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Autore: Red_Coat    11/02/2017    2 recensioni
Genesis.
La mia vita, per te.
Infinita rapsodia d'amore
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DAL TESTO:
Un bagliore accecante invase la grotta, ed io capì che l'avevo raggiunta appena in tempo. Alzai gli occhi, e vidi uno splendido angelo con una sola ala, immensa, nera e maestosa, planare dolcemente su una roccia. Rimasi incantata, con gli occhi pieni di lacrime, a fissare la sua sagoma, fino a che non mi accorsi che i suoi occhi verdi come l'acqua di un oceano di dolore e speranza seguitavano a fissarmi, sorpresi e tristi.
Fissavano me, me sola, ed in quel momento mi sentii morire dal sollievo e dalla gioia
" Genesis! " mormorai, poi ripetei il suo nome correndogli incontro
C'incontrammo, ci abbracciammo. Mi baciò.
Ed io, per la prima volta dopo tanto tempo, piansi stretta a lui.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Vincent Valentine, Zack Fair
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo XIV


Non è per essere ripetitiva, ma davvero sono poche che io ricordi le giornate belle come quella prima che passai assieme a Zack Fair, allora 2nd class di appena diciassette anni.
Zack the puppy.
Me lo ripetei fino a quasi neanche più accorgermi di farlo, mentre ero con lui. E più lo facevo, più sorridevo osservandolo e stringendo la mia mano attorno al suo braccio.
Sprigionava gioia e amore, era un vulcano di energia positiva e sapeva sempre come prendermi e quando era il momento giusto per farmi ridere, piangere o riflettere.
Devo dirti la verità, Genesis … se ci penso, ancora adesso a distanza di tempo … ero e sarò sempre felice di avere al mio fianco persone come lui, che rendono meno grave e profondo il buio e il silenzio di questi giorni in tua assenza.
Quei ricordi di cui mi fece dono, quel giorno e in quelli successivi … sono le uniche cose che rendono il sole meno stanco di risplendere, assieme alla tua voce che cita i versi di Loveless solo per me.

 
***

Il nostro viaggio in treno durò all’incirca un paio di ore e mezza.
Seduti su uno dei tanti sedili all’interno del vagone di centro, le trascorremmo tutte a parlare e ridere, fermandoci ogni tanto ad osservare il paesaggio che cambiava fuori dal finestrino, ma senza dare il tempo al silenzio di gettarci addosso paure, incertezze o ansie. Lo sapevamo già benissimo entrambe, che quella situazione non sarebbe dovuta neanche esistere.
Passammo dal grigio di Midgar al deserto assolato della periferia, fino ad arrivare al multicolore vivace della campagna circostante la grande città sede della Shinra. Eppure ci volle un bel po’, davvero un bel po’, prima che la cupola del HQ scomparisse completamente dalla nostra vista, mentre il dolce tamburellare del treno sulle rotaie ci portava lontano, sempre più lontano, verso l’elicottero che ci avrebbe condotto a Gongaga … e mi avrebbe precluso la possibilità di incontrarti di nuovo.
Non sapevo ancora, se essere grata a Zack per questo visto come sarebbero andate a finire le cose. O se al contrario rimproverarlo, anche se … gli volevo troppo bene per riuscire a farlo.
 
Avevo chiuso per qualche secondo gli occhi, giusto il tempo di farli riposare dall’intensa attività a cui erano stati sottoposti.
Ascoltare il mio fratellino era un piacere e non avrei mai voluto smettere, ma la mia mente era ancora ingombrata da pensieri per la maggior parte difficili, tristi e preoccupati, per cui dovetti compiere uno sforzo immane per non lasciare che questi, uniti ai sensi di colpa che bastardi e invadenti che continuavano ad attanagliarmi e azzannarmi l’anima, prendessero il sopravvento. Sforzo che mi lasciò così sfibrata da farmi venire il mal di testa, oltre che un’ansia e una nausea tremenda, proprio a me che non avevo mai sofferto il treno né alcun altro tipo di veicolo, se non forse un po’ l’auto quando correva troppo in curva.
Così approfittai di un attimo in cui rimasi sola nella cabina per rilassarmi, o almeno cercare di farlo, mentre Zack se n’era andato a cercare il vagone ristorante per comprare qualcosa da sgranocchiare.
Poggiai la testa sul vetro, e guardando il panorama che scorreva veloce oltre esso pian piano chiusi gli occhi e mi lasciai andare. E d’un tratto, per la prima volta, iniziai ad avere come la strana, bella ma anche un po’ destabilizzante sensazione che ci fosse forse qualcosa di diverso, in me.
Non nei miei sentimento, ma in quel nuovo coraggio, quella nuova determinazione che sentii nascere dentro al mio cuore come una calda, potente e confortante luce. E mentre la osservavo crescere, con la mia immaginazione (o forse fu soltanto un sogno?), il suo calore all’improvviso divenne quasi reale, tanto che riuscii a percepirlo anche fisicamente, come un abbraccio lento ed intenso che mi trascinò dentro ad una sensazione talmente incantevole e strana da spingermi ancora oggi a chiedermi se fosse il principio di ciò che mi aveva permesso di raggiungerti, o semplicemente una dolce visione regalo della mia sempre fervida fantasia.
L’unica cosa che sapevo e di cui ancora oggi sono certa, è che fu anticipo di un cambiamento importante, per me. Il più importante di tutti, quello che mi avrebbe permesso di sopravvivere, dandomi le armi per combattere tutte le battaglie che mi avrebbero atteso, da lì a poco, troppe per me senza di te.
Come facevo a saperlo?
Neanche questo riesco a spiegarti. Lo sapevo, e basta.
E il mio cervello per la prima volta non fece ulteriori domande e si accontentò di quelle risposte vaghe e stentate, accettandole come verità incontestabili.
Che mi stessi abituando all’idea di vivere in quel mondo così lontano dagli schemi del mio, e così pericoloso?
O che invece fosse solo un effetto rilassante del sorriso di Zack dopo tutti quei continui e oserei aggiungere anche terrorizzanti shock ai quali ero stata sottoposta a Midgar?
Non ne avevo idea. Ora volevo solo pensare a cosa avrei fatto in quel mondo, perché non potevo pretendere di rimanere immune da ciò che sarebbe successo da lì a poco, non volevo lasciare … che tutto accadesse senza poterci fare nulla. Un motivo doveva pur esserci, se ero stata catapultata lì, ed io continuavo a pensare che fosse per causa tua.
Dovevo incontrarti di nuovo, volevo aiutarti, starti accanto, ma non farmi coinvolgere in quel che avresti deciso di fare. Capivo le tue scelte, sapevo fossero dettate dalla disperazione e dalla rabbia, ma proprio per questo volevo impedirti di precipitare prima che fosse troppo tardi.
Per questo dovevo assolutamente trovare un modo per raggiungerti, e una posizione da cui, eventualmente, agire senza rimanere coinvolta.
Si, lo so.
Rimasi stupita io stessa di quel pensiero così lucido che fui in grado di formulare così all’improvviso, in un momento simile e in maniera del tutto inaspettata. Così come fui stupita nel coraggio e nella forza con cui riuscii a renderlo stabile e determinato nel mio cuore. Sono sempre stata una ragazza senza peli sulla lingua, tu lo sai bene amore mio, una di quelle che quando si mettono in testa una cosa non c’è verso di togliergliela. Ma la paura ha sempre fatto di me quello che voleva, e fino a quel momento io ne avevo tanta.
Ma evidentemente mi ero ripresa abbastanza bene, e quello fu il momento per accorgermene.
Proprio nel momento in cui il torpore di quel sogno rilassante iniziò a svanire, udii alcuni passi veloci e decisi avvicinarsi verso di me, e poi qualcuno sedersi accanto a me e osservarmi per qualche istante esitante e poi sospirare, tornando a poggiare la schiena contro il sedile. Sorrisi.
Anche da quei piccoli dettagli lo avrei riconosciuto.
Immaginai i suoi occhi grandi sgranarsi per lo stupore, poi i suoi muscoli rilassarsi e infine decisi che era giunto il momento per fargli capire che non ero ancora del tutto priva di conoscenza.
 
-Zack …- bofonchiai, continuando a tenere gli occhi chiusi.
-Eh?- fece lui, rizzandosi da subito a sedere e prendendo a fissarmi attentamente.

Allargai il sorriso sulle labbra, quindi sospirai e piano riaprii gli occhi, puntandoli nei suoi e scoccandogli infine un occhiolino.
 
-Pensavo dormissi!- esclamò lui, tornando a sorridere felice -Mi hai fatto prendere un infarto!- rise poi.
 
Ormai completamente svegliata da quel suo buonumore, mi rialzai tornando a sedere composta, stiracchiai un po’ i muscoli delle spalle e il collo, e poi tornai a guardarlo come una bambina incuriosita fa col tenero gattino che ha di fronte.
Lui replicò con un sorriso complice e un occhiolino. E di nuovo i nostri sguardo s’incatenarono l’uno in quello dell’altro, tanto che alla fine mi ritrovai ad arrossire, tossicchiando e spostando il mio sguardo sul paesaggio oltre il finestrino.
Lui sembrò non darci peso. Piuttosto appoggiò un pacco di patatine e un paio di bottigliette d’acqua sul sedile vuoto accanto al suo, e dopo averle aperto entrambi me ne offrì un po’.
Accettai la bottiglia d’acqua con enorme gratitudine. Avevo un caldo quasi innaturale addosso, pensai forse per colpa dei condizionatori, e un’arsura incontrollata che seccava le labbra e la lingua. Me ne scolai quasi la metà, quindi presi dal pacchetto che era nelle sue mani anche un po’ di patatine ed iniziai a sgranocchiarle per colmare il vuoto che rodeva il mio stomaco.
Lui mi osservò in silenzio, con un sorriso più bello dell’altro.
 
-Allora …- mi decisi alla fine a parlare -Com’è Gongaga?- gli chiesi, pentendomene subito dopo.
 
Non che non lo sapessi. E' che volevo fare qualcosa per impedire che anche quel momento degenerasse, solo che … forse quello non era uno degli argomenti più opportuni, e me ne accorsi guardando il suo sorriso e l’espressione nostalgica e anche un po’ melanconica che lo seguì, mentre guardava attraverso il finestrino con gli occhi improvvisamente anche troppo lucidi per uno come lui.
 
-Com’è Gongaga …- iniziò, riflettendoci un po’ su per poi far stridere l’aria tra i denti e sospirare, tornando a rivolgersi a me con un sorriso -Mmmh, vediamo … è il posto più figo e divertente che tu abbia mai visto.- concluse con entusiasmo -Ci sono solo quattro case e due botteghe, e un reattore mako. Anzi, no. Un gigantesco reattore Mako. - si corresse, dopo averci pensato un po’ -Si, un immenso reattore Mako proprio a pochi passi dal centro.-
 
Mentendo ancora una volta spudoratamente. Sorrisi, lasciandogli credere che ci fossi cascata, pensando nel frattempo a quanto fossi stata stupida. “Non avrei dovuto fargli questa domanda. Sono stata crudele.
 
-Ah!- proseguì nel frattempo lui -E poi ovviamente ci sono i manicaretti di mia madre e le verdurine sbiadite di mio padre!- scherzò, con un pizzico di nostalgia nella voce.
 
Ancora un altro sorriso da parte mia. “Da quanto tempo è che non li vedi, Zack?” mi chiesi, senza riuscire ad impedirmelo.
 
-Mi piacerà, allora.- replicai, unendomi al suo anche se finto buon umore.
 
A quel punto lui si fermò di nuovo a guardarmi, e di nuovo fui costretta a distogliere lo sguardo per non sentire di nuovo … quella voce, dentro di me. Quella che mi diceva che non ero giusto, che stavo sbagliando tutto, e che lo stavo ingannando.
Mi adombrai di nuovo, abbassando il viso senza che riuscissi ad evitarlo.
Cristo! Perché non potevo dirglielo?!
Lui mi osservò senza fare una piega, continuando a fissarmi con intensità. Quindi, quasi senza che io me lo aspettassi, si spostò venendosi a sedere al mio fianco, e mi chiese con nonchalance
 
-Parlami del tuo mondo, adesso.-
 
Sobbalzai, rizzando il capo all’improvviso. “Non farlo!” pensai, sopraffatta dalla paura. “Qualsiasi cosa succeda, sta zitta Valery! Dovrai dirglielo, se lo fai! Dovrai dirgli … che morirà. Che sai già come andrà a finire, con lui, con SOLDIER, e con Angeal.
Lo distruggerai!
 
-I-io …- balbettai, arrossendo e abbassando di nuovo gli occhi per la paura che solo leggendomi negli occhi lui potesse carpire quei miei pensieri -Non c’è molto da dire, in realtà.- conclusi, tornando a guardare fuori dal finestrino.
 
Ma lui non si lasciò scoraggiare da quella freddezza. Mi prese le mani tra le sue, lasciandomi senza fiato a guardarlo. Rabbrividii, e proprio in quel momento lui rincarò la dose, cercando al contempo di tranquillizzarmi col suo tono dolce e col suo sorriso vivace.
 
-Di che hai paura? Siamo solo noi adesso, qui non ci sono turks a sorvegliarti.-
 
Io lo fissai, e mi sentii … una bastarda. Solo una stronzetta bastarda. E spudoratamente bugiarda, come mi era capitato solo una volta nella vita di sentirmi, e anche abbastanza di recente. Solo che … stavolta era vero.
 
-Non è per questo, Zack.- replicai, un nodo in gola e gli occhi improvvisamente lucidi.
-E allora?- tornò a ribattere lui, alzandosi e mettendosi in ginocchio davanti a me, tornando a tenermi le mani -Sono un SOLDIER, sorellina. Non ho paura.- concludendo quindi, mostrandosi coraggioso.
 
Mi morsi la lingua.
E se quella … fosse invece un segno, l’occasione che aspettavo da tempo per dare un senso a tutto questo? Avrei potuto … se non dirglielo, almeno farglielo capire. Mi sarai sentita meno in colpa.
E così, spinta da quel pensiero anche un po’ egoista, biascicai la risposta che credetti si avvicinasse di più a quella vera.
 
-Io … vengo dal futuro.-

Rendendomi conto solo dopo quanto fosse in realtà stupida e ridicola. Ma, forse, non tanto per lui visto che lo sentii tremare appena, e il suo sorriso si spense per qualche istante mentre la presa sulle sue mani si allentava.
Il mio cuore iniziò a battere forte nel mio petto fino a darmi l’impressione che a breve mi sarebbe scappato via dalla gola.
“Lo sapevo!” pensai, tornando a mordermi la lingua talmente tanto stavolta da farmi male, e indurre un paio di lacrime a sfuggirmi dagli occhi. “Non avrei dovuto farlo.”
Ma, nonostante tutto, continuammo a rimanere così, lui inginocchiato di fronte a me a stringermi le mani, ed io che mi ci aggrappavo mentre con gli occhi cercavo quella luce nei suoi che, per qualche istante, all’improvviso per qualche istante si spense.
Ancora qualche altre istante, poi Zack s’alzò di colpo, e prese a passeggiare avanti e indietro nervosamente per la cabina vuota, massaggiandosi le tempie, quasi stesse cercando di credere a quella che lì per lì pensai gli sembrava un’assurdità pazzesca.
Non fiatai, trattenendo di nuovo il respiro. Fino a che …
 
-Capisco.-
 
Le sue parole non m’indussero ad alzare di nuovo lo sguardo verso di lui, e ad osservarlo attentamente. Annuì, poi mi rivolse un sorriso sincero e accorse nuovamente da me, abbracciandomi talmente d’impeto e forte che non seppi come replicare
 
-Tranquilla sorellina …- mormorò, le labbra vicinissime al mio orecchio destro, tornando poi a guardarmi e scoccarmi un occhiolino -Sarà il nostro piccolo segreto.- mi promise.
 
Era sincero. Ci aveva creduto davvero, anche se la verità che avevo in mente era molto più complicata di così. Ma … non importava.
Adesso, non importava più. L’importante … l’importante era averlo accanto, e stringerlo come mi ritrovai a fare subito dopo, sciogliendomi in un pianto liberatorio e immergendo il mio naso nella stoffa della maglia della sua divisa, mentre mi ci aggrappavo forte e lo sentivo accarezzarmi dolcemente i capelli per tranquillizzarmi, come con una bambina spaurita.
Non ero sola, adesso. Non più.
E pregai grata Dio per avermi dato il coraggio di resistere, supplicandolo anche di darmi la possibilità di ricambiarlo per quello che stava facendo per me, non appena ne avrei avuto la possibilità.


 
 
   
 
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