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Autore: EsterElle    11/02/2017    8 recensioni
Daphne non ha presa sul presente né controllo sulle sue emozioni. Vive tutto al massimo: la fedeltà agli ideali purosangue così come l’amore. Le sue convinzioni non mutano con il passare del tempo e lei resta ferma, in attesa di un finale che non è destinato a lei.
Ha scritto da sé la sua storia e io l’ho lasciata fare.
Tra le ombre e le fronde dei giardini di casa Malfoy, ero quindi sola con i miei demoni. Provavo un’amarezza infinita, figlia delle speranze vane, dei sogni infranti, del futuro che non avrei mai potuto avere, nonostante tutti i miei sforzi. [...] In realtà, dentro di me già sapevo che persino il ricordo di Daphne Greengrass stava sbiadendo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daphne Greengrass, Draco Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Meditazioni sul caso Katie Bell
 
 
 
 
 
 – Appunti –
 
La storia tra me e Draco non è mai esistita ufficialmente.
All’epoca avevo sedici anni, ero una studentessa mediocre, una strega comune, una pessima amica. A quel tempo, mostravo al mondo solo il mio volto migliore, quello purosangue, quello Greengrass. Ero e volevo essere la nobile, ricca, algida, spietata Daphne, una ragazzina ricca per la quale il futuro aveva in serbo grandi cose.
Lui è sempre stato un Malfoy e, per contratto, doveva attirare l’attenzione.
Sin dal primo anno ho seguito le sue imprese di Quidditch, la sua spietata rivalità con quel rammollito, filo-babbano di Potter e, infine, la sua ascesa ai vertici del potere studentesco sotto l’ala protettiva della Umbridge. Tutto troppo poco, troppo banale, per impressionarmi. Per molto tempo Draco non è stato che l’ennesimo ragazzo viziato e privilegiato di cui il mio mondo è pieno. Ci somigliamo tutti, noi rampolli purosangue, da giovani: è la vita che poi prende pieghe inaspettate e ci porta in luoghi in cui non saremmo mai voluti giungere. La mia, di vita, è stata buona all’inizio e mi ha clementemente regalato sedici anni sereni prima di precipitare.
Durante il sesto anno ad Hogwarts ho imboccato una strada che ancora adesso, disfatta e distrutta com’è, non riesco a lasciare. Un’aura oscura circondava Draco al rientro a scuola, quell’anno, un’aura di potere e di gloria, di paura e responsabilità. Quell’oscurità lo ha trasformato, lo ha reso bello e potente, capace di fare quelle cose grandi a cui tanto ambivo. Tutto in lui divenne improvvisamente straordinario. La ragazza ambiziosa che ero a quel tempo ne rimase ammaliata. Fu una vera e propria rivelazione.
Di certo ho molti difetti, ma la timidezza non rientra tra questi: volevo Draco e ho fatto in modo di farmi desiderare da lui. Quando, poco dopo l’inizio della scuola, è venuto da me rendendo chiare le sue intenzioni, non ho esitato. Umiliazioni, baci, carezze, sofferenze, ho accettato quel poco che aveva da offrirmi e in cambio gli ho donato la mia fedeltà. Non immaginavo che avrebbe preteso persino il mio cuore.
 
***
 
La porta si apre: lascio perdere l’orlo sfilacciato del maglione e mi concentro sulla figura alta e immersa nella penombra verdastra della Sala Comune deserta.
«Sei in ritardo» dico, la voce arrochita dal silenzio. «Avevamo appuntamento a mezzanotte».
Odio la sufficienza con cui mi tratta.
«Avevo da fare».
Merlino, non si sforza nemmeno di trovare una scusa decente. Si lascia cadere mollemente ai piedi del divano su cui sono appollaiata. Ha un’aria orribile: gli occhi cerchiati, i capelli sporchi, gli angoli della bocca all’ingiù. I suoi movimenti sono lenti e lo sguardo è vuoto. Chissà se ha capito che sono proprio io, Daphne, di fronte a lui. Quando si avvicina per baciarmi, sicuro di sé come sempre, non resisto e mi scosto. Maledetta stupida, grido nella testa. Ho persino indossato il fermaglio di giada, quello che lui, una volta, ha distrattamente definito carino.
«Beh, che hai?»
La sua espressione non fa una piega, come se potesse leggermi nella mente i motivi del rifiuto.
«Potevi evitare di lasciarmi venti minuti a congelare su questo divano. Sarà colpa del freddo, se ho perso la voglia di baciarti» ribatto, cercando di nascondere il magone.
«Sei una strega, no? Lo potevi accendere, il fuoco».
«Sbaglio o questo» e indico me e lui «è un segreto?»
«Questo» dice e ripete il mio gesto «non esiste se non ti lasci baciare».
Si è già stancato di fare conversazione. Riprova ad avvicinarsi, gli occhi chiari tra le palpebre basse, le guance smorte, senza alcun cenno di emozione. So bene che dovrei sentirmi offesa e arrabbiata, tuttavia mi lascio avvolgere dal suo abbraccio e carezzare dalle sue labbra. Potremmo baciarci per ore, persi in questo limbo in cui nessuno pensa, nessuno parla, in cui lui non è costretto a dimostrare un amore più intenso, né io più lieve.
Ho sempre saputo che Draco Malfoy non sarebbe mai stato il ragazzo perfetto: è superbo, prepotente, persino crudele. Non è affascinante, con quei suoi capelli incolore e i lineamenti fini come quelli di una ragazza. Allora perché diavolo non riesco a lasciarlo andare?

 
***
 
«Draco?»
«Mmm?»
«Non mi va che si sappia in giro»
«Va bene»
«Tutto qui?»
«A me sta bene, Daphne. Che altro devo dirti?»
Chiedimi perché e lasciami rispondere con la bugia che ho preparato. “Per non guastarmela con Pansy” ti direi. Chiedimelo e, per favore, cerca di leggere tra le righe della più banale delle menzogne. Sono una Greengrass, non posso permettermi di diventare lo scarto di qualcuno, tantomeno tuo.
Chiedimelo e comprendi:
ho paura.
 
***
 
«Greengrass, io…» sussurra Draco al mio orecchio.
Il gelo di fine ottobre si insinua tra i tavoli della Sala Grande, si spande sul suo viso e nella sua voce. Mi giro, sorpresa di trovarlo seduto accanto a me.
«Cosa c’è?»
Perché è venuto a cercarmi alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti, poco prima della cena?
«Ho sbagliato tutto, Daphne» ripete.
Non è il solito Draco. Il volto non è pallido, ma cinereo, le mani tremano leggermente e gli occhi vibrano al di là delle ciglia sottili. Sembra sconvolto.
«Dai, vieni con me» mormoro.
Tengo troppo alla mia e alla sua reputazione per dare spettacolo in Sala Grande. Conduco i suoi passi su per un paio di rampe di scale e poi nel bagno in disuso del secondo piano, che blocco con un incantesimo. Non faccio in tempo a voltarmi che lo trovo per terra, tra le mattonelle sbeccate del pavimento e la ruggine degli specchi.
Ma che diavolo sta succedendo?
«Non sapevo chi… il piano non sta… ci ucciderà se non…» biascica, coprendosi il volto con le mani. «Non voglio restare solo» ammette, la voce incrinata, così fuori di sé da non sembrare nemmeno lui.
È patetico e non mi lascia altra scelta che seguirlo sul pavimento, inginocchiarmi, prenderlo tra le braccia. Ho sempre odiato la debolezza, ma come posso resistere alla sua richiesta di aiuto?
«Non lasciarmi, ti prego».
Lui trema tra le mie braccia ed io lo stringo ancora più forte. È così strano potergli stare vicino in questo modo, così diverso rispetto al nostro solito rapporto.
«No, certo che no» gli mormoro all’orecchio.
Lo guardo: non è rimasta alcuna traccia dell’espressione beffarda che sfoggiava quando questa nostra storia era appena cominciata. L’alone di potere e invincibilità, la boria di giovane eletto che mi ha spinto tra le sue braccia, nulla sembra essere mai esistito.
«Ho sbagliato, Daphne. Come ho potuto essere così stupido?»
«Avanti, tranquillo. Shh … possiamo risolvere tutto».
Non so cosa dire, non so cosa fare. Non l’avevo mai nemmeno immaginato ridotto così: spaventato, debole, bisognoso di me. È uno straniero, il ragazzo che stringo tra le braccia, non il brillante Serpeverde con cui ho una relazione segreta da mesi. Che possa crepare persino Merlino: prima lo amavo, ora che farò?
«Tu non capisci».
«Spiegami».
Lui alza la testa e mi guarda. Ha lo sguardo di Asteria quando era ancora piccola: correva da me e mi implorava di proteggerla da nostra madre. Maledizione, vorrei baciarlo. Non dovrei desiderarlo così intensamente, lui sta piangendo, Merlino! Che razza di ragazza – che razza di nobile purosangue! – può desiderare un ragazzo così?
«Sono qui, Draco» mormoro invece, come una sciocca.
«È colpa mia. Katie… Katie Bell. È tutta colpa mia».
 

 
– Appunti –
 
Lo sfiorato omicidio di Katie Bell ha significato molto, per me.
Quella sera, per la prima volta, sono entrata a far parte di un grande progetto e mi sono avvicinata di un passo a Lui, al Signore Oscuro. Non avevo alcun dubbio, non serviva che confessasse: imprigionato il padre, Draco ne aveva preso il posto. Agiva per Suo conto e da Lui era stato scelto personalmente. Ricordo che anche solo immaginare un onore così grande mi faceva tremare le ginocchia. In verità, all’epoca ero troppo giovane e troppo sciocca per comprendere la sofferenza e la paura di cui quell’onore era ammantato. Ero pronta, invece, ad abbracciare la gloria che ne sarebbe conseguita. Il tentativo maldestro a scapito di Katie Bell mi si presentò, quindi, come l’occasione perfetta per dimostrare il mio valore, la mia dedizione alla causa, la fedeltà agli ideali della mia famiglia. Ma non è tutto.
La non-morte di Katie ha distrutto la mia vita. L’incidente quasi mortale a suo danno ha avuto il pregio di svelare la codardia nascosta nel cuore di Draco, quella viltà di cui io avevo fino ad allora ignorato l’esistenza. In quel momento esatto divenni prigioniera del mio amore: capì in un istante che l’avrei amato sempre e nonostante tutto, e che sarebbe stato mio dovere quello di proteggerlo persino da se stesso.
In quel bagno lurido e spoglio, l’ho spinto a negare ogni cosa. Ho bisbigliato, gridato, l’ho baciato e carezzato pur di spronarlo a continuare con la sua missione, qualunque essa fosse. L’ho supplicato di non perdere la testa, perché al nostro Signore serviva intatta. Gli ho salvato la vita, quella notte.
È stata la notte del sogno più dolce: io e il ragazzo che amavo ricoperti di gloria eterna, per sempre al Suo fianco.
 
***
 
«Non dovresti avere lezione con Piton, adesso?»
«Sì».
«Ho capito, lo stai evitando».
Nel dormitorio dei ragazzi del sesto anno ci siamo solo io e lui, seduti sul suo letto. Intreccio svelta i capelli mentre Draco si aggiusta il colletto della divisa. I nostri incontri segreti durante le ore buche non sono una novità; questa volta, però, i suoi baci avevano un che di disperato che mi ha sorpreso.
«Ti interessa davvero?»
Gli strofino il collo con il fazzoletto, portando vie le tracce del lucidalabbra. Né la disperata confidenza di ottobre né la lontananza durante le vacanze di Natale hanno potuto equilibrare la nostra relazione.
«Perché no?»
«Ci sono cose più importanti a cui pensare» accenna, quasi distrattamente.
«Tipo? I tuoi altri compiti?»
Lui mi guarda con uno sguardo di ghiaccio, sopra la cravatta che sta annodando.
«Daphne, Merlino, non devi parlarne».
«Si, chiaro. Deve essere esaltante, però, lavorare per Lui…» non posso trattenere un sospiro d’invidia.
Non si degna di rispondermi ma s’incammina verso la porta del dormitorio.
Il bagliore verde della lampada illumina il suo volto stanco: da mesi, ormai, non mostra il sorriso beffardo e l’aria altezzosa così tipici di un Malfoy. Continuo a sperare che torni a fidarsi di me, per avere la possibilità di stargli accanto quando tutto andrà di nuovo storto, per condividere le difficoltà e, soprattutto, le gioie.
«Che fai ancora lì?»
Mi vedo con i suoi occhi, seduta sul letto, le scarpe slacciate e l’aria confusa, pensosa. Che mi prende, stamattina? Non ricordo le regole che ci siamo autoimposti? Le chiacchiere ci hanno sempre fatto paura.
«Daphne, dobbiamo tornare a lezione» mi dice, come se parlasse con un’idiota, come per ricordarmi i patti.
Io invece mi permetto di guardarlo fisso negli occhi prima di proferir parola.
«Ho capito che sei stato tu» confesso, infine.
«Come?»
«Quell’idromele… ce l’hai fatto finire tu nelle mani del traditore».
«Ma che diavolo dici? Che diavolo vuoi da me?» si arrabbia, persino, senza immaginare che così facendo dimostra apertamente la sua colpevolezza.
Sono poche le occasioni in cui le sue guance fantasma si colorano di rosso e questa è una: a volte mi chiedo se non dovrei essere fiera di possedere il potere di farlo incazzare. Il suo viso non appare al meglio mentre è preda di questa congestione di rabbia e paura. Tuttavia, credo che nemmeno la felicità si sposerebbe bene al gelido volto di un Malfoy: l’apatia e il pallore sono la sua vera dimensione.
«Dimmi perché lo fai. Non puoi nasconderti, non con me. Ricordati di Katie…» continuo a provocarlo nonostante il timore di perdere i nostri incontri segreti e quei pochi diritti che vanto su di lui.
All’improvviso, Draco cambia registro e se ne esce con una risata scattosa, nervosa: «Che vuoi fare, denunciarmi a Silente? Non ti crederebbe mai».
No, ha capito male: io non voglio tradirlo. Come potrei? Il Signore Oscuro si aspetta grandi cose da lui e io voglio a tutti costi esserne parte. Voglio essere la sua ragazza segreta fino in fondo: di ombre e atrocità si nutre la nostra relazione, dopotutto.
«Io sono con te, non contro» specifico. «Perché non lo ammetti e basta, che ci sei di mezzo tu nel maldestro avvelenamento di quel traditore del proprio sangue di Weasley? Che interesse ha il Signore Oscuro ad uccidere un demente del genere?»
Lui è basito. Torna a lenti passi verso di me, ancora ferma sul suo letto, e lascia scivolare una mano nella veste, come a voler afferrare la bacchetta. Per la prima volta, un rivolo di paura scorre lungo la mia schiena e il pensiero della morte si affaccia alla mia mente: sono davvero al sicuro al suo fianco? Dopotutto ha tentato di uccidere per ben due volte…
«Come fai ad esserne certa?» mi chiede, con voce ferma, sovrastandomi dall’alto.
No, io lo conosco.
Mi soffermo sui suoi occhi, sul suo labbro tremulo, sulle nocche bianche della mano che impugna la bacchetta, e capisco che di violento in lui ci sono solo la disperazione e la codardia di un coniglio: oh no, non avrebbe la forza di torcermi un capello, il mio amore.
«Perché io so chi sei, Malfoy» dico e mi sorprendo di quanta verità si celi nelle mie parole. «Io so che hai bisogno del mio aiuto…» bisbiglio.
Perché io sono la tua metà perfetta, penso. 
«Se il Signore Oscuro ti ha affidato un compito troppo difficile, fidati di me e dividiamone il peso. Io non sono come quei rammolliti di Tyger e Goyle: tu sai che sul mio silenzio puoi contare».
«Non hai idea di quel che dici» ribatte, così vicino che posso scorgere tracce verdi nel grigio dei suoi occhi.
«Cerca di capire: voglio anch’io la mia parte di gloria, Draco. Anch’io voglio assicurarmi un posto quando Lui avrà vinto questa guerra, anch’io voglio dare onore alla mia famiglia» provo a spiegargli, mostrandogli i desideri del mio cuore.
Lui, per contro, in uno scatto repentino mi afferra il polso destro e mi costringe ad aprire la mano: stringe forte e mi fa male.
«Le tue mani di Greengrass non sopporterebbero di essere macchiate da sangue innocente. Come potresti aiutarLo?» dice, sprezzante.
L’adrenalina che mi scorre in corpo mi fa incoscientemente ridacchiare. «La tua coscienza di Malfoy non ha sofferto quando la Bell è quasi morta? Ed ora che hai quasi fatto fuori Weasley? Non fingere con me, Malfoy, non fingere!» lo sfido.
Lui mi lascia immediatamente, finalmente ferito al fianco scoperto. Provo quasi pena per lui: da bravo figlio di Mangiamorte, è stato cresciuto a pane e prepotenza, pane e violenza. Chissà che delusione, scoprirsi incapace di uccidere chicchessia. Che fallimento deve sembrare questo figlio, agli occhi di Lucius.
«Lo so, mio padre non è certo uno dei Suoi amici più stretti: ha un cuore troppo morbido, proprio come mia sorella Asteria. Ma non dimenticarti che mia madre è una Lestrange e io le somiglio molto» continuo, colpo su colpo, dando lustro alla vera Serpeverde che sono e alla mia causa.
«Una Lestrange?» chiede, un po’ stupito, guardandomi dritto negli occhi.
Credo d’aver toccato la corda giusta. «Sì, Cordelia Lestrange. Lei e tuo zio Rodolphus sono cugini, non lo sapevi?» mostro un po’ di boria anch’io.
Draco mi guarda a lungo, in una maniera nuova e diversa. Mi guarda negli occhi per minuti interi.
«Posso fidarmi di te? C’è molto in ballo, Daphne, più di quanto immagini…»
«Puoi».
«Posso essere certo della tua fedeltà al Signore Oscuro?».
«Puoi».
«Giurami, qui ed ora, che non crollerai, che non ti tirerai indietro, che non pretenderai di sapere quello che non devi né di essere quello che non puoi. Giurami che sei pronta a rischiare tutto – che è quello che sto facendo anch’io. Daphne, giura di essermi fedele, sempre».
«Lo giuro».
Ancora per un secondo sembra esitare. Non è abituato a fidarsi e di certo non aveva mai pensato a me come una complice. Sono sempre stata un passatempo, uno sfogo e un vizio, il diversivo senza impegno che la sua storica spasimante non poteva concedergli. Doveva immaginarlo, che in una bugiarda, subdola e sporca traditrice come me c’è molto più che un bel faccino.
Quando alla fine annuisce il mio cuore potrebbe scoppiare.
Come per ringraziarmi – o per pagare il mio silenzio – mi lascia con un lungo, violento bacio sulle labbra.
Poteva anche evitare.

 
 
– Appunti –
 

Per il mio Signore e per il mio amore ho fatto quel che dovevo.
Per giorni ho preso la Polisucco e ho finto di essere ciò che non ero più: un’innocente, ingenua ragazza di undici anni, senza macchia, senza alcuna preoccupazione. Per intere ore sono rimasta nel maledetto corridoio del settimo piano, sostituendo quei voltafaccia di Tiger e Goyle. Avanti e indietro, passo dopo passo; ricordo ogni particolare, ogni quadro, ogni venatura del marmo e della pietra.
Per giorni ho visto crescere la paura e la frustrazione sul volto di Draco, ho raccolto i suoi tremori e i suoi bisbigli, nascondendo l’ansia che lentamente montava anche nel mio cuore. Sapevo per sentito dire quanto fosse vendicativo il Signore Oscuro nei confronti dei suoi servi incapaci e tuttavia continuavo a rischiare la mia stessa vita. Non ho mai preteso di sapere cosa facesse Draco tutto il tempo in quella Stanza, ma gli sono rimasta semplicemente accanto: non mi sono sottratta al mio giuramento, non una domanda, una esitazione, un giudizio. Ho sempre creduto che avrebbe pur contato qualcosa, ai suoi occhi.
 
***
 
«Daphne, attenta con quelle forbici!» mi richiama Pansy, indispettita.
Siamo ad Erbologia, bloccati in una doppia ora con i Tassorosso. Finora non me ne ero accorta, ma a quanto pare il nostro innesto ci sta dando del filo da torcere.
«Oh, scusami».
«Prima o poi dovrai raccontarci che ti sta succedendo» continua Millicent. «Guardati, sei messa tanto male che persino Malfoy ha un colorito migliore del tuo».
Le sue parole sono come coltelli.
«Lascia perdere Draco, Millie» interviene generosa Pansy, rispolverando la sua miglior aria da donna vissuta.
«Perché?» mi basta solo sentire il suo nome ed ecco che il cuore ricomincia a rombarmi nelle tempie. «È peggiorato?» azzardo a chiedere.
Come vorrei vestire i panni della mia migliore amica e vantare i suoi diritti.
«Oh, no, tranquilla, ma sta passando davvero un periodaccio, al di là dell’incidente. Studia troppo – trascura persino il Quidditch! – e nemmeno la sua famiglia se la passa bene: quei dementi del Ministero tengono ancora suo padre ad Azkaban, no?»
Che mucchio di idiozie. Povera Pansy, non ha davvero idea di quali drammi possano celarsi dietro l’aria affranta di Draco. Ogni tanto me lo domando ancora, dove trovo il coraggio di illuderla, di fingermi la sua prediletta, di definirmi la sua migliore amica. Poi penso che, dopotutto, non sono mai stata una brava persona.
«Sicura di sentirti bene, Daphne?» continua Millie, gli occhi puntati sulla mia faccia. «Sembri il fantasma di te stessa».
«Io… sì. Cioè, non so…»
«Facciamo così: vieni con me in Infermeria dopo le lezioni. A Draco farà piacere avere compagnia e madama Chips potrà darti un’occhiata» s’intromette ancora Pansy, mentre con le cesoie spicca un arbusto ancora verde dal tronco.
Sono bastate queste sue poche parole per esaudire ogni mio desiderio. Nonostante tutto, Pansy si conferma la migliore: Merlino, come può non accorgersi di quello che c’è tra me e lui?
«Per me va bene» approvo, nascondendo nelle profondità delle viscere la gioia profonda che m’assale all’idea di poterlo finalmente rivedere.
Con la splendida prospettiva di fare visita al mio ragazzo segreto, l’ora di Erbologia sembra non finire mai. Neanche mi preoccupo delle macchie di terra sulla camicia e dei capelli scarmigliati quando, finalmente, la campanella suona e io ritrovo la libertà.
«Andiamo, Pansy?»
Lei mi sorride, un po’ sorpresa, un po’ curiosa: «Certo. Quanta fretta!»
Per la barba di Merlino, farò bene a controllarmi meglio quando saremo lì con lui; sarà meglio ricordarsi che, agli occhi del mondo, Pansy è la sua vera spasimante, la sua preferita. Io, invece – che conosco ogni sua ombra e debolezza, che ho visto il burrone in cui sta precipitando, che l’ho sostenuto nella follia e nella gloria senza mai smettere di amarlo – io devo apparire trascurabile, la mia presenza una casualità.
In ogni caso, ci pensa Pansy a riportarmi alla realtà.
«Ho visto tua sorella l’altro giorno, Daph» mi informa mentre camminiamo verso l’Infermeria. «È un tipo strano, non trovi?» ribadisce con superiorità.
«Ogni tanto…»
Pansy sa bene che preferirei non parlare di Asteria. Era da parecchio che le mie amiche avevano smesso di spettegolare sulla mia sorellina Corvonero: quando eravamo solo al terzo anno, il suo smistamento è stato un vero scandalo e le mie compagne Serpeverde hanno continuato a bisbigliare malignità sulla nostra famiglia per mesi. Tutto questo, ora, mi sembra appartenere ad un’altra vita, ad un’altra me.
«Cosa stava facendo?» domando, con vaghezza.
Spero che l’argomento si esaurisca presto: non posso negare il mio affetto per Asteria, ma al tempo stesso vorrei continuare a fingere che lei nemmeno esista. Se potessi, vorrei credere d’essere l’unica erede dei Greengrass. Dopo il mio Signore e Draco, ciò che mi sta più a cuore è l’onore e la reputazione della nostra famiglia; la presenza di Asteria è indubbiamente una macchia.
«Bah, chiacchierava fuori dall’aula di Trasfigurazione con quel ragazzino… com’è che si chiama?»
«Jamie Weston».
Non ho dubbi, è il suo maledetto migliore amico.
«Brava, proprio lui. Un Sanguesporco fatto e finito. Scusa, ma i tuoi approvano?»
«No, certo che no».
Lo smistamento di Asteria è stato un problema serio, per la mamma. Ha speso giorni in lacrime, prima di riuscire a superarlo, prima di trovare un compromesso. «Sempre meglio Corvonero che una sciocca Grifondoro o una nullità Tassorosso» dice da allora. «Almeno ha cervello».  Eppure, sapere che Asteria è costantemente in contatto con Sanguesporco e Traditori è una verità che Cordelia Lastrange non può ignorare, né dimenticare: i mesi estivi trascorsi insieme sono un inferno e persino quella colombella di Asteria si scioglie in lacrime sotto gli sguardi di fuoco della mamma. Asteria, così dolce e mite, trova l’antidoto all’odio trascorrendo lunghe giornate al lago con papà, trascurando ogni altra cosa, persino me.
«Questi schifosi, porteranno alla rovina del nostro mondo, te lo garantisco» commenta Pansy, religiosamente osservante al credo purosangue. «Ma tempi nuovi stanno per arrivare… sarà meraviglioso».
Pansy Parkinson è ancora una bambina, ecco cosa penso; il suo mondo si riduce ad una sciocca guerra tra le Case mentre la guerra vera – finché resta al di là delle mura della scuola – non è, per lei, che l’ennesimo gioco. Per fortuna sono una brava bugiarda e mi riesce facile sorridere, affabile.  
L’Infermeria è quasi deserta, quando arriviamo, solo due letti sono occupati.
«Signorina Parkinson, cosa fa qui?»
Madama Chips è un ottimo cane da guardia per i suoi pazienti.
«È orario di visita, giusto?» specifica la mia amica.
Senza nemmeno aspettare il permesso, si avvia lungo la corsia, camminando spedita fino al letto con le tende tirate per metà.
«Draco» chiama, moderando il tono, improvvisamente dolce.
Noto subito che lui non è cambiato affatto in questi giorni di lontananza. Col suo solito e inconsapevole piglio altezzoso, se ne sta poggiato ai cuscini, tutto intento a leggere quello che sembra il manuale di Incantesimi.
«Draco, ho portato compagnia, oggi. C’è Daphne Greengrass, la mia amica».
Al di là delle profonde occhiaie scure, il suo viso è ancora più pallido. Merlino, quanto mi è mancato!
«Come ti senti?» chiede Pansy, sedendosi sul bordo del letto e lasciando a me la sedia.
Vorrei perlomeno salutarlo, ma la mia voce sembra essersi incastrata da qualche parte tra la pancia e la gola: non riesco a proferir parola. Va anche peggio quando sento gli occhi di Draco addosso, quando capisco che mi pensa, che mi cerca in silenzio mentre ascolta le chiacchiere vuote di Pansy. Posso solo rispondere con sguardi fugaci e palpebre basse, nella la speranza che un cenno valga più di mille parole, di un abbraccio, una stretta di mano, una carezza.  
Quando si è diffusa la notizia dell’incidente, non potevo credere alle mie orecchie: ho pensato al peggio e ho immaginato la vendetta del Signore Oscuro verso il suo giovane servo incapace. Per alcuni interminabili minuti ho pensato che Draco stesse per morire, preda di atroci tormenti. È stata una paura grande, bianca, come un verme nel mio petto, un mostro nelle viscere. In seguito, ho patito la terribile agonia di saperlo qui, tra medicine e lenzuola puzzolenti, circondato da falsi amici e tuttavia non potergli stare accanto. Adesso che solo la distanza di un respiro ci separa, lo guardo e cerco di ricordarmi che no, non posso piangere né prendergli la mano. Non posso dirgli quanto sia immensamente grata al cielo che lui stia bene e che sia ancora qui con me.
«Merlino, questo posto è così squallido…» commenta Pansy per far conversazione, guardandosi intorno. «Tua madre sarà inorridita, Draco».
«Tanto non resterò qui a lungo» commenta lui. «Cuscini come questi fanno più male che bene».
«Non posso credere che non siano riusciti a trovartene nemmeno un paio decenti!» Merlino, Pansy è seriamente allibita!
Io, invece, inizio a pensare che ci sia sotto qualcosa. «Scommetto che madama Chips li tiene nel suo ufficio, in attesa che questi cosi bitorzoluti si consumino» continua Draco, mostrando interesse per un’inezia tanto sciocca.
Pansy non sa leggere il volto di Draco, non nota il suo desiderio impellente di liberarsi di lei. Cosa vuol fare? Se solo potessi ritrovare il mio posto tra le sue braccia tutto andrebbe meglio, senza più paure, senza più dubbi. Ne ho bisogno, come l’aria.
«Bene. Ora mi sentirà».
Pansy parte come una furia in direzione dell’ufficio dell’infermiera e lascia me e Draco finalmente soli. Non c’è tempo.
Mi alzo, mi chino su di lui, veloce, impaziente: una mia mano tra i suoi capelli e la sua sul mio polso, così ci baciamo con forza. La preoccupazione, la paura e l’amore degli ultimi due giorni restano prigionieri delle nostre labbra, tra la furia e l’affanno. Disperatamente ci perdiamo l’uno tra le braccia dell’altro e lui non si tira indietro né mostra indifferenza. Con un volto nuovo, mi bacia, ed io lo sento vivo e vicino e presente, colmo di qualcosa che prima non c’era: il desiderio di essere esattamente dov’è, di essere proprio con me.
Non parole, né lacrime, né sussurri; quell’unico bacio basta a entrambi.
Con un bacio, prendo su di me i suoi timori, la sua sfiducia, la sua mancanza di coraggio. Li prendo io, perché lui non può compiere il suo destino portandoli con sé. Con un bacio, lui si confida, libero di essere se stesso, pieno di debolezze, incapace e vile. Sa che chi ama non giudica.
Quando le voci di Pansy e di madama Chips si fanno più vicine, ci separiamo. Draco lascia riposare la sua mano sulla mia guancia per qualche secondo, teneramente, e non distoglie i suoi occhi di acqua e di pioggia dai miei. Gliene sono grata: una carezza è ciò che di più simile ad una dichiarazione posso aspettarmi da lui.
Infine, come un automa, continuo a stare al fianco di Pansy, traditrice fino in fondo. Libero come un’aquila, invece, il mio cuore s’innalza verso le vette più alte.
 

 
– Appunti –
 
Appena sette anni dopo quel fatidico sesto anno, la mia vita era già irriconoscibile. Ho una buona memoria: ricordo persino i dettagli del giorno in cui firmai la mia condanna.
Me ne stavo seduta sull’erba perfettamente curata di Villa Malfoy, circondata dai pavoni e dalla deliziosa brezza di giugno, senza curarmi di macchiare il mio nuovo abito di seta color delle stelle. La testa mi scoppiava, imprigionata dai fermagli, i piedi dolevano, stretti nelle scarpe troppo alte, e il cuore sanguinava, serrato nella morsa della fede nuziale. Alle mie spalle, la grande magione di pietra non era più quieta e ombrosa, ma ricca di luci e di voci e vi scorreva a litri il miglior Idromele di tutto il mondo magico. In verità, il posto a me destinato si trovava al centro esatto di quella grande festa, ma non potevo sopportarlo e per questo ero fuggita.
Come potevo fingere gioia? Come potevo restare al fianco di mia sorella, stringerle la mano ed essere sua complice, mentre rubava la mia felicità? Chi potrebbe pretendere questo da me, una volta saputa la verità?
Colpa mia, mi ripetevo, là fuori. Solo colpa mia. La sceneggiatura di quel macabro sposalizio l’avevo tracciata di mio pugno nei giorni della leggerezza, dell’adolescenza.  
Tra le ombre e le fronde dei giardini di casa Malfoy, ero quindi sola con i miei demoni. Provavo un’amarezza infinita, figlia delle speranze vane, dei sogni infranti, del futuro che non avrei mai potuto avere, nonostante tutti i miei sforzi. All’epoca, avevo da poco compiuto ventiquattro anni; agli occhi del mondo ero una deliziosa giovane donna, una sposina novella, la fiera presidentessa dell’associazione Toujours pur, in difesa dei diritti dei maghi. In realtà, dentro di me già sapevo che persino il ricordo di Daphne Greengrass stava sbiadendo.  
 
C’è poco da spiegare: la caduta del Signore Oscuro ha portato miseria nella mia vita, l’oblio forzato degli ideali di un tempo, il tradimento della purezza, della nobiltà, di ogni sogno di potere e di gloria. Non ho mai realizzato grandi cose: visti i miei trascorsi e la mia anima tormentata, il mio prudente padre pensò di marchiarmi a vita come sposa di Charlie Macmillan – ottima famiglia purosangue, certo, ma anche squisito simbolo di inettitudine. Merlino, non posso pensarci: sarò per sempre la moglie di un Tassorosso!
«Avrai una vita tranquilla al suo fianco, mia cara» ha mormorato il vecchio il giorno del mio matrimonio, mentre mi accompagnava all’altare.
Mi piace pensare che la sofferenza mi abbia fortificato, negli anni; persino nei giorni più bui riuscivo a sopportare la presenza del Macmillan nella mia vita, nella mia casa, nel mio letto, alle feste e alle cene e in tutti quei luoghi lontani dal mio cuore e dalla mia mente. Per contro, ancora oggi non posso accettare il fatto che Draco non mi abbia voluta per sé.
C’è stato un momento, nella mia adolescenza, in cui sono stata assolutamente certa di possedere il suo amore. C’è stato un attimo in cui ho creduto di essere la sola persona al mondo capace di accettare e condividere la vita e le debolezze di Draco Malfoy. Di certo ci sono stati giorni in cui sono stata importante per lui. Ma ora tutto è passato e tutto è andato storto.
Da diciassette anni il pensiero di quell’unico anno trascorso insieme mi tormenta ogni giorno. La memoria ritorna, instancabile, alle parole, ai baci, ai gesti, alla paura e ai sogni, all’adrenalina pura che mi scorreva nelle vene, alla mia unica vera vita. Ogni giorno rivivo quella sera nel bagno del secondo piano, quando ho giurato eterno amore ad un assassino in lacrime.
Sono certa che se Katie Bell, quel giorno di ottobre del 1997, fosse morta, oggi non sarei qui, non in questo stato. Se Katie Bell fosse morta, la storia di Draco e la mia avrebbero potuto essere di gran lunga diverse, migliori; a correre giù per quella china ci siamo feriti entrambi.
Per Draco - indegno, codardo erede di una casata in disgrazia – la vita di Katie è stato il monito ambulante ai suoi insuccessi, il ricordo costante di un compito impossibile, l’avvertimento dell’incombente tragedia e della fine del suo mondo. È precipitato, quel sedicenne spiantato e crudele, accecato dal suo desiderio di gloria, incapace di destreggiarsi tra l’indole violenta e il cuore vile. Se Katie non fosse sopravvissuta, il Draco di allora ne sarebbe uscito più forte, più consapevole, pronto per la vita che aveva scelto, forgiato dal fuoco dell’errore, segnato dal marchio del potere e della morte. Il Draco di oggi sarebbe qualcosa in più che la miserabile ombra delle glorie passate.
Se Katie fosse morta, forse lui non sarebbe il marito di Asteria da quasi dieci anni.
Se Katie fosse morta, io stessa sarei riuscita ad amarlo un po’ meno e avrei avuto la possibilità di continuare la mia vita senza conoscere quell’amore malato che ti annienta, che ti distrugge senza pietà. Se non avessi scoperto così tanto di lui, se non mi fossi immersa così a fondo nella sua anima, forse non sarei qui a sperare che possa amarmi ancora.
Oh Katie, quanto ti ho pensata in questi anni!
 
Scusi, riprendo con il racconto.
Dunque, come le dicevo, ricordo bene il giorno della mia caduta in disgrazia. Neanche a dirlo, corrisponde al giorno in cui Draco mi ha detto addio per sempre.
Mi trovavo nel parco di villa Malfoy, appunto, la sera del matrimonio di Draco e Asteria: solo quando il suono della musica – mi sembra ancora di sentirlo, quel meraviglioso quartetto d’archi! – si fece più intento ed il silenzio del tramonto venne rotto da voci e risate lontane, solo allora riuscii a distogliere la mia attenzione da quel pantano che erano i miei pensieri.  Con stizza asciugai le lacrime e attesi che quei passi soffici nell’erba si avvicinassero, sapendo bene chi avrei trovato alle mie spalle. Lui mi prese la mano e l’anello d’oro, nuovo e lucente, brillò placido sulla sua pelle pallida, quasi identico al mio eppure così diverso.
«Non costringermi a sedermi per terra, ti prego» esordì, incombendo su di me.
Io risi, ovviamente. Oh, io l’ho fatto, amore mio, pensai. Io sono scesa nell’abisso più scuro e nella profondità del male pur di starti accanto.
«Daphne, non fare così. Non è da te umiliarti in questo modo…» provò a convincermi.
«Perché sei venuto a cercarmi?» basta convenevoli, decisi.
Lui esitò: «Asteria non vuole dare il via alle danze senza di te».
Bastò quello a farmi capire che non c’era modo di sfuggire allo sfacelo di quel giorno, alla condanna della vita.
«Tua moglie Asteria, intendi?» infierì, più su me stessa che su Draco.
«È pur sempre tua sorella…»
Con uno scatto mi alzai e lo guardai dritto negli occhi. Ricordo che aveva proprio l’aspetto di un mago per bene: capelli lucidi, mani curate, un completo d’alta sartoria e l’aria adulta, da uomo fatto. Più vecchio del mio ideale romantico, forse; iniziava già a stempiarsi leggermente e il suo viso non era più tanto liscio. Io, invece, senza scarpe, carica di umidità, appesantita dalla sera e trascinata a fondo dalle lacrime che non avevo saputo trattenere, mi sentivo una ragazzina al suo fianco.
Ero – sono tutt’ora – ancora lì. Ero e sono ancora quella sedicenne buia e cupa che lo aspetta, per sognare grandi cose insieme.
«Cos’ha lei che io non ho?» gli chiesi infine. «Nemmeno la conosci, maledizione!» non potei fare a meno di inveire, davanti a quel suo portamento sicuro, l’aria stabile, lo sguardo spento.
«Lo sai chi era il suo migliore amico ad Hogwarts, eh?» chiesi e, senza pensare, lo spintonai. «Le hai mai chiesto qual è stato il suo contributo alla guerra?» ancora e ancora. «Hai idea di cosa voglia dire per la tua famiglia sposare una come lei? A scuola non era nemmeno in Serpeverde, diavolo!» e qui gridai, persino, come una bambina.
Lui continuò ad indossare la sua maschera di ghiaccio, quell’apatia bianca che si sposa così bene ai suoi lineamenti fini. Un mostro di freddezza, ecco chi era il ragazzo che strinse i miei polsi tra le mani, mentre gli lanciavo addosso tutta la mia rabbia e tutto il mio dolore. Mi tenne distante, come se fossi pazza o, ancor peggio, disgustosa nella mia debolezza.
«Solo io ti conosco a fondo, Draco. Solo io posso proteggerti» conclusi, liberandomi dalla sua presa e cercando di riacquistare un contegno.
Mi strinsi nel mio abito d’argento, una misera protezione rispetto al gelo del suo tocco.
«È proprio questo il punto, Daphne».
Ebbi l’impressione che fosse un grande sacrificio, per lui, abbassarsi al mio livello e spendere qualche parola per lenire la mia anima ferita e spaventata. Sgranò leggermente gli occhi: «Io non voglio essere protetto, non ne ho bisogno» disse, con malcelato rancore.
Il cielo alle sue spalle era rosso, infiammato di dolore e di rabbia – ancora una volta, il mio dolore e la mia rabbia; il cielo era anche blu, dello stesso colore che immagino abbiano i rimpianti.
«La guerra è finita. Finita, Daphne. Apri gli occhi».
«Sei felice, quindi, Draco? Soddisfatto così? Un bel po’ di soldi, una bella casa, la mia dolce sorellina come moglie, una vita dimessa dopo la guerra?»
Lui incassava in silenzio; le luci del salone bagnavano l’erba dietro di noi, tracciando disegni d’ombra sul suo volto di sposo.
«A me non basta, capito? Non basta» mormorai. «Quello che avevamo a scuola, quello sì che era qualcosa per cui valeva la pena…»
«No. Non per me» replicò lui immediatamente, con la voce e il volto di chi ricordava un incubo.
Restai immobile ad ascoltare l’amore della mia vita mandare in pezzi persino le illusioni del passato.
«Come puoi non capire, Daphne?» continuò, mentre pian piano la sua posa compassata si smontava. «La guerra ha messo a nudo quello che non potrò mai essere. Non sarò mai come mio padre, o come te: nessuno di voi è riuscito ad insegnarmi come affrontare la paura, come avere coraggio, come essere leale» disse, mentre la sua postura perdeva sicurezza, le spalle si ingobbivano, il gelo dello sguardo lasciava spazio alla paura.
Un inaspettato fiume di parole si riversò su di me, mentre l’erba sotto i piedi si faceva sempre più umida e il cuore sempre più pesante.
«Sono così felice che tutto sia finito. Perché vuoi continuamente rinfacciarmi la mia viltà? Ho rischiato e ho perso tutto: la vita, la famiglia, il futuro. Perché continui a ripetere di conoscermi a fondo? Non capisci che, se potessi, cancellerei ogni tuo ricordo?» continuò, dardi su dardi.
«Draco? Sei tu?» una voce, quasi ridente, si affacciò improvvisamente dal salone e lo chiamò.
No.
Non ora.
Non portatemelo via ora, pensai.
Anche lui udì quella voce e allora parlò più in fretta «Io non ti ho voluta, Daphne, perché appartieni alle glorie del passato, a quella vita che tutti coloro che Lo hanno seguito devono nascondere. Sei così testarda: continui a vedere in me un ragazzo che non esiste più. Davvero rivuoi il sognatore, l’idealista, il bambino che giocava a fare l’adulto? Un ragazzo che non sapeva nulla del mondo».
Mi avvicinai, restai ferma a un passo dalle sue mani: «Ma tu almeno mi amavi…» mormorai.
«Daphne, avevo sedici anni. Ti amavo, certo… ma cos’è l’amore di un sedicenne?»
Più delle sue parole, mi ferì quel tono, quell’accondiscendenza, quella pietà con cui le pronunciò.
«Draco?»
Era proprio Asteria l’intrusa, leggiadra e bella nel suo abito da sposa. Mosse qualche passo verso di noi, esitante. La mia mente registrava tutto, gli occhi vedevano e il cuore la odiava per ciò che mi aveva fatto e ciò che stava per fare: rovinare persino il momento peggiore della mia vita.
«Perché proprio lei?» ripetei in un soffio. «Perché mi stai portando via anche mia sorella?»
Esitò ancora una volta, lasciando passare terribili secondi di silenzio.
«Me lo devi: perché?»
«Merlino, Draco, l’hai trovata!» esclamò a quel punto Asteria, ancora abbastanza distante ma in grado di scorgermi alla luce della bacchetta. Sollevò la gonna e prese a camminare più svelta: «Non poteva essere sparita senza salutare, la mia Daphne!»
Questo è il nostro addio, quindi - pensai. Una domanda pendente, l’affetto di Asteria, i nostri occhi incatenati: i miei, così disperati, i tuoi, così grevi. Ti prego, una parola, una sola parola ancora!
«La mamma iniziava a preoccuparsi, sai?» continuò Asteria, assicurandosi che noi l’udissimo, avanzando felice come si conviene ad una sposa.
Ti prego – mormorai nella mia mente – ti prego non voltarti, ti prego non lasciarmi così.
Non lo fece.
Di scatto mi abbracciò: mi strinse tra le braccia mentre sua moglie rideva e camminava verso di noi.
«Asteria è tutto ciò che desidero ora. Asteria conosce l’uomo che sono diventato. Asteria lascia che sia libero di andare avanti invece di incatenarmi ad un passato che voglio dimenticare» bisbigliò al mio orecchio.
Così mi lasciò.
Se ne andò senza più voltarsi. Camminò verso la sua piccola sposa vestita di bianco, dritto e composto; le prese la mano e le sorrise mentre lei si stringeva al suo fianco.
«Tutto bene?» la sentii chiedere.
«Certo».
«E Daphne?»
«Passerà a salutarti domani mattina, prima della nostra partenza: un impegno di lavoro costringe lei e Charlie ad andare via presto».
«Oh. Vado subito da lei…» Asteria fece per voltarsi.
«No», la fermò, le sorrise. «Ci aspettano» le ricordò.
Si allontanarono insieme, così giusti, così perfetti, figure in controluce sullo sfondo abbagliante e luminoso della festa di nozze. Restai sola nel buio del giardino, tra i pavoni e le ombre di Villa Malfoy.
Col senno di poi, so che non sarei dovuta restare lì ferma a guardarli. Oggi so che non avrei dovuto fargli quella domanda, né pretendere la sua risposta.
Infine, in quel giardino perfetto, rimanemmo io ed un solo pensiero. Si trattava più che altro di un chiodo fisso: uccidere con quelle mani così tremanti, con quel cuore in pezzi, con quel fiato corto e quegli occhi ciechi, Katie Bell. Dopotutto, perché non ricominciare da capo? mi dicevo. Così, la notte calava e la sete di vendetta sorgeva nel mio cuore.
 
Questo è tutto, signor Elliot.
Questa è la vera storia dell’omicidio di Katie Bell, portata a compimento per mia mano e volontà il 17 giugno di dieci anni fa. Questa è la storia della mia vita e del mio declino.
Le auguro di scrivere un buon articolo, anche se dubito che i Malfoy le permetteranno di pubblicarlo.
Ma, se posso permettermi, sono felice che almeno lei sappia la verità. Non se la prenda: il mio destino è quello di essere dimenticata, signor Elliot, e così sarà.
 
 
***
 
Jonhatan Elliot, inviato speciale della Gazzetta del Profeta, ferma la Penna Prendiappunti e guarda la giovane donna di fronte a lui, scarmigliata, con gli occhi ancor più allucinati degli altri detenuti.
Eppure sorprendentemente lucida.
Al petto porta un cartellino: Daphne Macmillan, recita.
- Povera cara pensa. – Di lei non rimarrà neanche il nome.
 


 
 
Fine
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Note
 
In questa storia si parla di un amore – un amore giovane e vissuto dai protagonisti in maniere di certo differenti, ma pur sempre amore – distrutto dal destino: la guerra, la paura, la morte sono fattori che lasciano traccia, che segnano profondamente. Tra il Draco ai tempi della scuola e il Draco adulto c’è una differenza enorme. Mi sono chiesta: come avrebbe potuto continuare ad amare la stessa ragazza con cui aveva condiviso la sua breve parentesi da Mangiamorte?
Ho cercato di rendere il carattere contrastato di Draco al meglio delle mie possibilità. Volevo che emergesse il suo egoismo, la sua viltà, il suo sostegno convinto agli ideali di Voldemort. Ho sempre pensato che desideri davvero il trionfo del Signore Oscuro e la gloria per la sua famiglia. Eppure non potevo ignorare il sentimento di smarrimento e la debilitazione che deve per forza aver provato dopo la caduta in disgrazia dei Malfoy. Rabbia, determinazione, paura, il crollo alla scoperta del suo fallimento come erede del padre e alla perdita del suo posto nel mondo: che fare quando non riesci ad essere fino in fondo un Mangiamorte né uno dei “buoni”? Insomma, ho cercato di far trasparire tutto questo.
Non so se ci sono riuscita. Non credo: è un personaggio estremamente difficile, così pieno di ombre e di sfaccettature. Tuttavia, provarci è stato stimolante e davvero interessante.
Con Daphne è stato tutto molto più semplice, dato che la Rowling non dice praticamente nulla sul suo conto. Spero vivamente di non aver esagerato nel caratterizzare il suo modo disperato e folle di amare…
Volevo che la sua ideologia fosse affine a quella del peggior Mangiamorte e che questo fosse il primo punto di contatto tra lei e Draco. Non è buona, insomma, ma questo non le impedisce di essere estremamente fragile e di fondare la sua intera vita su un’esperienza fugace dei suoi sedici anni. Ho cercato di mettere i semi della follia sin dall’inizio: quando accetta la storia sbilanciata con Draco, quando decide di far qualsiasi cosa per lui, nella viscerale convinzione che lui l’amerà per sempre.
La mia Daphne non ha presa sul presente, non ha controllo delle sue emozioni, vive tutto al massimo: la fedeltà agli ideali purosangue così come l’amore. Le sue convinzioni non mutano con il passare del tempo, non ha la flessibilità mentale ed emotiva che porta le persone a crescere.
Ammetto che, ad un certo punto, ha scritto da sé la sua storia e io l’ho lasciata fare.
Ho sempre cercato di incastonare la sua vicenda nella versione canonica della saga, salvo l’enorme cambiamento del finale.
Non smetto di interrogarmi su questo finale: ho fatto della mia protagonista un’assassina, l’omicida che Draco non è mai stato in grado di essere. Daphne riversa su Katie le sue frustrazioni, elabora la vicenda della collana come capro espiatorio di ogni fallimento della sua vita. Dato che vive ogni cosa a mille all’ora, mi sembrava giusto dar spazio a una conclusione tragica e irrevocabile. Allo stesso modo, la goccia che ha fatto traboccare il vaso non poteva essere che la rinuncia definitiva a Draco.
Infine ho scelto di prendermi questa libertà anche perché le notizie che abbiamo sulla vita di Daphne e Katie sono davvero pochissime. In ogni caso è la classica conclusione venuta da sé, così spontanea e naturale che – nonostante continui a sembrarmi veramente troppo ardita – ho deciso di mettere per iscritto.
La cornice narrativa è secondaria ma spero si spieghi e si intuisca bene dalla storia: Daphne, ad Azkaban presumo, concede un’intervista e un giornalista registra la sua testimonianza. Oltre a questo ho inserito alcuni flashback per gli anni della scuola.
Il titolo, ma in generale anche l’idea della testimonianza, deriva dal fatto che ho da poco finito di leggere “La verità sul caso Harry Quebert” XD
 
Bene, avrei altre mille cosa da aggiungere… ma posso anche fermarmi qui.
Spero che la lettura sia piacevole e non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate!

 
 
 

Note “tecniche”
 
[La storia ha partecipato al contest Are you mine? indetto da Mary Black sul forum di Efp, classificandosi quinta. E' stata ispirata da questo pacchetto da lei ideato: 5. Draco Malfoy/Daphne Greengrass. All'inizio migliori amici, ne nasce una relazione. Sullo sfondo, si organizza il matrimonio tra Draco e Asteria.]
 
[La storia, riveduta e corretta, ha partecipato al contest La magia delle parole – II edizione indetto da Nirvana_04 sul forum di Efp, classificandosi prima. Il pacchetto a cui si è ispirata è: La verità delle parole: una confessione che cambierà le sorti della storia (Bonus: la morte di un personaggio importante ai fini della trama)]  
 
[La storia, riveduta e corretta, ha partecipato al contest Il vostro meglio indetto da Matilde di Shabran sul forum di Efp, classificandosi prima]

 
 
[La storia, riveduta e corretta, partecipa al contest Come to the dark side?Ehm... indetto da Severa Crouch sul forum di Efp]  
 
 
 
 
--- Storia riveduta e corretta il 18/10/18 ---




 
  
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