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Autore: Aralinn    07/02/2017    3 recensioni
Una ragazza, un libro, un altro mondo...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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  PROLOGO

Avete presente quando si va in campeggio e si raccontano le storie davanti al fuoco? Spesso se la persona che le racconta e brava e se il luogo è suggestivo, sembra che la storia sia vera e che tutto sia pervaso da un’aura magica e impalpabile, che rende tutto misterioso.

Beh io non ho mai provato questa sensazione,  non sono mai stata un tipo da storie intorno al fuoco e da campeggio, ma sono sempre state affacciata dalle storie, soprattutto quelle fantastiche che parlano di magie, mondi fantastici, cavalieri e donzelle in difficoltà. 

Sono sempre stata un topo di biblioteca, fin da bambina e poi crescendo mi sono appassionata ai miti e alle leggende, soprattutto della cultura anglosassone: i maghi, i principi, le streghe e le fate; i racconti pieni di magia e creature fantastiche mi affascinavano da sempre.

Quella che sto per raccontarvi è  la storia di come un libro, poche semplici parole e una storia davanti al fuoco possano cambiare la vita di una persona in modo radicale.

Ma partiamo dal principio……

 

 

 

                                                               CAP 1 IL CASTELLO

 

Mentre guardavo la mia nuova camera nel cottage, che mia mamma aveva ereditato nella sperduta campagna scozzese, mi rendevo conto di come la mia vita stesse cambiando.

Ero passata dal vivere in uno dei quartieri più belli di Roma, ad uno sconosciuto villaggetto nel cuore dell’Irlanda, tutto quello che conoscevo era finito.

Era passata una settimana da quando ci eravamo trasferiti a Feymoon e come la maggior parte del tempo da quando ero arrivata li, me ne stavo seduta vicino alla finestra con un libro in mano, ogni tanto guardavo fuori ma l’unica cosa che riuscivo a vedere erano campi che si estendevano chilometri e chilometri , senza segni di essere umano:

“ Benvenuta a Feymoon” dicevo tra me e me, mentre accettavo tristemente la mia nuova vita, da di sotto sentivo mia madre che mi chiamava:

“ Becky, tesoro, scendi. Dobbiamo andare al castello” Sbuffando mi ero tracciata di sotto. 

Quel maledetto castello era stato la mia rovina, per colpa della sua ero stat trascinata qui. 

I miei genitori Michele D’Altieri e Jenny McRainor sono due storici dell’arte e restauratoti e hanno colto l’occasione al volo quando gli è stato proposto di ristrutturare i dipinti del Castello di Feymoon. Sia chiaro adoro i miei genitori, amo tutto di loro, sia il tipico accento romanesco di mio padre, sia le pazze tradizioni scozzesi di mia madre, ma proprio non capivo come mai mi avevano costretta lasciare tutto per trasferiti nel posto più sperduto dell’universo. I miei genitori si sono conosciuti all’università, dopo che mia mamma era andata in Italia per un anno di studi, si sono innamorati e lei non ha più lasciato Roma.

Ero salita in macchina contro voglia, stringendo tra le mani la mia federe borsa a tracolla, dove di solito portato il necessario per la mia sopravvivenza, cioè i libri, ero sempre stata un appasionatta, fin da bambina, tutto dei libri mi trasmetteva sicurezza da le parole, a sentire la carta sotto le dita; dall’odore della carta, ai viaggi che facevo leggendo. I miei preferiti erano i romanzi fantasy, pieni di duelli, magie e amore.

Dopo circa mezz’ ora di macchina eravamo arrivati al castello, di fronte a noi alla fine di un lungo dialetto di ghiaia, si stagliava l’imponente figura di pietra grigia. Era il classico castello medioevale con le torri i merli e il ponte levatoio, maestoso e allo stesso tempo terrificante. Tutto intorno si diramavano degli splendidi giardini molto ben curati, colorati e pieni di piante di vario tipo, mentre ci passavamo vicino con la macchina con potevo fare a meno di rimanere incollata la finestrino, sembravano così fuori luogo rispetto al castello, come se provenissero da un altro mondo.

Scesi dalla macchina eravamo stati accolti da un maggiordomo in livrea:

“ Buon pomeriggio signori, Lady McKinnon vi sta aspettando nel salotto” bene di male in peggio, tutto volevo tranne passare il pomeriggio in compagnia di una vecchietta, così mi ero azzardata a chiedere:

“ Mamma potrei rimanere nel giardino, mentre voi parlate con Lady McKinnon?” mia mamma mi aveva guardata di traverso:

“ Rebecca, non essere sciocca! Con questo freddo, non si può, siamo a Gennaio” lei si era incamminata verso il salotto e io avevo messo il broncio, mentre mi trascinavo dietro a lei, il maggiordomo si era avvicinato a mi mamma e aveva detto:

“ Se sua figlia preferisce ammirare il giardino, mentre voi parlate di lavoro. Posso accompagnarla in biblioteca, lì si gode di una vista stupenda e magari se la signorina è d’accordo, potrei portarle una buona tazza di tè, che ne dice?” aveva fatto un sorriso a mia madre e lei dopo un lungo sospiro aveva detto:

“ D’accordo, facciamo così” e aveva continuato nella direzione che le aveva indicato il maggiordomo, mentre lui si era volato verso di me :

“ Se vuole seguirmi Miss” dopo aver salito le scale, avevamo girato a sinistra e dopo aver percorso un lungo corridoio che terminava di fronte ad un grande portone di legno, il maggiordomo aveva spinto le ante e di fronte a me era apparsa un enorme finestra che dava sul giardino e sulla vallata, mai avevo visto niente di così bello come quel giorno, lui doveva aver notato la mia espressione perché aveva sussurrato:

“ Un vero spettacolo, vero?” io ero rimasta senza parole, a bocca aperta. Non c’era modo per descrivere quello che vedevo, c’erano luci e colori e i vari gazebo in vetro e acciaio davano vita a magnifici giochi di luce che rendevano il tutto magico:

“ Sembra… sembra.. Un giardino incantato.” ero rimasta intrappolata da quello che vedevo e avevo completamente perso il contatto con la realtà, una voce femminile un po’ gracchiante mi aveva riportato al presente:

“Sembra il giardino delle fate non credi bambina?” avevo sentito il maggiordomo sobbalzare:

“ Milady cosa fate qui? Dovreste essere di sotto a parlare con i restauratori” la voce del maggiordomo era leggermente alterata, nel frattempo io mi ero girata e mi ero trovata id fonte una signora sull’ottantina vestita con un simpatico tailleur rosa confetto, il volto segnato dal tempo,lasciava intravedere un’antica bellezza e regalità e gli occhi nocciola erano dolci ed espressivi, i capelli candidi raccolti in un ordinata crocchia; le labbra erano distese in un sorriso divertito:

“ Suvvia Nigel non fare il precisino, sai che odio questi incontri barbosi” puoi guardando me aveva fatto l’occhiolino:

“Ma milady, chi c’è di sotto con i genitori della ragazza allora?” il maggiordomo era paonazzo e spostava convulsamente lo sguardo da me a  Lady McKinnon, senza scomporsi lei aveva detto:

“ Tranquillo Nigel, ho lasciato i nostri ospito alle amorevoli cure di Miss Landlay. Perché non vai a preparare del tè per me e per la signorina…Scusami cara, ma non credo di aver afferrato il tuo nome” mi guardava sorridendo solo a quel punto mi ero resa conto di none essermi presentata:

“ Perdoni la mia scortesia Lady McKinnon, mi chiamo Rebecca D’Altieri, sono lieta di fare la vostra conoscenza” lei mi si era avvicinata e mi aveva preso per mano:

“ Non c’è bisogno si essere così formali bambina. Chiamami pure Agatha, sentirmi chiamare Lady McKinnon, mi fa sentire vecchia” io avevo sorriso a mia volta:

“ Come preferite..Agatha” poi mi ero girata di nuovo verso il giardino:

“ Spero non vi offendiate, ma credo che questo bellissimo giardino crei un forte contrasto con il castello cos’ cupo e maestoso, non crede?” l’anziana signora aveva iniziato ridere:

“ Mia cara sei molto perspicace, hai natato ciò che latri ci mettono mesi solo per intuire. Ma non è questo il bello della vita? Sia il castello, che il giardino separati fanno la loro figura ma insieme sono… Qual’è la parola che hai usato? Ah! Maestosi” e per un po’ eravamo rimaste così incantate da quei giardini, poi Nigel era arrivato con il te e ci eravamo sedute al centro della biblioteca per prenderne una tazza e Lady McKinnon aveva subito iniziato a fare domande:

“ Dimmi cara quanti anni hai? Hai finito la scuola? Quali sono le tue passioni?” un po’ in imbarazzo io avevo risposto alle sue domande:

“ Ho diciannove anni. Il prossimo semestre inizierò l’università, frequenterò il corso di letteratura. E la mia passione sono i libri e tutto quello che riguarda il mondo fantasy, posso tranquillamente essere definita una nerd” avevo concluso un po’ in imbarazzo e avevo guardato la vecchietta di fronte a me, sembrava che il suo sorriso si fosse allargato ancora di più:

“ E così ami leggere? Anche io sono un’appassionata di libri, anche di racconti fantastici, la mia biblioteca ne è molto fornita, se vuoi potrei prestar…” non fece in tempo a finire la frase, perché le porte della stanza si spalancarono e ne entrò una donna bassina e rotondetta,:

“ Lady Agatha cosa state facendo? Quante volte vi ho detto che non dovete dare via con così tanta facilità i beni della tenuta?” e poi si era rivolta a me:

“ E voi signorina, fareste bene ad andare in biblioteca giù in paese se volete dei libri in prestito! Ed ora andate via, i vostri genitori vi aspettano” la padrona del castello cercava di calmare la donnina, ma era tutto inutile:

“ Suvvia Sara cosa vuoi che sia un libro prestato, non facevo mica niente di male” Mentre mi allontanavo, le sentivo discutere; l’ultima cosa che avevo sentito prima di scendere le scale era stata la voce della donnina che diceva:

“ Non ti permetterò di farlo di nuovo Agatha, in troppi hanno fallito. Dobbiamo arrenderci” un po’ turbata avevo sceso le scale ed ero uscita dal castello, ma avevo la sensazione che la storia non si sarebbe conclusa lì.

Una volta tornata a casa non ero riuscita a togliermi dalla testa le parole di quella che doveva essere la governante del castello, chissà che cosa aveva voluto intendere con quella frase.

Quella stessa sera a cena decisi di parlare con i miei genitori:

“ Scusate, ma per quanto tempo avete intenzione di rimanere qui?” loro mi avevano guardata con uno sguardo un po’ teso:

“ Probabilmente se tutto va secondo i tempi giusti, almeno un paio d’anni” a rispondere era stato mio padre:

“ Due anni?! Ma io devo iniziare l’università! E poi tutti i miei amici, la mia vita sono a Roma” lui aveva abbassato lo sguardo e aveva continuato:

“ Tesoro mio, ci sono molti dipinti e statue da restaurare e sono anche in cattive condizioni, devi capire che per noi è un’importante occasione e non possiamo non accettare” in quel momento ero furiosa:

“ E quindi? Ho diciannove anni potevate lasciarmi a Roma! Non sono più una bambina” avevo alzato la voce e mia mamma aveva sbattuto la mano sul tavolo:

“ Se non vuoi essere considerata una bambina, smettila di comportarti come se lo fossi. Non sei ancora pronta a vivere da sola, la discussione si chiude qui. Non voglio più sentire lamentele su questo” e come se niente fosse aveva ripreso a mangiare; io mi ero alzata dal tavolo e avevo lanciato il tovagliolo sul piatto:

“Non ho più fame” poi mi ero avviata verso le scale e prima di salire mi ero girata verso di loro:

“ Questo è il vostro sogno non il mio, non potete costringermi ad accettare tutto come se niente fosse” poi me ne ero andata in camera mia e avevo sbattuto la porta.

Mi ero seduta sul letto e avevo iniziato a guardare le foto che avevo appeso alla parete di fronte al letto: i miei amici, i miei luoghi preferiti di Roma, le foto con i miei nonni e un’unica foto del ragazzo per cui avevo una cotta, che tra l’atro non avrei visto per due anni o magari per sempre.

Sconsolata  mi ero stesa sul letto e guardavo la finestra e il panorama fuori:

“ Stupidi campi e stupida Scozia e stupido castello. Vi odio tutti!” pensavo tra me e me.

Poco dopo qualcuno aveva bussato alla porta:

“ Pixie posso entrare? Ti ho portato un po’ di torta.” mio padre sapeva perfettamente che non avrei mai rinunciato alla trota, nemmeno da morta:

“ D’accordo. Ma puoi solo lasciare la torta e andare via intesi?” ero ancora arrabbiata e non avrei ceduto per niente al mondo:

“ Questo è un colpo al cuore Pixie. Preferisci un pezzo di torta al tuo povero e vecchio papà? Che cattiveria” e dopo aver lasciato la torta sulla scrivania aveva mimato una pugnalata al cuore e io non avevo potuto fare a meno di sorridere, mi ero alzata avevo preso la torta e mi ero seduta sotto la finestra:

“ Va bene. Puoi rimanere finché non finisco la torta” lui aveva sorriso e si era seduto vicino  a me:

“ Sai alla fine questo posto non è così male, non credi?” io l’avevo guardato di traverso:

“ Qui nn c’è niente di niente, mi annoio a morte! Come ho detto prima per voi è un sogno che si avvera, ma per me è una prigione” mi ero u po’ rattristata, lui mi aveva accarezzato la testa:

“ Senti a dieci minuti da qui, c’è un piccolo villaggetto, ma so che hanno una biblioteca molto fornita, che ne dici se domani prima di andare al castello, ti ci accompagnano? Tanto dovremmo tornare per l’ora di pranzo” l’idea non era esaltate, ma sempre meglio che un’altra giornata da sola nel maledetto nulla:

“ D’accordo..” avevo mugugnato, lui is era alzato ed era andato dalla mamma, sapevo bene che lui era il messaggero, ma che sia l’idea della torta che della biblioteca erano della mamma. Lei mi conosceva meglio di chiunque altro. In fin dei conti non ci assomigliavamo solo nell’aspetto, ma anche nel carattere: siamo due persone molto riflessive, ma se ci arrabbiamo diventiamo delle belve, soprattutto se qualcuno prova toccarci su qualche tasto dolente.

Prima di andare a dormire, mi ero guardata allo specchio. Certo, somigliavo a mia madre, ma sicuramente non ero bella come lei: eravamo tutte due abbastanza alte per essere donne, ci avvicinavamo al metro e ottanta, tutte e due avevamo un fisico morbido, e il mio amore per le torte mi aveva fatto aggiungere qualche curva in più, che avrei voluto far sparire, ma va bene, potevo conviverci; la cosa che più volevo avere, erano suoi bellissimi riccioli rossi, tipici degli scozzesi, ma per mia sfortuna mi ero ritrovata con un’ammasso di onde informi color marrone scialbo, le avevo provate tutte: tinte, permanete, stirati, ma niente! Erano sempre tornati com’erano. La mia piccola consolazione erano gli occhi, avevo un’alterazione genica chiamata eterocromia, perciò uno dei miei occhi era verde prato e uno giallo oro, devo ammettere che sono dei colori davvero inusuali, ma a me piacevano da morire.

Prima di infilarmi a letto avevo guardato per l’ultima volta fuori dalla finestra e per un momento mi era sembrato di vedere una piccola luce, fluttuare nel giardino del cottage, ma con molte probabilità o era una lucciola o la mia mente mi aveva giocato un scherzo.

Mi addormentai senza pensare più né alla luce, né alla vita solitaria che mi si prospettava.

La mattina dopo quando i miei erano venuti a svegliarmi, uscire dal letto era stat un’ impresa, quel maledetto posto era freddo e umido, talmente odioso che avrebbe preferito vivere in Zimbabwe, isolata sì, ma almeno al caldo. 

Dopo lunghi richiami ed una caldissima doccia ero riuscita ad arrivare in sala da pranzo, dove mamma mi  aveva già preparato il caffè, se poi quello poteva essere definito caffè, acqua sporca più che altro, ma meglio di niente.

Quella mattina, i miei genitori mi avrebbero accompagnato nella cittadina vicina. Da quel che sapevo lì avevano una piccola biblioteca, dove avrei potuto passare la giornata. 

Il paesino distava all’incirca una decina di minuti dal cottage e la biblioteca si trova nel centro della città nella piazza principale, non era un edificio molto grande, con una bella facciata bianca e con un portone di legno su cui era apposta una targa con la dicitura :”BIBLIOTECA DI FEYMOON”, mentre stavo per scendere dalla macchina, mia mamma mi aveva detto:

“ Passiamo a prenderti per l’ora di pranzo Bekcy, ok?” mi aveva sorriso e io avevo sorriso a mia volta:

“ Certo, buon lavoro” poi mi ero avviata verso l’ingresso. 

La biblioteca era piccola anche all’interno, gli scaffali pieni di libri ammassati uno accanto all’atro davano un’idea di soffocamento, ma a me piaceva così, mi ero sempre trovata bene in mezzo ai libri e alle scartoffie.

Un po’ titubante mi ero avvicinata al bancone, dove una ragazza con i capelli rossi e le lentiggini, stava canticchiando qualcosa con le cuffie nelle orecchie e la gomma da masticare in bocca:

“ Scusami avrei bisogno di un’informazione?” lei aveva alzato la testa e mi aveva guardato sbuffando:

“ Benvenuta alla biblioteca di Feymoon come posso aiutarti?” io l’avevo guardata sorridendo:

“ Si avrei bisogno di sapere se avete qualche libro sul castello di Feymoon?”lui aveva fatto una smorfia di insofferenza:

“ Trovi tutto quello che c’è sul vecchio rudere nella sezione dedicata in fondo a destra, vicino alla sala lettura. Se posso permettermi perché ti interessa quel posto è da brividi? Per non parlare della proprietaria: una vecchia stramba, qui in paese evitiamo tutti di averci a che fare” sinceramente non avevo voglia di discutere con una donna che sembrava avere la capacità cerebrale di una mosca:

“ Ma niente, pura curiosità. Grazie dell’informazione” mettendo su il sorriso più falso del mondo ero andata nel reparto che mi aveva indicato, che nella realtà consisteva in tre o quattro guide turistiche e un volume di storia, decisi di buttarmi su quello e me ne andai nella sala lettura.

Dopo un paio d’ore avevo letto metà libro e avevo imparato cose abbastanza basilari: il castello risaliva ai primi del duecento, varie famiglie ne erano entrate in possesso, ma il clan McKinnon aveva sempre avuto una forte presenza, finché nel millecinquecento non ne erano diventati i signori e così era stato fino ad oggi. Veniva elogiata la magnifica struttura che aveva resistito ad attacchi di ogni genere e si citava qualche leggenda, ma niente di più.

Un po’  scoraggiata dalle mie poche scoperte, avevo deciso che potevo provare a chiedere qualcosa di più al banco informazione; anche se dubitavo che ne sarebbe uscito qualcosa meglio. 

La ragazza era ancora intenta ad ascoltare la musica, ma doveva essersi accorta che mi stavo avvicinando:

“Hai bisogno di altro?” un po’ in imbarazzo avevo risposto:

“ I libri che ho trovato non mi hanno fornito molte informazioni, volevo sapere se tu potevi dirmi qualcosa di più del castello?” lei mi aveva guardata e di era tolta le cuffie:

“ Come mai tutto questo interesse per il castello?” mi stava guardando fisso negli occhi:

“ I miei genitori lavorano ì e io mi sono incuriosita” aveva fatto un cenno d’assenso con la testa:

“ D’accordo. Cosa vuoi sapere?” avevo sorriso e avevo iniziato a fare domande:

“ Perché dici che vuoi del paese non volete averci a che fare? E  perché hai detto che Lady McKinnon è stramba? Comunque io mi chiamo Rebecca” lei mi aveva sorriso a sua volta:

“ Io sono Connie. Diciamo che in po’ fa paura, devi ammettere che non ha una struttura rassicurante. Ci vivono solo la vecchia e i suoi domestici, e se l’ahi conosciuta devi ammettere che è un po’ stramba. A volte noi del paese veniamo invitati a delle feste che organizzano, sono sempre spettacolari e spesso sembra di essere immersi in un mondo magico. Ma in generale tendiamo a starne lontani” poi si era avvicinata:

“ Girano strane storie su quel posto, si dice che sia infestato e che Lady McKinnon sia in grado si rubarti l’anima. Non che io ci creda, ma sempre meglio starne alla larga. Mi spiace, ma è tutto quello che so ” sentivo il cuore che mi batteva all’impazzata, volevo sapere di più, ma non avrei avuto altre informazioni da lei:

“ Grazie mille e cercherò di evitare il castello” le avevo sorriso e mi ero avviata fori, mancava più di un’ora all’arrivo dei miei genitori e avevo deciso di fare due passi.

Feymoon è la classica cittadina delle Highland dove la gente è sempre sorridente e conosce tutti nel paese, quindi una faccia nuova viene notata subito. Mentre camminavo per la strada principale mi guardavano tutti, non credi che siano in molto a venire in città, perciò l’arrivo di persone nuove aveva fatto scalpore. 

Avevo mandato un sms ai miei genitori dicendo che li avrei aspettare in bar vicino alla biblioteca, era terribilmente freddo e aspettare fori sembrava da pazzi perciò avevo deciso di rifugiarmi lì.

Più che un bar, era una pasticceria/panetteria in cui potevi anche sederti ed ordinare un tè, ma era molto accogliente e un po’ retrò, sembra di entrare in un negozio di dolci di quelli che si vedono nei vecchi film in bianco e nero, al bancone c’era un uomo sulla cinquantina, un po’ sovrappeso e con un sorriso simpatico stampato in faccia. Quando ero entrata mi aveva sorriso e aveva tirato fuori una voce potente e allegra:

“ Hey Miss sembrate congelata! Perché non vi sedete e vi prendete una bella tazza di te?” poi mi aveva fatto l’occhiolino:

“ Magari con una bella fetta di torta” la cordialità e il calore  del proprietario mi avevano subito riscaldata:

“ Perché no. Prendo un Earl Gray insieme ad una fetta di torta alle albicocche” L’omone mu aveva guardato:

“ Ci vuole anche un po’ di panna sulla torta?” io timidamente avevo fatto cenno di si con la testa, poi mi ero seduta ad un tavolo vicino alla vetrina e avevo iniziato ad  osservare i passanti; la torta ed il te erano arrivati poco dopo e quando avevo addentato il primo morso ero andata in paradiso, era la torta più buona che avessi mai mangiato.

Persa tra la squisitezza del dolce e l’osservare la vita del paese non mi ero accorta che un altro cliente era entrato nel negozio:

“Miss D’altieri siete proprio voi?” La voce profonda mi aveva riscosso dai miei pensieri, mi ero voltata e avevo visto Nigel, il maggiordomo del castello:

“ Nigel che piacere rivederla, che ci fa qui?”lui aveva sorriso:

“Duncan fa i dolci migliori del paese e a Lady McKinnon piace mangiarli con il tè, vengo qua quasi tutti i giorni” ora che lo osservavo bene, notavo i capelli bianchi rigorosamente pettinati all’indietro e i baffi che gli davano la classica aria da maggiordomo.

Per un po’ mi aveva guardato, poi come se si fosse ricordato qualcosa aveva detto:

“ Questo incontro succede proprio nel momento giusto” poi si era schiarito la voce e in tono più formale aveva continuato:

“ Miss D’Altieri, Lady McKinnon gradirebbe prendere il tè in vostra compagnia domani pomeriggio, se per voi non è un problema, un auto mandata da Milady passerà domani a prendervi a casa” io ero rimasta impietrita:

“ Credo che non ci siano problemi, ma dovrei chiedere ai miei genitori” lui aveva sorriso

“ Sono già stati avvisati ed hanno acconsentito” io ero sempre più spiazzata:

“ Beh allora va bene, ringrazi Lady Agatha per l’invito” detto questo avevo guardato l’orologio e mi ero accorta che era arrivata l’ora di tornare a casa:

“ Mi scusi Nigel, ma devo andare i mie genitori mi stanno aspettando” lui mi aveva fato un cenno di saluto:

“ A domani Miss” io ero quasi scappata via per raggiungere il punto dove mi aspettava mio padre.

Una volta salita in macchina avevo deciso di chiedergli cosa stesse succedendo:

“ Papà, poco fa ho incontrato Nigel, il maggiordomo del castello, e mi ha detto che domani sono invitati li a prendere un te. Ah e un’altra cosa, dov’è la mamma?” lui continuando a guardare la strada aveva detto:

“ Tua madre è rimasta al castello, per organizzare il lavoro dei prossimi mesi. Per quanto riguarda il tè, Lady McKinnon è molto anziana e credo che un po’ di compagnia le faccia piacere, sarebbe carino da parte tua assecondarla, tanto non hai nulla da fare” e mi aveva sorriso come suo solito, io l’avevo guardato con un scocciata, ma alla fine dei conti Lady McKinnon era simpatica, mi ricordava un po’ nonna Judy, la mamma di mia madre. E poi avrei potuto chiederle qualcosa di più sul castello e su quei meravigliosi giardini.

Avevo pranzato con mio padre e poi avevo deciso di rimanere a casa, per leggere un po’. Fortunatamente il cottage aveva la wifi e potevo vedere anche qualche film o serie tv per ammazzare il tempo.

Verso le sei avevo iniziato a preparare qualcosa da mangiare per me e per i miei genitori; la cucina era grade e spaziosa e si affacciava sul grande giardino che circondava il cottage. Non era certamente paragonabile al giardino del castello, ma nel suo piccolo sembrava che fosse anche lui incantato. 

Mi ero sentita strana fin dal momento in cui eravamo arrivati, quel paese era così diverso da ciò a cui ero abituata, ma allo stesso tempo mi attraeva come una calamita, le distese verdi piene di cose da scoprire e piene di misteri, sembravo aspettare solo che io mi immergessi in loro.

Senza pensare a ciò che facevo e senza prendere il cappotto, ero uscita in giardino: sentivo il freddo pungermi il viso e l’umidità farsi strada sotto ai vestiti da casa, eppure non mi importava; era come se fossi sotto incantesimo, senza pensare mi ero diretta verso il piccolo stagno nell’angolo nord del giardino.

Senza pensare avevo guardato lo specchio d’acqua e mentre o guardavo sembrava che una strana luce provenisse dal fondo, poi come per magia una voce aveva iniziato a riempire l’aria:

“Vieni da noi, vieni da noi. Non manca più molto la festa è vicina” inconsciamente avevo allungato la mano per toccare l’acqua, per raggiungere quella luce lontana e allo stesso tempo così vicina. Poi qualcosa mi aveva richiamata alla realtà:

“ Becky, siamo a casa dove sei?” era mia mamma che mi cercava:

“ In giardino mamma, mi sembrava di aver visto qualcosa muoversi, forse era una lepre” mi ero alzata e mi ero pulita le ginocchia, prima di rientrare avevo guardato ancora lo stagno, ma la luce era sparita. Una volta rientrata, mia mamma mi aveva squadrato da cima a fondo:

“ Rebecca ti sembra il caso di uscire con questo freddo, vestita in questa maniera? Come minimo ti prenderai la polmonite!” Stavo per ribattere, ma era intervenuto mio padre al mio posto:

“ Non essere eccessiva Jen sarà stata fuori due minuti a mala pena” io mi ero voltata per guardare l’orologio: segnava le sette e mezza; ero rimasta fuori inginocchiata vicino allo stagno per mezz’ora, senza nemmeno rendermi conto di quello che facevo.

La cena era trascorsa tranquilla e io appena finito ero corsa ad infilarmi a letto, non riuscivo a spiegarmi il mio comportamento, e soprattutto non riuscivo a spiegarmi quella luce e quella voce, sembrava chiamarmi, diceva che dovevo andare da qualche parte, ma dove? E soprattutto perché? 

Rimasi sveglia per parecchio tempo a rimuginare su quello che avevo visto e per un’ora circa cercai anche su internet le patologie hehe con maggior frequenza davano allucinazioni, ma niente mi sembrava abbastanza sensato, da spiegare quello che avevo visto. Stanca e ancora confusa mi ero addormentata verso le tre di notte.

La Mattina o dopo il risveglio non era stato dei migliori: mi ero alzata a mezzogiorno con la casa fredda, i miei si erano scordati di accendere i riscaldamenti, e senza nulla di pronto con cui fare colazione, o meglio il pranzo e in più mi sarei dovuta preparare per andare a prendere il tè da Lady McKinnon. Quindi in fretta e furia avevo preparato il pranzo: pasta la pomodoro e torta al cioccolato; poi mi ero fatta una doccia, tempo minimo richiesto per l’operazione doccia quaranta minuti; ed infine avevo passato più di un’ora e mezza a decidere cosa mettere, alla fine avevo scelto un sobrio vestito gessato blu con la gonna plissettata, calze e cardigan grigio e un paio di francesine nere con un po’ di tacco.

Alle quattro e dieci ero davanti alla porta, avvolta in un elegante cappottino carta zucchero, completato da cappellino e guanti grigi; ho sempre amato vestirmi in maniera eleganti, fin da quando sono piccola.

La macchina era arrivata in perfetto orario, era una bellissima auto d’epoca nera con le rifiniture in acciaio; l’autista era sceso e mi aveva aiutato a salire in macchina e poi eravamo partiti.

Entrare nel grande giardino dal castello su quella macchina faceva tutto un altro effetto, mi sentivo una principessa che entra nel palazzo, era una sensazione fantastica. Davanti all’ingresso l’auto si era fermata e l’autista mia aveva aperto la portiera per farmi scendere; all’ingresso mi aspettavano Nigel, il maggiordomo,  e la donna che avevo dedotto essere Miss Landlay. 

Nigel mi aveva accolto con un sorriso:

“ Missi D’altieri siete incantevole quest’oggi, prego accomodatevi dentro, fa freddo fuori” e si era fatto da parte per farmi entrare:

“ Mi scusi Nigel i miei genitori dove sono? Volevo salutarvi” Questa volta a rispondere era stata Miss Landlay:

“ I suoi genitori sono in città ad ordinare ciò che serve per il restauro. Se volete seguirmi vi mostrerò la strada” in silenzio avevo cominciato a seguirla.

Invece di salire le scale avevamo iniziato a camminare per un lungo corridoio che finiva con un portone in legno chiuso con un chiavistello:

“ Mi scusi Miss, ma la biblioteca non si trova la piano di sopra?” lei mia aveva fulminato con lo guardo:

“ Stiamo andando nella biblioteca privata di Lady McKinnon” lei aperto il portone, che scricchiolava in maniera molto sinistra e aveva iniziato a scendere delle ripide scalette.

Quella parte del castello era molto fredda e umida, la luce proveniva solamente da delle candele che la donna accendeva man mano, che scendevamo le scale; più ci addentravamo nel ventre del castello più mi rendevo conto di dove stavamo andando:

“ Mi scusi ancora Miss, ma la biblioteca della signora, trova nei sotterranei?” Lei aveva continuato a camminare senza degnarmi di una risposta.

Dopo qualche minuto mi ero trovata di fronte ad un portone a due ante: una nera con incisi dei rovi ed una bianca con dipinti fiori e piante di ogni genere, io ero rimasta incantata da tanta bellezza, ma anche questa volta mi una voce mi aveva riportato alla realtà:

“ Avete intenzione di entrare o no? Non ho mica tutto il giorno io, devo anche preparare il tè” Un po’ titubante avevo aperto la porta ed ero entrata.

Ciò che avevo danti aveva superato le mie aspettative in maniera strabiliante: la stanza era piccola e illuminata da una luce soffusa e dalla luce del camino, che riscaldava sia la stanza sia l’atmosfera, alle pareti c’erano tre librerie e al centro un tavolo rotondo in mezzo a due poltrone, una delle quali era occupata da Lady McKinnon, che non appena mi aveva visto aveva sorriso:

“ Buon pomeriggio bambina, sono davvero molto felice che tu abbia accettato l’invito, ti piace questo posto? E’ il mio rifugio segreto da quando ho la tua età” io mi ero guardata intorno:

“ E’ un posto bellissimo, magico direi” lei mi aveva sorriso di nuovo e si era alzata:

“ Vieni te lo mostro” la prima libreria a cui si era avvicinata era quella sulla destra: Alta fino al soffitto era piena di volumi dai più antichi a quelli più nuovi,a che se all’apparenza i più recenti risalivano alla metà del novecento, completamente bianca e con degli intagli raffiguranti  fiori, farfalle e fate; i rilievi erano stati laccati e risplendevano alla luce del camino e delle candele. Inconsciamente avevo passato una mano sugli intagli, l’anziana donna si era avvicinata e mi aveva sussurrato:

“ Questa è la più bella, racchiude le storie di coloro che hanno proseguito sul loro cammino e hanno fatto grandi cose” ero completamente incantata da quella bellezza, Lady McKinnon la stava già portando difronte alla libreria a sinistra.

Se la prima era bellissima, questa era terrorizzante, tutta in ebano nero, coperta di spine e rovi trasmetteva dolore e inquietudine, quanto l’atra era bella e graziosa; volevo toccarla con tutta me stessa, ma la paura mi bloccava e non mi permetteva di muovere un muscolo, la cosa più angosciante era che, questa, era più piena dell’altra.

Impietrita dal terrore avevo sentito la voce della donna dire con un tocco di malinconia:

“Questa è la più oscura, racconta di coloro che hanno perso la strada o peggio la vita” un brivido mi aveva percorso la schiena, e avevo sentito la mano di Lady McKinnon posarsi sulla mia spalla come per tranquillizzarmi:

“ Ed ora mia cara bambina la mia preferita” si era messa di fronte al camino, e io avevo guardato davanti a me completamente rapita: dove la struttura in pietra del camino finiva, iniziava una magnifica libreria in legno marrone, semplice e allo stesso tempo maestosa; piena di bellissimi volumi rilegati in pelle, tutti uguali, senza una scritta, senza il titolo senza il nome dell’autore. Ero rimasta ancora una volta senza parole:

“ E’ bellissima non è vero? Qui sono raccolte molte storie e prima di andare via potrei scegliere la tua” Quella frase mi aveva riscosso:

“ La mia? Cosa intende?” non capivo cosa intendesse, lei aveva scosso la testa e si era seduta sulla poltrona:

“ Volevo dire quello che ti piace di più, ma vieni con me a sederti. Tra poco dovrebbe arrivare il tè” come se l’avesse sentito arrivare, dopo pochi secondi era entrato Nigel con il tè, aveva preparato la tazzina a Lady McKinnon e poi si era rivolto a me:

“ Come lo gradite Miss” io con un po’ di imbarazzo avevo risposto:

“ Con poco zucchero e un po’ di limone, per favore” quindi aveva preparato anche la mia e poi si era congedato:

“ Nigel aspetta. Puoi cortesemente prendere il primo libro sulla libreria di destra?” lui aveva fatto un cenno d’assenso, aveva fatto come richiesto e poi se n’era andato.

Io avevo guardato il libro con aria interrogativa e Lady McKinnon mi aveva guardato con aria furbetta:

“ Voglio raccontarti una storia che risale a tanto, tanto tempo fa. E anche se lo sembra non è una storia banale o che si dimentica facilmente. Sei pronta ad ascoltarla?” io ero curiosa e un po’ timorosa e avevo annuito:

“ Si, Lady Agatha” lei aveva messo il libro sulle ginocchia, aveva chiuso gli occhi e aveva iniziato a raccontare:

“ Tanto, tanto tempo fa, in una terra selvaggia e dura, quanto gentile e rigogliosa viveva un giovane con la sua famiglia; la sua era una famiglia potente, forse la più potente di tutto il villaggio. E il giovane non era saltato bello e forte, era anche intelligente, altruista e coraggioso, tutte le giovani del villaggio ambivano a diventare la sua sposa. Ma il giovane non aveva occhi per nessuna, la sua attenzione era tutta assorbita dai suoi compiti di guerriero.” si era fermata un momento per bere un sorso di te poi aveva ripreso:

“ Ma un fatidico giorno, mentre perlustrava i dintorni della sua dimora, aveva deciso di fermarsi per abbeverare il cavallo. Non di aspettava certo di trovare una giovane donna in fin di vita, sulle rive del lago, dopo aver controllato che respirasse ancora aveva deciso di portarla a casa sua per curarla.” ogni tanto Lady Agatha si fermava per bere del te, e come riprendeva a parlare io riprendevo a perdermi nel racconto grazie alla sua voce melodiosa:

“ Con il passare di giorni la ragazza si era ripresa e aveva cominciato a girare nel villaggio. Mai si era vista una donna tanto bella e gentile in quei luoghi, tanto che nemmeno il giovane era potuto rimanere indifferente a tanta beltà e se ne era innamorato, tanto da chiederla in moglie. Ma le giovani del villaggio non erano d’accordo, tra di loro c’erano delle donne bellissime, eppure erano state superate da l’ultima arrivata, sicuramente era una strega e aveva fatto un maleficio al giovane per appropriarsi della sua ricchezza. Come accade sempre l’ignoranza e la paura ebbero il sopravvento e per quanto il giovane cercasse di dissuadere i suoi compaesani, loro volevano uccidere la strega. Iniziò una caccia senza tregua, finché la ragazza non fu braccata proprio sulle rive della lago. Il giovane tenuto lontano da altri uomini si dibatteva e pregava gli altri di lasciarla  andare, ma nessuno lo ascoltava. Mentre uno degli uomini stava per colpire la ragazza, l’acqua del la go si era illuminata. Lo shock aveva reso momentaneamente innocui gli uomini e la ragazza ebbe il tempo di fuggire nell’acqua. Quando la luce scomparve di lei non c’era più nulla.

Con il tempo l’avvenimento fu dimenticato da tutti, o quasi. Il giovane non poteva dimenticare l’unica donna che gli aveva toccato il cuore, per anni era tornato al lago e aveva pregato, urlato e pianto, ma della ragazza nessuna traccia. Finché un giorno stremato e disperato aveva deciso di uccidersi, non valeva la pena vivere in un mondo in cui lei non esisteva. Ma mentre stava per trafiggersi il cuore con il pugnale, dal lago era apparsa una figura: lei era tornata, ma non poteva rimanere, quello non era il suo posto e per quanto lo amasse, lui nn poteva andare con lei.

Prima che se ne andasse per sempre la ragazza fece promettere al giovane di proteggere il lago e ciò che significava per loro. Dopo lunghi ani trascorsi in solitudine a proteggere il lago l’uomo si rese conto che non sarebbe vissuto per sempre, perciò fece un nuovo giuramento: giurò che avrebbe protetto il lago finché avesse avuto vita e che quello avrebbero fatto anche i suoi discendenti” Nella voce della donna si poteva notare una lieve malinconia, come se quella storia le riportasse alla mente dei ricordi malinconici.

“ Come ti è sembrata la storia bambina?” la voce era calma e dolce e io mi sentivo ancora un po’ intontita e persa nel racconto:

“ Molto bello, anche se molto ingiusto. Perché lui non può raggiungerla? Perché devono vivere separati?” Non mi erano mai piaciute le storie che finivano male, soprattutto le storie d’amore:

“ Sei così giovane Rebecca. L’amore non sempre finisce con vissero per sempre felici e contenti” poi mi aveva dato un buffetto sul ginocchio e si era alzata dalla poltrona:

“ Ma bando alle ciance! Ora devi scegliere il tuo libro” io l’avevo guardata con aria interrogativa, mentre osservavo quei volumi tutti uguali:

“ Come dovrei fare a scegliere? Sono tutti uguali” avevo sorriso, era impossibile che riuscissi a sceglierne uno solo senza sapere nemmeno il titolo, ma lei mi aveva messo una mano sulla spalla:

“ Toccali, sentili, percepiscili. Quando troverai il tuo lo sentirai te lo posso garantire” e mi aveva fatto l’occhiolino.

Mi ero alzata, mi ero avvicinata alla libreria e avevo allungato la mano per toccare i libri, ma sinceramente ero molto dubbiosa su come avrei fatto a scegliere. 

Poi come per magia, quando avevo appoggiato la mano sul primo libro un calore si era diffuso prima sulla mia mano, poi sul braccio, fino ad arrivare alla spalla. Un calore tenue, ma allo stesso tempo forte e potente, che prendeva il sopravvento. 

Avevo iniziato a far scorrere la mano sui libri e una marea di emozioni mi aveva invaso: gioia, dolore, paura, lussuria, rabbia e tante altre; sembrava che i libri mi parlassero, che mi mostrassero le loro storie, ciò di cui parlavano e poi mentre passavo sopra uno di quei libri una scossa elettrica mi aveva percorso il braccio, facendomi allontanare la mano.

La scossa era stata dolorosa e mi aveva leggermente spaventato, automaticamente mi ero voltata verso Lady McKinnon e l’avevo vista sorridere:

“ Cosa è stato?” la donna mi aveva sorriso e mi aveva fatto cenno di avvicinarmi di nuovo alla libreria:

“ Quello mia cara è il tuo libro. Su prendilo e portalo a casa, ti aprirà gli occhi vedrai” io senza pensare l’avevo preso: era pesante, la pelle era calda e morbida al tatto e sentivo come se quel libro mi appartenesse, come se fossimo uniti in qualche modo. 

Stavo per aprirlo quando:

“ Oh povera me! Non mi ero resa conto di quanto fosse tardi. Mi spiace davvero molto bambina, ma devo chiederti di tornare a casa. Aspetto degli ospiti per cena e devo finire ancora di preparare tutto” l’avevo guardata un po’ dubbiosa:

“ Capisco Lady Agatha, non si preoccupi spero di rivederla presto” lei mi aveva accompagnato alla porta d’ingresso dove  ci aspettava Nigel:

“ Nigel per cortesia, prepara la macchina per la signorina D’Altieri” lui aveva fatto un inchino e si era dileguato, io mi ero voltata per salutare la signora e lei mi aveva stretto in un abbraccio e mi aveva sussurrato:

“ Torna pure quando vuoi a chiedermi spiegazioni, penso che ne avrei bisogno” poi si era staccata, mi aveva sorriso e se n’era andata.

Un po’ frastornata ero salita in macchina e ero tornata a casa.



NOTA DELL'AUTRICE:
A chiunque legga la mia storia, grazie in anticipo. E' la prima volta che pubblico qualcosa, quindi spero possiate perdonare eventuali errori di battitura, ortografia, punteggiatura, ecc.
   
 
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