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Autore: theethee_    07/02/2017    5 recensioni
L'amore tra carriera e sogni. Chiara, una scrittrice diciannovenne alle prese con il suo primo successo e un segreto ormai troppo ingombrante.
Alice, giovane giornalista famosa per la sua acidità e per la capacità di mettere chiunque in difficoltà. Un cuore di ghiaccio che deve fare i conti con molti aspetti della sua vita che sono ormai un peso.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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-Che ore sono?- chiedo mugugnando. Tento di aprire gli occhi ma non ci riesco.
-Shhh, dormi, sono solo le 4- risponde lei.
Sento un braccio che si allunga, il brusio in sottofondo cessa di colpo. Qualcosa di leggero e caldo si appoggia a me e mi copre.
Cerco di usare tutte le forze che ho in corpo per aprire gli occhi ma non ci riesco.
Dopo pochi minuti sono di nuovo tra le braccia di Morfeo.

Quando mi sveglio non trovo più, dietro di me, il calore che avevo lasciato quando ho chiuso gli occhi accidentalmente la sera prima.
Tengo ancora gli occhi chiusi.
Se fosse un sogno? Se mi fossi immaginata ogni cosa?
In tal caso sarebbe opportuno continuare a vivere il sogno e tenere gli occhi chiusi. Non affrontare la realtà che mi aspetta.
Tenendo ancora gli occhi chiusi ripenso a tutto ciò che è successo: è tutto vero. Anzi… verissimo. Il bacio, un bacio dato di colpo, con timidezza e imbarazzo, i teneri gesti che l’hanno seguito. Tutto vero.
Però la mancanza del corpo di Alice dietro di me non mi dà la sicurezza che vorrei ora. Sicurezza che tutto sia accaduto e che stia ancora accadendo.
Di colpo un rumore di pentole mi risveglia dal flusso di pensieri.
Okay, o Alice è ancora dentro le mura di casa mia, oppure i ladri si vogliono fare una carbonara.
La seconda opzione mi sembra un po’ da film fantozziano, quindi Alice è ancora qua.
Bene.
Apro gli occhi lentamente.
Mi ritrovo nello stesso identico posto di ieri sera, sotto una coperta calda.
Prendo un lungo respiro.
Qualsiasi cosa succeda adesso, non posso far altro che affrontarla.
Ormai ci sono dentro fino al collo, non posso tornare indietro e neanche vorrei sinceramente.
Mi alzo dal divano.
Addosso ho gli stessi vestiti di ieri sera e, appena mi alzo, mi rendo conto che dormire in jeans non è stata un’idea meravigliosa. Neanche dormire su un divano in due è la miglior idea del mondo.
Subito una voce dalla cucina mi raggiunge: -Buongiorno!-
Mi avvicino velocemente alla cucina.
-Ehi, ciao- le dico imbarazzata entrando in cucina.
-Ho pensato che avessi fame una volta svegliata- mi dice indicando la tavola imbandita di biscotti, marmellate e altre delizie.
-Ci hai visto giusto, sto morendo di fame- dico sedendomi. Mi verso del tè bollente nella mia tazza e poi nella sua.
Iniziamo a mangiare velocemente. La luce pallida e fioca, tipica dei mattini d’autunno, ci illumina.
Il silenzio la fa da padrone.
Forse Alice vuole dimenticare ciò che è successo ieri sera? Magari sta facendo l’indifferente per quel motivo. Può essere che lei voglia, ma io di certo no. Non voglio dimenticare e lasciare in un angolo buio il bacio che ci siamo scambiate.
-Abbiamo dormito vestite- le dico spezzando il silenzio, forse non con la miglior frase che potessi scegliere.
Sorride. -Ti sei addormentata e non volevo svegliarti. Dopo pochi minuti anche io mi sono addormentata. È stata una giornata stancante, siamo scusate-
-Potevamo almeno fare lo sforzo di andare a letto, la mia schiena ne sta risentendo-
-Impossibile, io ero comodissima- mi dice sorseggiando il suo tè.
-Aspetta qualche ora e anche la tua schiena chiederà pietà- le rispondo pronta.
Lei ricambia ridendo di gusto.
-Oggi hai da fare?- mi chiede con un goccio di timidezza che traspare dalle sue guance rosate.
-In realtà devo portare delle bozze all’editore-
Annuisce seria. -Capito. Quando tornerai a casa?-
-Penso dopo pranzo- le rispondo.
Si gratta la testa come se stesse pensando a qualcosa, escogitando un piano diabolico. -Cosa avevi in mente?- continuo.
-Uhm, ti va di andare in un posto?-
-Un posto?- la guardo stranita. Essere più precise no, eh?
-Sì un posto. Ad un'ora e un quarto da qua-
La guardo ancora curiosa.
-Credimi è bello. Vale la pena sopportare la mia musica durante il tragitto- dice cercandomi di convincere.
-Okay ma solo se scelgo io la musica-
Annuisce sbuffando.
Ho vinto io direi.
-Okay allora passo a prenderti dopo pranzo, tu mandami un messaggio quando sei a casa- mi dice alzandosi e raccogliendo la sua roba sparsa nell’appartamento.
Annuisco sentendo quell’ordine. -Tu dove vai?- le chiedo cercando di sentirmi parte della sua vita.
-In ufficio, il mio capo mi vuole parlare- mi dice seria vestendosi con la sua giacca.
-Spero niente di grave- le dico preoccupata.
-No, figurati sarà su qualcosa che devo scrivere- dice approcciandosi alla porta. -Allora ci vediamo dopo?- mi dice. Mi avvicino a lei e le apro la porta.
-Certo, a dopo-
Che cosa dovrei fare ora? Che azione si suppone io debba fare? Soprattutto, devo farlo io o deve farlo lei? Un bacio sulla guancia o no? Ma d’altronde noi cosa siamo? Non ci frequentiamo, non usciamo insieme, non siamo… niente.
Improvvisamente un abbraccio mi scalda il corpo e prima che possa reagire è già finito. Okay, forse siamo due persone che si scambiano abbracci.
In ogni caso c’è un’unica certezza: Alice Fortini ha prontamente evitato l’argomento più delicato, ovvero il bacio.

•••
 
-Fortini, prego siediti-
Faccio come mi dice. I suoi cambi di umore sono ormai un’abitudine. Un giorno è una iena con me e l’altro è un uomo gentile e delicato. Quale dei due sia il vero direttore? Mai capito. Forse è meglio così. Se lui non fosse così freddo e rigido non sarebbe temuto. E se non sei temuto sappiamo tutti come finisce: ti superano e ti scavalcano.
Quindi il direttore è così: imprevedibile. Nello stesso modo è imprevedibile il motivo per cui mi ha chiamata d’urgenza nel suo ufficio.
-Come stai?- mi chiede.
Mi scappa una risata sonora e amara. Ora tutti mi chiedono come sto, che ironica la situazione.
-Vedo che niente ti cambia- dice toccando il suo pizzetto bianco. Si appoggia meglio alla sua comoda sedia da ufficio in pelle e si mette a guardare fuori dalla finestra.
-Come mai mi hai chiamato così di corsa?- chiedo senza troppi giri di parole.
-Ho una proposta- gira la sedia e il suo sguardo ritorna su di me. -So che la televisione pubblica ti tiene molto impegnata, trovare gli ospiti, gestirli, dire ai tuoi giornalisti di fare determinati servizi per quella sera, non è semplice. È un impegno notevole che sai portare avanti benissimo. Soprattutto ora… che tutti guarderanno la tua trasmissione appena ritornerai in onda. Per questo voglio darti un nuovo compito nel giornale-
Sono forse finita in un universo parallelo? Il capo che mi dà una promozione di sua spontanea volontà correlata da complimenti. Sono davvero stupita.
-Cavolo, domani arriverà una tempesta mai vista prima- dico sedendomi più comodamente sulla sedia.
Ridacchia sotto i suoi baffi bianchi.
-Voglio che tu abbia posto in prima pagina, magari un rettangolo tutto tuo verso il basso. Il tuo editoriale. Puoi parlare di ciò che vuoi. Lo scandalo di Panama? Puoi. La nuova riforma della giustizia? Vai. Gli oscar o il premier a torso nudo sullo yatch? Quello che vuoi. Basta che tu sia tu: tagliente, forte, libera, invincibile perché hai sconfitto il tuo aguzzino-
Mi acciglio.
-Sconfitto il mio aguzzino?-
-Sì sai, tutta quella storiella che hai raccontato. Tu ne sei uscita vincitrice, lo hai sconfitto-
Sorride di sbieco, quasi malignamente. Lo scruto nei suoi movimenti. Le sue parole non smettono di risuonarmi in testa già dal momento in cui chiude la bocca. Storiella, la mia è una storiella. Ho vinto, ho vinto un premio in una storiella da quattro soldi. Sento il sangue ribollirmi nelle vene, il cuore pulsare arrabbiato in gola, il respiro farsi corto.
-Non era uno scontro, non era una gara, io non ho battuto nessuno. Io sono la vittima, sono chi ha perso in questa “storiella” come la chiami tu. Sono invincibile perché ho vinto il primo grado di una causa? Sono invincibile perché ho dichiarato le violenze? Non sono invincibile per questo. Sono invincibile perché ancora ho una dignità e non accetterò quello che stai dicendo. Mi dai carta bianca perché sai che tutti leggerebbero un articolo di Alice Fortini. Lo leggerebbero ancora di più se potesse parlare di cosa vuole, vero? Hai ragione, non ti do torto. Ma non leggeranno un articolo del genere sul tuo giornale. Perché me ne vado. Mi licenzio dal giornale che leggevo a 10 anni con mia nonna, dal giornale per cui stravedevo, dal giornale per cui ho lavorato ogni secondo della mia vita. Mi licenzio perché non voglio una promozione per essere la donna del momento, per essere una mossa di marketing. Lo ero anche prima, ma tu sei troppo all’antica per lasciare spazio agli altri. Io non sono invincibile. Io non ho vinto nulla, mi sono solo ripresa la mia vita. La stessa vita che qualcuno mi aveva rubato. Non ho vinto nessun premio e mi viene ribrezzo pensare che una persona intelligente come te, possa anche solo pensare quello che ha detto- mi alzo dalla sedia. Mi metto a girovagare per l’ufficio. Sta davvero accadendo tutto ciò?
Mi metto una mano tra i capelli, sbuffo.
-Dio santo… ma ti rendi conto di quanto è superficiale e maschilista il tuo pensiero? Di quanto tu faccia schifo? Mi vuoi usare. Mi potresti dire che sono abituata a farmi usare, ti darei ragione. Ma farmi usare senza che tu capisca cosa voglia dire per una donna uscire da un circolo fatto di paura, violenza, terrore… no non lo accetto. Trova qualcun altro che stia al tuo gioco, trova qualcun altro disposto a passare le notti qua dentro, trova qualcun altro che faccia splendere questo posto come lo facevo io- mi avvicino alla porta.
Lui si alza dalla sua sedia.
-Alice, mi sono espresso male! Tu sei una grande donna, per questo ti promuovo. Non volevo sminuire quello che ti è successo-
-Dovevi dire “grande giornalista donna”, se proprio volevi convincermi a restare-
Esco dall’ufficio. Il sangue mi ribolle nelle vene furioso.
-Ma cosa pensi Fortini? Che altri giornali ti prenderanno per dei motivi diversi dai miei? Tutti ti vogliono per questo motivo!- urla il direttore in mezzo al corridoio.
Gli altri giornalisti si girano simultaneamente verso di lui. Dai loro piccoli cubicoli cercando di inquadrare la situazione.
Rido forte in modo che tutti e, soprattutto lui, senta chiaramente una sola cosa: Alice Fortini non ha bisogno di lui.
Entro nel mio ufficio.
Anzi forse dovrei chiamarlo ex-ufficio.
-Che cosa è successo là dentro?- mi chiede Marta con gli occhi sgranati.
-Me ne vado-
-In che senso? Te ne vai dalla redazione? Per sempre? O ti prendi un giorno libero?- dice spaventata e preoccupata, senza quasi prendere fiato.
-Per sempre- dico prendendo giusto le cose più importanti e mettendole in una scatola.
-Cosa? Ma sei matta?- mi chiede disperata.
-Tranquilla se vuoi puoi venire con me, ovunque io vada. Se non mi vuoi seguire, posso capirlo. Qua hai un posto sicuro e io non so ancora dove andrò. In tal caso, il tuo ultimo compito è di far imballare da qualcuno la mia roba tra queste quattro mura e farmela portare a casa quanto prima-
Annuisce silenziosa.
Prendo la mia scatola con dentro il mio computer, piccoli ricordi, qualche foto, qualche articolo a cui sono affezionata e il mio portamatite. Il resto può aspettare.
Percorro il lungo e grande corridoio gremito di segretarie e giornalisti che impietriti guardano la scena. Alice Fortini se ne sta veramente andando dal suo amato giornale. Dal posto di lavoro che sognava da sempre, dal posto che l’ha vista crescere e maturare.
I loro guardi mi penetrano la pelle. Posso sentire le loro domande: “chissà cos’è successo?”, “avrà fatto arrabbiare il capo come al solito”, “il capo l’ha mandata via?”, “no, ho sentito che si è licenziata”, “una delle sue solite scenate da megalomane, tranquilli”.
Appena si aprono le porte dell’ascensore una voce da dietro mi blocca.
-Alice, qua da sola non ci resto neanche morta!- dice Marta infilandosi nell’ascensore con me.
Rido non appena si chiudono le porte.
Lei si unisce alla mia risata genuina.
-I traslocatori ti portano la roba domani mattina a casa tua-
-Non ce la farei senza di te-
Ora si ricomincia da zero.
Di nuovo da zero, ma con un altro spirito.
Marta ride compiaciuta.


Scrivo velocemente sul mio telefono.
@AliceFortini: “Non faccio più parte del mio fedele giornale. I miei articoli non li troverete più lì e non so ancora dove andrò a scrivere. Spero mi seguiate comunque.”
E subito dopo continuo.
@AliceFortini: “Intanto la mia trasmissione ritorna in onda. Vi aspetto giovedì alle 21, solito canale. #nuoviinizi”
La porta della mia macchina di colpo si apre.
Un odore famigliare mi avvolge come una coperta calda in un giorno di pioggia.
Vaniglia.
Respiro forte per assaporarla.
-Ciao- mi dice non appena entra. Aspetta che mi giri verso di lei. Una giacca di pelle grigia e stretta la protegge dal freddo autunnale, dei pantaloni neri le fasciano le gambe in modo delicato. I suoi capelli mossi e scuri le ricadono dolci sulle sue spalle. Vorrei poter inseguire il percorso di quelle onde delicate con le mie dita.
I suoi occhi color ambra mi risvegliano da quel viaggio mentale, che forse supera un po’ i limiti.
-Ciao- dico mettendo in moto.
Mi avvio lungo l’autostrada silenziosamente.
-Mi sono licenziata- dico dal nulla rompendo la canzone che Chiara ha messo.
-Che cosa?- dice sporgendosi verso di me.
Annuisco.
-Come mai?- mi chiede seria.
-Lui… non ha capito nulla di quello che è successo, mi vuole usare e io non starò al suo gioco- dico tentando di nascondere la mia emozione nel condividere un avvenimento importante della mia vita. Spero che il tremolio nella mia voce non si noti.
-Okay, non metterei mai in discussione le tue scelte. Sei una ragazza molto intelligente! Quindi se hai preso questa decisione, c’è un motivo importante. Vorrei solo capirlo meglio-
Prendo un respiro e inizio a spiegarle la situazione.
Le spiego di come ha definito ciò che mi è accaduto come “storiella” e di come mi abbia dato una promozione solo per vedere più copie del giornale.
-Capisci? Ha minimizzato tutto. Come se io fossi una qualsiasi altra persona, di un qualsiasi articolo di cronaca. Non la persona che ha visto crescere a maturare tra le pagine del giornale! Ecco… lì ho capito che non voglio essere il tipo di giornalista che è lui. Stando lì sarei solo diventata come lui e non voglio. Non lo voglio per nulla al mondo. In più, il modo in cui mi ha trattato mi ha dato fastidio. È un tale maschilista! Non so perché non l’abbia capito prima, non so perché ero ancora là dentro a sperare che i miei meriti venissero riconosciuti perché tali e non perché sono una “vincitrice” o la “donna del momento”-
Sbuffo sonoramente.
Un leggero tocco sulla spalla mi risveglia da tutta quella rabbia accumulata.
-Sfogati, devi buttare fuori le cose-
-L’ho fatto, ti ringrazio per avermi ascoltata-
Mi sorride dolce.
-Hai fatto bene, Alice. Hai fatto bene ad affrontarlo visto quello che ti ha detto. Hai vinto ma non nel modo che il tuo capo intende e stare là, significava accettare la sua visione. La sua visione è sbagliata, hai vinto una seconda vita libera da quell’uomo, non una coppa per aver lottato all’ultimo sangue contro di lui. Non era uno scontro, tu non potevi tirargli un pugno per contrastare i suoi calci-
Sentire quelle parole, questi discorsi, mi crea istantaneamente una morsa allo stomaco. Scommetto che i miei occhi sono lucidi e che Chiara se n’è già accorta.
La sua mano calda si appoggia alla mia sulla leva del cambio.
-Hai fatto bene Alice, non ti preoccupare. Sei una brava giornalista e tanti altri giornali ti vorranno con loro!-
Annuisco sorridendo sincera.
-Invece il tuo editore che ti ha detto?-
-Uhm, niente di che in realtà- dice vaga. -Dovrei iniziare un nuovo libro. Però sono in dubbio-
-Tra cosa?- chiedo.
-Se fare un secondo libro oppure uno nuovo, indipendente dal resto-
-Dipende da cosa vuoi tu, non il tuo editore-
-Sì lo so. Infatti lui sta aspettando pazientemente una mia decisione, mi appoggia qualunque sia-
-Bene, è giusto così. Tu su quale dei due libri hai idee già pronte?-
-Tutte e due-
Wow, una scrittrice che non si ferma un attimo.
-Beh, allora direi che devi decidere quello che preferisci-
-Mi piacerebbe continuare, ma potrebbe non essere all’altezza del primo. Sarebbe solo un rovinare sia il primo che il secondo, così facendo-
-Secondo me sei all’altezza di farlo. Se vuoi puoi fare qualsiasi cosa tu ti metta in testa di fare, secondo me. Però prenditi il tempo che ti serve per decidere. Soprattutto senza pressioni, decidere sotto pressione non porta mai alle giuste risposte-
Annuisce felice per le mie risposte e torna a guardare la strada.
Mentre esco dall’autostrada Chiara realizza dove stiamo andando.
-Oh cavolo! Io ho sempre sentito parlare di questi posti-
-Ci sei mai venuta?- chiedo sorridendo
-No, non ho mai avuto l’occasione! È parecchio lontano da dove abito-
Sorrido felice.
Sono contenta non ci sia mai venuta, è un posto splendido e questa secondo me è la stagione più bella per visitarlo.
Ci addentriamo tra le strade strette e piene di curve. Una dietro l’altra saliamo e finalmente arriviamo in cima alla piccola collina. Parcheggio nel grande spazio fatto di una ghiaia chiara e fine.
Usciamo dalla macchina e Chiara, come una bambina, corre per affacciarsi dalla grande balconata recintata con un legno scuro.
Davanti ai nostri occhi si apre un paesaggio che toglie il fiato.
Intere colline si sovrappongono l’una sull’altra, ricoperte da manti che sfumano dal giallo al rosso intenso dell’autunno. Qualcosa di verde ancora resiste, altro invece è già marrone.
I colori si mischiano e si rincorrono sotto un cielo che oggi è cristallino, di un azzurro chiaro ma luminoso.
-Quelle sono tutte viti?- dice incredula.
Annuisco in risposta.
I suoi occhi vagano tra i filari e si specchiano nei diversi colori dell’autunno, alcuni di loro sembrano quasi simili al colore delle sue iridi.
-Non è possibile-
Ridacchio alla vista della sua reazione.
-Wow- continua. -È uno spettacolo incredibile-
-Trovo sia uno dei posti più suggestivi che io abbia mai visto. Soprattutto in questa stagione- le dico mettendomi le mani in tasca e appoggiando la schiena alla barriera di legno.
-Quindi che progetti abbiamo?- mi chiede con la gioia che brilla nei suoi occhi.  
-Potremmo visitare quel castello laggiù- le dico indicandolo in lontananza. -È molto bello! Poi per il resto possiamo fare qualsiasi cosa tu voglia-
Uno sguardo pensieroso mi assale.
-Anche tipo, visitare una cantina?- mi chiede grattandosi la testa.
-Se vogliamo sì-
Sorride contenta e risaliamo in macchina. Guido verso il castello e finalmente ci addentriamo tra corridoi regali e camere sfarzose.
Chiara segue il percorso proposto dai cartelli con la mappa del castello stretta tra le sue mani. La controlla di tanto in tanto.
Legge i pannelli delle informazioni con curiosità e mi riporta la parte più interessante. Legge di qualche affresco e subito i suoi occhi lo cercano sulle pareti antiche.
La osservo silenziosamente per tutta la visita.
Il suo viso meravigliato illumina ogni stanza in cui mette piede, le sue mani delicate e lisce arrotolano la brochure nervosamente per poi distenderla, le sue labbra dischiuse, leggermente aperte, di un rosa chiaro e delicato. Quelle labbra che avevo finalmente toccato con il più dolce dei gesti.
Sospiro nel ricordare quel momento.
-Ehi, sei tra noi?- mi chiede di colpo Chiara riportandomi a terra.
-Sì, scusa stavo pensando-
-Beh, il giro è finito! Che facciamo ora?-
Ridacchio nel sentire questa domanda. È davvero una bambina in gita scolastica!
-Potremmo visitare una cantina, però conoscendo il tuo rapporto con l’alcool direi che è meglio mangiare prima- dico incamminandomi per le stradine ciottolate del paese. -Conosco un posto che è sia un ristorante, sia una cantina-
Ci avviamo verso il posto, parlando della meravigliosa bellezza medievale del paese.
Arrivata parlo con il cameriere che, riconoscendomi, acconsente alle mie strane richieste.
Cenare in uno dei tavoli più richiesti non è facile. Non è semplice neanche chiedere al gestore un tour nelle cantine dopo la cena. Eppure, a volte, il mio viso conosciuto porta dei vantaggi.
Prendiamo il menù del giorno e mangiamo in silenzio. Tutte e due ci perdiamo nel vedere il sole che scende lento sopra le viti, che infuoca il cielo e brucia le foglie con nuovi colori. Rimaniamo incollate a questo spettacolo della natura, fino a quando il sole non scompare lasciando dietro di sè una luce quasi violacea che si proietta sulle nuvole.
Nessuna parola esce dalle nostre bocche.
-Alice- mi chiama Chiara che sta ancora guardando il cielo colorato dal tramonto.
-Sì?-
-Questo è un appuntamento?-
La sua domanda quasi mi fa andare di traverso i ravioli al vino che sto mangiando. Poso gentilmente la forchetta e smetto di mangiare. Il suo sguardo ritorna sul mio, quasi intimorito dalla mia possibile risposta.
-Vuoi che lo sia?- le chiedo.
-Forse…- mi dice soltanto. Istantaneamente le sue guance si colorano di un rosso leggero. È imbarazzata.
Le sorrido dolce. Posso capirla. Posso capire il suo stato di confusione, posso sentire tutte quelle domande nella sua testa, posso perché le ho anche io.
-Io penso che dovremmo parlare, che dici?-
Annuisce seria. -Di cosa?-
-Di questo- dico indicando noi due. -Di noi, di quello che è successo e succederà-
-Cosa succederà?-
-Niente che non concordiamo- rispondo. -Senti, so che ti senti confusa, che non capisci cosa vuoi e cosa senti. Lo so perché provo le stesse tue emozioni. Eppure in tutto questo caos ho una sola certezza: tu sei il mio pensiero costante, la mia quotidianità e sono sicura di questo. Tu sei stata la mia forza, la scintilla di speranza che mi ha aiutato a superare tutto ciò che mi è successo. Sei una luce che non voglio lasciar spegnere. Dopo tutto quello che abbiamo passato, tra burrasche, momenti di tranquillità e gioia, voglio solo averti accanto. Se vorrei che questo fosse un appuntamento? Sì, lo vorrei. Vorrei che fosse il nostro primo appuntamento, il primo di tanti. Però, tra tutte queste parole c’è un “ma”. Questo ma sono io stessa, è la mia vita, anzi… la nostra vita, i nostri ruoli pubblici e quant’altro. Eppure, voglio essere sincera con te. Il “ma” è la mia difficoltà a fidarmi di nuovo delle persone, a toccarle, a volerle completamente nella mia vita. Il difficile è per me sentire due braccia che mi stringono e cercare di convincere il mio cervello non mi vogliono fare del male, che non vogliono stringere fino a soffocarmi, il difficile è prendere la mano di qualcuno per stringerla e non bloccarla. Capisci? Tutto questo è un incubo bellissimo, ma rimane comunque un incubo. Io non voglio farti entrare in questo vortice assurdo se non ne sei pienamente consapevole! Quindi ti ho portato qua perché volevo vedere questo posto speciale con te e creare almeno questo ricordo, se non potremo più costruirne altri- dico tutto d’un fiato cercando di liberare tutto il peso che mi opprimeva il cuore.
Il coraggio di incontrare lo sguardo di Chiara non lo ho. Io, Alice Fortini, donna forte, indipendente, inscalfibile, che non regge lo sguardo di una ragazzina. Eppure, comunque lo vogliate interpretare è così: il mio punto debole è lei ormai.
-Alice, io non so cosa dire- mi risponde solamente.
Sospiro quasi con un tono disperato.
-Anzi, so cosa devo dirti- prende un respiro e continua. -Vorrei dirti che so a cosa sto andando incontro ma la verità è che non lo so. Non so niente, non so neanche da quando ho cominciato a provare un affetto particolare verso di te. Non so niente perché io non ho mai avuto nessun tipo di esperienze, neanche le più banali. Nascere e crescere in una piccola città di provincia non è facile, soprattutto se si è gay e non lo si può dire, non lo si può dimostrare e vivere. Di conseguenza, puoi immaginare come sia andata a finire. Non ho mai provato, sperimentato e vissuto l’amore e i suoi derivati. In nessuna maniera. Per questo non so a cosa sto andando in contro e non so come aiutarti. Quindi se il tuo problema è un abbraccio, un tocco, una carezza, il mio è dimostrare i miei sentimenti con un bacio o con una frase. Voglio anche io metterti di fronte ai miei “problemi” e difetti, perché vorrei davvero che questo fosse un appuntamento. Perché la tua presenza è ormai una certezza nelle mie giornate a cui non voglio rinunciare, voglio che questo non sia l’ultimo nostro ricordo insieme, ma uno di tanti. Però, tu cosa vuoi da me?-
-Tutto-
Istantaneamente le sue dita si appoggiano sulla mia mano fredda. Il suo calore mi inonda e riscalda. Mi continua a guardare dolcemente infondendomi la giusta dose di coraggio per non interrompere il contatto.
-Se ti guardo negli occhi non ho paura che sia un contatto…- lascio la frase in sospeso nella speranza che capisca cosa intendo.
-Allora puoi farlo ogni volta che ne hai bisogno- mi risponde con una voce bassa quasi roca.
-Chiara, non mi importa del fatto che non hai avuto esperienze, non mi sarebbe importato neanche se tu ne avessi avute. Voglio solo averti con me. Il modo, il quando, il come, non mi importano. Possiamo affrontare i nostri ostacoli, ma solo con te nella mia vita posso riuscire a superare i miei. Ti potrà suonare come una profezia, come un’esagerazione, eppure è vero. E credimi essere sincera e del tutto onesta con gli altri per me è difficile, ma penso tu lo sappia già. Ma con te voglio esserlo perché lo meriti. Meriti la sincerità che magari qualcun altro non ti ha dato. Ho raccontato e svuotato ogni centimetro del mio cuore, per te Chiara-
Il suo sorriso si fa immediatamente più largo.
-Alice, mi piace ogni centimetro del tuo cuore allora-
Questa volta sono io a sorridere come mai prima d’ora.
Poi continua: -Voglio solo che le cose vadano con calma… possiamo magari uscire, come oggi e conoscerci meglio? So che le parti più importanti e ingombranti delle nostre vite le conosciamo già, eppure non so il tuo colore preferito, i tuoi gusti di gelato preferiti, se dormi a destra o a sinistra del letto, se hai paura di volare, oppure se hai mai visto Il signore degli anelli… e io voglio conoscere ogni cosa. Dalla parte più importante di te, alle sciocchezze. Voglio conoscerti per apprezzarti totalmente e voglio farlo passando del tempo con te. Che ne dici?-
-Dico che questo è il primo di tanti appuntamenti ed è ora di celebrarlo con del buon vino-

… and there is a light, don’t let it go out


 


Buonasera lettori! Dite grazie al mio professore che mi ha bocciato al parziale se questo capitolo esce prima del previsto! (stronzo) A parte i lamenti accademici, eccoci con un nuovo capitolo. Spero sia di vostro gradimento, un po’ diabetico però certe cose ci vogliono. Soprattutto se è quasi san valentino e magari qualcuno di voi è single! È magari un po’ corto rispetto al precedente ma non volevo far succedere troppe cose tutte insieme. Quindi prometto che il prossimo sarà più lungo!
Abbiamo Alice che si licenzia (ragazzi che esempio di femminismo, penso di amarla segretamente) quindi dalla prossima dovremmo seguire la ricerca del lavoro e questa nuova avventura con Chiara, tra gli ostacoli che si sono confessate. Beh, la conversazione (simile) è realmente avvenuta nella mia vita, quindi sono parecchio emozionata di riportarla grossomodo qua. Spero vi piaccia.
Se pensate che non funzionino così le relazioni, abbiamo punti di vista diversi: senza conoscenza per me non esiste amore vero verso l’altra persona, quindi le due prima di etichettarsi come qualcosa si conoscono a fondo fino ad innamorarsi. Questo è ovviamente il mio punto di vista, possiamo discuterne!!
Possiamo discuterne su tumblr, se mi date il vostro nome vi aggiungo volentieri.
Passo e chiudo, scusate per gli errori.
Aspetto recensioni e commenti sulla frase di canzone finale.
Un abbraccio caldo.

p.s. chi riconosce il posto vince un qualcosa di segreto.
  
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