare il suo nome.
Corse stringendo le bottiglie al petto e aprì la porta del dojo con un calcetto e si sorprese nel vedere che c'era anche il sensei, probabilmente richiamato dalle urla di Mikey; il fratello era al centro del gruppetto e teneva nella mano il suo tracciatore.

Si è illuminato. Ma non indica nulla” disse quasi scusandosi, passandoglielo.

Donatello stava già preparando mentalmente i rimproveri nel caso lo avesse rotto, quando lo sguardo si posò sullo schermo del congegno: il piccolo puntino rosso continuava a lampeggiare, in mezzo al bianco. Pigiò un paio di tasti al lato e rimpicciolì la metratura, sempre di più, sempre di più, finché...
Non è rotto. La minaccia non è a New York City!” esclamò più a sé stesso che a loro, scappando dal dojo prima che potessero anche solo aprire bocca.

Lo inseguirono tutti assieme senza una parola e lo trovarono nel laboratorio, che armeggiava già con il computer, e il tracciatore connesso con un cavetto.
Continuò a guardare lo schermo, assorto, ma si accorse di loro.

Nel congegno ho messo solo la cartina della città, convinto che tutto sarebbe successo qua. Che stupido! Anche un po' arrogante a dire il vero. Perciò il puntino segnava il nulla, perché non c'era nulla oltre i confini di NYC.”
Iniziarono a capire, mentre intanto lui inviava le mappe di tutti gli stati nel dispositivo, ad una velocità impressionante.
Digitò ancora rapidamente sulla tastiera, poi saltò su con una espressione euforica e staccò il filo con uno strattone disattento. Pigiò i tasti del tracciatore, controllò lo schermo con attenzione e... trattenne il fiato.

Leo, inizia a preparare il furgone. Prendiamo acqua e un kit di pronto soccorso. Partiamo immediatamente.”

Si mossero tutti in fretta, spronati dalla serietà della sua voce, convinti che avrebbero avuto sin troppo tempo per domandare nel viaggio, così dopo pochi minuti erano tutti già ai loro posti e Donatello ingranava la marcia indietro per uscire dal garage.
Anche il sensei era con loro, quella volta, mentre il genio si era limitato a mandare un messaggio a April, Casey, Angel e Steve per informarli dove stessero andando e di raggiungerli se avessero potuto farlo.

Uscirono dalla città e si immisero nella I-95, accelerando considerevolmente.
Non sapevano di quanto il tracciatore avesse anticipato la minaccia, qualunque essa fosse, perciò raggiungere la destinazione il prima possibile era di vitale importanza.
E ormai avevano capito tutti dove stessero andando e il silenzio era caduto all'istante, spesso e angosciante su di loro.
Raphael guardava distrattamente fuori dal piccolo finestrino del sedile di dietro, assorto sul guardrail con un grosso peso sul cuore.
Stavano andando a Northampton. Stavano andando da lei.

Due ore e mezza sembrarono così lunghe, così lente, nonostante stessero andando il più velocemente possibile, la distanza era troppa; ma con tutto quel tempo, le domande che si crearono nelle loro menti si accavallavano una sull'altra, insieme alle mille teorie.
Arrivarono finalmente nella piccola cittadina che ormai era il calare del sole, e sfrecciarono verso la casa immersa nella campagna, seguendo il segnale: era indubbio, a quel punto, che indicasse proprio la fattoria Jones.

Parcheggiarono di fronte alla casa e scesero coi sensi all'erta, scrutando intorno per captare qualsiasi minaccia, ma c'era solo il fruscio lento del vento tra le fronde degli alberi e lo stridio di uccelli che cercavano riparo per la notte.
E nient'altro.
Erano arrivati troppo presto o troppo tardi?
Non c'era segno di danni, né ne avevano visto nella città quando erano arrivati, perciò erano sicuri fossero in anticipo. Esaminarono i dintorni senza sparpagliarsi troppo.

Raphael si allontanò senza essere visto, diretto verso il limitare del bosco, senza preoccuparsi nemmeno di prendere una torcia: l'oscurità calava in fretta, ma la tomba bianca splendeva quasi nel buio, perciò sapeva perfettamente dove andava.
Si fermò ad un centimetro da essa e guardò le grandi crepe che la solcavano, quello che lui aveva fatto nella sua furia: il segno dei colpi, i frammenti staccati che rovinavano la scritta e i contorni; si chinò, poggiando una mano sopra, accarezzando il marmo e le sue incrinature.
Le dita si fermarono su quella grande che straziava il suo nome.
Isabel. Si leggeva appena ormai.

Mi dispiace” sussurrò a voce bassa, sentendosi sciocco allo stesso tempo.
E quella rabbia c'era ancora tutta e così quel dolore straziante e quel senso di abbandono, ma non li avrebbe diretti più contro di lei o contro sé stesso.
Si accorse della presenza di Leo, lì vicino, probabilmente che lo controllava di nascosto, ma ne fu quasi lieto, gli ricordava che non era solo, anche se non diminuiva la pena.
Si rialzò, scuotendo la polvere dalle dita contro il tessuto della tuta, distrattamente.

Poi, un bagliore rosso esplose dal suo braccio e si accorse di un riverbero azzurro alle sue spalle, in contemporanea.
Da lontano sentì le urla di Mikey e Don, e poco dopo i due arrivarono insieme al sensei, brillando uno di giallo e l'altro di verde.

Sta per succedere!” strillò Mikey continuando a guardarsi attorno freneticamente, l'oscurità illuminata dai loro ciondoli.

Niente si muoveva, nessun rumore estraneo, nessun odore particolare, nessuna luce sospetta, nessun tremore... niente.
Solo il buio della notte ormai scesa, le stelle immobili in alto, molto alto, e i loro quattro fasci di luce splendenti. Si spensero per un attimo e tutto piombò in una spessa oscurità che li spaventò per un attimo, al pensiero di poter essere alla mercé di qualche creatura o di un nemico senza visibilità, poi i quattro ciondoli si riaccesero e rimasero fissi e accecanti.
Era la prima volta che accadeva. E quello li rese solo più consci e guardinghi.

Dopo qualche minuto di controlli e silenzio, finalmente Mikey sbottò:
Voi vedete qualcosa? Io nulla!”
La frustrazione cresceva, quel senso di attesa che non si compiva, quel voler sapere a ogni costo.

Nulla è la risposta giusta” disse d'un tratto il sensei, attirando la loro attenzione.
Tendeva la punta del suo bastone dritto di fronte a sé, oltre le loro spalle, verso il bosco.
Dove credevano le loro luci non arrivassero ad illuminare, mentre si accorsero solo in quel momento che non c'era nulla da illuminare: il bosco non era immerso nell'oscurità, semplicemente non c'era e quello che loro stavano guardando era un foro di puro buio che assorbiva i fasci luminosi. Le stelle erano scomparse su di loro.

È un buco nero?” ipotizzò Donatello, sicuro di non voler sapere la risposta.
Non era di certo un elemento naturale, non uno canonico almeno, e non potevano combatterlo in nessun modo.

Indietreggiate!” ordinò, ritornando su suoi passi.
Se fossero caduti lì dentro, se li avesse assorbiti, sarebbero scomparsi nel nulla. E nessuna magia al mondo li avrebbe mai potuti salvare.

Si spostarono all'indietro, ritornando vicino alla casa, poi si voltarono a controllare: il buco oscuro era sempre lì, all'apparenza immobile, eppure letale.
Crescerà e ingoierà tutto” mormorò il genio, osservando i suoi contorni mangiare un altro centimetro di bosco. “Non so se sia davvero un buco nero, mi pare impossibile, ma si comporta come tale.”
Rimasero impalati a guardarlo, senza sapere che fare.
Se un mostro di acqua, una salamandra di fuoco, un ciclone di aria e un golem di terra erano sembrati ostacoli difficili, quello era di certo impossibile da battere.
Non si batteva un buco nero.
Nemmeno il sensei, dall'alto della sua saggezza, sapeva cosa poter dire ai suoi figli per aiutarli.

Proviamo... proviamo a colpirlo con la magia?” tentennò Michelangelo, dubbioso.
Voglio dire, lo so che probabilmente non succederà nulla, ma almeno proviamo. In fondo, che può succedere?”
Già, che poteva succedere? Tuttalpiù i loro attacchi sarebbero stati vani e ne avrebbero avuto la conferma.

Tutti d'accordo, si misero uno accanto all'altro e allungarono le braccia in avanti: un fiotto d'acqua, un tornello di fuoco, un turbine di vento e una pioggia di rocce eruppero al loro comando e attaccarono la minaccia nera con una furia inaudita, con tutta la forza possibile.
Il buio si mangiò ogni loro energia, i loro attacchi magici sparirono all'interno del nulla, completamente consumati: le braccia ancora tese, rimasero a guardare con rassegnazione mista a sconforto e smisero all'istante di sprecare energia inutilmente.
E all'improvviso, il centro del nulla si tinse di un bianco accecante, che sparì subito.
Si guardarono uno con l'altro, incerti se fosse successo davvero.
Allora, forse, la magia non era così inutile.

Michelangelo fece un paio di passi, ignorandoli.
Dobbiamo entrare” disse, assorto. Guardava nel buco ritornato completamente nero, come se volesse essere ingoiato anche lui.
Cosa?” chiesero contemporaneamente Leo e Don.
Vuole che entriamo” ripeté il fratello, voltandosi infine a guardarli. C'era una serietà nella sua voce, e il suo sguardo non era mai stato più deciso, che li rese certi che per lo meno non fosse soggiogato o ipnotizzato.
E Raphael gli restituiva lo stesso sguardo.

Andiamo.”

Cosa? Fermatevi voi due!” sbraitò Donatello, afferrando Mikey per un braccio. “Siete impazziti? Cosa credete di fare?”
Dobbiamo buttarci” rispose di nuovo quello, come se fosse logico ciò che usciva dalla sua bocca.
Don guardò Leo per cercare aiuto, ma il leader stava fissando il centro del nulla, assorto come in meditazione.

Hanno ragione” disse alla fine, voltandosi anche lui.
Don spalancò gli occhi, inorridito. C'era qualche magia in atto da cui lui era immune?

Fidati, è questo il modo giusto.”

Loro tre si erano già presi per mano e Michelangelo gli tendeva quella rimasta libera, con un sorriso fiducioso.
Una parte di sé voleva scappare da quella follia, l'altra si chiedeva se loro semplicemente non fossero nel giusto; ma scommettere su una cosa del genere significava quasi sicuramente un suicidio di massa. Guardò verso il maestro e quello gli restituì un grande sorriso, calmo, sereno, che lo rilassò all'istante. Sembrava volergli dire di fidarsi.
Donatello afferrò la mano di Mikey, solo con un po' di nervosismo, e poi iniziarono ad incamminarsi verso il buco nero, a passi cadenzati, e la luce salì dai medaglioni e li rivestì, trasformandoli in quattro fari: uno blu, uno rosso, uno giallo, uno verde.

Più si avvicinavano, più la forza del buco li attirava a sé, facilitando il loro compito; non sarebbero potuti tornare indietro nemmeno se avessero voluto.
Ma ormai non sarebbero tornati indietro. Presero una rincorsa e ci si tuffarono dentro, le luci scomparvero nella voragine nera e tutto ripiombò nell'oscurità della notte.
Splinter rimase a guardare, pregando silenziosamente che tutto andasse bene.

Il foro si tinse per un secondo di bianco, sussultò, si tese e tremò, poi esplose: un ciclone nacque dal suo centro e si innalzò al cielo in tutta la sua furia, così violento da sradicare gli alberi ricomparsi un frammento di secondo di prima; straziò il terreno e lo ingoiò, i suoi vortici erano scuri e potenti e sibilavano con il grido stesso della natura.
Il suo interno brillava di lingue di fuoco e mulinelli d'acqua, che vorticavano insieme e poi una scia di rocce, sempre più grosse e compatte.
Girarono, girarono, espandendosi ancora e ancora e poi salendo fino alle stelle.
Brillarono tutti con la stessa intensità, poi il buio.

Il vortice implose su sé stesso, disperdendosi in folate leggere e innocue, lasciandosi dietro la distruzione che aveva portato; non c'era più fuoco, né acqua, né le rocce di prima.
Non c'era nemmeno più un rumore, neanche un sospiro di vento, nemmeno i suoni del sottobosco o il verso di un animale.

Quattro corpi caddero dal cielo, di malagrazia, atterrando più morbidamente di come si si sarebbe aspettato da un'altezza del genere.
Malconci e graffiati, ma vivi.
Vittoriosi in qualche modo, anche se non sapevano come.

Rimasero per qualche istante a terra a riprendere fiato, mentre il loro padre si rilassava al vederli sani e salvi. Non brillavano più, erano tornati normali.
Ci furono mugugni e proteste per le ferite riportate, quando si rialzarono scrollando la polvere di dosso, controllandosi prima personalmente e poi l'uno con l'altro per assicurarsi che stessero tutti bene.
Poi arrivarono anche i sorrisi, la soddisfazione e la gioia.
Ce l'avevano fatta. Ancora le loro menti erano confuse, ma sapevano di avercela fatta.

Si strinsero in un abbraccio veloce, prima di guardarsi infine attorno. Erano a qualche metro dall'origine del vortice e del buco nero, dove le linee concentriche prodotte dal tifone straziavano il terreno, lunghi solchi di terra umida e scura.
Voi ricordate cosa-” provò a dire Don.
Un tocco sordo attirò la loro attenzione e videro il maestro poco distante inginocchiarsi per raccogliere il piccolo monile appena caduto dal cielo.
Bianco, tondo.

Cos'è? Cosa c'è inciso stavolta?” domandò Michelangelo curioso, avvicinandosi per provare a sbirciare.

Il sensei non lo stava ascoltando. Rigirava tra le mani il ciondolo, liscio da entrambe le parti, completamente assorto. Poi, spalancò gli occhi, folgorato.
Tutto era chiaro.
Sorrise tra sé, ma quello non fece che accrescere le domande dei suoi figli.

È la fine di tutto” disse, avvicinando il nuovo monile ai loro, un tocco leggero.
Un sibilo feroce riempì di colpo lo spazio attorno, un fischio che faceva tremare gli alberi, che spazzava il terreno, che scuoteva il loro corpo.

E anche l'inizio” aggiunse poi, toccando per ultimo quello di Leonardo.

L'ideogramma della sua collana si illuminò di azzurro e il ronzio che emetteva diventò più forte: si sollevò dal collo del leader e volò al centro della spirale, come una scheggia impazzita. Lì, esplose in una colonna di luce blu, alta verso il cielo, abbagliante, che illuminava tutto a giorno.
Mizu, l'acqua, rappresenta le cose che fluiscono” esclamò Splinter a voce alta, cercando di sovrastare il sibilo della pietra.

La collana di Raphael risplendette di rosso, pulsando allo stesso ritmo della colonna e si sollevò dal suo polso, come attirata da essa: prima che il mutante avesse il tempo di toglierla, si staccò con uno strattone secco e volò verso la luce, attraversandola con facilità.
Ci fu una seconda esplosione e il pilastro abbagliante si tinse di rosso e il fischio crebbe ancora, un ronzio che sembrava provenire dalla terra stessa.

Hi, il fuoco, rappresenta le cose distrutte” aggiunse il sensei, il cui tono calmo cozzava con quello che stava succedendo.

Mikey e Don avevano capito immediatamente e come in trance si tolsero i ciondoli prima che si strappassero via da soli, per la forza magica che li richiamava a sé.
Quello nella mano di Michelangelo reagì e si unì agli altri, con un bagliore giallo ad avvolgerlo; quando scoppiò nel centro della colonna, la tinse dello stesso colore, splendente come il sole.

Kuuki, l'aria, rappresenta le cose mobili.”

Donatello alzò la mano per permettere alla sua collana, che sapeva essere la successiva, di andare. Quella infatti si rivestì di una deliziosa aura verde e fluttuò nel centro insieme alle sue sorelle, ed esplose in una colonna verde intenso, il colore dell'erba in primavera.
Tsuchi, la terra, rappresenta le cose concrete” continuò a spiegare il maestro, unica voce a provare a sovrastare il sibilo delle pietre, il loro ruggito primordiale.

A quel punto, il sensei fece un passo avanti, con il nuovo ciondolo, che nessuno aveva ancora visto, stretto nella mano: la aprì lentamente e si accorsero allora che aveva preso a brillare di luce bianca, tutta la pietra, come un cuore pulsante.
Venne attratta dal richiamo delle altre e sparì come esse all'interno della colonna, tingendola di un bianco brillante, accecante e caldo, troppo intenso per essere sostenuto ad occhio nudo.

E Kara, il vuoto, rappresenta le cose che non sono della vita quotidiana” finì allora di dire con solennità.

A quel punto, il pilastro di luce esplose con un'onda d'urto che li sbalzò all'indietro, a cui cercarono di resistere coprendo il viso con le braccia e puntando i piedi a terra. Poi, s'innalzò con ancora più forza verso il cielo e il ronzio cessò di colpo, lasciando un doloroso e improvviso silenzio, che pulsava nelle orecchie.
Il centro della colonna incominciò a vorticare, di tutti i colori che aveva assorbito: rosso, blu, una scia di giallo, un tocco di verde, più e più veloce, finché non si mescolarono nello stesso bianco del pilastro.
E d'improvviso, qualcosa iniziò a prendere forma all'interno della luce. Una mano, e poi un'altra, un braccio, un corpo intero emerse dal bagliore, rannicchiato in posizione fetale, mentre appariva sempre più nitido.

Leonardo sentì una mano chiudersi sul suo polso e tremava, tremava così tanto da scuoterlo. Raphael aveva gli occhi spalancati e increduli incollati alla colonna di luce, ma si era aggrappato a lui, senza nemmeno guardare, forse senza nemmeno essersene accorto.
Come un fiore che sboccia, il corpo si stiracchiò e così rimase, a galleggiare a mezz'aria, sorretto dalla luce e dalla magia, come in stato d'incoscienza.
Si sentirono solo i loro respiri trattenuti, un gridolino di Mikey.
Poi, la mano strinse appena la presa, prima di lasciarlo andare.

Raphael percorse quei pochi metri a piccoli passi, come in trance, come posseduto. Ad ogni passo i mille dettagli di lei erano sempre più chiari, sempre più luminosi: la pelle color avorio che rifletteva la luce, i lunghi capelli castani legati in una coda alta che fluttuavano seguendo le onde della magia, il corpo minuto stretto in un Kimono sconosciuto, il bracciale che le aveva regalato all'anniversario ancora al polso destro.
E la collana degli amanti, che reagendo alla vicinanza della sua si era sollevata un poco dal suo seno, verso di lui. La sua faceva lo stesso.

Si fermò con un batticuore feroce e un dolore sordo al centro del petto e poggiò le mani sulla colonna, senza pensare per un attimo che potesse essere rischioso: la luce era calda, ma non gli faceva alcun male e lui si avvicinò più che poté, senza staccare gli occhi da lei, cercando un modo di raggiungerla.
Raph” chiamò la voce di Don, con un tono grave. Di pietà.
Non è possibile che sia-”
Lasciò la frase a metà, ad un cenno di diniego di Leo.

A Raph non importava. Poteva essere un sogno. Un'allucinazione. Un'illusione. L'importante era poterla raggiungere, finalmente.
Isabel” pronunciò sottilmente, come una preghiera.

La luce scemò d'intensità e svanì nel nulla, contro le sue mani. Agì di istinto e allungò le braccia e la afferrò, senza esitazione: era vera, era calda, era morbida, pulsante di vita.
Cadde sulle ginocchia, stringendosela contro. Non per il suo peso, no; lei non pesava nulla.
Ma il suo cuore, il suo cuore era così gonfio di dolore, amore, paura e tutti i sentimenti e le emozioni che finalmente ritornavano, da non poterlo sostenere con le sue sole forze.
Respirò il suo odore, circondò il suo viso con la mano e poggiò la fronte sulla sua, bagnando i suoi occhi ancora chiusi con le lacrime che non poté frenare.
Il suo respiro caldo gli solleticava dolcemente le labbra, così vicine alle sue.

La sua famiglia si avvicinò, timorosa eppure con una nuova speranza nel cuore. Forse, il sensei aveva intuito fin dall'inizio cosa sarebbe accaduto.
Guardarono il loro enorme fratello e figlio chiuso a conchiglia su di lei, singhiozzare tanto forte che le spalle tremavano. Tutto il suo corpo tremava.

Isabel. È Isabel” pronunciò con voce roca, abbracciandola ancora più forte, perché niente gliela portasse via.

E sapevano che, anche se ci avessero provato, non sarebbero riusciti a convincerlo a lasciarla andare. Nessuno gliel'avrebbe più strappata via.
E nessuno sapeva come fosse possibile. Nessuno sapeva cosa stesse in realtà succedendo. Ma in quel momento, nessuno se lo chiese davvero.



Note:
Salve.
Non ho molto da dire stavolta, se non che aspettavo di mettere questo capitolo da così tanto, davvero tanto. Sono curiosa di sapere cosa ne pensate, le vostre teorie.

In ultimo: grazie, davvero grazie.
Grazie


  
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