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Autore: Dark_Water    09/02/2017    1 recensioni
Seguito di "You're in my Soul".
John si fermò, girandosi a guardarla e stringendo un po’ di più la mano di lei nella sua. La scrutò per un tempo indefinito, mentre Clara riusciva a cogliere ogni sfumatura grigia dei suoi occhi e quelle lievi pagliuzze nell’iride di un verde pallido che solo nelle giornate di sole riusciva a vedere nel pieno della loro tonalità. Eppure quel giorno di sole non ce n’era, e tutto all’improvviso la scoperta di quel particolare sembrò qualcosa di magico ed impossibile.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 12
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Heart & Soul'
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Capitolo 1

Prima della lettura vi lascio un piccolo ma importante avviso: questa storia va letta assolutamente dopo You’re in my soul”, essendo una sorta di seguito di quella. In realtà è una raccolta di piccoli momenti che non ho inserito nella storia principale, quindi alcuni capitoli potrebbero non essere cronologicamente successivi l’uno all’altro. Ma in tal caso lascerò un avviso ad inizio capitolo.

Per altre note, vi rimando alla fine del capitolo. Buona lettura e... spero che vi piaccia questo primo capitolo. Pieno di dolcezza e tenerezza perché ce n’è bisogno ^^

Capitolo 1

 

C’era un suono fastidioso che spezzava il silenzio caldo  protettivo di quel mattino.

Clara Oswald aveva deciso che lo odiava!

La donna si mosse nel letto, premendo il viso contro il cuscino e nascondendosi di più sotto le coperte, a ricercare il calore del bozzolo protettivo in cui era avvolta. Ma un movimento al suo fianco e lo scaldino che stringeva tra le braccia che le sfuggiva dalla presa la svegliarono del tutto; poco importava che la sveglia avesse smesso di suonare.

“No…” Si lasciò sfuggire dalle labbra Clara: “Torna qui… è presto.”

“Edimburgo ci aspetta, Clara!”

“E lasciala aspettare… ho freddo e voglio dormire ancora!” Rispose lei, rigirandosi dall’altro lato.

“Andiamo, dov’è finito il tuo spirito di avventura?”

La voce di John le sembrava troppo allegra, troppo innaturale per il broncio perenne a cui era abituata. L’unica risposta che diede al suo fidanzato fu un grugnito basso che si spense solo quando lo risentì spingersi di nuovo sotto le coperte e circondarla con le braccia. Lo sentiva sorriderle contro la pelle, dopo averle spostato i capelli dalla nuca per posarle dei dolci e leggeri baci innocenti mentre se la stringeva contro il petto.

Lei sorrise, restando in silenzio a godere ancora di quella pace mattutina e quelle inaspettate ma piacevoli coccole ricevute, pensando a come John fosse cambiato dal momento in cui avevano messo piede su suolo scozzese. Era come se un brio di gioia lo avesse investito, cancellando da quel viso le rughe del cipiglio a cui era abituata e di cui si era comunque innamorata. Non che le dispiacesse questo nuovo lato tenero ed avventuroso di John, anzi; sapeva benissimo che dentro di lui c’era un bambino impaziente ed entusiasta, desideroso di meravigliose scoperte ed esplorazioni… ma la piovosa passeggiata per la città del giorno prima, avvenuta nel breve tratto per raggiungere il Castello, le era penetrata nelle ossa e voleva solo il caldo tonificante del piumino ad avvolgerla. E possibilmente anche un corpo altrettanto caldo a scaldarla.

Dal loro arrivo in Scozia i loro ruoli sembravano improvvisamente essersi invertiti. Praticamente John era quello gaio di vita e Clara quella scontrosa. Ciononostante, la giovane si ritrovò ad ammettere di aver amato Glasgow ed aver adorato i genitori di John e Missy. Si scoprì davvero attratta da quel paese così meraviglioso che era la Scozia, piena di luoghi dall’atmosfera magica e misteriosa, piena di storia, segreti e miti tristi ma anche, in un certo modo, romantici. Tutto le ricordava John. E lei amava anche questo particolare.

Così, anche quel mattino, si ritrovò a doversi alzare e prepararsi per la giornata. Per pentirsene subito dopo aver messo piede fuori dall’albergo in cui soggiornavano.

“John… dobbiamo proprio andare? Non possiamo semplicemente riposarci per un giorno e rimandare a domani?”

John si fermò, girandosi a guardarla e stringendo un po’ di più la mano di lei nella sua. La scrutò per un tempo indefinito, mentre Clara riusciva a cogliere ogni sfumatura grigia dei suoi occhi e quelle lievi pagliuzze nell’iride di un verde pallido che solo nelle giornate di sole riusciva a vedere nel pieno della loro tonalità. Eppure quel giorno di sole non ce n’era, e tutto all’improvviso la scoprta di quel particolare sembrò qualcosa di magico ed impossibile.

“Clara, non ti senti bene?” Disse lui grave, riportandola alla realtà: “Se ieri hai preso troppo freddo ed oggi ti senti male possiamo tranquillamente prenderci il giorno di riposo, lo sai…”

John l’aveva tirata più vicina a sé, lasciandole la mano per correre a prenderle il viso tra le sue e carezzarle le guance con i pollici. La scrutava serio, come se la stesse studiando e decidendo quale malattia avesse. E lei sorrise, per quel premuroso lato professionale che si faceva involontariamente vedere anche mentre erano in vacanza, ma notando anche quella nota di delusione per una giornata persa nella quale, invece, lui le avrebbe potuto mostrare le meraviglie della sua amata Scozia, come d’altronde era stato orgoglioso e felice di fare già nei giorni precedenti.

“Sto bene, non preoccuparti. E’ solo che…”

“Solo che?”

Clara sospirò, portando le sue stesse mani su quelle di John per allontanarle dal viso e stringerle al petto. Si guardò intorno, perdendo lo sguardo verso il fondo della strada, notando l’umidità dei ciottoli sul calpestio, la nebbia fitta si mischiava con il fumo dei camini e non permetteva di scorgere i tetti delle case, nascondendo anche il cielo alla vista. Era mattino inoltrato, avevano scoperto dopo la colazione; sicuramente il sole era già alto nel cielo, ma il grigiore di quella giornata e l’atmosfera pesante la faceva sentire strana. C’era un’aria misteriosa, un presentimento strano che non riusciva ad abbandonare Clara e…

“Forse non avremmo dovuto visitare quel castello con i fantasmi…”

“Cos…? Fantasmi?” Chiese John sbalordito. Si guardò intorno, con quel guizzo strano negli occhi che lasciò intuire Clara che solo in quel momento si era reso conto del clima che li circondava.

E poi lo sentì ridere, prima di abbracciarla e lasciarle un bacio sulla testa:

“Tutto qui? Hai paura dei folletti, Clara Oswald?”

“No!” Rispose lei con orgoglio ed un po’ di rabbia mista a vergogna. Ma si strinse di più nell’abbraccio del suo fidanzato, respirando appieno il suo profumo e trovandolo improvvisamente calmante.

Quando si separarono lui le baciò la fronte e le sorrise con quel sorriso fanciullesco che, stranamente,  troppo bene si abbinava al suo volto di uomo vissuto.

“Fai un respiro profondo, Clara. Spalle dritte, testa alta. Sei sotto la mia protezione, fantasmi e folletti faranno bene a stare lontani da noi, se non vogliono porre fine alla loro immortalità.”

Cosa può un uomo contro creature mistiche? Incontrerebbe la morte o l' eterna infelicità, questo insegnano per lo più le leggende. Eppure quel senso di sicurezza che John le infondeva dava calore e speranza. E lei non poteva non credergli, non poteva non fidarsi di lui.

Clara raddrizzò le spalle, come lui le aveva detto. Alzò la testa e sorrise, improvvisamente avvolta da un’invisibile nuvola di coraggio. E solo infine fece un profondo respiro.

Respirò come se non lo avesse mai fatto, lentamente e profondamente, riempiendosi i polmoni del’aria umida di quel giorno finchè non sentì il torace completamente espanso. Sperava di sentire il profumo di John, assorbirlo per osmosi e tenerselo dentro di sé. Ma c’era anche un pizzicorino familiare nelle narici che la spinse ad espellere subito l’ossigeno inspirato. Annusò l’aria, lo sguardo corrucciato e pensieroso che si rifletteva nell’espressione, simile per riflesso, di John.

“Sento… l’odore del mare.” Disse infine lei: “E‘ l’odore del mare, ne sono sicura.”

“Bè…” Disse semplicemente John con una scrollata di spalle: “ …Edimburgo afaccia sul mare, è normale.”

E poi c’era quell’espressione imperturbabile sul volto di un uomo senza tempo che Clara non riusciva mai a decifrare. Quella stessa espressione che però apriva infinite porte su un futuro decisamente prossimo. C’era qualcosa che quel cervello sempre attivo stava macchinando, qualche idea che si sarebbe presentata di lì a poco e che l’avrebbe lasciata in uno stato emotivo imprevisto. Sorpresa, ansia, gioia o paura. Tutte possibili emozioni che in quel momento sembravano destabilizzarla. Ma era uno stato di destabilizzazione piacevole, quello in cui John riusciva a metterla. Perché c’era sempre la sicurezza di un sorriso, alla fine. Un abbraccio. Un bacio.

E c’era voluto poco per cominciare una corsa improvvisa di cui Clara non conosceva la destinazione. Una corsa avvenuta tra i vicoletti bui e stretti della città, con la nebbia che continuava la sua caduta umida su ogni superficie e Clara che stringeva la presa sulla mano di John ogni volta che, in una curva improvvisa, rischiava di scivolare. Il respiro diventava più faticoso ad ogni passo, l’aria fredda bruciava nella gola e l’umidità dell’aria le si attaccava addosso, ma l’espressione furba e fanciullesca di John le dava calore. Un calore che divenne più fisico quando lui la trascinò via dall’ennesimo vicoletto per  sbucare sulla strada principale, prendere al volo un autobus e stringersela contro tra la folla serrata di turisti. La teneva stretta e protetta, non permetteva a nessuno di sfiorarla. Ed a lei non dispiaceva. Anzi, si stringeva in quell’abbraccio possessivo, con lo sguardo perso oltre il vetro bagnato del veicolo ad osservare la città ed i suoi abitanti che le correvano davanti allo sguardo, immersi in un’aria da sogno che la faceva sembrare una città improvvisamente sovrannaturale.

Pochi minuti dopo - o forse era passato più tempo, Clara non lo sapeva dire con certezza – all’ennesima fermata John la trascinò giù dall’autobus, lasciando di nuovo un ambiente troppo caldo per impattare direttamente contro una dura parete di aria fredda. Il primo impatto costrinse Clara a stringersi il collo del cappotto contro le labbra ed il naso, per calmare quel brivido gelido che le correva lungo la spina dorsale e le pungeva poi tutto il corpo, o ancora riuscire a respirare senza che le narici le bruciassero tanto da farla lacrimare. Ma pochi istanti dopo, quando finalmente il naso smise di far male, lo sentì. Il profumo della salsedine, accompagnato dallo sciabordio delle onde di un mare in leggera burrasca.

John la tirò con sé attraverso il lungomare, con un passo lento che si fermò solo quando raggiunsero il muretto che faceva da confine con la spiaggia.

L’aria salmastra pungeva le narici, ma si respirava con piacere. Il vento freddo portava con sé poche gocce rapite alla schiuma bianca delle onde che si infrangevano sulla battigia in lontananza. Qua e là, sull’immensa spiaggia dorata di Portobello Beach, si vedevano piscine d’acqua lasciate dalla marea nelle quali i bambini vi saltavano, impregnandosi i vestiti. Più lontano c’erano ragazzi che giocavano a pallone, altri che approfittavano del vento per far volare gli aquiloni. La nebbia era rimasta in città, non aveva raggiunto quella zona per chissà quale strana ragione, anche se il cielo coperto da un fitto strato di nubi grigie impediva ancora al sole di fare capolino. Ma a Clara non importava. In quel momento il suo sguardo era perso al mare, a quella spiaggia che le ricordava casa sua ed a quella sensazione di immensa malinconia che stranamente la rendeva calma e felice.

“Sai… a volte ho pensato ad una cosa…” La voce grave di John la strappò dai suoi pensieri, costringendola a voltarsi verso di lui ed incoraggiarlo a finire ciò che aveva da dire.

“L’espressione che hai adesso… l’avevi anche questa estate a Blackpool. Ed ogni volta che passeggiavamo accanto al Tamigi, a Londra.” Continuò John: “Quel misto tra malinconia e felicità che non riesco mai a capire quando ti perdi nei tuoi pensieri guardando qualcosa che ti ricorda il mare. Ora lo capisco. Forse perché sei cresciuta in una città marittima, non lo so; ma quando vedi il mare è come se tu rinascessi. Questa tua espressione… sembra quasi che tu… che tu ne senta la voce o che tu veda qualcosa che io non posso vedere.”

Clara sorrise, senza però parlare. E John continuò ancora:

“A volte ho pensato che tu fossi una Selkie…”
John portò il suo sguardo a guardare l’orizzonte. Clara invece si lasciò scappare una risata rispondendo:

“E’ così? Adesso mi verrai a raccontare qualche leggenda scozzese in cui io sono la creatura magica e tu il povero uomo sedotto ed abbandonato o condotto alla morte tra le profondità del mare?”

“Non ridurre tutto a come se fosse assurdo…” Rispose lui, nascondendole ancora lo sguardo e mascherando il suo improvviso imbarazzo dietro il suo solito broncio indecifrabile: “ Volevo essere… romantico!”

Clara sospirò con il cuore caldo di una dolce emozione, avvicinandosi a lui e stringendosi contro il suo fianco in un abbraccio tenero:

“Lo so, stupido. Ho capito cosa volevi dire.” Rispose con dolcezza, alzando lo sguardo verso di lui: “Se temi che io possa lasciarti per tornare al mare, allora ti sbagli. Nessun mare può portarmi via da te, Dottore. Potrà mostrarmi le meraviglie ed i segreti dei suoi abissi, i tesori più preziosi o tentare di sedurmi con la sua voce misteriosa. Ma qui sulla terra ferma ho già tutto ciò di cui ho bisogno. ”

Lui sorrise, tornando finalmente a guardarla:

“Bene. Perché non ho intenzione di lasciarti andare. Se rivuoi la tua pelle, piccola Selkie, dovrai uccidermi ed aprirmi il petto per strapparmi il cuore, perché è lì che l’ho nascosta.”

“Se volevi essere romantico con questo… in realtà sembra che tu abbia trasformato una dolce leggenda scozzese in una spaventosa storia dell’orrore Giapponese…” Rispose lei con uno sguardo furbo accompagnato da un sorrisetto cinico.

John sbuffò, riportando lo sguardo al mare e mormorando un semplice:

“Sai sempre uccidere il mio romanticismo, tu… non puoi dire che almeno non ci sto provando.”

“Ed io lo apprezzo.” Disse infine lei, alzandosi sulle punte e lasciandogli un bacio al’angolo delle labbra: “E quello che hai detto è davvero molto dolce. In realtà sei molto romantico, Dottore.”

Restarono in silenzio per i minuti successivi, entrambi con lo sguardo perso alla spiaggia che si estendeva immensa davanti a loro, disturbati solo dalle poche urla dei bambini che giocavano sulla sabbia ed i gabbiani nel cielo in lontananza.

Clara si immerse nei suoi pensieri, con lo sciabordio delle onde in sottofondo e lo sguardo perso tra le acque scure del Mare del Nord, diretto all’orizzonte dove esso si fondeva in un’unica tonalità con il cielo. Quelle acque fredde che, per un momento, le ricordarono le acque che aveva conosciuto a Stoccolma.

In quel momento preciso la giovane alzò lo sguardo per osservare il viso del Dottore. Si perse in quegli occhi grigi che rispecchiavano lo stesso colore delle acque burrascose di quel giorno. Ed un pensiero magico stavolta attraversò la sua, di mente.

“In realtà…” Disse dal nulla: “… mi sto chiedendo se non sia tu la creatura fatata tra noi due. I tuoi occhi, in questo momento, sono come il cielo ed il mare fusi insieme.”

“Non sono una fata.” Rispose lui con un tono quasi offeso: “Sono un uomo, mi risulta. Le fate sono donne…”

“Anche  nel mondo del Piccolo Popolo c’è distinzione tra uomo e donna.” Rispose Clara saputella, ma con chiaro tono scherzoso: “E potrei chiedermi se sei una fata maschio! Se le fate rivelano il proprio nome ad un umano sono legati per sempre a lui o lei, obbligati a rispondere ai suoi desideri. Allo stesso modo tu non dici mai il tuo nome a nessuno, se non a pochi, come se fosse un segreto da custodire, facendoti chiamare semplicemente Dottore. E’ quello che mi hai detto quando mi hai rivelato il tuo nome, che pochi erano coloro che avevano il privilegio di chiamarti ‘John’.”

“E tu, il mio nome, lo hai sapientemente disperso in giro per il mondo ogni volta che mi presentavi a qualcuno…” La canzonò lui, alzando gli occhi al cielo in una finta espressione infastidita.

“Ovvio che si! Potevo mica dire alla gente: Lasciate che vi presenti il mio fidanzato, il suo nome è Dottore!”

“E questo mi scagiona, non ti pare?” Disse lui con un sorriso soddisfatto: “ Pur conoscendo il mio nome non sono legato né obbligato a nessuna di quelle persone. Solo te.”

“Solo me.” Ripeté soddisfatta lei: “ E mi sembra ovvio che debba essere così.”

“Quindi…” continuò John con un’espressione improvvisamente incerta: “Anche Missy secondo te dovrebbe essere una fata?”

Clara si fermò a guardarlo sconvolta, soppesando poi seriamente quella questione prima di piegare la testa ed, infine, scuoterla calorosamente:

“No. Lei è molto più simile ad una Banshee.”

John scoppiò a ridere, lasciando la presa di un braccio su di lei per portarsi la mano al viso e cercare di calmarsi:

“Si… mai paragone fu più appropriato.”

Risero ancora mentre scendevano sulla spiaggia, affondando i piedi nella sabbia bagnata. Continuavano a tenersi per mano mentre raggiungevano la riva, restando a distanza di sicurezza per non essere bagnati dalle onde ma anche abbastanza vicini per essere investiti dalla nebula marina alzata dai soffi di vento.

“Sai… un po’ quest’aria mi ricorda Stoccolma…” Si lasciò sfuggire Clara.

Sentì John tendersi al suo fianco, avvertendo che il cambio di discorso ed il tema involontariamente affrontato lo aveva un po’ infastidito.

“Perché non ha funzionato?”

Clara guardò John sorpresa, insicura sul vero senso di quella domanda e se fosse il caso di rispondere. Ma lo sguardo curioso di John le diceva un’altra storia.

“John… perché lo chiedi? Non hai mai voluto sapere…”

“Ora voglio saperlo… insomma, c’era il mare. Stoccolma è formata da arcipelaghi, è circondata dalle acque del Mar Baltico e… l’uomo con cui stavi era il tuo fidanzato anche a Blackpool. Perché non era come casa?”

Clara studiò l’espressione di John e valutò la questione prima di rispondere con una nuova domanda:

“Non sarai geloso?”

“Cercherò di non esserlo. Non te lo prometto, però.”

“Ciononostante vuoi saperlo?”

“Si.” Rispose lui, stringendo la presa su di lei mentre continuavano a passeggiare abbracciati.

Clara si perse per qualche secondo silenzioso nei suoi pensieri, rivivendo nella sua mente quel periodo triste della sua vita. Non si era mai chiesta il motivo del fallimento del suo rapporto con Jonas, ma solo in quel momento si rese conto dell’assurdità di alcune cose. 

Sorrise, però, Clara. Per la prima volta in vita sua sorrise a quelle memorie che le avevano sempre lasciato il cuore stretto in una morsa di rimpianti e sensi di colpa. Ora tutto era sereno, tutto era tranquillo nel suo cuore. E sapeva che era merito di John, perché c’era lui accanto a lei.

Clara sorrise, e diede voce ai pensieri che, per una volta, erano chiari mentre pensava a quell’amore adolescenziale cresciuto e poi morto in età adulta.

“Non ti ho mai detto il suo nome. Lui si chiamava Jonas. L’equivalente svedese di John, caso strano.”

Il Dottore si lasciò scappare un grugnito, il corpo ancora più teso mentre rallentava il passo con cui la stava conducendo lungo la spiaggia. Un sospirò profondo e rumoroso raggiunse le orecchie di Clara, ma lei era decisa ad ignorare per il momento l’evidente gelosia incontrollata di John e continuare ad esprimere i suoi pensieri.

“Lo amavo, John. Non posso negare questo. Così come so che tu hai amato altre donne, molte altre donne prima di me.”

“Non allo stesso modo… non è la stessa cosa…” Lamentò lui con voce bassa e triste.  Il cuore che gli si stringeva e faceva male.

“Aspetta, fammi finire ciò che voglio dire, ti prego.”

La supplica di Clara fu ascoltata. Il Dottore sospirò profondamente e tacque, rassegnato a dover controllare quel battito cardiaco irregolare ed il dolore  di quella morsa fastidiosa che gli serrava lo stomaco. Maledetta gelosia!

“Volevo stare con lui, per questo avevo lasciato Londra per raggiungerlo in Svezia. Lui lavorava, io cercavo di… non lo so. Avevo lasciato l’Università, pensavo ancora alla morte di mia madre. Trovavo qualche lavoretto saltuario che però non mi soddisfaceva. Ma mi dicevo che in quella città c’era tutto ciò di cui avevo bisogno. C’era Jonas, e c’era il mare che mi ricordava casa. Eppure sapevo che quella non era casa mia.”

Clara restò in silenzio per un momento, alzando lo sguardo al cielo per poi continuare:

“Era Dicembre. Una giorno stavo attraversando uno dei tanti ponti della città. Non ricordo quale, ma ricordo che stava nevicando anche se il freddo secco rendeva l’aria sopportabile e respirabile. La neve non si posava per terra, erano sporadici fiocchi che cadevano lievi e silenziosi. Ricordo di essermi fermata a guardarne alcuni cadere e sciogliersi sull’asfalto, mentre altri cadevano in acqua. Ricordo di  essermi affacciata per un attimo dal ponte, curiosa di scoprire se ci fossero calotte di ghiaccio che galleggiavano e… ho visto le acque scure del Mar Baltico che sciabordavano dolcemente sotto di me.”

Clara tacque e John si fermò, costringendola a fermarsi con lui mentre la guardava con uno sguardo improvvisamente allucinato. C’era paura negli occhi di John, il terrore di scoprire qualcosa che lei non aveva mai rivelato prima e… non poteva essere, non qualcosa di così terribile:

“Clara… tu… non avrai mica…”

Lei lo guardò perplessa e confusa, prima di capire cosa lui le stesse suggerendo e scattò subito sull’attenti:

“No!” Urlò la giovane oltraggiata, attirando l’attenzione delle poche persone nei paraggi.

Clara calmò la voce, avvicinandosi di nuovo a lui per rassicurarlo:

“Non pensare nemmeno ad una cosa del genere, John! Il suicidio non è mai stato nei miei pensieri nemmeno una volta nella mia vita!”

“Scusa…” Disse lui dispiaciuto ma anche chiaramente sollevato: “E’ solo che… il modo in cui stavi parlando non mi piaceva, mi ha fatto temere che…”

“Mi dispiace.” Disse lei sincera: “Non era mia intenzione. Quello che volevo dire è che… ho visto quanto fossero scure quelle acque; non c’era una sola piccola lastra di ghiaccio a galleggiare sulla superficie, ma ho visto lo stesso quanto quelle stesse fossero fredde. Mi sentivo sola. C’era l’uomo che amavo con me in quella città, ma io mi sentivo sola. Ed ho capito che quella non era casa mia. Non sarebbe mai stata casa mia. Amavo Jonas, ma non abbastanza da… rinunciare alle mie priorità. E lui non poteva rinunciare alle sue. A Stoccolma lui stava avendo ciò che voleva, io invece no. Lui stava rinascendo mentre la mia anima, invece, stava lentamente morendo. E’ una città bellissima, ma non è la mia città. Non è Blackpool, non è Londra. Non so se capisci cosa voglio dire.”

“Si.” Sorrise lui con una lieve piega triste delle linee del viso: “ E sono fortunato che lui ti abbia lasciato andare.” La stretta possessiva di John la raggiunse e la scaldò, disegnandole un sorriso dolce sulle labbra.

“Non era lui il mio destino. Aveva un nome simile al suo, ma non era il volto giusto.” Lei gli fece l’occhiolino, salendo sulle punte dei piedi per posare un rapido bacio sulle labbra seccate dal vento freddo.

“Un John era di sicuro previsto nella mia vita.” Continuò lei: Un John col quale qualsiasi posto mi sarebbe sembrato casa. Probabilmente sarei rimasta anche a Stoccolma se accanto a me ci fossi stato tu. Sei tu la mia anima gemella, Dottore. Con te ho sicurezze che in quegli anni non avevo. Con te ho certezze e vedo un futuro che allora non riuscivo a vedere. Quegli anni li ricordo bui. Con te vedo la luce anche dove non c’è. Anche adesso, con la stessa aria che respiravo allora, con lo stesso freddo e simili acque scure. Ora tutto mi sembra luminoso, e sei tu a renderlo tale.”

E quello sguardo… quei freddi e grigi occhi che improvvisamente si illuminavano di una dolcezza unica. Quella luce limpida e sincera che non aveva mai visto nello sguardo di nessun altro uomo, che le scioglieva il cuore e le faceva tremare le gambe e Clara sapeva per certo di amarlo come mai aveva amato, con una profondità che le spezzava sempre il fiato e le faceva quasi male al cuore. Leggeva in quegli occhi lo stesso amore che lei provava per lui. Vi leggeva quel ‘Ti amo’ quasi mai detto, ma chiaro, caldo e limpido come il cielo di un giorno d’estate.

E fu per questo che lei non protestò, quando John le cinse i fianchi e l’avvicinò a sé. Fu per questo che Clara si alzò sulle punte e lo incontrò a metà strada sulla via di un bacio. Le loro labbra si unirono ed i loro corpi si strinsero, ignari dei passanti, ignari del vento che sferzava le guance arrossate dal freddo o dei bambini che correvano intorno ridendo. Fu un bacio volutamente lento e senza pretese, con le labbra che si carezzavano con delicatezza in un’alternanza di dominanza e cessione del potere. Clara succhiò il labbro inferiore di John prima di lasciare che fosse poi lui a fare lo stesso con lei. Avvertì la lingua del Dottore premerle contro il labbro, abbandonandosi ad un sospiro profondo mentre dischiudeva la bocca per concedergli un accesso più intimo. E sentì le gambe cederle del tutto quando John la strinse di più a sé per sorreggerla, come se avesse intuito o saputo l'efftto che le stava procurando, accarezzandole la lingua con la sua.

Quando il bacio finì le loro fronti si toccavano ed i nasi si scontravano giocosamente.

Clara sorrise ed aprì gli occhi per guardare il volto dell'uomo che amava. Poi, spegnendo di nuovo il suo sorriso contro le labbra di John, disse:

“Forse nemmeno Edimburgo è così male, come casa…”

“Ovunque, Clara. Purchè ci sia tu accanto a me.” Rispose John, prima di baciarla di nuovo.

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E rieccomi xD

Come dicevo all’inizio, spero che abbiate gradito la lettura di questo primo capitolo.  Non garantisco per aggiornamenti rapidi, ma posso garantire il continuo della storia e che tratterò alcuni momenti omessi nella storia principale. Il fatto è che la notizia dell’addio di Peter Capaldi mi ha messa una nostalgia incredibile  addosso, ho avvertito la mancanza del mio John e della mia Clara e…ed è stato più forte di me, ho dovuto scrivere qualcosa. Questo primo capitolo è stato molto ‘dolcioso’ al limite del diabete, ma non mancherà l’angst nei prossimi capitoli, ci potete scommettere xD E molto probabilmente cambirò anche il rating in futuro, ma cominciamo con un giallo giusto per sicurezza. Spero di poter aggiornare presto col secondo capitolo. Per il momento, cercate di smaltire i troppi zuccheri che vi ho somministrato in questo ;)

Grazie a chiunque abbia avuto la voglia e la pazienza di leggermi. Alla prossima :*

   
 
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