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Autore: _Heywel_    08/02/2017    1 recensioni
Heywel Galwine è un famoso scrittore e bardo, rinomato in ogni signoria di Tohlann. Tuttavia un giorno si accorge di essere stanco di leggere, immaginare e vivere, e perciò decide di abbandonare tutto e di partire alla ricerca del nuovo e dell'inesplorato attraverso terre fantastiche e pregne di surreale e di leggenda, in compagnia di cavalieri, eroi e la sua fedele assistente Gwen.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonsalve, questa è una storia che cominciai circa un anno fa sempre su efp, tuttavia dovetti sospenderla e oggi ho deciso di ripubblicarla radicamente corretta, ampliata e sistemata. Dietro questo semplice libro si nascondono mesi di creazione di una lingua con una complessa gramamtica, di una storia e di una cultura immaginarie create appositamente per questo esperimento: Buona lettura!
 

PREFAZIONE

Dopo la pubblicazione del mio ultimo manoscritto (dei e leggende) è seguito un periodo di inattivitá di circa un lustro, durante il quale mi sono dedicato ad esplorare questa grande terra che mi ha generato e a ricostruire la sua lunga storia di eroi e leggende. Ebbene la mia penna si presterà ancora una volta a trascrivere i miei pensieri e le mie riflessioni narrandovi di questo mio lungo viaggio. Ma prima di parlarvi delle montagne di Gwynterald, delle mura ciclopiche di Widran o delle valli profumate e luminose di Fjorlann vi parlerò delle persone, dei colori e dei profumi della Terra Di Vera. Vi parlerò quindi non solo di ciò che è disegnato sulle carte, ma anche di ciò che questa regione lascia nel cuore dei viaggiatori.  Tohlann è una madre severa, una terra ostile e rigida, ma allo stesso modo è una madre saggia e maestra. Un luogo amaro. E questo mio nuovo manoscritto è un elogio che intendo farle.
-Heywel Galwine 1001 P.E


CAPITOLO 1

In ogni viaggio la parte più importante è quella che precede la partenza. Ovvero la fase preparatoria, delle ricerche e degli studi. Durante questa fase gli esploratori di rispetto sono soliti preparare tutto il necessario per affrontare ogni situazione, come calzature resistenti, abiti caldi e comodi, armi, vivande e strumentazioni. Possiamo dire che nel mio viaggio questa fase è venuta meno, o meglio, è stata fortemente trascurata.  Certamente essendo io un amante di popoli e lingue antiche conosco in linea generale la culla di esse, ovvero Tohlann. La mia preparazione però non era e non è tutt'oggi minimamente sufficiente ad intraprendere quell'avventura. Ma il coraggio e l'intraprendenza si sa, sono la virtú degli ignoranti. Ad ogni modo partiamo con ordine. La storia incomincia a Fojloch, una piccola cittá del nord, nel signorato di Bromia, aroccata su una collina tanto alta che nelle belle giornate si può anche vedere il mare, poco lontano. A questo punto vorrei introdurre il mio racconto con una lunga e minuziosa descrizione del giorno in cui tutto ebbe inizio. Tuttavia era una mattina normale di una primavera normale di esattamente mezzo decennio fa. Stavo appunto scrivendo varie bozze per la mia nuova storia e nel farlo elaboravo nella mia testa una trama convincente. Tuttavia nulla mi ispirava quell'irrefrenabile euforia che provo ogni volta che una grande trama mi entra in testa, la stessa sensazione che prova il pescatore mentre il pesce si dibatte tra le dita. Devo ammettere che la cosa mi lasciò perplesso.  continuai ostinatamente per diverse ore, accartocciando le carte e scompigliandomi nervosamente i capelli. Non contento, anzi assolutamente contrariato, andai nella mia biblioteca personale e iniziai a consultare morbosamente tutti i volumi dalla prima a l'ultima lettera, esaminandoli in ordine di disciplina, colore forma e rilegatura. In essi erano riportate le grandi storie di altrettanto grandi eroi, le loro gesta più celebri. Arvo che uccise un drago con un pugnale e sconfisse l'invasore, Tamreel che sventrò un idra a mani nude e Kalem che guidò le terre unite contro i barbari. Proprio allora delle domande mi si fissarono nella testa "Ma chi erano questi eroi? Quali luoghi fecero da sfondo alle loro grandi gesta?" In quel momento mi resi conto per la prima volta che nei miei libri citavo e parlavo di luoghi che non avevo mai visto, di eroi senza volto e passato. Nella vita, pensai, mi ero allontanato solo di poco dalla mia valle. Provai un'improvvisa e grande angoscia nel realizzare ciò, e guardando i miei volumi provai quasi vergogna per me stesso come scrittore. A quel punto dal piano inferiore sentì la domestica chiamare per il pranzo. Mi ricomposi e mi sforzai di dominare l'angoscia. Accantonai perciò questi pensieri e, consumando un buon pranzo, subito me ne liberai. Ma la sensazione di pace non durò che un paio di ore. Così la giornata passò inquieta fino a che, dopo una frugale cena a base di solo latte e pane, mi addormentai, insoddisfatto dell'improduttiva giornata appena trascorsa.  Ricordo che passai ore in preda a deliri e sogni criptici, che talvolta mi vedevano povero in canna, oppure spogliato di ogni fama come autore e bardo. Sudai, mi lamentai e mi avvolsi tra le lenzuola. Ma quella notte feci un sogno. Un sogno davvero magnifico: Ero sulla cima di un monte così alto che il cielo mi accarezzava il viso e il vento nascente mi sussurrava parole dolci e sibilanti per poi scendere a valle serpeggiando come una viverna tra le fronde di abeti secolari e maestosi. La neve sotto i miei piedi nudi era calda e soffice e di tanto in tanto un fiocco solitario mi si posava sulle guance sciogliendosi immediatamente.  Davanti a me le nebbie di Gwynterald si stagliavano nel cielo rosato della prima alba. [Le nebbie di Gwynterald si trovano oltre l'omonima fascia di montagne a sud di Tohlann. Ne parleremo più avanti durante la nostra avventura]. Mi svegliai allora con la dolcezza di quel sogno ancora nel cuore ma al contempo con l'amarezza di essermi destato da un sonno così piacevole. Gwen, la mia giovane fantesca, entrò nella mia stanza da letto con un infuso sopra un piccolo vassoietto di legno, per svegliarmi come faceva ogni mattina. Trovandoni già sveglio non si meravigliò e mi riferì infatti dei miei discorsi sconclusionati fatti nel sonno, che ella aveva udito addirittura attraverso le pareti. Per niente assonnato e anzi piuttoso irrequieto bevvi l'infuso caldo in silenzio, senza aspettare che la fantesca uscisse. Così dssi a Gwen di non preparare la colazione e lesto mi infilai camicia, tunica, calze, brache e stivali e uscii di casa, più irrequieto che mai, deciso a trovare una soluzione ai miei dilemmi con una passeggiata. Percorsi varie stradine, finchè non arrivai alla piazza porticata dove si teneva il mercato, che a quell'ora era in allestimento. Fojhloch era molto tranquilla nel primo mattino. Essendo in primavera si sentiva l'odore intenso e inebrianre delle glicini violacee e il profumo di rugiada della prima luce. Dalle case coperte da rampicanti si sentivano le voci dolci delle fanciulle, mentre le dame sposate e meno timide si parlavano da una finestra all'altra attraverso la piazza. Le fantesche mettevano fuori le camicie e la biancheria candidi che diventavano di un bianco lucente sotto la luce del sole. I mercanti preparavano le loro merci mentre i contadini con i loro carretti portavano bestiame vario. Anche le botteghe aprivano. Dalla farmacia si sentiva l'odore di vino speziato, mentre il barbiere sonnecchiava davanti alla sua bottega. La città intera onorava il buon mattino decorando a festa le case con spezie, fiori e lenzuola profumate e ciò mi fece calmare per un poco. Mi sedetti su una panca sotto il portico della piazza mangiando a piccoli morsi pane e miele caldo. Mi ritornò in mente il pensiero che aveva turbato il mio sonno e un pensiero si insinuò nella mia mente. Tentai di rifiutarlo ma appena sentivo il mio animo acquietarsi ecco di nuovo che il mio tarlo tornava. Mi diressi allora verso un vicolo a me noto. In fondo ad esso si trovava una piccola bottega la cui insegna riportava la scritta "carte e mappe". Rimasi sulla soglia alcuni istanti, ancora indeciso sul da farsi. "Puro interesse letterario" dissi tra me e me, ed entrai. Il piccolo ambiente si presentava polveroso e poco illuminato. -Buongiorno Baduin- dissi sfoderando un sorriso. -Oh, il signir Heywel, la dea Vera lo porta! Cosa le occorre oggi?- Rispose il bottegaio Baduin, un signore dal profilo aquilino e tagliente che portava una infula in testa. -una carta…anzi molte carte. Tutto ciò che hai su tohlann, le mappe più aggiornate- Baduin annuì silenziosamente e sparí nel retrobottega. Tornò con alcuni rotoli chiusi con lo spago. -Queste sono nuove, miniate e decorate dai migliori cartografi del monastero di Locwude- Disse. Li esaminai rapidamente con una piccola lente di ingrandimento. -Sono delle buone carte, e sembrano piuttosto recenti dal momento che vedo segnate tutte le signorie nate dopo la guerra...ad ogni modo ne hai qualcuna che riporta le terre oltre i Confini a sud?- Il volto sorridente di Baduin si increspó in una smorfia curiosa. -Signore, mi auguro che non voglia davvero avventurarsi oltre il confine. È sorvegliato dall'esercito e cose strane e assai oltre la nostra comprensione avvengono al di fuori delle Terre Civilizzate…Ad ogni modo ogni carta esistente al riguardo è incompleta e spesso frutto della fantasia- -Non importa, qualsiasi informazione è importante…scopo puramente letterario- Dissi sapendo di mentire più a me stesso che a lui. -In tal caso- disse Baduin prendendo una cassa da sotto il bancone -ho qualcosa di molto curioso- Aprendo il contenitore rivelò un piccolo involto rettangolare, chiuso con uno spago fermato da un sigillo di ceralacca. -È il diario di un uomo molto noto, o almeno così mi hanno detto. La cassa riporta scritto in alfabeto Ravinh la frase "oltre i monti". L'ho trovato sotto gli assi del pavimento quando ho comprato questa bottega. Lo avrei esaminato più attentamente se non fosse per il suo aspetto così misterioso. Glielo cedo per poco- Presi l'involto e lo soppesai con la mano, sorpreso del peso di quel pacchetto. Improvvisamente mi sentii infinitamente attratto da quell'oggetto e dal suo mistero, convinto che in esso avrei trovato la risposta a ogni mia angoscia. Un'idea immotivata, ma che suggeriva una prospettiva che io sentivo reale. Rovesciai un sacchetto di monete d'argento sul bancone. -È proprio quello che cercavo-. Quando uscii dal vicolo il mercato era nel vivo dell'attivitá: la calma piazza era diventata una zona di guerra, dove si combatteva a colpi di ribassi e offerte, tra grida e odore di pesce e di carne. Passai dal barbiere come di consueto per farmi radere.
Poi, prima di tornare a casa, passai di banco in banco, comprando piccoli regali per le mia pupilla e fantesca Gwen e pezze per la mia altra cameriera Martha. Nel fare ciò scambiai qualche parola con i mercanti e scoprii il mondo e le avventure che si celavano dietro ogni merce: la carne veniva dai pascoli a sud, il pesce fresco da nord est, quello sotto sale da nord ovest mentre gli altri prodotti venivano da botteghe o fiere di terre al di fuori del confine di Tohlann. Mi trattenni tanto che saltai il pranzo. Tuttavia preso com'era dall'euforia della scoperta il mio stomaco non soffrì troppo la mancanza di cibo. Nel pomeriggio tornai a casa. Martha, la vecchia fantesca, aspettava nella cucina per servire la cena, mentre Gwen tesseva in silenzio davanti al camino. Consumai in silenzio il pasto, sorbendomi anche l'ira della cameriera che non tollerava che io saltassi il pranzo e il silenzio contrariato di Gwen. Ringraziai per la cena e andai nella mie stanze. Li molto delicatamente ripresi l'involto, che tenevo nella scarsella, deciso a rivelarne il contenuto. Il sigillo in ceralacca riportava il simbolo di un corvo poggiato su un teschio. Presi il tagliacarte e aprì delicatamente il pacchetto: all'interno c'era un piccolo diario di pelle, con la rilegatura decorata in argento e il fronte di pelle tinta di verde con una sottile cornice d'oro. La prima pagina riportava un buffo schizzo di un monte e una scritta in una calligrafia elegante, in alfabeto e lingua Ravinh: "Gowa Machudi" ovvero "Oltre i monti". In basso sul margine del foglio una firma quasi illegibile "AG". Continuai a sfogliare le pagine che, con mia grande sorpresa, si rivelarono tutte vuote. Tuttavia l'ultima pagina appariva molto elaborata e al centro riportava un disegno di un cervo con una nuova sigla, questa volta in un alfabeto sconosciuto. Esaminai a lungo ogni volume di lingue e simboli della mia libreria ma non trovai riscontri nè riguardo ai disegni nè riguardo lo strano alfabeto. A tarda notte decisi di riposare la mia mente stanca, così spensi il moccolo e mi misi a dormire. Nei giorni che seguirono lavorai passai le mie giornate tra botteghe e scrivania, parlando di rado e consumando quasi tutti i pasti direttamente in camera. Durante i miei studi Gwen seguì come assistente ogni mia scoperta e intuizione, rimanendo però completamente all'oscuro del fine ultimo delle mie ricerche. La primavera era ormai conclusa e i fiori profumati sugli alberi cedevano il posto a frutti carnosi di un rosso vivace. Tuttavia il freddo che caratterizza tutta la terra di Tohlann non era di certo venuto meno, anzi, sembrava essere animato da nuovo vigore, tant'è che avevo fatto accendere il camino. Ero in casa che leggevo sulla mia poltrona alcuni manoscritti, quando sentii bussare al portone. Martha andò subito ad aprire. Scesi le scale per vedere chi era. -Sono sicura che c'è stato uno sbaglio signore, non sono stata avvisata dell'arrivo di alcun pacco, e tantomeno di un carro stracolmo di merci- Disse la vecchia fantesca affacciata alla porta con il suo solito tono caustico. -Vogliate perdonarmi buonadonna, la bolla riporta il nome e il sigillo del suo padrone, Heywel Galwine- Rispose il facchino dall'altra parte. -Nessun errore Martha, ho ordinato io tutto- Dissi io da dietro. -Signore, per cortesia, porti tutto dentro e lo sistemi sul tappeto.- Subito l'uomo ,che stava sopra un grande carro di legno trainato da due cavalli pezzati, scaricò una miriade di pacchi, casse, fagotti, borse e borselli, e con l'aiuto di un secondo uomo nerboruto, portò tutto dentro. Firmai i documenti e presi dalla scarsella svariate monete d'oro (non sono un amante del pagamento a credito) tanto che la povera Martha per poco non svenne, parsimoniosa com'era. Una volta che ebbero preso e registrato i soldi i due se ne andarono, e venne il momento di mostrare a Gwen i miei acquisti. Feci chiamare la ragazza che poco dopo si trovava vicino a me che non la smetttevo di camminare avanti e indietro preso da uno smisurato entusiasmo. -Bene mia dolcissima fanciulla vediamo cosa abbiamo qui- Dissi sorridendo alla mia giovane domestica mostrandogli la montagna di pacchi nella stanza. Essi contenevano guanti e calzari di cuoio, mantelli di pelliccia di lupo, abiti da viaggio e da festa, femminili e maschili, e poi bussole, pugnali, mappe, medicinali acqua e cibi quali carne secca, formaggi e pane. Insomma, ogni cosa utile per un lungo viaggio. Erano rimasti due fagotti e un pacco avvolto nella carta e chiuso con uno spago. I due fagotti contenevano due spade non molto lunghe, con la guardia finemente cesellata e una pietra rossa nel pomolo, di fattura nordica. -Che la dea ci aiuti, mio signore! A cosa vi serve tutto questo? Avete per caso intenzione di mente di metter su una nuova bottega?- Sbottò Gwen sconvolta. Sorrisi bonariamente. -Cara Gwen, i miei affari si limitano al vino che produco nel mio terreno e ai libri che scrivo. Tutto ciò ha ben altro scopo. Infatti all'alba di domani, non appena apriranno le porte della cittá, monteremo su un carro e partiremo per le corti del sud, prima tappa del nostro lungo viaggio attraverso Tohlann. Martha si occuperá della casa nel frattempo. Naturalmente ti do la possibilitá di rifiutare, mi riferirai domattina la tua decisione- A martha, per la seconda volta in poco tempo, venne un mancamento, anche se questa volta né io nè Gwen (munita di sali) riuscimmo a farla rinvenire. -Ma signore, perchè volete che io venga con voi?- Protestò Gwen sbalordita. -lo capirai viaggiando mia cara Gwen- Risposi, e ritornai a leggere sulla mia poltrona, davanti al camino.
   
 
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