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Autore: 5AM_    11/02/2017    4 recensioni
Chiara è una studentessa universitaria alle prese con un nuovo mondo e una vita totalmente diversa da quella precedente, che sarà sconvolta ulteriormente dall'incontro con una persona che presto diventerà il centro dei suoi pensieri. Ha una grande passione: la musica, che sarà il sottofondo di tutta la storia.
Buona lettura.
"Non sento nulla se non brividi. Brividi. Più le note si espandono più i miei occhi si incatenano ai i suoi"
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Scusami- dice di colpo lei dopo attimi di infinito silenzio.
La guardo ancora senza parole.
Le sue scarpe scure sono fissate allo zerbino di casa mia, i suoi capelli sono raccolti in modo distratto e poco curato. Indossa dei vestiti qualunque. Le sue iridi sono scure, di un verde profondissimo e intenso. Il suo viso è in tensione, le sue mani scorrono nervose sul tessuto della sua maglietta e lo toccano ripetutamente.
Non so cosa dire. Non so se aspetta il mio perdono, ma non so neanche se lei lo meriti, non so cosa pensa e perché mi ha lasciato due settimane in un vuoto buio, in un limbo circondato da nebbia. Una parte di me è arrabbiata, è talmente arrabbiata che vorrebbe chiuderle la porta in faccia. L’altra è felice della sua presenza, forse perché pensava che non avrebbe mai più rivisto quella chioma rossa. Vederla qua, davanti alla porta del mio appartamento è, in parte, un sollievo.
Ora però, non so a che parte dare retta. In fondo, tutte e due le parti hanno ragione. Mi aveva trattato male ed è giusto arrabbiarmi per questo. Però non so per quali motivi mi ha lasciato lì, come una statua di marmo, senza spiegazioni, due settimane fa.
Probabilmente la scelta più saggia e corretta è lasciarla parlare, magari mi spiegherà cosa è successo, cosa pensa e cosa… vuole fare.
-Entra- le dico cercando di essere più fredda e distaccata possibile.
Silenziosamente si pulisce le scarpe con rispetto sullo zerbino ed entra in casa.
Mi siedo sul divano e lei mi segue.
Prende un grosso respiro ma io la blocco appena in tempo.
-Prima che tu cominci a dire qualsiasi cosa, vorrei solo farti notare una cosa. Se sono qua, ad ascoltarti gentilmente, è perché per qualche strano motivo, che neanche io conosco, ci tengo. Ci tengo a sapere cosa hai da dire, anche se magari saranno parole che avrei proferito non sapere. Quindi, ricordati e tieni a mente, che sei fortunata. Non l’avrei fatto… eppure lo sto facendo- dico cercando di farle comprendere nel modo più semplice e chiaro possibile, il mio punto di vista. Non voglio pensi che io sia una persona che non se la prende, che non riconoscere gli sbagli degli altri e che sorpassa ogni tipo di torto.
No.
Non sono quel tipo di persona ormai da molto tempo. Di torti ne ho subiti anche troppi e ho finito di vivere la mia vita per gli altri. L’avevo promesso a me stessa e non voglio rompere questo giuramento per nulla al mondo.
-Io… Chiara, davvero grazie. So che nella tua posizione, io stessa, non mi ascolterei, quindi ti ringrazio per la tua pazienza- dice. Si mette una mano sulla fronte spostando qualche ciuffo ribelle che ricade su di essa.
-Non so come e dove cominciare… io ti chiedo scusa. Non dovevo baciarti quella sera, non dovevo superare un confine che neanche avevamo stabilito e soprattutto non dovevo scappare senza darti una spiegazione. Lo so, anche le due settimane di silenzio sono state un errore enorme, lo so. Eppure, credimi, non ho fatto niente di tutto questo per cattiveria, non l’ho fatto per darti fastidio, l’ho fatto perché avevo paura- dice ad un tratto. Prende un respiro e continua. -Ho paura ancora adesso, mentre sono qua a cercare di spiegarti che grandi casini sono la mia testa e la mia vita. Un caos enorme! Ho paura perché tu mi fai paura. Devi sapere che all’inizio di questo lungo tour che ufficialmente è partito un anno fa, ma in realtà molto prima, io ero completa. Avevo una persona al mio fianco per cui avrei fatto qualsiasi cosa. Lei era, al pari con la musica, la parte più importante della mia vita. Era qualcosa di vitale ed essenziale. Però in tutte le storie c’è sempre un “ma” il ma è proprio la parte “al pari con la musica”. Mettere qualcuno sullo stesso livello del tuo lavoro, della tua passione, della tua musica… è uno sbaglio. Uno sbaglio perché solo tu potrai capire quanto è importante il fatto che siano sullo stesso livello, l’ultimo di una lunga scalinata. Lei non lo capiva. Anzi, subito apprezzava questa parte della mia vita. Ma presto la musica è diventata un problema. Quando tornavo a casa tardi, quando ero rinchiusa giorni e giorni dentro la sala prova per preparare il tour, quando stavo ore al telefono per sciogliere le tensioni tra i membri, quando a tavola parlavo di Marco e delle sue scenate e non le chiedevo come stava. Ma la cosa più grave era la mia involontaria assenza: mancavo alle cene tra noi e i suoi amici, davo buca ai suoi genitori, non la accompagnavo alle visite e mi dimenticavo degli impegni. Puoi pensare che tutto questo non sia possibile visto che non siamo i Green Day, eppure forse proprio per quel motivo, perché eravamo ancora agli inizi, stavamo gestendo il nostro “boom” tutti da soli. Questo comportava stress, attenzioni ulteriori alla band. L’ho trascurata è vero e non ho scuse, però lei probabilmente non ha mai cercato di capire la situazione. Durante il tour cercavo di chiamarla, di tenermi in contatto in qualsiasi momento e per il più tempo possibile. Sebbene ci furono questi sforzi, non riuscimmo ad andare avanti. Mi disse che non ce la faceva più e io, lontana da casa ed impotente, accettai. Per questo Chiara, sono scappata non appena ho realizzato cosa avevo fatto. Ho avuto paura… ho paura. Ho paura che tutto questo possa riaccadere, ho paura che tu non possa accettare il mio stile di vita, ho paura di aver rovinato l’amicizia che stava nascendo- sbuffa sonoramente. I suoi occhi verdi sono lucidi, vagano nel vuoto alla ricerca delle parole giuste. Le sue dita tormentano le sue labbra screpolate. -Ho paura perché mi confondi. Mi incuriosisci, mi affascini e sento di avere una certa affinità. Ma comunque, anche se quest’affinità mi dice che tu puoi capire ciò che è la mia vita, non riesco a togliermi questo tremolio alla mia anima. Non riesco a farla smettere di tremare per la paura-
I suoi occhi di colpo mi puntano. Gridano una richiesta di aiuto, aspettano disperati una mia sentenza.
-Sara… ti ringrazio per avermi detto tutto questo- esordisco. -Sai sono arrabbiata con te. Non penso che nessuna persona si meriti di essere piantata senza una spiegazione e di rimanere in attesa di un contatto per due settimane. Ma se c’è una cosa che ho imparato è che quando ti arrabbi è perché, in fondo, nel tuo cuore sai che il motivo per cui ti sei arrabbiato è davvero poco importante rispetto al resto. Se fosse stato davvero così importante mi sarei sentita ferita e delusa, non di certo solo arrabbiata. Non fraintendere, non sto dicendo che tu sia poco importante, anzi il contrario. Tu sei importante, ma non lo è il fatto che tu sia scappata. Nel senso… posso perdonarlo, soprattutto ora che sei venuta qua e hai spiegato perché lo hai fatto. Mi spiace per la tua paura, mi spiace davvero- dico mettendole una mano sulla spalla. -Vorrei poterti dire qualcosa di rassicurante, vorrei poterti dire che andrà via, eppure mentirei. Probabilmente questa sensazione rimarrà per sempre con te. Se però vogliamo fare le oneste, anche io ho paura. Ho una paura che mi martella da quando ti conosco. Temevo che le tue attenzioni fossero rivolte a me solo per dei secondi fini. Avevo paura che mi stessi utilizzando, che lo facessi per delle foto gratis o per portarmi a letto come una delle tue conquiste da rock star. È vero, dopo che ti ho conosciuta un po’ più a fondo, ho capito che alcune mie paure erano infondate: hai un animo buono. Eppure nella mia testa c’è sempre questo eco “ti sta usando”, probabilmente Eleonora mi direbbe tutta incazzata: “smettila di pensarlo! Non tutti sono lei, non tutti vogliono usarti”, avrebbe anche ragione. Sono stata usata Sara e anche in un modo orrendo. Usata e poi messa da parte, lì sono rimasta ferita e delusa, lì davvero ero distrutta da ciò che mi aveva fatto. Per questo, in queste settimane non ho fatto altro che maledirmi, perché pensavo di essere ricaduta nella solita stessa trappola. Quindi ti ringrazio per avermi detto le cose come stanno ed essere stata sincera con me- concludo. Per ora non avevo forza per dire di più. Mi serve qualche secondo di pausa.
Non avevo pensato che sarebbe andata a finire in questo modo, con un risvolto così emotivo. Queste notti già pensavo a una me, ancora lì ad aspettare risposte, usata un’altra volta senza rispetto. Invece, a quanto pare abbiamo tutte e due dei buoni motivi per sfogare tutto ciò che abbiamo dentro ed essere sincere l’una con l’altra.
-Chiara, guardami.- la fisso negli occhi. -Non ti avrei mai usato. Mai e poi mai. Non avrei mai potuto, se un’anima così delicata e pura, non meriteresti niente del genere-
-Grazie- dico con un filo di voce. -Sentirselo dire è tutta un’altra cosa-
-Te lo ripeterò fino a quando vorrai- risponde lei, con una voce bassa e quasi inudibile.
Le sorrido, con il miglior sorriso che si può sfoggiare in una situazione del genere.
-Voglio solo che tu sappia a cosa stai andando incontro- riprende lei dopo un po’. -Non è facile e non pretendo che tu mi capisca, però ecco… dovevi saperlo. Ho paura e questa paura è correlata a te, quindi non so come fare a farla scomparire. Ci tengo a te, ci tengo tantissimo. Ti conosco da poco è vero, eppure sento che la tua presenza mi risana. Non faccio altro che pensare a come stavo l’anno scorso, in questo preciso istante, e a paragonarlo con il presente. Il fatto che tu sia nel mio presente, ha fatto la differenza. È merito tuo se è migliorato il tutto. Merito della tua presenza, della tua ventata di aria fresca, del fatto che mi ritrovo a pensare a te durante la giornata e non alla casa vuota che ho intorno, il fatto che rivedo le tue foto e mi sento fortunata ad averti intorno anche se per poco tempo alla volta. E niente, volevo solo che lo sapessi. Ti ringrazio per questo e non voglio perderti, non voglio tornare alla mia vita precedente senza la mia dose di ossigeno quotidiana- dice tutto d’un fiato.
A sentire quelle parole quasi mi manca il respiro. Il mio cuore perde qualche battito per ogni parola e il mio respiro si fa irregolare.
-Anche io non voglio tornare indietro, sei qualcosa di nuovo per cui non riesco a fare a meno. Mi piaci e tutte queste parole che mi hai detto, non fanno altro che confermare questo sentimento confuso e nascosto che abita nel mio petto-
-Oh Chiara, non hai idea di quanto tu mi faccia impazzire il cuore-
-Mi puoi dare una dimostrazione- dico quasi stuzzicandola.
Una sua mano fredda si appoggia sulla mia, la guida sul suo petto coperto solo da una maglietta sottile. Le nostre bocche si incontrano di nuovo a mia insaputa. Mentre il sue labbra ruvide si muovono contro le mie, la sua mano spinge la mia contro al sua pelle. Sento il suo battito accelerare con il mio. Quando ci stacchiamo dice: -Direi che è efficace come dimostrazione-
Mi scappa una risata dolce.
Ci torniamo a fissare.
Vorrei aggiungere altre mille parole ai nostri discorsi, vorrei fare cento domande una dietro l’altra, ma nessuna parola riesce ad uscire dalla mia gola. Il mio cervello è troppo impegnato nel processare tutto ciò che è accaduto per focalizzarsi anche sulla parola. Il mio cuore ancora batte forte, quando Sara spezza il silenzio: -Stai bene?- chiede preoccupata.
-Mi sto chiedendo se stia accadendo tutto sul serio-
ridacchia prendendomi palesemente in giro.
-Cosa siamo allora, noi?- chiedo immediatamente. Non posso non fare questa domanda, mi viene naturale… non riesco a non etichettare quello che sta succedendo.
-Una persona arrabbiata che frequenta una persona che si deve far perdonare?- dice. -Ovviamente io sono quella arrabbiata delle due- conclude ironicamente con un sogghigno.
La spingo giocosamente facendola cadere di schiena sul divano, durante la sua discesa si aggrappa a me portandomi con sé.
Mi ritrovo sopra di lei, dannatamente vicino al suo viso perfetto.
-Possiamo affrontare le nostre paure solo insieme, quindi accetto questa visione dei fatti- dico, utilizzando un tono misto fra il serio e l’ironico.
-Ma la vera domanda qua è un’altra- dice seria.
-Ovvero?- chiedo preoccupata.
-Posso baciarti anche se sei arrabbiata?- dice sorridendo appena.
Ridacchio.
-Provaci e vedrai che succede- dico.
Subito dopo si tuffa sulle mie labbra.

◦●◦                                                    ◦●◦

-Quindi?!- chiede sconcertata.
-Quindi… cosa?- rispondo.
-Quindi cosa è successo dopo!- mi dice quasi al limite della sopportazione.
-Niente cosa vuoi che sia successo?! Abbiamo continuato a parlare, abbiamo visto un film e poi si è addormentata. Quando si è svegliata si è scusata, ha detto che in queste settimane non ha dormito molto- le dico cercando di calmare la sua sete di notizie.
Ridacchia.
-Oh rossa… quanto hai fatto penare questa ragazza! Però, ehi, quasi non ti riconosco… così calma, senza la smania di portare tutto ad un livello superiore! Wow, Leonardi ti ammiro!-
Scuoto la testa. Sempre la solita Alessandra.
-Allora, questa leggenda metropolitana per cui sono una sciupafemmine deve finire! Non è assolutamente vera, io non so cosa ti abbia detto Pietro ma in tour non è successo niente con nessuno. Neanche per una notte! Smettetela di etichettarmi così, soprattutto ora che c’è Chiara-
Alza le mani in segno di difesa.
-Okay okay, cercherò di crederti, rocker…- dice riprendendo a ridere.
-Mi dispiace moltissimo per averla lasciata sola due intere settimane, eppure tu hai visto in che stato ero. Non l’ho fatto con cattiveria… sono io, sono fatta così. So di aver sbagliato, farò di tutto per iniziare con il piede giusto- dico con serietà.
-Se solo mi avessi ascoltato, al posto che stare chiusa nella tua sala zen, avresti risolto tutto in un giorno! Ma figuriamoci se Sara la testarda può ascoltare i consigli degli altri! Così impari!-
Alzo gli occhi al cielo. Sempre la solita storia.
-Lo so, lo so. Avrei dovuto ascoltarti- ammetto sbuffando.
-Lo dici sempre, ma quando ormai è tardi! Però ho un’altra perla da regalarti: tu piaci a lei, quindi ti perdonerà se non farai più cazzate- dice seria.
Annuisco in risposta.
So che ha ragione.
Quando Alessandra, preoccupata perché non rispondevo alle sue chiamate da due giorni, mi ha praticamente sfondato la porta di casa a suon di pugni, è venuta a sapere del mio gesto stupido e avventato. La prima cosa che mi ha detto è stata: “Va da lei e spiegale cosa ti è successo, ti capirà”, ma io non le ho creduto. Non credo mai alle persone, perché penso sempre che non vivendo la mia situazione non possano capirmi. Ogni volta mi sbaglio, eppure non ho ancora capito la lezione.
Così ho aspettato, chiusa in casa, che il mio cervello lentamente realizzasse la cazzata che avevo fatto. Pessima mossa!
Intanto Alessandra mi controllava come si controllano i bambini che hanno appena iniziato a camminare. Mi aveva tolto tutte le birre da casa e aveva lasciato il mio gioco preferito della Play ben in vista sul tavolo del salotto.
Mi conosce bene la ragazza.
Dopo una lunga sessione di gioco, finalmente ho agito.
Ma ha ragione Alessandra, agisco quando è troppo tardi.
Eppure questa volta, Chiara mi ha dato una specie di seconda occasione. In realtà ha capito le mie azioni. L’essermi aperta con lei mi ha portato solo vantaggi, è stato difficile ma ne è valsa la pena. Anche lei ha le sue paure, anche lei ha degli ostacoli che vuole superare esattamente come me.
Insomma, siamo sulla stessa barca.
-Quindi quando vi rivedrete?- dice quasi più esaltata di me.
-Stasera. Eleonora è tornata qua e ha organizzato una partita a bowling-
Scoppia a ridere fragorosamente.
-Che c’è?!- chiedo frustrata.
-Tu fai schifo a bowling!- dice continuando a ridere quasi con le lacrime agli occhi.
-Infatti! Guarda che sacrifici faccio pur di farmi perdonare. Speravo di poterti invitare e di fare squadra con te. Ma a quanto pare siamo io e Chiara contro Eleonora e una tipa misteriosa-
-Uhuh, misteriosa?- chiede curiosa.
-Ah, non ho capito. Deve essere la ragazza per cui Eleonora ha una cotta spaziale-
-Siamo già allo step “uscita a quattro”!- dice Ale, tutta contenta.
-Io sto per passare allo step “ti butto fuori di casa”- dico lanciandole un cuscino in piena faccia.


Dopo aver passato gran parte della giornata con Alessandra, parlando del più e del meno, aggiornandola sulle varie questioni amorose e non, mi dirigo da Ricky.
Ci ha convocati oggi urgentemente. Il che è preoccupante. Quando lui utilizza la parola “urgentemente” di solito per noi significa: “guai in vista”.
Scrivo velocemente un messaggio a Chiara prima di mettermi al volante.

“Devo andare urgentemente dal manager. Stasera a che ora è l’incontro? Così so quando passarti a prendere (:
Chiara: “Tranquilla, hai tutto il tempo del mondo dobbiamo essere là per le 21”
“Alle nove meno dieci sono da te”, le scrivo veloce. Vorrei scriverle qualcosa di più, però ho paura di correre, di bruciare le tappe, di andare oltre.
Oh al diavolo la razionalità!

“Non vedo l’ora di vederti”, aggiungo veloce e invio prima di cancellare.

Chiara: “Anche io non vedo l’ora. (anche di stracciare Eleonora) A dopo, buona fortuna!”

Sorrido serena e metto in moto la macchina.
Durante tutto il tragitto mi chiedo costantemente cosa diavolo ci debba dire Ricky di così urgente. Di solito, un piccolo accenno ce lo fa sempre.
Una volta arrivata al quartier generale, faccio passare il badge e i tornelli davanti a me si muovono portandomi dall’altra parte della barricata.
Questo posto ormai lo conoscono come le mie tasche: è un intricato labirinto di corridoi e porte insonorizzate, uffici e magazzini pieni di strumenti. Anche se è una semplice etichetta indipendente, rimane comunque una tra le più importanti d’Italia, quindi deve essere attrezzata a trecentosessanta gradi per gli artisti che accoglie. Lo è anche dal lato pratico: ci hanno sempre dato di tutto. Dalla strumentazione, se avevamo qualche problema con i nostri impianti, a miriadi  di contatti stampa, interviste e recensioni. Per non parlare di tutte le date che abbiamo fatto una volta arrivati sotto il tetto di questa grande casa! Tutti i sacrifici fatti per essere qua oggi hanno dato i loro frutti e continueranno a darli.
Mentre cammino lungo l’ampio corridoio contornato da numerose porte, sento in sottofondo una batteria suonare. Forse qualcuno sta usufruendo della sala prova o della sala registrazione. Purtroppo non abbiamo mai avuto occasione di parlare con altri artisti sotto questa etichetta. Forse perché noi siamo un po’ così: un gruppo in disparte. Come dire… timido. Non avevamo mai avuto contatti con i nostri colleghi e non avevamo mai stretto grosse amicizie con altre band. Non era da noi e non lo faremo mai, probabilmente. Non ne sentiamo il bisogno, questo è sicuro. Anche se molto spesso mi spiace. Sinceramente mi piacerebbe avere qualcuno di “amico” in questo campo, che non sia Ricky o i ragazzi. Qualcuno di esterno, ma che al contempo riesca a capire le dinamiche dell’industria musicale e della musica in sé.
La porta di Ricky la riconosco senza neanche leggere il nome sulla targhetta. La spingo delicatamente e quella si apre.
Il suo ufficio lo conosco praticamente a memoria. Conosco ogni locandina appesa, ogni edizione speciale dei vinili di David Bowie e ogni rivista di Rolling Stone.
Ricordo ancora nitidamente il giorno in cui misi piede qua dentro per la prima volta: ero agitatissima. Eravamo tutti spersi, giovanissimi in confronto ai volti che avevamo incontrato nel corridoio e avevamo questo peso sulle spalle… il dovere di provare che eravamo qualcuno, che valevamo e che eravamo ciò che cercavano. Un dovere non proprio leggero, insomma. Ci eravamo vestiti con i nostri indumenti migliori, come se potessero dare l’apparenza giusta. Che stupidi! Solo dopo molti mesi capimmo che il nostro aspetto non doveva provare nulla, era la nostra musica a dover essere perfetta in ogni sua sfaccettatura. Quel giorno, mentre varcavo questa porta, ero determinata ad avere ciò che avevo sempre sognato e così fu.
Dopo mesi di “corteggiamenti” a Ricky, dopo ore e ore di prove, finalmente decise che potevamo registrare il nostro album di debutto con loro. Ovviamente tutto questo aveva un costo, eppure neanche quello ci spaventò. Facemmo quell’investimento ed ora eccoci qua, in questa grande famiglia, finalmente a casa.
-Ciao Sara- mi salutano tutti quanti in coro.
Ricambio il saluto e mi siedo su una sedia ancora libera.
Mentre aspettiamo Ricky, Petro inizia a parlare di un nuovo giro di chitarra che vuole farmi sentire.
-Quando vuoi Pietro! Lo sai che il mio piccolo studio è sempre aperto- rispondo gentilmente. Sono proprio curiosa di sentire cos’ha in mente questo chitarrista matto che è Pietro.
Poco dopo Ricky entra nel suo ufficio e ci saluta cordialmente.
Come al solito ci offre un caffè caldo. Ha imparato a conoscere anche i nostri vizi: il caffè deve sempre circolare nel sangue degli Oltre.
Dopo i soliti convenevoli, finalmente arriva al punto.
-Vi ho chiamo urgentemente perché è molto più semplice parlarne a voce che al telefono- esordisce facendomi quasi preoccupare.
-Sapete cosa c’è ad agosto vero?-
-Il mio compleanno!- dice scherzosamente Andrea. Tutti scoppiamo a ridere.
-Auguri e figli maschi, però no. Intendevo lo Sziget Festival. Ecco…- dice lasciandoci lì appesi.
Il mio cuore batte forte nella speranza di sentire ciò che pensa.
-Siete stati chiamati per rappresentare insieme ad altre band, l’Italia-
Di colpo Pietro di abbraccia contendo, esclamando un wow quasi urlato.
Rimango stupefatta dalla notizia, decisamente incredula.
Cavolo, è un sogno! Non può essere la verità!
-So che siete in pausa, ma è un’occasione unica. Suonerete sul palco italiano, però voi avete una marcia in più, un asso nella manica: cantate in inglese. Questo vi darà la possibilità di catturare fan da tutta Europa se pubblicizziamo bene l’evento anche là. Dovete solo giocare bene le vostre carte-
Dopo un po’ di discussioni su come si svolgerà il festival, su come prepararci al meglio e sulle potenziali canzoni suonare, Ricky chiude il discorso dicendo: -Questi sono i vostri biglietti e pass. Mi raccomando non perdeteli o vi taglio la testa!- usa sempre queste figure retoriche molto violente, è normale. -Il Festival coprirà le spese, non vi preoccupate. Come potete notare, avete il diritto di portare con voi un +1. Mi raccomando andate con il vostro +1, ma non proliferate nel frattempo, so che i festival fanno affiorare molti istinti… però vedete di non fare casini. Non sarò là per controllarvi quindi fate i bravi o sarà l’ultima volta che lo vedrete da sopra il palco- ci dice serio.
Il biglietto al mio +1 lo darò al momento più opportuno, penso istantaneamente immaginandomi la faccia di Chiara alla vista del biglietto.
Finita questa questione ci informa che per tutta la durata di luglio ci ha riservato una sala prove qua, al quartier generale. Una sala per provare le canzoni del nuovo album prima di entrare in sala registrazioni, per definirle, per scartare quelle che sembreranno meno adatte e potenziare le altre.
Inutile dire che non vedo l’ora che arrivi luglio. Mancano solo cinque giorni, eppure sembra un’eternità.
-Bimbini miei, potete andare in pace- ci dice scherzosamente Ricky. Ci alziamo quasi contemporaneamente dalle nostre sedie.
-Non tu Sara. Ti devo parlare- mi dice facendomi ritornare al mio posto.
Tutti escono salutandoci. Rimaniamo solo io e lui. Non mi trovo assolutamente a disagio, questa situazione accade quasi ogni settimana. Io sono la faccia e la voce della band, quindi molto spesso Ricky riferisce notizie o consigli prima a me e poi agli altri.
Eppure, stavolta, il suo sguardo mi sembra davvero molto serio.
-Sto per dirti di una questione a cui tengo molto, eppure al contempo è molto delicata e complicata. Quindi apri bene le orecchie Sara-


◦●◦                                                    ◦●◦

-Sei pronta?- chiedo alla voce dall’altra parte del telefono.
-Sì- mi risponde con tono agitato.
-Ele, ma non ti devi agitare! È una semplice uscita, non siete sole, ci siamo io e Sara!- dico cercando di tranquillizzarla per quanto possibile.
-Lo so, hai ragione. È che ho paura di fare qualche brutta figura, o di aver interpretato male i suoi segnali! Magari non ne vuole sapere di me!- dice quasi disperata.
-Dio, ma ci siamo scambiate i ruoli?!-
Finalmente le faccio scappare una piccola risata.
-Mi sa di sì, da quando ormai ti sei impegnata con la rossa sei così sicura di te- mi dice seria.
-Non è vero! È che sono più tranquilla, so che prova qualche tipo di interesse in me di conseguenza non sento il dovere di dimostrare ogni secondo qualcosa a lei- dico sinceramente.
-Ah, che fortuna. Sappi che mi devi ancora una serata tra donne, ovvero io, te e una bottiglia di vodka! Voglio sapere ogni dettaglio della nuova coppia dell’anno!-
Scuoto la testa.
-Non siamo una coppia e non c’è nessun dettaglio- 
Fortunatamente il campanello mi salva dalla conversazione.
-Ops, Sara è sotto che mi aspetta, devo proprio andare- dico ironicamente.
-Chiaretta ti è andata bene- dice con tono scherzoso.
-Vai a prendere la tua bella, ci vediamo tra poco- dico chiudendo la chiamata.
Scendo velocemente le scale e salgo in macchina di Sara.
Il suo tipico profumo dolciastro mi invade le narici e mi dona un odore che sa quasi di quotidianità. Ammetto mi ero abituata bene in questi giorni: dopo la sua confessione e le sue scuse, abbiamo passato due giorni interi insieme. Ore spese a guardare serie tv e a mangiare sushi. Quindi, sì… mi ero decisamente abituata bene e risentire quell’odore mi riportava solo a questi bei ricordi.
-Pronta per stracciare Eleonora e la sua amichetta?- chiedo mentre ci dirigiamo al bowling.
-Emh, Chiara… ti devo dire una cosa: sono una frana a bowling- ammette quasi spaventata.
Rido nel sentire quella frase.
-Dai impossibile! Devi solo far rotolare una palla verso dei birilli!-
-Sì ma la palla va dove cazzo vuole!- dice cercando di difendersi.
-Ti faremo mettere le barriere come i bambini- dico ridendo ancora più forte.
-Cosa?! No! Ho una dignità io!- risponde sconcertata.
A forza di ridere, quasi piango.
-Ridi di me, intanto perderemo- conclude parcheggiando.
-Ma chi è quest’amichetta?- mi chiede prima di scendere.
-È un’amica di Eleonora. L’ha conosciuta in palestra… ha una cotta pazzesca per questa tipa! Ma non ha amai avuto il coraggio di richiedere un’uscita. Secondo Ele, le lancia messaggi nascosti, tipo che flirta ma non proprio palesemente. Insomma… siamo qua anche e soprattutto per controllare sta tipa!- dico ammettendo il mio piano diabolico.
-Ah, la migliore amica deve approvare la cotta?- chiede quasi ironicamente.
-Ovvio! E non guardarmi così, con quella faccia esterrefatta! Di sicuro tu ed Alessandra avete parlato di me e lei ti ha dato un giudizio. E sa che c’è? È giusto così, siamo umani e giudichiamo!- le dico prontamente lasciandola di sasso sul sedile della macchina. Scendo e mi dirigo verso l’entrata e scorgo la sagoma di Eleonora davanti ad essa.
Vicino a lei una figura alta e snella le fa compagnia. Avvicinandomi noto che la famosa cotta di Eleonora è davvero una bella ragazza. Capelli scuri raccolti in uno chignon che però lascia cadere qualche capello lungo il suo collo che sembra quasi scolpito. Indossa una semplice camicia a maniche corte e dei pantaloni blu e stretti. I suoi occhi azzurri subito mi scrutano curiosi, si starà chiedendo se io sono Chiara o Sara. Non appena le raggiungiamo, abbraccio di slancio Eleonora, invece Sara la saluta con un semplice bacio sulla guancia. Poi finalmente Ele ci presenta alla sconosciuta.
-Lei è Chiara, l’amica di cui ti parlavo- dice Eleonora rivolgendosi a lei.
-Piacere Chiara, io sono Irene!- mi sporge la mano felice. La stringo accompagnando la stretta con un sorriso sincero.
-Invece lei è Sara!-
-Piacere Irene- stringe la mano anche a Sara, che la saluta cordialmente. -Ma aspetta… tu sei Sara degli Oltre?-
Oh, ecco ci siamo…
-Sì, in carne ed ossa!-
-Wow, ma che bello! Io conosco parecchie vostre canzoni! Non posso crederci!- dice entusiasta. Poi si rivolge a Eleonora: -Non mi avevi detto che era una tua amica!- dice quasi sconcertata.
-Emh, è una cosa nuova- dice guardandomi di soppiatto e sogghignando.
Sarà una lunga serata.

La prima partita ovviamente l’abbiamo persa.
Sara non è una frana… di più! Ho provato a insegnarle il modo più facile e giusto per lanciare la palla ma niente da fare. Quando andava bene buttava giù un birillo al massimo due, per il resto la buttava nei piccoli canali ai lati. Insomma è un caso perso!
Eleonora dall’altra parte era solamente felice di questo mio “handicap”. Per questo motivo avevo chiesto una rivincita.
-Dai, cerca di impegnarti un po’!- dico a Sara, cercando di infonderle un po’ di dedizione verso il gioco.
-Sto facendo del mio meglio- mi risponde lei.
Del tuo meglio a buttarla ai lati, quello sì.
Scuoto la testa, ormai Eleonora ha un’altra vittoria in tasca.
Durante i primi tiri cerco di fare del mio meglio, portando a casa qualche strike e spare.
Eleonora mi stava alle calcagna, ma era ancora dietro di me.
Invece Sara aveva tirato giù giusto qualche birillo e niente di più.
Irene, giocatrice mediocre, quando non tira la palla è subito vicino a Sara a parlare della band e di musica. Le due interagiscono animatamente, con tanto di risate correlate a qualche battuta che fa una delle due.
Lancio con quanta più potenza ho la palla facendo uno strike.
Eleonora mi lancia uno sguardo assassino e in risposta le dico: -Non mi potevi dire che la tua amichetta aveva una passione musicale per Sara?!-
Lei in risposta alza le spalle. -Non lo sapevo proprio-
-Avrei portato qualcun altro, soprattutto di più bravo-
Dico portandomi vicino alle due che ancora parlavano piacevolmente insieme.
-No dai, quella canzone parla davvero di una semplice partita a poker persa? Ti ha creato così tanta tristezza?- dice Irene ridacchiando come una fan emozionatissima.
-Ero ubriaca e avevo puntato il mio criceto!- risponde Sara seriamente.
Irene continua a ridere quasi sforzatamente.
-Oddio e poi l’hai dovuto dare a lui!-
-Ovviamente. Povero criceto…-
L’altro ride ancora.
-Sara, tocca a te- dico con freddezza richiamando la sua attenzione al gioco.
-Sì capo- dice prendendomi in giro.
Lancia. Due birilli. Che record!
-Non è proprio serata!- dice sorridendo imbarazzata.
Irene prende il suo posto sulla pedana e io mi metto vicino a Sara.
-Se magari pensassi al gioco al posto che ad altro- le dico con un po’ troppa cattiveria nella voce.
-È solo una partita in amicizia, non prendertela- mi dice quasi sbuffando.
Forse è meglio chiudere qua la discussione.
Con l’ultimo lancio di Eleonora e il suo conseguente strike, abbiamo nuovamente perso.
-Mi devi un po’ di birre Chiaretta- mi dice nell’orecchio Ele.
Alzo gli occhi al cielo.
Tra una chiacchiera e l’altra ci ritroviamo all’uscita.
Ci salutiamo cordialmente e finalmente Irene molla Sara dalle sue persistenti domande.
Ci dirigiamo verso le nostre macchine e poi verso casa.
Il tragitto lo passiamo in totale silenzio.
Sara fissa con attenzione e concentrazione la strada.
-Vieni a casa mia?- mi chiede timida.
Il silenzio regna di nuovo.
-Solo per guardarci un film, niente di più giuro- dice quasi come per difendersi.
Sono in qualche strano modo infastidita da come si è comportata, però non volevo farlo vedere.
-Sì, va bene- dico in modo neutro.
Parcheggiamo sotto casa sua e dopo pochi minuti siamo già sul divano con un film davanti al naso.
Sedute vicine, con le gambe allungate fin ad arrivare al tavolino, per distenderci meglio.
Improvvisamente, dopo solo tre quarti d’ora di film, sento le palpebre pesanti che a stento stanno aperte.
-Sara, ho un davvero molto sonno. È meglio che vada a casa- dico alzandomi quasi come una molla. Non ho idea di dove abbia trovato tutta questa forza di volontà.
-È tardi Chiara! Fermati qua, ho parcheggiato la macchina e tutto, non ho voglia di uscire per riaccompagnarti- ammette.
-Vado a piedi-
-Sei pazza?! È tardissimo! Stai qua, dormi e poi domani vai a casa-
Annuisco senza forze.
Non so neanche come ma mi ritrovo nella sua stanza dopo pochi minuti, o forse neanche.
-Tieni, questa vecchia divisa da gioco del liceo dovrebbe andarti. Cambiati pure in questo bagno, io vado nell’altro per ottimizzare i tempi- dice sparendo dietro la porta.
Entro nel grande bagno moderno e mi cambio. Improvvisamente sento l’odore di Sara sui vestiti e quindi sulla mia pelle. Forse mi sto già abituando a tutto questo.
Quando torno nella camera da letto, lei è già lì ad aspettarmi sotto un leggero lenzuolo azzurro.
Mi infilo sotto di esso e vicino a lei. Guardo un punto fisso davanti a me, cercando di ignorare il batticuore e l’ansia che sta prendendo controllo di ogni centimetro del mio corpo.
-So che qualcosa non va- esordisce facendo passare un dito sul mio avambraccio scoperto. -Dovremmo parlarne- continua.
Sospiro. “Sono solo io ad avere dei problemi qui” vorrei risponderle.
-No, tranquilla è tutto a posto- mento.
-Non mentirmi, non hai proferito parola da quando abbiamo salutato Ele e Irene- mi dice seria.
Possibile che ogni volta debba capire ogni mio più piccolo cambio d’umore?
-Dovevi proprio riservare tutte quelle attenzioni ad Irene?- finalmente sputo fuori.
-Attenzioni?!-
-Sì, battutine, giochetti, aneddoti, storie e via dicendo- dico ancora. -In più lei avrebbe riso anche se tu avessi letto il discorso di Martin Luther King. Ridicola- forse sto esagerando ma le parole escono ancora prima di poterle pensare.
-Non stavo dando nessuna attenzione speciale! Era una fan e io mi comporto sempre così con loro. Se mi avessi conosciuta due o tre mesi fa, avresti capito che per me questo è un comportamento normale. Voglio e devo, fare così. Loro sono quelli che mi mantengono, quelli che apprezzano i miei sforzi musicali. Adoro parlare con loro e vedere ciò che pensano delle mie canzoni, è più forte di me- ammette.
Okay, forse non avevo pensato a questo motivo.
-Però questa era una serata per Eleonora, per sbloccarla, per aiutarla! Dovevamo capire com’è Irene da poter così aiutare Ele. Non era una serata per te, ma per lei- dico cercando di evitare l’argomento gelosia.
-Lo so, hai ragione, scusami. Non ci ho pensato. Ero presa dal fatto che fosse una nostra fan e non ho realizzato ciò che stava accadendo- dice finalmente.
-Non ti preoccupare, ci saranno altre occasioni per sbloccare la situazione fra quelle due!- dico addolcendomi sentendo le sue scuse.
Si distende meglio sul letto, mettendosi comoda. Mi tira la maglietta e mi fa cenno di appoggiarmi sulla sua spalla. Eseguo gli ordini felice.
Spegne la grande luce e ne accende una piccola sul suo comodino bianco.
Il suo calore al mio fianco sembra quasi surreale, anzi, tutto questo sembra un sogno ad occhi aperti. Di colpo una sua mano mi sposta i capelli dal viso, gioca con loro passando le dita tra le diverse onde leggermente mosse. Questo movimento ripetitivo, mi scioglie il cuore e la mente. Sara, non smette. Non riesco a quantificare per quanto tempo gioca con le mie ciocche.
-Spengo la luce- ad un certo punto sussurra.
Annuisco. Una volta al buio con tutta la forza che ho in corpo dico: -Ero gelosa-. Le sue mani di colpo smettono quel piacevole massaggio.
Mi sfiorano il viso e me lo girano verso il suo.
I miei occhi si aprono automaticamente.
La sua pelle chiara è illuminata da qualche raggio di luce proveniente da fuori, che riesce a superare le veneziane. Si intravedono delle piccole lentiggini.
-Non devi esserlo- risponde.
-Eppure, le attenzioni che le dedicavi… mi stringevano e piegavano lo stomaco- ammetto con un filo di voce.
-Mi spiace Chiara, non intendevo farti stare male- dice riprendendo a giocherellare con i miei capelli.
-Cosa siamo noi?- non riesco a vivere a pieno ogni secondo con lei se non sono sicura di cosa siamo.
-Cosa vorresti che fossimo?-
-Vorrei poterti chiamare la mia ragazza- ammetto finalmente dopo giorni di agonia.
-E poi?-
-Vorrei prenderti la mano, vorrei poterti coccolare mentre siamo sedute ad un bar oppure semplicemente vorrei che il mio cuore fosse sereno e limpido, senza dubbi che lo schiacciano- dico sussurrando.
-Direi proprio che abbiamo le stesse idee- dice sorridendo dolcemente. Prende le mie labbra tra le sue e io finisco di nuovo in un altro universo.
Istintivamente porto la mia mano sul suo fianco, quello più lontano da me. La mia testa si appoggia automaticamente sopra la sua spalla destra. La stringo forte a me e mi accoccolo su di lei.
Sento il suo respiro infrangersi su di me. Sento il suo battito regolare.
Mi addormento tra le braccia della mia ragazza, con un leggero sorriso stampato in faccio.
Forse non è la Felicità, eppure per me ha quel sapore.
 


Buonasera a tutti!
Eccoci con un nuovo capitolo! Ringraziate tutti quanti la mia dolce metà per avermi fatto fare un volo aereo lunghissimo in cui ho avuto tempo per scrivere questo capitolo e ultimarlo nei giorni seguenti. *applausi*
Okay, un capitolo importante.
Spero non siano successe troppe cose per i vostri gusti e troppo in fretta.
Finalmente Sara dice la verità, le due si confidano e decidono di frequentarsi, niente male! :)
Cosa avrà detto il manager a Sara? Uhuh, chissà quando lo verremo a scoprire ahahah
Per il resto vediamo una Chiara gelosa della sua bella, che però non può chiamare proprio sua totalmente. Quindi sull’ultima scena finalmente decide di dire la sua riguardo a questa questione e tac, tutto risolto apparentemente. Ma sarà davvero un’etichetta a cambiare lo stato delle cose oppure ci saranno altre difficoltà?
Alessandra è un po’ assente ma prometto che rimedierò. Anche con la nuova figura di Irene… la vedremo spesso ho il presentimento! E non fate giudizi affrettati eh
Vorrei ringraziarvi per tutta la passione che mettete nelle recensioni, me ne passate altrettanta e non sarò mai grata per tutte le bellissime recensioni che mi lasciate. Vi ringrazio tutti, perché senza di voi tutta questa storia non esisterebbe e non sarebbe arrivata qua!
Vi ringrazio, vi abbraccio e scusate gli errori è l’una di notte.

p.s. non potevo non nominare il mio annuale festival! Ci vado ogni anno, dovevo ambientare qualcosa anche lì, chiedo perdono ahaha
   
 
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