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Autore: Dangerous_Mind    10/02/2017    2 recensioni
"Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c’è un campo.
Ti aspetterò laggiù”.
La meravigliosa storia d'amore fra la Regina Anna e D'Artagnan vista con gli occhi di lei.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: sono sott'esame anche io, quindi perdonate se la frequenza con cui posto si è ridotta. Comunque, giacché questa storia sta occupando molti più capitoli di quanti ne avessi inizialmente previsti, ho deciso di chiuderla per aprirne una nuova. Il tutto, ovviamente, non prima di aver svelato l'assassino ed aver dato un degno finale al tutto! ;D 


 
CAPITOLO DICIOTTESIMO


«Cosa ci facevi lì, eh? Da quanto sei diventato tanto insolente? Trèville ti ha dato un ordine e tu avresti dovuto rispettarlo! Hai mancato di rispetto a lui, ai tuoi compagni e anche a me!» Anna era furente. D’Artagnan non riusciva a ricordare un altro momento in cui l’avesse vista così arrabbiata. Lui, dal canto suo, era arrabbiato almeno quanto lei.

«Hai detto tu dell’omicidio alla Chevreuse? Eh? Sei stata tu, vero? Ti sembra il caso di far filtrare certe informazioni?!»
Erano negli appartamenti di Anna, Brigitte aveva acconsentito a coprirli in virtù di una battuta di caccia a cui il Principe stava partecipando. Ciò, però, non li rendeva immuni da orecchie indiscrete.

«Hai idea di quello che ho dovuto inventarmi per evitarti un processo per insubordinazione, Charles? Eh? Lo sai? Ho dovuto pregare mio marito facendo leva sulle tue decorazioni militari. Gli ho detto che sarebbe stata una gravissima perdita per i Moschettieri se tu fossi stato sollevato dal tuo incarico!!»

«Se tu non avessi sbandierato certe informazioni al primo che passa, ora non saremo in questa situazione, dannazione!! Presto sarai una Regina e raccontare fatti così riservati è da incoscienti!!»
Non avevano mai litigato a quel modo e, nonostante i continui rimproveri di Brigitte, non si preoccuparono neppure di limitare il tono di voce.

«Io incosciente? Dopo quello che hai fatto, hai il coraggio di darmi dell’incosciente? Io conosco la Chevreuse da anni e so di potermi fidare ciecamente!»

«La Chevreuse è una ragazzina viziata! Cos’altro le hai detto? Le hai detto anche di noi? Eh? Glielo hai detto?»
Era davvero troppo ed Anna, seppur avesse l’istinto di tirargli uno schiaffo, pensò che con quel gesto avrebbe solo confermato l’immaturità di cui lui l’accusava. Raggiunse la finestra e fissò lo sguardo su di un punto lontano oltre la distesa di alberi. Con la manica si dovette asciugare gli occhi per ricacciare indietro quelle lacrime che le stavano sostando sulla punta delle palpebre e che minacciavano di rotolare giù.
Rimasero in silenzio mente il ticchettio di una vecchia pendola a muro scandiva lentamente i secondi. Anna non riuscì a pensare a niente. Sapeva di aver sbagliato ma allo stesso tempo la folle perseveranza di D’Artagnan nell’impicciarsi in quella questione la faceva disperare.

«Anna, tu sai bene che in questa storia c’è qualcosa che non quadra.» D’Artagnan finalmente parlò e si mosse. Circumnavigò la stanza e si andò ad accomodare sul bordo del letto di lei. Quella sfuriata era stata necessaria ad entrambi per poter ragionare a mente lucida.
«D’Artagnan, non c’è nulla che quadri in questo castello.» Mormorò lei mentre seguiva con gli occhi il volo di uno stormo di piccioni.
«Vieni qui»
Lei si voltò per guardarlo ma poi scosse il capo.
«Per cortesia, vieni qui.»
Anna alla fine capitolò. Si accomodò accanto a lui e si dispose all’ascolto.
«I vestiti, Anna. Sono i vestiti. Gli abiti della Hautefort sono stati avvelenati. I tessuti sono impregnati di acido cianidrico. Io e Madame de Chevreuse ne abbiamo respirato una dose minima e siamo stati solo intossicati. La Hautefort, indossando il vestito, ne ha assorbita una quantità letale.»
Anna rimase in silenzio mentre la sua mente lavorava freneticamente. Era quasi certa che il rumore degli ingranaggi cerebrali al lavoro fosse udibile anche a D’Artagnan.
«Ma chi…» Mormorò lei con voce debole.
«Tuo marito.»
Anna balzò in piedi palesemente sconvolta.
«Mio marito?»
«I vestiti della Hautefort sono tutti doni di tuo marito.»
Ad Anna quella storia quadrava ancora meno. Mentre l’arma del delitto le pareva assolutamente coerente, l’assassino additato da D’Artagnan per niente.
«Perché avrebbe dovuto farlo? Quando la Hautefort è morta Luigi non era nemmeno alla Reggia. E poi, perché ucciderla? Insomma, avrebbe potuto allontanarla come ha sempre fatto con tutte le amanti che non gli piacevano più.»
Qui D’Artagnan aveva finito gli argomenti. Il movente era oscuro anche a lui. Scosse il capo e si grattò dietro l’orecchio.
«Non lo so.»
Anna gli si accostò di più a lui, che senso aveva continuare a discutere? Negli ultimi dieci minuti aveva attraversato un ventaglio di emozioni tanto grande che ora si sentiva affranta.  Il corpo di lui, accanto al suo, la ristorò un poco. Gli cinse il braccio, intrecciò le dita con le sue e poggiò la tempia alla sua spalla.
«Sei nei guai.»
«Lo so.»
«Trèville vuole la tua testa, Charles.»
«Ho già parlato con Trèville.»
«Ah sì?»
Anna si scostò quel poco che la bastava a poterlo guardare in viso. Il volto cupo di lui non lasciava presagire nulla di buono.
«Vado in missione con i Moschettieri.»
Era complesso descrivere quel vortice di rabbia, frustrazione, tristezza e disperazione. Anna avrebbe voluto urlargli contro ancora una volta, dirgli di nuovo che era stato uno stupito ma a cosa sarebbe servito? D’Artagnan, dal canto suo, avrebbe voluto trovare un momento migliore per dirglielo ma si rese conto che, forse, un momento migliore non ci sarebbe più stato.  


Athos aveva bisogno di dire qualcosa ma, in vero, non riusciva a trovare parole che non fossero banali o ripetitive per esprimere tutta la sua frustrazione.
«Bene.» Fu tutto ciò che riuscì a mormorare prima di frugare sotto la sua branda alla ricerca della sacca da viaggio. «Fantastico.» Aggiunse tutt’altro che felice mentre gettava alla rinfusa alcuni abiti al suo interno.
D’Artagnan si sentiva in colpa perché aveva legato il destino dei suoi compagni al suo gesto sconsiderato. Doveva riflettere di più, doveva sedare quella maledetta impulsività. Sapeva che si sarebbe portato sulla coscienza eventuali morti.
«Suvvia, vedremo un posto nuovo!» Aramis, che a differenza di Athos stava sistemando la sua sacca con ordine maniacale, cercò di ammorbidire l’atmosfera tesa.
«Tu hai capito dove ci mandano?» Rise beffardo Athos che colse l’occasione per dare sfogo alla sua rabbia.
«Signori, non ricominciamo.» Porthos aveva già finito ed aveva depositato il suo bagaglio accanto alla porta. Il viso largo, generalmente sorridente, era terribilmente serio e lasciava trasparire un’ombra di preoccupazione che mise in agitazione anche D’Artagnan.
La sera prima era con Anna, nella sua camera. Avevano discusso, avevano fatto pace, avevano fatto l’amore e poi avevano discusso ancora. Lei non l’aveva presa bene e lui, nel caldo tepore dell’intimità, aveva pensato che Treville non avrebbe potuto scegliere punizione peggiore. Il ventre pallido e ancora piatto che aveva stretto e baciato per tutta la notte era destinato a crescere e ad ospitare quel miracolo della vita a cui lui, forse, non avrebbe potuto assistere. Strinse la cinta in cuoio del suo fucile con tanta forza da sbiancarsi le nocche. Maledizione.


Anna continuava a scuotere la testa mentre guardava, senza vederlo realmente, il corpo pallido ed esanime della Chevreuse. Avrebbe perso un’amica e l’amore della sua vita in un giorno solo? Non era possibile. Perché stava succedendo proprio a lei? Perché così in fretta? Ancora una volta percepì un’ondata di rabbia verso D’Artagnan. La sfuriata della sera prima non era stata sufficiente. Aveva pianto anche mentre facevano l’amore, aveva desiderato con tutte le sue forze rimanere in quel letto al caldo ed al sicuro. Ripensò alla serata danzante di appena tre giorni prima: sapeva che la spensieratezza sarebbe stata tristemente fugace.
«A...A-nna…»
La principessa riemerse dai pensieri per accorgersi che Madame de Chevreuse aveva aperto leggermente gli occhi. 
«A-Anna» ripeté lei a fior di labbra, con un sibilo appena percettibile.
«Marie, amica mia, come ti senti?» Anna, che si sentì dilaniata da quella scena tanto pietosa, si accomodò sul lato del letto e le prese una mano. Avrebbe fatto in modo che ricevesse le migliori cure possibili.
«Prendi» Sussurrò la Chevreuse e Anna, che s’aspettava tutt’altra risposta, rimase perplessa.
«Marie, cosa?»
«Prendi.»

Prendere cosa? Che stava dicendo la Chevreuse? Anna si guardò attorno, forse voleva che le prendesse dell’acqua o magari voleva una coperta. Poi capì. Nella mano che Anna le stava stringendo, la Chevreuse aveva qualcosa. Sentì le mani di lei allentare la presa e lasciar scivolare una pezzo di pergamena accartocciato.
  
«Maestà?»
Anna fu come attraversata da una scossa di corrente quando un paggio fece capolino nella sala medica. Strinse la pallino di carta nel pugno che, intanto, aveva iniziato a sudarle. Quella situazione la rendeva nervosa perché quel pezzo di carta avrebbe potuto contenere qualunque cosa.
«Sì? Cosa c’è?»
«Un moschettiere, maestà. E’ qui fuori e vorrebbe entrare.»
«Bene, che entri.»

Cosa voleva D’Artagnan adesso? Cosa c’era ancora? Si erano detti addio la sera prima ed avevano convenuto che sarebbe stato meglio evitare altri adii. Perché doveva rendere le cose sempre così difficili? Poi aveva anche il coraggio di dire che era lei quella emotiva. Si mise in piedi, lasciò scivolare il pezzo di carta in uno dei taschini segreti del suo abito e si voltò verso alla porta.
«A-Athos?»
  
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