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Autore: Fructis    08/02/2017    2 recensioni
«È questo ciò che ti dilania il cuore, Daisy?» le domandò James con una dolcezza capace di spezzarle l’anima.
A quel punto Cordelia sentì le gambe cedere, per cui si sedette sulla sedia, prendendosi la testa fra le mani. Iniziò ad espirare, come se il mondo le stesse crollando addosso, e proruppe in singhiozzi. Odiava farsi vedere in quel modo. Cordelia era abituata a nascondere tutto ciò che la danneggiava e come una volpe era furba e ben attenta a celare i suoi segreti, mentre ora James stava sradicando il muro di cemento che aveva costruito attorno al suo cuore.
Sì, era gelosa. Ma ne aveva motivo: Grace era stata per James ciò che più si avvicinava all’amore, perché lui le aveva dato il suo cuore, traboccante di innocenza e di felicità infantile, mentre lei l’aveva ridotto in brandelli e l’aveva gettato all’aria come polvere. Ed era spettato a Cordelia l’arduo compito di recuperare quei piccoli granelli sperduti e unirli in modo tale da formarne un cuore. E forse i suoi sforzi non avevano ottenuto alcun risultato.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cordelia Carstairs, James Herondale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In quel momento l’orologio a pendolo indicava la mezzanotte e la notte vagava silenziosa oltre le tende di quella stanza, mentre Cordelia Herondale era seduta accanto allo scrittoio con lo sguardo puntato verso lo strumento posizionato sul muro.
00:01.
I secondi scorrevano veloci nella sua mente mentre l’ansia si impadroniva di lei. Dov’era lui?
Si alzò e passeggiò per la stanza con il nervosismo che, sempre più in crescendo, era diventato il suo unico vero amico.
Non poteva continuare così. Non poteva restare alzata fino a tardi ad attendere James, che ad ogni litigio fuggiva via per rifugiarsi chissà dove.
Sospirò gettando la testa all’indietro e, con una mano, liberò le ciocche di capelli imprigionati nella crocchia. Se li sfiorò, mentre un lieve sorriso faceva capolino sul viso della ragazza: erano cresciuti così tanto, in quegli anni. Non li aveva più tagliati da quando James le aveva detto che adorava toccare e sentire la morbidezza di quei – come lui li chiamava –  delicati fili ramati.
Litigavano spesso, soprattutto da quando era nato Owen: ogni tipo di responsabilità si era abbattuta su di loro come una cascata, e li aveva oppressi fino a sfinirli. Ogni giorno vi era un litigio, dovuti il più delle volte da James e dai suoi sbalzi d’umore: un giorno era felice, e le baciava i capelli, la stringeva a sé mentre le sussurrava parole dolci, parole d’amore; poi arrivavano i momenti in cui il suo umore scendeva come la temperatura in inverno, e diveniva nervoso, paranoico, quasi irriconoscibile.
Una volta si era rattristato perché, recandosi con lei ad una festa, gli occhi degli invitati erano stati rivolti tutti verso Cordelia, che nonostante i ventinove anni possedeva ancora i petali di purezza della gioventù, e James aveva visto il modo in cui tutti la guardavano, così simile ma diverso dal modo in cui la guardava lui. Ed era stato male, se non geloso. James era fatto così: temeva di perdere in continuazione ciò che gli apparteneva e durante i litigi, che non cessavano mai, cacciava fuori le sue frustrazioni, dalle quali emergeva in particolare la sua paura di perderla. Sorrise a quel pensiero. Un tempo non avrebbe mai immaginato James spaventato al pensiero di una vita senza lei, lei che prima non era stata altro che lo spettro di un’anima innamorata di quegli occhi al cui interno si mescolava la melassa, calda come la gentilezza e la dolcezza che avvolgeva l’animo del suo James.
Si sollevò dalla sedia su cui era adagiata e si avvicinò alla finestra, aprendola in parte; lasciò che l’aria autunnale si infiltrasse nelle ossa fino ad arrivare ai suoi nervi, già congelati, per far compagnia a quella preoccupazione di cui ormai ne conosceva la familiarità.
Questa volta il loro oggetto di discussione era stato ciò che amavano più al mondo: Owen.
Quella mattina James aveva ricevuto l’incarico di occuparsi del bambino, mentre Cordelia era dovuta uscire con Lucie, appena tornata dall’Europa con suo marito Jesse. Il caso però voleva che un’improvvisa missione dal Conclave arrivasse proprio in quell’oretta, motivo per cui James era stato costretto ad andar via e aveva lasciato il piccolo Owen solo con Alexander Lightwood, figlio di Cecily Herondale, zia di James, che era venuto quel giorno per giocare con il bambino.
Purtroppo, Alexander, di soli quindici anni, aveva lasciato a sua volta solo Owen per andare in cucina a pescare dei biscotti. A quel punto, il piccolo Herondale, rimasto in completa solitudine perché all’Istituto non vi era nessun’altro, aveva iniziato a combinarne di tutti i colori: prima era riuscito ad arrampicarsi sul divano e a lanciare i cuscini a terra, poi si era rotolato nelle piume fuoriuscite da essi, felice come se fosse stato immerso in una vasca piena zeppa di cioccolata. Poi, non soddisfatto, aveva adocchiato i pennelli intrisi di vernice lasciati sul tavolo dal padre, che in quel periodo si stava dedicando all’arte su consiglio di Matthew Fairchild, suo parabatai e padrino di Owen. Una volta arrampicatosi sul tavolino, era però scivolato e, tirando la stoffa presente su di esso, erano caduti anche i barattoli di vernice. Risultato? Owen sporco di vernice e Alexander, una volta ritornato, aveva lanciato un urlo, spaventato dalla vista del bambino ricoperto completamente di quel liquido colorato.
Al loro ritorno, Cordelia e Lucie, la zia di Owen, erano rimaste abbastanza sconvolte nel vedere il pavimento diventato una tavola di colori e il piccolo Owen ricoperto di alcuni residui della vernice. Lui, però, batteva le mani, felice.
Cordelia aveva sospirato, si era avvicinata ad Owen, l’aveva preso in braccio e una volta ascoltato il racconto di Alexander, che era stato aspramente rimproverato da Lucie, era andata nella sua camera per ripulire il piccoletto. Lucie, invece, armandosi di pazienza, aveva pulito il disastro combinato dal nipote e, nel frattempo, malediceva il fratello, ancora vittima della missione all’Hyde Park.
All’improvviso, però, un urlo aveva squarciato il silenzio che si era creato: Owen si era sentito male e Cordelia stava chiamando aiuto, perché il bambino non stava bene: aveva ingerito la vernice uscita dal barattolo e gli era sorta una brutta infezione allo stomaco. 
Dopo aver chiamato i Fratelli Silenti e dopo che questi avessero salvato il bambino, James era ritornato, sfinito dalla battaglia appena conclusasi, e aveva subìto l’ira indomabile di Lucie e la paura mista all’angoscia di Cordelia. L’uomo, pieno di sensi di colpa, dopo aver ribattuto più volte che era sopraggiunta quella importante missione e per questo era andato via, e dopo essersi sentito dare dell’irresponsabile dalla sorella, si era arreso alle lacrime dipinte sul viso sofferente di Cordelia, ancora preoccupata per la salute del figlio. Poi, si era recato nella camera dove il piccolo dormiva, gli aveva lasciato un bacio sulla fronte ed era uscito, senza salutare.

00:30.

Sopraggiunto il momento in cui la preoccupazione cedette il posto alla stanchezza, Cordelia chiuse la finestra e, con il viso ormai stravolto da lacrime silenziose, si avviò verso l’uscita della stanza con una lentezza che rispecchiava perfettamente il riflesso di una donna straziata.
Il cigolio della porta principale dell’Istituto le provocò un sussulto e rimase immobile, finché gli occhi del color dell’oro di James non incontrarono i suoi, profondi come la notte, ed entrambe le miscele si unirono in una danza dolce e passionale.
Cordelia distolse lo sguardo da quelle iridi che, nonostante fossero passati quasi dieci anni dal suo matrimonio con James, continuavano a farle battere il cuore.
 «Ciao» disse James con impassibilità.  «Credevo dormissi».
«Ti ho aspettato» rispose la ragazza evitando di guardarlo.
«Mi dispiace. Se l’avessi saputo, io...»
«Tu cosa? Saresti tornato prima?»
James cacciò un sospiro, passandosi una mano fra i capelli. Cordelia riuscì a leggere in quel semplice gesto tutta la disperazione che vi si celava dietro. Ebbe un tuffo al cuore.
«Non ho voglia di discutere, Cordelia»disse stanco, guardandola.
«Ho solo bisogno di...»
«Dove sei stato? Sei ubriaco?» Cordelia sollevò il capo, mentre sentiva la rabbia scorrerle nelle vene. «Capisci che è stato egoista da parte tua uscire mentre nostro figlio soffriva a letto, James? Lo capisci?»
La situazione si era invertita: adesso era James che evitava di guardarla, con gli occhi puntati in basso, spenti, come se gli avessero prosciugato l’anima a furia di scuoterla.
«Mi dispiace, Daisy, io--»
«Tu, tu, tu! Ogni volta che litighiamo, ogni volta che c’è una discussione, tu, tu vai via! Scappi, scappi come un bambino impaurito dalle punizioni della madre!»
Cordelia sentiva una bile alla gola e che lentamente l’involucro che delimitava il suo cuore stesse per scoppiare e sapeva che, se fosse successo, sarebbe crollata nuovamente in lacrime, come succedeva ogni volta in cui si arrabbiava, ogni volta in cui James la faceva soffrire. E non voleva piangere di nuovo davanti a lui. La faceva sentire vulnerabile.
«Perché fai così, James?» domandò dopo un silenzio che sembrava essersi prolungato in ore.
«Perché ero nervoso, io...»
«E ti è sembrata la cosa più giusta andar via, James? Scappare, lasciandomi sola con tuo figlio! Ti è sembrato giusto? Non era successo niente, potevamo affrontarlo insieme, ma tu no, tu hai deciso di andartene e di abbandonarmi, come fai sempre!»
James, come se avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso, inclinò il capo verso di lei, sgranando gli occhi.
«Io non ti ho mai abbandonata».
«Lo hai fatto, invece» ribatté Cordelia scoprendosi ansimante: le mancava l’aria.
«Se l’ho fatto è stato perché il Conclave aveva chiesto di me. Sai quanto spreme le mie energie pur di schiacciarmi come una formica» obiettò il ragazzo, scuotendo più volte la testa, incredulo.
«Però quella sera, alla festa di compleanno di Charles, il tuo sguardo non faceva che posarsi su Grace Blackthorn, splendida come un fiore delicato, e poi sempre la stessa sera eri sparito, e anche lei era sparita. Eravate insieme, vero?»
Se le parole avessero avuto il potere di uccidere, allora James sarebbe stato già steso a terra, la cara morte erta su di lui impaziente di portarlo con sé nel suo regno.
«È questo ciò che ti dilania il cuore, Daisy?» le domandò James con una dolcezza capace di spezzarle l’anima.
A quel punto Cordelia sentì le gambe cedere, per cui si sedette sulla sedia, prendendosi la testa fra le mani. Iniziò ad espirare, come se il mondo le stesse crollando addosso, e proruppe in singhiozzi. Odiava farsi vedere in quel modo. Cordelia era abituata a nascondere tutto ciò che la danneggiava e come una volpe era furba e ben attenta a celare i suoi segreti, mentre ora James stava sradicando il muro di cemento che aveva costruito attorno al suo cuore.
Sì, era gelosa. Ma ne aveva motivo: Grace era stata per James ciò che più si avvicinava all’amore, perché lui le aveva dato il suo cuore, traboccante di innocenza e di felicità infantile, mentre lei l’aveva ridotto in brandelli e l’aveva gettato all’aria come polvere. Ed era spettato a Cordelia l’arduo compito di recuperare quei piccoli granelli sperduti e unirli in modo tale da formarne un cuore. E forse i suoi sforzi non avevano ottenuto alcun risultato.
James si inginocchiò davanti a lei, la preoccupazione immersa in quelle pietre dorate che lei amava così tanto, e sollevò una mano affusolata, come quelle di un’artista, e Cordelia si abbandonò a quella carezza gentile mentre numerosi ricordi facevano capolino nella sua memoria: la prima volta in cui James l’aveva baciata, quando lui l’aveva avvicinata a sé e le aveva chiesto la mano; il modo in cui James l’aveva guardata al loro matrimonio, come se fosse stata un angelo sceso dal cielo capace di irradiargli il cuore; o quando aveva scoperto che era incinta, Cordelia ricordava che l’aveva sollevata in alto e l’aveva baciata, dicendole che si sentiva l’uomo più felice del mondo. Cordelia si lasciò cullare da quei frammenti, capaci di ridarle un tocco di colore nella disperazione insediatasi nella sua anima, mentre James lasciava scorrere il dorso della mano lungo il suo viso e sospirava di sollievo, come se essere lì fosse come stare in Paradiso.

«Io ti amo, Daisy» esordì dopo un’eternità.  «Il mio cuore arde d’amore per te dal primo istante in cui ti ho vista. Non c’è altra donna nella mia vita. Ti prego, dimentica gli orrori del passato e concentrati sul nostro futuro. Guardami»le sollevò il viso asciugando con l’indice una lacrima che era scivolata indifferente di tutto il dolore. «Scusa di essere un pessimo marito e un pessimo uomo. Dovrei essere più maturo, e cerco di esserlo, ci provo. Ma poi vedo te, vedo la bellezza che si riflette nei tuoi occhi, e vedo Owen, così dolce, innocente, e mi domando come ho fatto a guadagnare qualcosa di così prezioso nella vita. Cos’ho fatto di onorevole, Daisy mia? Nulla se non creare casini e causare dolore a te, l’unica fonte della mia felicità. Perché sì» guidato come dall’istinto, si sporse verso le sue labbra e la baciò. Cordelia sentì male al petto: il cuore le batteva all’impazzata, come se stesse scappando dalla gabbia toracica e fosse pronto ad unirsi con quello di James in quella dolce melodia. Cordelia desiderò che quel momento non cessasse mai.
«Tu mi rendi felice, Daisy Herondale».
L’avvicinò a sé, e lei poté assaporare il nettare delle sue labbra, infilare in un gesto automatico le mani nei suoi capelli, perché lui adorava tanto che lo facesse. Tutta la rabbia, la tristezza era stata sostituita da qualcosa di più intenso, che si avvicinava al desiderio ma che sfociava in qualcosa di più potente e imbattibile: l’amore. Stretta fra le braccia di James, quella notte Cordelia si sentì protetta dal male del mondo in grado di distruggerla senza quel prezioso sostegno. E lui la baciava, e la baciava, e le accarezzava i capelli con fare ossessivo, arrotolandoseli tra le dita e annusandoli come se fossero una medicina in grado di debellare le peggiori malattie. Si sentiva coccolata, e non era l’unica: non appena erano entrati in camera, avvinghiati in un abbraccio, Owen aveva iniziato a piangere, segno che le sue condizioni fossero migliorate, e James si era avvicinato a lui e l’aveva stretto fra le proprie braccia e gli aveva dato tutto l’amore del mondo, come avevano fatto i suoi genitori con lui, i quali in quel momento si trovavano in Italia, probabilmente avvolti nell’amore quanto loro due. E James aveva amato Owen, così come in quel momento stava amando Cordelia, mentre i loro corpi si fondevano in un tutt’uno, il dorato si mischiava al nero, l’oscurità abbracciava le stelle e le loro anime giacevano al cospetto della notte e delle sue meravigliose ombre.

 

Salve a tutti! Per chi ha letto "Le Origini", "Le cronache dell'Accademia" e "Le cronache di Magnus Bane", conosce
benissimo il personaggio tormentato di James Herondale. 

La storia che vi propongo è ambientata nel 1915, e sono passati alcuni anni dal matrimonio del nostro eroe
mezzo suicida con la dolce Cordelia Carstairs. Personalmente adoro questa coppia, è una delle più misteriose ed affascinanti dell'universo Shadowhunters, seppur non ci sia ancora nulla di concreto su di loro. 
Per questo mi diverto con la fantasia ad immaginare un mondo in cui, nonostante i molteplici problemi che i due devono aver affrontato, sono riusciti man mano a superare le loro difficoltà e ad amarsi incondizionatamente. 
Spero che la storia vi sia piaciuta! 

 
   
 
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