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Autore: thewise    10/02/2017    8 recensioni
Ahsoka Tano è una giovane togruta di diciott'anni, è lontana dal suo pianeta d'origine, lontana da quella che ha sempre considerato la sua famiglia, lontano da tutti e lontana da tutto. La guerra giunge al termine ed ogni cosa sembra apparentemente riprendere il suo corso, anche se non nel modo sperato: la Repubblica cade, sorge l'Impero. Ahsoka Tano è lontana, non sa più chi è, chi è stata e cosa diventerà. Ma c'è una cosa di cui Ahsoka è certa, una cosa che sicuramente sa di non essere: un Jedi.
( INCOMPLETA )
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ahsoka Tano, Anakin Skywalker/Darth Vader, Nuovo personaggio, Obi-Wan Kenobi, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 01.

Ashla

 
" you're reckless, little one.
You never would have made it as Obi-Wan's Padawan.
But you might make it as mine. "
 
 
Le erano sempre piaciute le sfide.
C'era qualcosa di profondamente intrigante, attraente ed irresistibile legato all'immaginario guanto gettato a terra, al rischio, al brivido dell'azione, l'adrenalina dell'ignoto. Era una sensazione amabile a cui difficilmente Ahsoka aveva saputo voltare le spalle, forse mai. Si era mai ritratta? Aveva mai fatto un passo indietro?
. Di passi ne aveva fatti molti, anche se non aveva considerato quell'allontanamento come una fuga di fronte al pericolo. Non aveva rifiutato uno scontro o una sfida, tutt’altro: la vera sfida era stata continuare a camminare, un passo dopo l'altro, reprimendo a stento la tentazione di volgersi verso gli occhi affranti del suo Maestro. La sfida era andare avanti senza di lui.
La parete rocciosa che ora fronteggiava però non era da meno. Ahsoka era un puntino colorato ai piedi di quell'ostacolo, osservava dal basso l'imponenza del monte, figurando le eventuali modalità di scalata. Perché non sarebbe di certo tornata sui suoi passi, non avrebbe perduto altro tempo prezioso per trovare una strada alternativa quando poteva benissimo attingere alle sue doti naturali.
Con un cenno di convinzione, tese le mani contro la superficie ruvida.
« La pazienza non è mai stata la tua virtù, furbetta. »
Le dita affusolate sfiorarono l'ammasso roccioso dalle sfumature rosee per un istante, prima d'essere ritratte. La voce irruppe nel silenzio della sua concentrazione come un monito abituale, inaspettato al punto da far sobbalzare Ahsoka ma non così tanto da dover alzare la guardia. Non le avrebbe mai fatto del male, dopotutto, e ora che si trovava lontano anni luce meno che mai.
« So perfettamente cosa devo fare », rispose senza distogliere lo sguardo dalla cima, non riuscendo ad impedirsi di lasciar andare un sospiro.
« Potresti rientrare nella foresta e trovare un'altra via. »
« Non c'è un'altra via. »
« C'è sempre un'altra via. Dovresti saperlo meglio di chiunque altro. »
Ahsoka alzò una mano per liquidare le parole con un cenno, senza ancora osare voltarsi. Perché avrebbe dovuto, in fondo? Anakin Skywalker non era al suo fianco con la tipica aria saggia e velata da un'ombra di presunzione, non era alle sue spalle per difenderla, non poteva vederla, non poteva sentirla, non poteva fare niente. Volgersi avrebbe solamente reso la sua assenza più reale e Ahsoka non era pronta ad affrontare questa consapevolezza, non era pronta ad alleggerire la presa che sempre avrebbe avuto sul suo cuore. Non poteva lasciarlo andare di nuovo.
« Ahsoka... »
La mano destra della togruta si mosse per prima, seguita dalla sinistra con uno slancio notevole. Ahsoka era sempre stata piuttosto agile e aveva avuto modo di dimostrarlo in svariate occasioni. La terra prese presto la giusta distanza, puntando i piedi e sfruttando il duro allenamento impresso a fuoco come un marchio.
Era leggera, appesa alla roccia, sospesa come se ogni peso fisico e mentale si fosse all'improvviso dissolto. La fatica si allontanò rapidamente da lei, mentre si avvicinava la sensazione d'aver raggiunto la vetta. Non era ancora sfumato il rischio della caduta, un passo falso o la minima esitazione sarebbero potuti essere fatali a quell'altezza. Essere faccia a faccia con il pericolo accese Ahsoka, la spinse verso l'alto come solitamente avrebbe fatto la Forza.
Era passato molto tempo dall'ultima volta in cui aveva chiuso gli occhi, esplorato gli angoli della sua mente, accarezzato il legame che la univa con la Forza. Vagamente ricordava quel momento, perché fino ad allora non aveva immaginato di dover sopravvivere lontana dall'Ordine, lontana dai Jedi. La Forza scorreva in lei, Ahsoka riusciva ancora a percepirla, immersa nella totale solitudine della sua scelta. Sentiva voci nate dalla sua coscienza più intima e recondita, parole che non le appartenevano ma che prendevano sempre la stessa sembianza: il suo Maestro.
Un ultimo sforzo.
Il braccio destro si levò ancora, più forte che mai, e la mano si serrò sulla superficie spigolosa. Era arrivata sulla cima, avrebbe potuto vederlo con i propri occhi se solo avesse rivolto lo sguardo verso il basso, dietro di sé. Ma Ahsoka aveva lottato troppo assiduamente contro la tentazione di guardare il proprio passato per cedervi lì, ad un'altezza esorbitante, nella tipica situazione intermedia tra il sopra e il sotto, sì o no, vivere o morire, salire o cadere.
Salì, puntando le braccia e le ginocchia. Un vento gelido la colpì in pieno volto, minacciò di far scivolare il mantello già sporco e logoro dalle lunghe traversate. Aveva perso il conto delle lune, dei giorni, del tempo. Era lontana da ogni cosa avesse mai considerato indispensabile, sola in un pianeta sconosciuto e coperto da una foresta infinita.
« Bè, ce l'hai fatta. »
« Non dovresti esserne sorpreso », disse con noncuranza, muovendo i primi passi lungo il pendio.
 La vista era messa a dura prova dalla nebbia levata, densa e sostanziosa come un'enorme nuvola di fumo bianco. Sovrastava l'intero paesaggio, verde e naturale, davvero insolito rispetto al futuristico Coruscant, quasi una liberazione in effetti.
« Allora è quello il villaggio », riprese Ahsoka con un filo di voce, assorta.
Lo zaino alle sue spalle era notevolmente alleggerito rispetto alla partenza, in cuor suo era vitale che quella macchia in mezzo al verde cangiante fosse un posto sicuro ed abitato. Poteva resistere per giorni senza fermarsi, ma senza scorte d'acqua e cibo il suo viaggio si sarebbe ridotto ad una prospettiva poco appetibile. Non osava neppure immaginare i rimproveri di Anakin, a quel punto, e questo era un altro motivo di più per impedire che ciò avvenisse – senza tenere conto delle temperature terribilmente ridotte della notte.
« Quel lato sembra stabile per scendere. Io vado. »
Ahsoka si diresse verso un punto favorevole, chinandosi a sondare la roccia con una mano. Dall’alto, l’occhio si spinse involontariamente oltre il limite del pendio e aprì la visuale completa del rischio che a breve si sarebbe accollata per scendere, lo stesso di cui non si era molto preoccupata salendo.
Era stata un’incosciente, lo ammise in un angolo molto silenzioso e profondo di sé, ma solo per un attimo. Determinata a raggiungere il villaggio prima del calar della luce, Ahsoka si calò lungo la parete, ignorando qualunque altra opposizione la sua mente tentasse di creare.
 
 
" if you have trained her well,
she shall take care of herself. "
 
 
Il vento smise di spirare appena Ahsoka toccò di nuovo terra. 
Quel pianeta era strano. Per quello che aveva potuto vedere e attraversare fino ad allora era certa che si trattasse per gran parte di folte foreste, ambienti selvaggi, vegetazione fitta e clima piuttosto rigido. Le giornate erano calde, afose, nonostante ogni centimetro di suolo fosse illuminato da una tetra luce grigia; le sere e le notti erano, per contro, gelide ed insostenibili. Rimanere all'esterno durante le ore più buie significava sfidare duramente il destino e la natura stessa, con il rischio di non poter aprire le palpebre per vedere il giorno seguente.
Ahsoka si affrettava tra gli alberi e i cespugli, alcuni spogli e altri di un verde sgargiante. Non poteva permettersi di perdere secondi e minuti preziosi, doveva raggiungere il villaggio nel minor tempo possibile. E così procedeva da settimane, da punto a punto, di città in città, accampamenti e villaggi dispersi in tutto il territorio.
Iniziò a sentire il conto alla rovescia quando il mantello divenne inutile e l'aria fredda filtrò il tessuto fine dell’abito, la pelle, le ossa. I movimenti divennero più difficoltosi, le dita s'intorpidirono, si scontravano duramente contro i ramoscelli secchi e pendenti degli arbusti.
Ahsoka proseguiva imperterrita, imponendo alla propria mente di accantonare il dolore, il sentore dei graffi, della stanchezza. Poteva farlo, lo sapeva, esattamente come aveva scalato la parete a dispetto della soluzione più razionale.
E poi si fermò. Creò un varco attraverso la vegetazione, dal quale poté vedere chiaramente le prime dimore improvvisate e costruite in legno del villaggio. Tutto sembrava tranquillo, se non per la fretta che gli abitanti si premuravano di avere nel recarsi all’interno delle casupole, la stessa che si era ritrovata a dover gestire Ahsoka. Il tempo si era trasformato in un’entità completamente estranea, la sua percezione era mutata e anche se appariva indistinto, arrivava comunque un momento in cui il suo scorrere diventava vitale. Ignorarlo sarebbe stato uno sbaglio, aveva dovuto far fronte anche a questo.
Lasciò alle spalle il bosco, lo squarcio aperto, incamminandosi con andatura moderata verso il sentiero sterrato principale, dal quale si diramavano abitazioni, locande, costruzioni rurali, prive di qualunque tipo di tecnologia. Le persone intrattenevano una vita semplice, principalmente dedita alla sopravvivenza e in apparenza del tutto distante dal conflitto infausto tra Repubblica e Separatisti. Era stata una sorpresa quasi piacevole per Ahsoka, una boccata d’ossigeno puro, un’onda inaspettata d’esterna tranquillità, necessaria a domare il suo caos interiore.
Superato il sentiero, Ahsoka entrò in quella che aveva tutta l’aria di essere una locanda – il posto in cui entravano ed uscivano più persone. Al riparo dal freddo, la giovane si comportò come se la sua fosse una normale traversata, mantenne un profilo basso, lanciando tuttavia occhiate guardinghe allo spazio e alle presenze circostanti.
Mai abbassare la guardia, si ripeté. Mai abbassare la guardia, soprattutto se in un posto non deserto. Scambiò uno dei suoi bracciali con un pasto e un riparo per la notte, esaminando l’interno poco illuminato e abbastanza chiassoso. Non fu difficile passare inosservata, mischiarsi agli altri, trovare un tavolo in disparte e rifocillarsi.
Ad ogni boccone, Ahsoka ingoiava anche la consapevolezza di aver sempre meno effetti personali con sé da barattare e, ben presto, avrebbe dovuto usare molto più che l’ingegno per trovare di che vivere. Almeno finché non avesse trovato un posto in cui fermarsi.
L’esistenza solitaria era un buon modo per guarire, una tecnica efficace per distogliere la continua concentrazione verso ricordi amari e dolorosi, ricordi da superare, da cancellare e coprire con dei nuovi. Quello che non aveva però calcolato, era la difficoltà sempre maggiore nell’accollarsi da sola ogni tipo di responsabilità, fatto curioso visto che Ahsoka non ne aveva più nessuna. Era la responsabilità verso la sua stessa persona, il grande dilemma da risolvere. Chi era Ahsoka Tano? Chi era stata? Chi sarebbe diventata?
Bè, al momento Ahsoka Tano era una giovane nomade di diciott’anni, una togruta lontana dal suo pianeta, dalla sua gente e dal suo passato. Era alla ricerca di un futuro, ma forse e in maggior ragione anche di un presente: piena di certezze, d’un tratto era precipitata in un baratro oscuro e senza fine, che l’aveva spogliata persino della sua identità. Tutto ciò in cui aveva creduto fino ad allora era svanito, distrutto, andato in mille pezzi. Stava a lei raccoglierli, uno ad uno, e rimetterli insieme.
« Notevole, furbetta. Ma è questo ciò che vuoi fare? Spostarti ogni giorno, scappare, vivere come una reietta finché non avrai percorso ogni centimetro del suolo di questo pianeta? »
Ahsoka sospirò, portando alle labbra l’ennesimo pezzetto di pane secco. Il colore era discutibile, ma non era proprio in vena di obiettare: aveva fame, sete, era stanca e cercava di non dare a vedere il suo status di osservatrice.
« Non puoi rimanere qui per sempre. »
Si spostò lungo la panca in legno, trascinando con sé prima il piatto e poi anche il bicchiere. Lo zaino era ben saldo sulle spalle e, quando se ne rese conto, Ahsoka lo sganciò per sistemarlo lì accanto. Ignorò la voce per quanto possibile, nonostante non riuscisse proprio ad impedirsi di sbuffare. Fortunatamente il posto rumoroso rendeva la sua presenza poco interessante e anzi, talvolta la sua attenzione veniva rapita da gruppi moderati alternati a uomini più vivaci.
Due di loro erano abbigliati da cacciatori, o così suppose Ahsoka. Si alzarono rumorosamente per raggiungere quattro giovani seduti ad un tavolo buio in un angolo, che non parvero granché entusiasti della venuta.
La togruta osservava con la coda dell’occhio, terminando la sua porzione e studiando il resto della locanda. Non riusciva a farne a meno, a frenare l’istinto di avere ogni dettaglio sotto controllo, così da potersi aspettare qualunque tipo d’imprevisto e una sua reazione tempestiva. Anche se poi, lo sapeva, era l’impulsività a prevalere e il rituale di esamina era retrocesso ad un’abitudine vana.
Una sedia cadde, provocando un gran frastuono. Ahsoka non sobbalzò, ma le iridi blu saettarono in direzione del rumore improvviso. Vide uno dei ragazzi alzarsi in piedi con uno scatto, fronteggiare i cacciatori, più tranquilli che mai.
« Non ci facciamo calpestare dalla feccia come voi! », distinse tra il brusio generale e le esclamazioni.
Uno dei presunti cacciatori ribatté qualcosa d’incomprensibile, Ahsoka dovette reprimere l’istinto primordiale di scattare e impedire che la situazione degenerasse. Chiuse le mani a pugno, le occupò rovistando nello zaino per fare mente locale di ciò che le era rimasto.
« Che vuoi fare, ragazzino? Ora che non c’è paparino a difenderti io e il mio amico vogliamo solo divertirci un po’… »
« Non avrete più niente da noi! »
Ahsoka contò un mantello ripiegato di riserva, che avrebbe utilizzato prima del previsto date le condizioni di quello attuale; una casacca in pelle scura troppo grande, unico legame concreto rimasto con il Tempio e i Jedi; un comunicatore modificato, disattivato dal giorno del suo arrivo in quel pianeta; due bracciali, polsini di riserva, la sua cintura di Shili, due spade laser, pezzi di cibo avanzati.  
« Gli accordi non erano questi, ragazzino. Riferisci a quel coniglio in fuga che Carter Neely aspetta la sua parte e se non l’avrà entro, diciamo, le prossime ventiquattr’ore, si prenderà un pezzo del suo adorato figliolo. »
Le iridi blu vennero attratte dalla discussione nascente, sulla figura minacciosa del cacciatore e del giovane che si ostinava a mostrarsi forte, nonostante le risa e gli atteggiamenti denigratori degli uomini.
Osservò qualche attimo, notò la rabbia riversarsi dal ragazzo, concretizzarsi in una spinta impulsiva e azzardata, che gli avrebbe procurato di sicuro qualche guaio. Perché l’aveva fatto?, si rammaricò Ahsoka, sospirando infastidita. Perché? Non aveva possibilità alcuna, se non quella di far finire quella brutta storia in modo ancor più brutto. Perché aveva agito comunque?
Tornò a concentrarsi sul tavolo, sul piatto e sul bicchiere. Era come aver avuto uno scorcio di se stessa durante gli anni passati a combattere la guerra interminabile – solo pochi mesi addietro, dopotutto, no? Eppure quella visione così sentita faceva sembrare il suo desiderio di lotta distante, come se appartenesse a qualcun altro, ad una persona diversa, non a lei. Non riconosceva più la sua impulsività immatura? O forse ne aveva finalmente compreso la natura, venendo a capo dei nodi dolorosi del conflitto e delle loro conseguenze.
« Credevo di averti insegnato meglio di così. »
Ahsoka poggiò il gomito alla superficie del tavolo, resse il mento sulla mano. S’impose di non muoversi, di non mandare all’aria la sua “copertura”, la sua invisibilità. Doveva mantenere un profilo basso, stare alla larga da incidenti e comportarsi come uno spettro: osservare era l’unico privilegio o condanna consentito.
« Sei morto, ragazzino! »
« Quindi è questo il motivo per cui mi hai lasciato? »
« Smettila… », sussurrò Ahsoka a denti stretti, la mano scivolata nervosamente sul collo.
« Rimanere in disparte, guardare chi è in difficoltà e voltargli le spalle? »
Il respiro iniziò a mancarle, a diventare affannoso. Aveva bisogno d’aria, di silenzio, di scacciare quella voce continua. Si sentì avvampare, bruciare la pelle di un’implosione bollente, innescata da una scintilla pressoché innocua. « Esci dalla mia testa… »
« È quello che hai fatto anche a me. »
« ORA BASTA! », gridò Ahsoka, balzando in piedi impetuosamente.
La locanda calò nel silenzio, tutti gli sguardi ( per quanto vacui fossero alcuni ) si volsero in direzione della piccola viandante. Il giovane era a terra, sovrastato dall’alto Carter Neely, e Ahsoka dovette prendere prima un paio di boccate d’aria per accorgersi dell’evoluzione della situazione.
Incrociò gli occhi fulminei dell’uomo subito dopo, mentre l’atmosfera in bilico era tornata ad essere quasi del tutto normale: ognuno chiacchierava, si dedicava ai propri affari, ignorava le questioni da tempo irrisolte tra Neely e il ragazzo ai suoi piedi – e a ragione tutti sapevano ch’era di gran lunga meglio volgere lo sguardo e abbassare il capo, piuttosto che subirne le conseguenze. Neely di rado lasciava qualcosa al caso e apprezzava particolarmente le azioni risolutive.
« E tu chi dovresti essere? », iniziò con uno sorriso sghembo, accompagnato dalle risate soffuse del suo compagno. Superò il ragazzo a terra con un passo marcato, divertito dagli ulteriori nuovi sviluppi. « Il vecchio Drake non avrà assoldato una bambina come galoppino, spero. Lo facevo meno disperato di così… »
« Lasciala stare, Neely! »
« Con te me la vedo dopo, moccioso. »
Ahsoka era immobile, le mani appoggiate al tavolo, la mente che sgusciava da una via all’altra delle possibili eventualità. Stare ferma: possibile ma improbabile, dato l’avvicinarsi minaccioso di quell’uomo; fuggire e svanire come un fulmine fuori dalla locanda, apprezzabile ma… da scartare, poiché avrebbe tolto la sicurezza di passare la notte al riparo dal freddo; scattare e dar libero sfogo ai suoi impulsi primari, mandando all’aria l’impegno nel costruire un profilo basso che le avrebbe permesso di aggirarsi indisturbata nel pianeta.
“Cosa vuoi fare?”, si chiese mentalmente. “Cosa fai?”
Il ragazzo era di nuovo in piedi, aiutato da un paio di altri giovani del gruppetto, che sembravano però molto più spaventati di lui. Ahsoka aveva notato a prima vista il coraggio sgorgare dai suoi occhi senza paura, anche se forse avrebbe dovuto averne: il timore gli avrebbe impedito di compiere azioni sciocche, controproducenti. Ma chi era Ahsoka Tano per biasimarlo? In fondo, era uguale a lei. Sotto quel velo d’improvvisata prudenza, si nascondeva la ragazzina avventata e incosciente.
« Qual è il tuo nome, mh? »
Ahsoka non rispose, resse lo sguardo, per nulla intimorita.
« Lo sai, non mi piacciono gli imprevisti che non posso risolvere. Voglio sapere chi sei, per quale motivo sei qui e se hai intenzione d’intrometterti nei miei affari – in tal caso, non potremmo essere amici. »
Carter Neely procedette con un ghigno stampato sul volto segnato da chissà quali storie alle spalle, al contempo infastidito dalla presenza di Ahsoka. Come disse e ripeteva sempre, detestava le sorprese, faceva il possibile per eliminarle alla svelta.
« Senti, tu… » Colmò a grandi falcate la poca distanza rimasta, avventandosi con un braccio nel tentativo di afferrare Ahsoka nello stesso modo in cui aveva reagito alla spinta del ragazzo. Le sue intenzioni, però, ebbero una conclusione molto differente e decisamente imprevista secondo i suoi gusti.
Non appena fu sicuro di avere la meglio sulla straniera e riuscì a toccarla, l’istinto di Ahsoka prevalse su quel mero attimo di razionalità. La togruta diede un forte strattone alla sua presa, colpendolo con la mano libera nei punti strategici che gli avrebbero impedito di recuperare le forze e il fiato: stomaco e base del collo.
In pochi secondi, Carter Neely si ritrovò faccia a faccia con il tavolo, sul quale Ahsoka lo teneva bloccato. Il suo respiro era affannoso, gli occhi blu sgranati e alla ricerca di una via di fuga appetibile. La locanda non era caduta nel silenzio, ma molti abitanti del villaggio la stavano ora osservando, attirati ancor di più dal compagno del cacciatore.
« Ehi! », gridò, partendo alla carica di una corsa che fu miseramente breve.
Ahsoka lasciò Neely, stordito contro la superficie, e atterrò il secondo uomo con un solo colpo. A quel punto il suo profilo basso era evaporato, distrutto dalle sue stesse mani, da una sua scelta. Che tipo di persona voleva essere?
Si guardò attorno più volte, lievemente spaventata sul da farsi. Carter Neely cercava di reggersi al tavolo, di accumulare energia per potersi almeno rimettere in piedi e non sfuggì alla vista di Ahsoka. Aveva già puntato in sua direzione, infatti, quando qualcosa – o qualcuno – la trattenne per il polso.
« Vieni con me! », esclamò il ragazzo che, Ahsoka riconobbe, era quello finito a terra.
Gli altri si erano già dileguati, approfittando del momento di confusione e spaesamento della locanda. Non era una scena che si vedeva tutti i giorni e avrebbe dato argomento di conversazione per i giorni a venire.
Ahsoka era disorientata quanto gli spettatori, si ritrovò sotto la luce grigia e sempre più cupa dell’esterno, schiaffeggiata dalla brezza gelida, senza capire come. Il suo polso mingherlino era trascinato con forza e vi oppose resistenza quando si rese conto di aver lasciato lo zaino sulla panca. Proprio accanto ai due cacciatori.
« Fermo! »
« Dobbiamo andare! »
« Non posso! », Ahsoka sfilò il braccio dalla presa senza difficoltà. Non si mise sulla difensiva, non ne sentiva la necessità: vedeva in quel ragazzo un’affinità conosciuta, qualcosa che lo rendeva innocuo ai suoi occhi e di certo non un pericolo. « Ho lasciato tutti i miei effetti là dentro! »
« Non c’è tempo, dobbiamo andarcene prima che rinvengano! Con il calar della notte siamo al sicuro, ma qui… »
« Devo tornare là dentro. Non posso andarmene senza! »
Il ragazzo sembrò cedere, non ribatté. Comparve un accenno d’incomprensione sul suo volto, la tipica sensazione di chi non era abituato a sentirsi legato agli oggetti materiali perché impegnato ad impiegare il proprio tempo a sopravvivere. « Come ti chiami? », chiese in fine, semplicemente.
“Ahsoka. Ahsoka Tano. ”
« Sono Ashla. »


 
Angolo dell’autrice.
Salve a tutti! Innanzitutto, se siete arrivati fin qui, vi ringrazio infinitamente. ♡
Premetto che questa è la primissima volta in cui mi cimento in un esperimento simile, su questa saga bella e complicata, quindi ehm – siate comprensivi?
Dopo aver guardato Clone Wars e Star Wars Rebels mi sono chiesta spesso cosa sia accaduto ad Ahsoka in quest’arco di tempo notevole. So che negli Stati Uniti è finalmente uscito il libro su di lei, che qui in Italia è ancora off limits, ma ho comunque deciso di mettere nero su bianco ( o su schermo… ) i millemila film mentali partiti in tutte le direzioni riguardo al cambiamento di Ahsoka.
Inutile dire che faccia parte della schiera dei personaggi che preferisco, forse al primo posto, e in questa FF vorrei focalizzarmi proprio sulla sua figura a trecentosessanta gradi durante questi anni di ‘ vuoto ‘: i pensieri, le reazioni, le emozioni, le azioni e il modo in cui maturano nel tempo e col succedere di certi avvenimenti. Ovviamente cercherò di sviluppare accanto a lei tutte le personalità che incrociano la sua strada e che, in qualche modo, contribuiranno a plasmare la donna forte che ci viene mostrata in Star Wars Rebels. E non mancheranno i flashbacks, sia tratti dalla serie che aggiunti, per completare il quadro generale.
Sarà una sorta di viaggio, che parte da Ahsoka, attraversa Ashla e si conclude con Fulcrum. Non mi dilungo riguardo a questo inizio, lascio un pò di suspense (?) nel caso in cui siano emersi dubbi, che verranno sicuramente fugati un pò alla volta. 
 
Bene, ora che vi ho annoiati a dovere con tuuuutta questa infinita spiegazione – spero non siate scappati a gambe levate – giuro solennemente di avere buone intenzioni e di fissare volta per volta la data di pubblicazione del capitolo successivo. A questo proposito, il secondo capitolo verrà postato giovedì 16 febbraio.
Nel frattempo vi lascio un piccolo estratto… che spero stuzzichi la vostra curiosità. Buona lettura!


 
Estratto: capitolo 02.
No family, no home, no one
 
« Perché lo stai facendo? », domandò Ahsoka, dopo aver aspettato l’attimo sufficiente ad osservare il fagottino di cibo ora tra le sue mani.
Quando rialzò lo sguardo incrociò inevitabilmente quello di Drake. L’ombra di sospetto era svanita, scomparsa all’improvviso, come d’un tratto… soppiantata con fermezza da un altro genere di sentimento, molto simile all’apprensione ma ad essa complementare. Era, per certi versi, un punto di svolta e un punto d’unione, quasi l’uomo fosse giunto all’ovvia conclusione del misterioso dilemma in anticipo. E riuscisse a comprenderlo.
« È la cosa giusta da fare », rispose con un accenno di sorriso, un angolo delle labbra sollevato. « E poi c’è qualcosa in te, qualcosa di familiare nel tuo sguardo. »
Ahsoka assottigliò la vista. « Qualcosa di familiare? »
« Mh-mh », annuì lievemente Drake, facendo comparire una smorfia. « È lo stesso sguardo che avevo anch’io un po’ di tempo fa, quando ho deciso di mettere da parte il passato per occuparmi di mio figlio e assicurarmi che avesse un padre a prendersi cura di lui. »



 
   
 
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