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Autore: battleforabsolution    11/02/2017    0 recensioni
L'amore è una dannazione a tempo indeterminato, e nonostante questa consapevolezza la gente lo cerca ossessivamente, affannandosi in ogni luogo e cercandone segnali in qualsiasi persona.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Il presente scritto ha per protagonisti personaggi di fantasia. Ah no, aspetta. Il presente scritto ha per protagonisti persone reali con ragionamenti di fantasia. Le vicende narrate sono frutto delle menti sadiche e incontrollabili delle due autrici e figuriamoci, niente guadagni. Grazie al cielo, non vi è alcun intento di verità, neanche lontanamente. Nessun intento offensivo e nessun diritto legalmente tutelato si intende leso. Have fun. Cheers.





 

CAPITOLO 3

 

Per quanto non piaccia ad anima viva, arriva per tutti quel preciso istante in cui è necessario affrontare la realtà e comprendere che le circostanze della propria vita non consentono più di assumersi determinati rischi. Quando l'ho incontrato, quindi, un'illuminazione divina avrebbe dovuto cordialmente avvertirmi che era il caso di salutarlo con finta gentilezza e mandare la sua sprovvedutezza a schiantarsi da qualche altra parte. Per questo motivo e per mille altri che non posso permettere nemmeno a me stesso di ammettere, la mia risposta al suo saluto entusiasta non poteva che essere una.
- Puoi dirmi cortesemente che cazzo ti scorre nelle vene, Bellamy? -
- Beh, l'emoglobina è apposto, grazie Brian. -
Pensando che questo appassionante dialogo avrebbe potuto tranquillamente bastarmi fino al giorno in cui sarei crepato in pace, avrei dovuto quindi avere la premura di scazzarmi fino a traboccare rabbia incandescente dagli occhi, intimorirlo, e soprattutto piantarlo in mezzo alla strada senza alcun ripensamento. Non è quello che ho fatto.
- Di grazia, conosci la ragione per cui dovrebbe importarmi? Hai compreso la domanda, Bellamy? Hai bisogno di un interprete? -
- Ma dai, Brian! - aveva esclamato allegramente Matt, senza curarsi della mia espressione vagamente strafottente e cercando addirittura di rifilarmi uno schiaffetto affettuoso sulla spalla - Haemoglobin is the key to a healthy heartbeat! Non sei mica così vecchio da non ricordartela! E comunque, quelle si che erano canzoni, altro che le ultime vacc.. -
- Bellamy! - avevo ruggito furente, tanto da fargli spiccare un salto ragguardevole.
- Santo Iddio, non farlo mai più! - mi aveva redarguito offeso, come se l'onore leso fosse stato il suo. - E comunque.. - aveva ripreso immediatamente sogghignando e sorridendo in modo sghembo come un pazzo in crisi di nervi - Il mio cognome te lo ricordi bene, eh Brian? -
Ignoralo, pensai a questo punto. Ignoralo perchè non sa quel che dice. Ignoralo perchè è la prima frase che pronuncia in cui forse sa un po' troppo quel che dice.
- Bene, Bellamy, ora sono a conoscenza del fatto che sai di avere un cognome. Pensi serva a qualcosa? -
- All'anagrafe, naturalmente, ma non è questo il punto. -
Sarò sempre convinto del fatto che è una gran fortuna avere un cervello che elabora velocemente determinate informazioni e che consente di non rispondere ad idiozie simili. O meglio, che consente di permettersi un pizzico di curiosità in più ma senza abbassarsi a certi livelli che potrebbero essere considerati punti di non ritorno.
- No, infatti, non è questo il punto. Non lo è perché non esiste. Non c'è alcuna combinazione astrale al mondo che preveda che ci sia un punto in qualsiasi nostra conversazione. - avevo spiegato pazientemente, maledicendomi per aver utilizzato un aggettivo possessivo in cui le nostre esistenze potessero confluire. - Non so neanche di preciso perché cazzo sono qui, e posso scommettere che non lo sai nemmeno tu. - avevo tenuto a notificare, tradendo una piccola porzione di nervosismo conseguente alla svista grammaticale.
- Io so perché sono qui. E per favore, non tentare di convincermi che proprio tu non conosci le ragioni alla base di ogni tuo comportamento, impostato o sincero che sia. - aveva detto invece guardandomi dritto negli occhi. Avrei preferito di gran lunga non l'avesse fatto, quei maledetti specchi di cielo aggiungono e riflettono sfumature come fossero sottotitoli più esplicativi in maniera incredibilmente dolorosa. - Non voglio che ci sia alcun tipo di competizione tra noi due. -
- Noi d.. -
- No, Brian. Lasciami parlare. - aveva aggiunto lapidario. - Come stavo dicendo, non voglio che ci sia alcun tipo di competizione tra noi due. Non intendo essere un conoscente sbiadito nella tua memoria, nè un tuo amico.
- Oh! - avevo esclamato teatralmente fornendogli prova di tutti gli ottimi insegnamenti di recitazione ricevuti, dalla Goldsmiths alle circostanze della vita. - Vedi che c'è speranza per tutti? Hai detto proprio la cosa giusta nel momento più opportuno, Bellamy. No, non guardarmi così, non c'è bisogno di allarmarsi. Sei solo matto. Non so se il tuo caso potrebbe mai trovare risoluzione, ma potresti provare a rivolgerti da qualche parte, magari. Lo vuoi il numero della mia analista? E' piuttosto brava, un po' strana a dirla tutta, ma brava. -
- No, non mi serve. In compenso sei tu quello che ha qualche problema, se pensi di conoscere la natura umana tanto da scrivere canzoni e poi non sai riconoscere il tentativo di una persona di avvicinarsi a te. - aveva sospirato pesantemente, lo ricordo fin troppo bene, ma il suo tono era fermo, come fosse già certo di aver compreso ogni mia sfaccettatura. Ogni mia paura, meglio. - Sono venuto a dirti che mi piaci. E me ne sbatto i coglioni se ora riderai di me tanto da accartocciarti su te stesso e abbassarti ancora di più. Io almeno ho il coraggio di essere, tu mostri soltanto quello di apparire. Voglio sapere chi sei. -

 

Non saprò mai analizzare fino in fondo la nostra relazione. Tuttora non capisco perché mi sono assunto la responsabilità di innamorarmi, pur conoscendo condizioni e conseguenze, di una persona schietta e allo stesso tempo totalmente confusa come lui.
Tutto sommato, capirlo è semplice. E' quello che dice ed il contrario di quello che afferma, l'impersonificazione di tutte le parti che mi compongono e di ciò da cui ho cercato di scappare per tutta la durata della mia vita. Non parlo di stupide dicerie provinciali per cui non è ancora del tutto chiaro se sono gli opposti che si attraggono o i simili che si prendono. Cazzate. Parlo della necessità perenne di fuggire da se stessi e del disorientamento che inevitabilmente ti investe in pieno viso quando le tue difese cedono proprio davanti alla concretizzazione umana di tutto ciò che sei e che non vorresti essere.
Mi ha travolto col suo modo di essere cosciente di ciò che sarebbe giusto fare e con la sua totale noncuranza rispetto a questo. Mi è arrivato addosso con un bagaglio di contraddizioni che non si respingono a vicenda soltanto per intercessione di un miracolo, di frazioni di secondo e di attimi mancati. Mi è arrivato e basta. Avrei potuto lasciar perdere, concedergli un'incursione dai tratti leggeri nel mio mondo e cacciarlo fuori non appena avessi notato i miei limiti farsi sempre meno nitidi. Ne ho avute di possibilità, me ne ha fornite tante, l'ultima ha un nome ed un cognome anche se quest'ultimo non lo ricordo nemmeno.
La questione è il mio atteggiamento verso i suoi limiti, che non esistevano prima e non vengono contemplati neanche ora. Un mese fa, giusto per specificare, spergiuravo che non gli avrei mai permesso di invadere i miei spazi vitali più della durata temporale di una settimana e mezza. Poi, ad un tratto, il panico.
- Beh, io vado allora! - aveva esclamato, senza preoccuparsi di non lasciare troppo spazio per intendere il peso che quelle parole trascinavano con sè. Se ne stava semplicemente andando perchè questo non è davvero il nostro spazio, è un'illusione estemporanea in cui ficcare la testa quando la vita reale diventa troppo pesante o troppo vuota.
- Dove vai? - l'avevo interrogato ostentando una tranquillità che sapevo essere inutile da rincorrere.
- Torno al mio bunker, come lo chiami tu! - mi informò colloquiale, nello stesso modo in cui avrebbe potuto informarmi del meteo del giorno successivo - E poi, testuali parole, mi avevi ammonito minacciandomi col tuo cipiglio tutto incazzato che era "Solo per una settimana, Bellamy! Devo preservare la mia salute mentale!" - rievocò allegramente, avvicinando anche l'indice alla bocca in un gesto troppo infantile anche per uno del tutto scoordinato come lui.
- Ma cosa dici - avevo ritorto immediatamente, - Non ho detto proprio niente. Hai le allucinazioni uditive, sarà la tua musica che ti rimbecillisce. O il tuo batterista, che dovrebbe suonare in modo tale da rendere se stesso ed il suono un po' più appartato. Andasse pure dietro il palco a bersi una birra ogni tanto, anche durante i live, cosa sarà mai.. -
Si, so cos'ho detto. Avrebbe dovuto andarsene per il mio bene, ma non avevo alcuna intenzione di rendergliela semplice.
- Ripeto, Bellamy, dove stai andando? -
Lo supplicai lievemente attraverso lo sguardo sperando potesse leggerci tutto quello che avrei voluto dirgli e che tenevo stretto alle corde vocali per paura di scoprire di avere troppo da perdere.
- Torno al mio bunker, come ti ho appena detto. - mi aveva informato sorridendo. - Prendo il resto delle valigie. -

   
 
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