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Autore: macaofe    07/02/2017    0 recensioni
"Come cancellare un ricordo? Ve lo siete mai chiesto?
Beh, me lo domandavo tutte le mattine quando al mio risveglio il suo volto riecheggiava nella mia mente..." è l'incipit di una storia romantica... I protagonisti sono stati grandi amici, poi poco più che conoscenti...ma lui è nella mente di lei la notte e lontano di giorno fino a che qualcosa cambierà tutto...
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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~~CAPITOLO 1

Tra sogno e realtà

Come cancellare un ricordo? Ve lo siete mai chiesto?
Beh, me lo domandavo tutte le mattine quando al mio risveglio il suo volto riecheggiava nella mia mente. I suoi occhi così profondi laceravano teneramente il mio cuore come un coltello caldo farebbe con il burro e le sue labbra diffondevano un aroma e un profumo che riuscivo distintamente a sentire e che ogni volta creava un subbuglio in me da cui solo dopo alcune ore riuscivo a riprendermi realmente.
Nel mio sogno lui era sempre lì su quel muretto, bello come il sole della prima giornata di primavera, etereo mi rivolgeva quel suo sorriso senza dire nessuna parola. Era stato per lungo tempo il mio sogno proibito, il mio rifugio segreto quando la vita non mi sorrideva, il mio piccolo giardino personale dove i miei sensi si appagavano e la mia ansia si placava. Ora, però, era diventato qualcosa di più: era una ragione di vita, la mia ossessione inconfessabile! Raccontare a qualcuno che ogni notte lui era lì nei miei sogni, non era possibile. Molti mi avrebbero presa per una pazza isterica e ossessiva, ma per me ogni notte diventava sempre più reale. Con il passare del tempo mi stavo convincendo, forse inconsciamente, che c’era un motivo per cui lui era lì, e che quello non era uno stupido vezzo post-adolescenziale ma qualcosa di più reale: un sogno che sarebbe anche potuto diventare realtà. La mia razionalità mi portava durante il giorno ad allontanarmi da quel ricordo ma poi nel cuore della notte inconfessabilmente ritornava sempre ed io mi ci abbandonavo, con meno resistenza, una notte, dopo l’altra. Spiegare come lui era entrato così velocemente nel mio cuore non sarebbe stato difficile, quello che risultava più arduo era, invece, far capire come mai in tutti questi anni lui non ci sia mai più uscito, diventando poi un coinquilino impossibile da sfrattare. Lui era stato per me il primo amore… ma puramente il primo amore platonico. Penso che ognuno di voi abbia avuto la prima adolescenziale cotta, ecco lui era stato la mia prima cotta, ma aveva lasciato in me una profonda cicatrice. Avevo tredici anni quando lo conobbi la prima volta, aveva qualche anno più di me ed era il più bel quindicenne che avessi mai visto. Il tipo che ha sempre la battuta pronta, che attira come calamite le ragazzine. Io per lui, aimè, non ero mai stata una possibile “vittima” perché per lui ero un’amica, una confidente. Al primo sguardo eravamo entrati in sintonia, senza veramente capire come, non avevamo bisogno di parole, ogni nostro sguardo era più eloquente che qualsiasi discorso. Direte voi bellissimo! Certo per molti comuni mortali, ma non per me! Un grosso problema in tutto questo c’era: io in lui avevo visto qualcos’altro rispetto al semplice amico e con il tempo quest’amicizia non mi bastò più. Le nostre vite erano molto intrecciate, ma mai come io avrei voluto e quando nel corso del tempo lui fece le sue scelte di vita, io decisi di portarmi un po’ di lui con me per sempre. Ricordo quando per la prima volta lo sognai e ne fui felice perché era così reale, la mia fervida immaginazione mi stupiva, ma nello stesso tempo dava serenità al mio cuore tormentato. Il risveglio da quel primo sogno fu molto più devastante di come pensavo perché l’impatto con la realtà così profondamente diversa aveva aumentato il mio dispiacere e pensai che fosse meglio per la mia incolumità psichica allontanare con tutte le forze, il suo ricordo. Per un breve periodo riuscii persino a mettere in pratica questo proposito fino a quando le delusioni della vita non mi portarono a ricaderci. Allora capii che per me il suo pensiero era come una droga che mi faceva dimenticare le ansie della vita e m’illudeva con il suo delirio dei sensi. Come tutte le droghe, però, aveva due effetti collaterali: per primo, il risveglio era impossibile da sopportare, l’impatto con la realtà era troppo sgradevole e con il tempo più insopportabile, e secondo dava dipendenza, era qualcosa da cui con il tempo non ti potevi più liberare. Era come un giro sulla ruota panoramica, parti e arrivi in cima, poi piano, piano scendi e in un istante è finito tutto. Ogni volta che iniziava il giro, speravo che arrivata in cima si bloccasse la ruota e rimanessi nascosta in un mondo dove c’eravamo solo io e lui, così che nessuno potesse sbloccare la ruota e svegliarmi dal mio sogno e a sua volta rovinare tutto. Con il passare del tempo questi sogni diventarono la mia ossessione ma mi davano anche la forza per andare avanti. Il risveglio portava via tutta la mia serenità ma il pensiero di rivederlo la notte dopo mi dava lo stimolo giusto. Freud direbbe che “Il sogno è un tentato appagamento di un desiderio…”. Forse era vero. Io, infatti, continuavo ostinatamente a sognare proprio l’oggetto dei miei desideri più nascosti, la persona che non riuscivo nella realtà a raggiungere. In cuor mio, inoltre, quello che non riuscivo proprio a mandare giù era che lui si fosse fatto la sua vita escludendomi del tutto e non potesse sentire quello che io provavo. Il mio dolore per la sua assenza nessuno lo poteva placare: nessun amore nuovo e nessuna piccola o grande avventura. Quello che voglio dire è che nel corso degli anni io non ero rimasta sempre single, ad aspettare un suo ripensamento. Avevo avuto rapporti ma un ombra aleggiava in ogni nuova storia che faceva lentamente scemare tutto molto più velocemente di come era iniziato. In un colpo la nebbia calava sul rapporto e la storia perdeva di significato, e in me ritornava, come un boomerang, il suo ricordo, la sua faccia in sogno diventava più espressiva, e il suo sguardo riusciva a inondarmi di pensieri quasi come se lui parlasse. Quello che è paradossale e che soltanto oggi dopo tanto tempo collego, in ogni rottura c’era un elemento di unione: lui. Si dice che il primo amore non si scorda mai e ancora una volta il proverbio è depositario non solo di saggezza popolare ma anche di verità: era proprio così! Non avevo ancora dimenticato il mio primo amore e mi trovavo inesorabilmente legata a un ricordo da cui poi realmente non volevo separarmi e non riuscivo a separarmi; ogni volta che ci provavo c’era qualcosa che mi faceva ricadere nel baratro: bastava poco anche solo vedere la sua macchina o sentire qualche notizia su di lui, senza parlare di quando lo incontravo e non potevo nascondere l’imbarazzo e non riuscendo a guardarlo in faccia. E la notte lui, che incontrandomi mi aveva quasi ignorato, come sempre, veniva perdonato perché il suo sorriso in me allontanava ogni inquietudine come il vento lentamente porta via le nuvole e schiarisce il cielo.
Questo successe anche alla vigilia del mio ventesimo compleanno ma questo sogno aveva degli aspetti del tutto nuovi e inaspettati per la prima volta lui mi parlò in sogno ed era come se fosse lì realmente. Sempre sorridente e bellissimo con i suoi occhi castani che emanavano calore, Samuele mi disse: “Sara tesoro, cosa ti tormenta, sai che io non posso starti vicino, per ora, nella vita ma siamo vicini, amore mio!”. Io non compresi da subito il significato delle sue parole ma mi suonarono dolci come musica nelle mie orecchie. Il risveglio non fu tragico come sempre, una nuova vita stava per arrivare per me, sentivo che presto qualcosa sarebbe cambiato. Tutti noi siamo curiosi di sapere che cosa ci riserva il futuro e da che parte viene la nostra felicità, ma purtroppo io ormai ero consapevole che la mia felicità poteva essere solo l’appagamento di un desiderio, solo uno ed il suo nome ora ne ero certa era Samuele. Capii allora che io avevo bisogno di lui come avevo avuto bisogno del suo sogno, di qualcosa di straordinario seppure improbabile, di una speranza da coltivare dentro lo spirito come fiori in un giardino, di uno stimolo per andare avanti, di un salvagente per restare a galla e che se ci avessi creduto realmente, forse sarei riuscita a vincere. La vittoria però poteva essere solo lui, solo così mi sarei ritenuta veramente vincitrice. Ne ero talmente convinta che mi convinsi che anche lui aveva bisogno di me e che questo sogno non era la mia rappresentazione di un desiderio profondo ma l’alternativa per entrambi. Pensavo: “Samuele quando capirai cosa rappresenti realmente per me allora inizierai a conoscermi per quello che sono veramente... forse una sognatrice, probabilmente una ragazza che vive fuori da questo tempo, ma che parla col cuore... che ancora crede nell’amore, che ancora s'illude di trovare nel mondo chi la completi”. Il coraggio però di andare da lui in realtà non l’avevo mai avuto, perché un rifiuto non lo avrei proprio sopportato. Potevo sopportare tutto la solitudine, il senso di inutilità ma un rifiuto voleva dire la parola fine ad ogni speranza. Era meglio stare lì, come un’ameba aspettando di addormentarmi per vederlo di nuovo che andare incontro al mio destino, prenderlo di petto perché il rischio di sbatterci contro era troppo grande ed io sapevo che non avrei retto. Allora cosa fare? Risposta ovvia: continuare ad aspettare e fidarmi di lui, di quella rappresentazione onirica di lui che mi rassicurava sulla nostra sorte. Mi convinsi ancora di più che eravamo destinati a stare insieme, niente mi avrebbe distolto da tale convinzione: io e lui saremo stati insieme, non importava quando o quanto avrei dovuto aspettare il destino era inevitabile. Mi sentivo quasi un personaggio epico che sapeva che prima poi qualcosa sarebbe accaduto ed in questa convinzione mi ci accoccolavo ogni sera, aspettando di vederlo in sogno.
Tutti al risveglio dopo uno strano sogno si chiedono che cosa abbia voluto significare e quale sia l’interpretazione giusta. Pensa se non lo avessi fatto io…paranoica e riflessiva com’ero e forse sono ancora. Mi chiesi cosa potessero dire quelle parole, “…siamo vicini amore mio!”. Mi feci mille domande a cui associare poche risposte plausibili. In un primo momento le avevo interpretate come una ovvia constatazione del fatto che di notte stavamo insieme ma poi iniziai ad avere un’idea diversa. Perché dire “…per ora…”? Che senso aveva? La vidi come una premonizione, una sua apertura a qualcosa che stava per avvenire. Una mia grande capacità era, infatti, quella di farmi rappresentazioni del futuro che realmente poi non potevano e non accadevano, era come una sfida con la realtà: la sfidavo, cioè, in questo modo scommettendo che alla fine quello che io volevo, si sarebbe realizzato. La vita non era stata molto dolce con me e non perché non mi aveva dato la gioia dell’amore per Samuele, ma perché già in tenera età mi aveva fatto conoscere come poteva essere cattiva. Non voglio certo annoiarvi con lunghi discorsi su quello che mi è accaduto da bambina ma quello che ne risultò, fu che mi sentii sempre molto in credito con la vita che mi aveva fatto passare tanti momenti così orribili. Oggi penso che mi legai all’immagine di Samuele proprio perché delusa e nel sogno speravo di trovare quella completezza e quella purezza che nella realtà qualcuno bruscamente mi aveva portato via per sempre in giovane età. Samuele per me era il desiderio di una vita pura e perfetta che da sola non riuscivo ad assaporare, era come una sauna che eliminava le impurità e riportava il dolce candore. Anche solo che per poche ore notturne riuscivo a sentirmi migliore, a dimenticare quella sensazione di marcio che durante il giorno mi assaliva. Nelle giornate di pioggia spesso me ne andavo fuori a passeggiare sperando di riuscire ad eliminare quel senso di inutilità che mi affliggeva, a raggiungere il benessere che solo di notte l’immagine del mio amore mi riusciva a trasmettere. Non era facile vivere con certi ricordi nella mente che nei momenti difficili ti affondano verso un baratro che difficilmente riesci ad evitare mentre nei momenti belli offuscano la felicità, rendendoti incapace di ridere e di divertirti come vorresti e come meriteresti. Era assurdo ma un sogno, solo un semplice ed inutile sogno mi aveva dato qualcosa di nuovo: una speranza. Una speranza che si era impossessata di me e mi portò a vedere il mondo in una luce tutta nuova ora finalmente potevo credere in qualcosa di nuovo, in un capitolo della mia vita, dove io sarei stata finalmente la protagonista e non il dolore che fino adesso aveva fatto da padrone. Le parole di Samuele, reali o inventate che fossero, mi avevano dato un’idea concreta di cambiamento, finalmente ora mi sentivo motivata ad andare avanti con grinta. Il futuro che mi aspettava, solo io lo avrei potuto costruire e non avrei più permesso alla mia parte marcia di risalire da quel piccolo nascondiglio dove l’avevo imprigionata. Certo dentro di me questo c’era. Un film avevo sceneggiato e registrato ma la reazione tardò un po’ ad arrivare. Nella mia mente, le mie motivazioni, la mia volontà erano una cosa, avere il coraggio di farlo realmente era un’altra cosa. In me quel sogno aveva scatenato tanto sconvolgimento, come mai prima d’ora che come conseguenza mi chiusi in me stessa. In effetti, anche se vivevo da sola, era raro che passassi le mie giornate senza vedere amici e famigliari che, a differenza mia, contavano molto su di me e mi trovavano forte. Un vero e proprio pilastro che però dentro si logorava a causa di un fiume denso di fragilità, che non mostravo. Ora che tutto era più chiaro, che io ero diversa non potevo mostrare a loro la mia nuova me, perché ne avrebbero letto i cambiamenti, avrebbero fatto domande a cui io per il momento non sapevo rispondere. E’ per questo motivo che scelsi egoisticamente di nascondermi, ora che la mia nuova me in fondo non mi dispiaceva affatto potevo anche stare sola, non avevo bisogno di persone che in parte attenuavano il senso di soffocamento che il giorno mi dava, non avevo bisogno di chiacchiere che coprissero il vuoto che spesso avevo dentro, non avevo bisogno di profumi diversi e nuovi amori ora avevo qualcosa di nuovo ed era quello che avevo sempre voluto. Quello che però non capii subito e che anche, se io non avevo più bisogno, loro si, abituati ad appoggiarsi sulla falsa solidità che volevo trasparire, soffrivano del mio distacco. Mentre io mi estraniavo dal mondo, i miei amici si chiedevano, dove fossi finita, dove fosse la Sara che tutti conoscevano.
Dopo qualche giorno di chiusura dal mondo, qualcuno sbottò contrariando la mia decisione: la mia amica Jennifer. Un giorno decise che era ora di farla finita, che io dovevo uscire ed era ora di ricominciare ad amare ed a vivere. Infatti, dovete sapere che negli ultimi mesi ero entrata in una sorta di solitudine e di gelo affettivo, non riuscivo proprio a legarmi ad un ragazzo perché avevo solo lui nella mente. Inoltre, dopo l’ultimo sogno ero anche uscita meno perché vederlo, avrebbe scatenato in me l’impulso irrefrenabile di parlargli, di abbracciarlo, di avere subito quello che lui mi aveva promesso per il futuro. Ma chiaro che Jennifer delle mie obbiezioni non gli importava nulla e io non ero mai riuscita a dirle un no. Lei era stata per me la mia migliore amica, la mia confidente e l’unica che conosceva le mie più intime sofferenze; anche lei aveva una grande stima di me e non immaginava niente del mio legame con Samuele. Lei piombò in casa mia un sabato pomeriggio, entrò con il suo solito fare disinvolto e mi disse che avevo esattamente due ore per riprendermi e prepararmi. Mentre mi scortava (neanche fosse un marines) verso il bagno, mi raccontò tutto ciò che aveva pianificato: aveva prenotato in pizzeria e aveva deciso che saremo andati a ballare fino a mattina, per questo mi aveva portato alcuni suoi abiti che lei definiva, da “acchiappo”, e tutto il suo armamentario comprendente di trucchi, piastra e profumi. Alcuni particolari della serata li aveva, però, lasciati nascosti e ogni tanto non risparmiava di ricordarmi che aveva una serie di sorpresine per me che avrebbero rivoluzionato la mia vita. Conoscendola immaginavo con paura cosa avesse progettato di tanto diabolico ma mai avrei potuto ipotizzare ciò che di lì a poche ore avrei dovuto affrontare: la mia più grande paura e il mio più grande desiderio insieme.

   
 
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