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Autore: cristal_93    11/02/2017    2 recensioni
[Alcuni di questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di di Cassandra Clare. La storia è ambientata tra il terzo e il quarto libro di The Mortal Instruments. *Spoiler * da Cronache di Magnus Bane e Le Origini. La protagonista e, più avanti, anche altri personaggi, appartengono a me in qualità di Original Characters; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro]
A Brooklyn, dimora di una delle più grandi concentrazioni di Nascosti del mondo, presto farà la sua comparsa una ragazza proveniente dal lontano Oriente. Il suo nome è Yumi, ed è una strega, figlia di un demone e di un umana, ma è diversa da tutti i suoi simili, e nasconde un grande segreto. Ha viaggiato in lungo e in largo per molto tempo prima di raggiungere la Grande Mela, dove vive l'unica persona in grado di aiutarla. Ma la meta, pur essendo così vicina, in realtà è ancora molto lontana. E Yumi si ritroverà a combattere una dura battaglia, sia contro sè stessa, in cui dovrà scegliere se rivelare il proprio segreto o andare contro i propri principi morali e contro il proprio passato.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Catarina Loss, Magnus Bane, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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L'uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile
e distrugge una Natura visibile.
Senza rendersi conto che la Natura che sta
distruggendo è quel Dio che sta venerando.
 
Hubert Reeves
 
Le foglie d’autunno portate dal vento sul marciapiede scricchiolavano sotto le scarpe dei passanti, una fiumana di gente a malapena contenuta da quei tre metri scarsi di cemento. Era mattino presto, non erano neppure le otto, eppure le strade erano già stracolme di persone, come era comune vedere in ogni angolo di quella città sempre in movimento, come se l’intera metropoli fosse un gigantesco organo che, se si fosse fermato anche un solo momento, sarebbe subito perito.
Affluita in quella folla che calcava a passo veloce il marciapiede sembrava che ci fosse tutta la popolazione di New York: c’era chi andava al lavoro, chi parlava al telefono tenendo magari una valigetta, una borsa della spesa o la mano del proprio bambino, che però strattonava il genitore da una parte all’altra perché voleva essere lasciato libero di correre per la strada, chi andava di fretta e correva davvero rischiando di travolgere qualcuno, chi andava sullo skateboard, chi si esibiva suonando o in danze di strada.

Isolato dalla folla, che scorreva davanti a lui inarrestabile,  c’era anche un povero mendicante, seduto su un foglio di cartone e vestito con un logoro cappotto di lana nonostante facesse ancora piuttosto caldo, con un berretto di cotone calato sugli occhi e sfilacciati guanti senza dita alle mani, tese verso la folla sperando nella pietà dei passanti. Nessuno lo degnava di uno sguardo, forse perché erano tutti troppo presi dai propri affari o perché preferivano guardare la strada davanti a sé che rivolgere la propria attenzione verso un barbone accucciato contro un bidone della spazzatura davanti ad un panificio.
Non era esattamente il posto migliore dove stare, e non solo per il puzzo dei rifiuti in decomposizione: ogni volta che la porta del negozio si apriva, il profumo di pane arrivava sino alle narici del poveraccio e gli faceva brontolare lo stomaco tanto da fargli venire i crampi. Non ci pensava minimamente, però, a togliersi da lì, anche perché non avrebbe potuto in ogni caso: era troppo debole anche solo per alzarsi, quindi figuriamoci per camminare. E poi, il profumo del pane… anche se era una sofferenza odorarlo senza poterlo assaggiare, ogni volta quell’aroma lo avvolgeva come una carezza e gli scaldava il cuore, alleviando temporaneamente il dolore che provava.

Di notte però sognava spesso il pane, a montagne ne sognava, e allora si ritrovava a piangere nel sonno, pregando il Cielo di ascoltarlo e esaudire il suo desiderio: avrebbe dato l’anima per assaggiare anche solo un morso di morbido pane fragrante ancora caldo di forno. La mattina però si svegliava e scopriva che nulla era cambiato, salvo i crampi alla pancia, diventati ancora più forti del giorno prima, e allora chiedeva a Dio perché lo stesse facendo soffrire così e non ponesse invece fine alle sue sofferenze, accogliendolo nel suo regno insieme alle anime che dimoravano del Paradiso.
La porta del panificio si aprì, e automaticamente il mendicante chiuse gli occhi, respirando a pieni polmoni l’odore del pane e stringendosi la pancia per le fitte che gli diede, pregando, come di consueto, che da Lassù qualcuno lo vedesse ed avesse pietà di lui, e di non farlo morire senza aver realizzato il suo sogno più grande. Lo faceva ogni singola volta che si apriva la porta, ma nessuno aveva mai risposto alle sue preghiere… fino a quel momento.

Gli parve, d’un tratto, che l’odore di pane fosse diventato leggermente più forte, e più vicino, anche, come… come se fosse stato ad un passo da lui, il che non poteva assolutamente essere. Lo aveva sognato per così tanto tempo che ormai aveva le allucinazioni e si immaginava ciò che non era reale, doveva senz’altro essere così. L’odore però non accennò ad andarsene, eppure ormai la porta doveva senz’altro essersi chiusa da un pezzo. Vinto dalla curiosità, e per confermare a sé stesso di essere infine impazzito, riaprì gli occhi… e quasi svenne dallo spavento quando vide che non era un’allucinazione ma che invece qualcuno, una giovane e graziosa ragazza dai bellissimi occhi blu, gli stava porgendo un sacchetto da cui si innalzava il delizioso profumo di pane appena sfornato. Il mendicante lo guardò come se fosse stato Dio in persona e si sfregò gli occhi: era forse morto nel sonno ed era stato portato in Paradiso, come gli angeli che portarono il mendicante Lazzaro nel seno di Abramo? La situazione non cambiò minimamente, e allora alzò lo sguardo da quel miracolo e guardò meravigliato la ragazza, che sorrise dolcemente.

« Non abbia paura » disse. « Per favore, lo prenda ».

L’uomo alternò lo sguardo dalla giovane al sacchetto, indicandolo tremante con un dito e poi indicando sé stesso, al che lei, molto pazientemente, si chinò glielo mise sulle gambe. Il poveraccio lo prese tremando e tirò fuori una grossa pagnotta ancora calda e morbida, e allora perse il controllo: lo annusò come se ne andasse della propria vita, lo strinse al petto, se lo appoggiò contro la guancia, lo baciò ripetutamente, pianse e rise al tempo stesso senza freni, come un bambino. La ragazza sorrise commossa e si alzò per andarsene, ma l’uomo la fermò prendendole la mano.

« Ti aspettavo da tanto tempo » disse tra le lacrime.

Lei lo guardò confusa.

« Sei l’angelo del Signore, vero? Dio ha dato ascolto alle preghiere del suo umile servo e ha mandato il suo emissario ad aiutarlo ».

La giovane spalancò gli occhi e corrugò le sopracciglia, ma poi sorrise e scosse la testa.

« Non sono un angelo, signore, mi dispiace ».

« Le mie preghiere sono state esaudite, il Signore mi ha ascoltato! Grazie, grazie infinite, che Dio ti benedica, lode a Lui nel più alto dei cieli! » disse l’altro, come se lei non avesse detto niente.

La ragazza si limitò a sorridere e a salutare l’uomo con un cenno del capo, allontanandosi fino a non sentire più le lodi e i ringraziamenti che continuò a rivolgere a Dio piangendo dalla gioia.

Un angelo pensò Yumi, facendo una smorfia Figlio mio, se sapessi che ad aiutarti è stata una discendente della prima moglie di Adamo… Noi saremmo proprio gli ultimi a cui Dio si rivolgerebbe… . Yumi proseguì il cammino perdendosi nei suoi pensieri, e senza una ragione ben precisa questi vennero dirottati verso gli Shadowhunters.


Loro sacrificavano la loro esistenza, la loro identità, persino i loro stessi figli a Raziel, passavano la vita a cercare di compiacerlo... e intanto non si accorgevano nemmeno di ciò che causavano nel farlo.

Quando ci pensava, Yumi ringraziava calorosamente i suoi genitori per averla fatta nascere mezzodemone: i Nascosti andavano avanti per loro stessi, non perché credevano di essere i portavoce della volontà di qualcuno. Gli stregoni erano considerati “figli di Lilith”, ma né lei né qualcun altro dei suoi simili vivevano la loro vita in nome della Madre di tutti i demoni ( e mai lei si sarebbe sognata di farlo), ma solo per sé stessi.
 Yumi era orgogliosa di essere una strega, ma qualunque cosa, anche essere una vampira o una mannara, sarebbe stato preferibile al tenore di vita dei cacciatori. Esistevano però anche persone comuni, come quel povero mendicante, per cui  la fede era tutto ciò che aveva perché aveva perso il resto e non gli era rimasto niente, ma per gente come lui Yumi non provava sdegno, provava ammirazione.

E senso di colpa, anche: se solo avesse saputo che la ragazza che aveva decantato come angelo del Signore in realtà di angelico non aveva proprio niente… Yumi era felice di aver donato un minimo di sollievo a quell’anima in pena, anche se… essere paragonata ad un Angelo… se quel pover’uomo avesse saputo quanto terribili, potenti e per nulla magnanimi fossero quegli esseri, e non graziosi e paffuti bambini vestiti di candide vesti con aureole dorate e alette bianche, il suo debole cuore non avrebbe resistito e lui sarebbe morto d’infarto. Era una delle molte ragioni per cui i mondani non sarebbero dovuti venire a conoscenza del Mondo Invisibile: alcuni di loro sarebbero potuti morire di paura o impazzire nello scoprire che niente di quello che credevano era effettivamente la realtà e nel capire di aver vissuto con un velo davanti agli occhi per tutta la vita.
In ogni caso, però, “angelo” o “demone” era solo parole, appartenere all’una o all’altra razza non significava essere buoni o cattivi a prescindere, più chiaro esempio di Morgestern, un mezzoangelo che era stato crudele come e più di un demone, o di Sora, un demone divenuto capace di provare sentimenti che aveva amato fino all’ultimo la sua famiglia. Demone o angelo, Nascosto, Shadowhunter, o anche semplice mondano, alla fine contava solo quello che facevi e le decisioni che prendevi nella vita.

Il modo in cui si viene al mondo è irrilevante, è quello che fai del dono della vita, che stabilisce chi sei(1*): era stato un personaggio immaginario a dire quella frase, non uno degli uomini più importanti del mondo o uno dei più grandi rivoluzionari degli ultimi secoli, ma anche se era un personaggio inventato Yumi lo amava molto e pensava spesso a lui e alla sua storia, soprattutto a quella frase. Quelle parole contenevano una gran verità e per di più erano uno dei suoi principi morali più grandi.

Essere “buoni”, però,  non significava “non essere cattivi”: in ogni persona esistevano sia il bene che il male, in alcuni prevalevano l’uno e in altre persone l’altro, ma non esistevano individui senza uno dei due. Nel suo caso specifico bisognava dire che si vedeva con chiarezza più che in chiunque altro quando lasciava prevalere l’uno o l’altro lato; per quel giorno, però, si sarebbe dovuta sforzare di tenere a cuccia il suo lato peggiore, sperando  di non sentire la necessità di farlo uscire, anche se sarebbe stata dura. Il che era ridicolo: stava solo andando ad un colloquio di lavoro, in teoria avrebbe dovuto sentirsi tranquilla, e invece si sentiva come se stesse andando ad affrontare da sola l’armata demoniaca di Sammael alle porte dell'Inferno.

Sapeva bene la ragione: quando combatteva non c’era alcun bisogno di trattenersi, poteva, no, DOVEVA essere sé stessa senza problemi; ad un colloquio, invece, doveva reprimere a forza ogni impulso, trattenere la lingua ( se necessario mordendola), non mostrare le zanne, sorridere fino a farsi venire i crampi alla mascella, rispondere educatamente e recitare la parte della brava ragazza mondana gentile e tranquilla che mai si sognerebbe di impugnare un arma, mordere qualcuno o spedirlo all’ospedale con le costole rotte e che sicuramente starebbe zitta e buona a sorridere.

Aggiungi poi anche il doversi vestire elegante… Si tirò infastidita una manica della giacca, che sentiva tirare appena muoveva il braccio e le faceva temere che potesse rompersi da un momento all’altro. Non era la prima volta che andava ad un colloquio, ma ancora non era riuscita ad abituarsi a quello che implicava, in primis il doversi vestire decentemente per fare una bella impressione, anche se forse una ragazza vestita come un ragazzo e non con tailleur e scarpe eleganti forse non era esattamente sinonimo di “bella impressione”. A Yumi però non importava: era già un sacrificio enorme sopprimere una parte della propria personalità per fingere di essere qualcuno che non era, almeno sull’abbigliamento non aveva intenzione di farsi piegare.

E poi, cosa importava alla gente se lei non indossava una gonna? Rimaneva comunque piuttosto elegante: indossava una giacca di cotone nero chiusa sul davanti da una fila di tre bottoni, formando così uno scollo che metteva in mostra la camicia bianca che portava sotto; le gambe erano fasciate in un paio di pantaloni, sempre di cotone nero, a zampa di elefante, che coprivano gli stivali. Il cappello l’aveva lasciato a casa e i capelli erano raccolti in uno chignon sopra la testa e li sentiva implorare pietà, facendola pentire di non aver portato con sè il copricapo: si sentiva nuda senza, e le orecchie bruciavano sotto i capelli come se fossero state in bella mostra sotto gli occhi di tutti. I guanti di pelle li aveva tenuti, ma aveva lasciato a casa il marsupio, sostituendolo con una borsa a tracolla dentro cui aveva nascosto, sul fondo, il bastone di elettro, mentre a portata di mano aveva messo una bomboletta di spray al peperoncino, una degli ultimi rinnovati della “tecnica” dei mondani, usato particolarmente dalle donne come arma anti-aggressione, anche se non era propriamente letale. Lei in teoria non ne avrebbe avuto bisogno, ma aveva deciso di acquistarlo comunque per tenerlo come accessorio di scena, per non dare troppo nell’occhio e aumentare il lavoro negli ospedali.  Considerato poi che era proprio dove stava andando per il colloquio, non le sembrava il caso di aggiungere quella voce al suo curriculum, che teneva piegato con cura nella borsa insieme al giornale su cui aveva trovato l’annuncio di lavoro.

In realtà l’occupazione in sé non sarebbe stata niente per cui valesse la pena svuotare il guardaroba  e ripulire dalle tarme il suo completo migliore: era un lavoro da addetto alle pulizie, e per di più part-time; in teoria non avrebbe avuto senso presentarsi vestita come l’impiegata di un’importante rivista di moda, anche perché poi una volta( e se) assunta, sarebbe potuta andare al lavoro con i suoi soliti vestiti, visto che per quel genere di mansione avrebbe dovuto indossare una divisa moscia e sbiadita per tutto il giorno.

Però era la prima impressione a contare, e non era il caso di dar mostra del proprio “adorabile” carattere fin da subito. L’ospedale era situato parecchio lontano da dove viveva lei, il che avrebbe voluto dire alzarsi prestissimo, ma non le scocciava affatto: sorvolando sulla questione “insonnia”, le piaceva girare per le strade di primo mattino e osservare la città svegliarsi poco a poco come un fiore che lentamente si apriva e spiegava i petali ai primi raggi del sole. E poi così avrebbe avuto tutto il tempo per riflettere su un sacco di cose, visto che il suo cervello era continuamente al lavoro e non le dava tregua neanche per un attimo, rendendo la prospettiva della passeggiata un ottimo modo per schiarirsi le idee e rilassare la mente.

E anche mentre camminava diretta alla sua possibile nuova sede di lavoro, non mancò di pensare a una miriade di cose, come ad esempio cosa stavano combinando in quel momento i tre giovani Shadowhunters che le avevano salvato la vita: erano passati sette giorni, e non aveva più avuto nessun genere di notizia né li aveva mai incrociati in giro. Però non aveva mai smesso di pensare a loro, soprattutto a Jace: il ragazzo non era ancora riuscito a trovare la propria identità, ma per lei era un Herondale fino al midollo, assomigliava troppo ai suoi antenati. Non sapeva se gli avrebbe fatto piacere o meno sentirselo dire, ma se mai fosse spuntato dal nulla per farle domande, allora sarebbe stata più che disponibile a rispondere.

Sperava che Alec avesse mantenuto la promessa e non avesse detto niente ai genitori, anche se, a ripensare al modo con cui lui e la sorella avevano parlato di loro, non trovava un’impresa così difficile scegliere di non dire niente o di mentirgli. Più la lasciavano stare facendo finta che lei non esistesse, più lei avrebbe lasciato in pace loro, anche se non era un’ingenua e ovviamente non dubitava che prima o poi sarebbero venuti a sapere che lei era a New York, ma quale Shadowhunter perdeva tempo a piegarsi a chiedere qualsivoglia informazione e ai Nascosti? Non lo facevano neanche per tenersi aggiornati su quello che succedeva nel mondo, quindi figuriamoci per simili sciocchezze. In un certo senso per il momento era “al sicuro”, a meno che, ovviamente, non accadesse un imprevisto come quello che l’aveva portata a conoscere i loro figli, solo che, in quel caso, avrebbe fatto prima a buttarsi tra le fauci dell’ammasso di vermi schifosi piuttosto che rimanere ad aspettare che Robert e Maryse prendessero una decisione in merito a salvarla o meno.

I loro figli però non sarebbero rimasti a guardare, soprattutto Alec, e su questo avrebbe… bè, non messo la mano sul fuoco perché per lei non avrebbe fatto alcuna differenza, ma giurato su ciò che aveva di più caro al mondo sì. Yumi aveva ormai capito cos’era quel non so che in più che aveva scorto nel giovane che mancava agli altri due e che era stato ciò che aveva spinto Ryuu a fidarsi di lui e a permettergli di salvarla: Alec era gentile, onesto, schietto, intelligente e leale. E gli piaceva, o meglio, suscitava parecchio il suo interesse… e questo non andava bene: non era tanto il fatto che fosse il ragazzo di Magnus Bane ( di cui, tra parentesi, forse aveva capito cosa vedeva in quel giovane) a preoccuparla e a spingerla a tenere le distanze, era solo che… si era ripromessa di non affezionarsi mai più ad uno Shadowhunter.

Chissà se  lui e Magnus dovevano ancora uscire allo scoperto oppure l’avevano già fatto; nell’ultimo caso, allora c’era da sperare vivamente che le cose fossero DAVVERO cambiate rispetto a com’erano ai suoi tempi: Alec le aveva dato l’idea di essere più fragile di quanto non desse a vedere, e poi era un Lightwood, un primogenito, per di più, una combinazione pericolosa che significava grandi responsabilità, sottomissione e rispetto totale alle leggi del Clave più di chiunque altro. Lightwood… una tra le famiglie di Shadowhunters tra le più antiche e prestigiose e al tempo stesso ( e non solo a detta di Yumi) tra quelle più altamente portatrici di rogne peggio della Peste Nera. Era quasi una soddisfazione, però, essere venuta a sapere di un altro Shadowhunter che aveva volutamente ignorato le direttive del Clave e aveva deciso di seguire invece il proprio cuore. Il fatto che lo Shadowhunter in questione poi fosse un Lightwood era la prova vivente che i fiori non scelgono dove nascere, e che solo perché Alec era un Lightwood non significava affatto che fosse mentalmente chiuso come i suoi predecessori.

Non era il primo ad aver compiuto un passo del genere e di certo non sarebbe stato l’ultimo, e Yumi avrebbe avuto molto piacere a vedere questa cosa estendersi a macchia d’olio e coinvolgere anche gli altri Shadowhunters: quel giorno forse i loro popoli avrebbero finalmente appreso per davvero il significato della parola “alleanza” e avrebbero imparato a vivere aiutandosi a vicenda trattandosi con rispetto e tolleranza, invece come se ogni cosa gli fosse dovuta o guardarsi trattenendo a stento la voglia di far volare qualche testa per un’occhiata di sbieco. Lei ci credeva, nonostante tutto ci credeva davvero: era il suo sogno più grande in assoluto, anche se lei stessa aveva molte difficoltà a portarlo avanti e contribuire a renderlo possibile.
Però sapere che esistevano, al mondo, persone aperte come Alec e Magnus, erano un sollievo e una speranza enormi, ed era questo a renderla così vogliosa di conoscere meglio entrambi, tanto Alec quanto Magnus, ma Magnus in particolar modo.

Già era piena da scoppiare di domande che aveva accumulato negli anni e che avrebbe voluto rivolgergli, in più ora si erano aggiunte le novità degli ultimi giorni… e chissà quante altre ne avrebbe accumulate ancora. Yumi moriva dalla curiosità di saperne di più riguardo a lui e ad Alec: da quello che sapeva anche Magnus, come lei, non amava particolarmente gli Shadowhunters, né tantomeno trovarsi immischiato nei loro affari, eppure eccolo lì, con un debole per un giovane e bellissimo Lightwood.

Non sapeva cosa fare con lo stregone: aveva aspettato tanto per poter ritrovare suo padre, ma non era mai stata brava a mentire: se fosse andata da Magnus e gli avesse chiesto di evocarlo, come avrebbe giustificato la sua scelta senza mentire spudoratamente per poi venire smascherata a incantesimo compiuto? E chi le assicurava che lui non conoscesse già la sua storia e il motivo per cui era stata ansiosa di conoscerlo e non la volesse tenere sulle spine apposta per divertirsi un po' con lei? Non le era sembrato una cattiva persona, ma non lo conosceva abbastanza da poterlo stabilire con certezza.  Però conosceva i propri simili, e si conosceva: se qualcuno si fosse comportato così con lei, si sarebbe sentita frustata e furiosa per essere stata trattata e manipolata, quindi non dubitava che potesse essere lo stesso anche per Magnus.

Oltretutto, chi le garantiva che sarebbe stato in grado di evocare Sora? D’accordo, era un demone, ma l’energia del Vuoto aveva smesso di alimentare il suo corpo nel momento stesso in cui aveva conosciuto Karin; non era un demone come gli altri, quanto avrebbe influito questo sull’evocazione? E se fosse ormai morto e non ci fosse più niente da fare? Sbuffò: chi cercava di prendere in giro? Non le importava solo della buona riuscita dell’incantesimo, aveva a cuore anche il giudizio di Magnus.
Si erano visti una volta sola e per pochissimo tempo, eppure erano stati complici e in un certo senso si erano coperti le spalle a vicenda come se fossero stati amici da tutta la vita, e non dei completi estranei che si erano appena conosciuti. Si sentiva combattuta: avrebbe voluto conoscere Magnus per davvero, ma non
aveva il diritto di fare questo ad Alec. Era bastato il modo in cui sorrideva guardando Magnus o pronunciando il suo nome per far capire a Yumi quanto lo stregone fosse importante per lui; non si sarebbe mai perdonata di infliggergli un simile dolore. Era ad un impasse di cui non sapeva come liberarsi. Mentre ci pensava, qualcuno di piuttosto fastidioso la morse all’altezza del ventre.

« Non c’era bisogno di mangiarmi lo stomaco, sai? » brontolò a labbra serrate.

Percepì Ryuu scuotere la testa e agitare la coda come a volerle dire di non esagerare perché in fondo non l’aveva mica morsa così forte. Lei sbuffò e si massaggiò la pancia, imprecando silenziosamente contro il lupo: si era rifugiato in lei per tenerla a bada durante il colloquio, cosa che avrebbe tranquillamente potuto fare una volta arrivati a destinazione, ma invece aveva preferito levarsi di torno fin da subito. Non era pigrizia, la sua: Ryuu sapeva quanto Yumi fosse nervosa e voleva essere sicuro che non perdesse il controllo e desse in escandescenza ancor prima di aver messo piede dentro l’ospedale presso cui erano diretti. Yumi a volte non lo sopportava quando si comportava così, però al tempo stesso gli era grata.

E gli invidiava il fatto che potesse eclissarsi quando voleva senza essere continuamente spintonato e toccato dalla folla che camminava sul marciapiede e che metteva a durissima prova l’autocontrollo della ragazza, che guardò con desiderio le cime dei grattaceli sopra di lei, immaginando di nascondersi sotto un incantesimo e arrivare a destinazione saltando da un edificio all’altro, cosa che però non avrebbe per niente giovato al suo attuale abbigliamento, poco importava se le sarebbe bastato schioccare le dita per aggiustare tutto. Ryuu la morse di nuovo per riportarla coi piedi per terra, e dopo avergli augurato di incappare in una colonia di demoni-zecca riprese il cammino, ma non smise di rimuginare sui propri pensieri.


Anche se era sempre in compagnia di Ryuu, alle volte si sentiva sola, molto sola, e avvertiva come un gran vuoto nel petto.
Alzò gli occhi al cielo: non si vergognava di essere per metà demone, ma certe volte il peso dell’immortalità le gravava sulle spalle più pesantemente che in altre, e le toglieva il respiro. Però Ryuu era sempre pronto a morderla prima che potesse perdersi nei suoi sogni ad occhi aperti e a ricordarle che, anche con l’eternità a disposizione, non aveva tempo da perdere in pensieri foschi di prima mattina perché aveva un impegno a cui, tra parentesi, era in ritardo mostruoso.
Battendosi la mano sulla pancia come a voler infastidire il lupo e allontanarlo da lì, Yumi si rimise in marcia, sbuffando tra sé e sé: non aveva ancora affrontato il colloquio che già era stufa. Sperò di sbollire la rabbia nel restante tragitto che le rimaneva da percorrere. Il suo nervosismo le si concentrò nelle gambe, portandola a camminare molto più svelta di prima, ma d’un tratto il cellulare le vibrò nella tasca della giacca. Senza fermarsi lo prese e se lo portò all’orecchio senza nemmeno vedere il mittente della chiamata.

« Qui Shin » rispose, mordendosi la lingua per trattenersi dallo sbuffare.

Chiunque fosse, di certo non meritava di essere usato come sacco da boxe e accollarsi il nervosismo di Yumi per cui non aveva alcuna colpa.

« Yumi! ».

La voce agitata e disperata di Alec le rispose inaspettata dall’altro capo del telefono facendola arrestare completamente , mandandola a sbattere contro una donna che le inveì dietro prima di proseguire per la sua strada e facendole quasi perdere la presa sul telefono.

« Alec! Cosa…? » cominciò, sorpresa di sentire proprio la voce di una delle ultime persone da cui mai avrebbe pensato di ricevere una chiamata perché convinta che si fossero già dimenticati di lei, ma lui non le diede il tempo di finire.

« Yumi…Yumi ti prego… » disse affannato e disperato.

La ragazza iniziò a preoccuparsi sul serio.

« Alec, cosa c’è? Perché mi chiami, è successo qualcosa a Bane-sama? » .

Era la prima cosa che le era venuta in mente, e non solo per il fatto di sapere che quei due avessero una relazione: se non fosse stato per un'emergenza con Magnus, per quale altro motivo Alec avrebbe dovuto chiamare una perfetta sconosciuta quando sapeva di poter contare su uno stregone più potente e competente di lei? Il suo istinto le diceva che doveva per forza essere successo qualcosa di grave, e raramente sbagliava. E infatti…

« Magnus… lui… Jace… ».

La voce del ragazzo era rotta dai singhiozzi, e Yumi sentì una fitta tremenda al cuore mentre il panico iniziò ad ammontare.

« Alexander, per favore, calmati e spiegami cosa sta succedendo » cercò di dirgli dolcemente Yumi, ma anche lei ormai iniziava ad avere problemi a respirare tanto stava diventando nervosa.

« Eravamo in missione, io, Jace e Izzy , ma… siamo incappati in un demone che… ha preso possesso del corpo di Jace! ».

I sensi della ragazza si fecero più acuti e gli artigli e i denti iniziarono a pizzicarle.

« Siamo riusciti a portarlo via e ho chiamato Magnus… sta cercando di tenere a bada il demone, ma… ma…non è ancora riuscito a separarlo da Jace, e ormai ha raggiunto il limite, non durerà a lungo ».

Yumi strinse così forte il telefono che temeva le si sarebbe sfracellato nella mano, mentre le zanne le crebbero nella bocca.

« Ti prego… » mormorò Alec sofferente. « Ti prego, Yumi… so che ci odi e che non vuoi avere a che fare con noi, ma… ti supplico, Magnus e Jace hanno bisogno di aiuto… hanno bisogno di te! ».

Bastarono quelle parole e il tono distrutto del giovane a spezzare il cuore e ogni incertezza di Yumi e farle mandare al diavolo tutto: il colloquio, il fatto di essere in ritardo e persino i buoni propositi che si era ripromessa di mantenere, e a farla correre senza più fermarsi. Dentro lei, Ryuu a guaì lamentoso, e Yumi non poté biasimarlo: Alec gli piaceva molto, non c’era da sorprendersi che anche lui fosse così preoccupato. Senza interrompere la chiamata si fece largo tra la folla a spintoni, infilandosi poi in un vicolo entro cui corse finché un muro non le sbarrò la strada. Guardò verso l’imbocco: era abbastanza lontana dalla folla, nessuno avrebbe fatto caso a lei.

« Dimmi dove siete » disse, voltandosi verso la parete pronta ad aprire un Portale.

« All’Istituto… nel Santuario ».

La mano con cui Yumi stava tenendo il telefono si irrigidì e poco mancò che l’apparecchio le scivolasse a terra: anni a passare a tenersi lontana da quel posto e ora era praticamente costretta ad andarci, e per soccorrere uno Shadowhunter, per di più, anche se era coinvolto anche un Nascosto in difficoltà, sempre però per colpa dello Shadowhunter in questione. Era principalmente per questo se si era tenuta alla larga: avvicinati un minimo agli Shadowhunters e verrai condannata a dover far fronte ai loro problemi e ai loro guai, pagandone le conseguenze come se li avessi causati tu stesso, peggio che ritrovarsi nella scia di un ciclone.

Questi Shadowhunters però le avevano salvato la vita, aveva un debito nei loro confronti, e se a loro ora serviva aiuto gliel’avrebbe dato. Non lo faceva però solo per senso del dovere: Alec era davvero distrutto e se ce l’avesse avuto davanti non dubitava che si sarebbe buttato ai suoi piedi pur di scongiurare il suo aiuto; debito o meno, Yumi avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per soccorrerlo. Al diavolo il colloquio, al diavolo il lavoro: come si poteva pensare a certe scemenze quando c’era qualcosa di molto più importante in gioco?

« Non sono mai stata al vostro Istituto, ce la fai a mandarmi una fotografia? ».

Alec non rispose, ma Yumi sentì il rumore dei tasti della tastiera e solo dopo parecchi secondi il ‘click di una fotocamera. Allontanò il telefono dall’orecchio e poco dopo ricevette la foto di un ambiente di pietra con alte colonne a reggere il soffitto.

« Sto arrivando, tenete duro » disse.

« Grazie… ».

Le parole soffocate e commosse del giovane lasciarono interdetta la ragazza.

« Aspetta a ringraziarmi, figlio di Raziel » mormorò nel microfono, chiudendo immediatamente la chiamata senza accertarsi se lui l’avesse sentita o meno.

Dentro di lei, anche Ryuu era all’erta e ponto all’azione.

« Ikuzo [andiamo], Ryuu! » e aprì il Portale.

 


« Cerca di resistere, a momenti sarà qui, andrà tutto bene! » disse ansiosamente Alec a Magnus, stringendogli forte la mano sinistra.

Lo stregone, semi-accasciato contro il petto del giovane, sollevò appena i suoi luminosi occhi da gatto puntandoli verso quelli blu di Alec e ricambiò la stretta. Il ragazzo si morse le labbra per non lasciarsi scappare nemmeno un singhiozzo e strinse il fidanzato contro di sé con il braccio, posandogli un tenero bacio sulla fronte imperlata di sudore. Un sorriso stanco si delineò sulle labbra dello stregone, che cercò di tirarsi su e tenere distesa la mano destra, attraversata da deboli scintille azzurre, sul petto di Jace.
Il ragazzo era in preda a violenti spasmi, e deboli erano i tentativi di Isabelle di tenerlo fermo. La ragazza spostò lo sguardo da Jace ad Alec a Magnus senza riuscire a fermarsi: per via del suo legame parabatai con Jace anche Alec stava soffrendo, ma anche se cercava di tenendo duro ormai era al limite; per di più stava dando la sua energia a Magnus per aiutarlo a mantenere attivo l’incantesimo, ed entrambi erano vicini al crollo, soprattutto Magnus, che aveva il viso esangue e fradicio di sudore.
Jace invece aveva sangue che gli fuoriusciva dal sangue per via della sua lotta contro il demone che voleva vincere la sua resistenza e prendere possesso del suo corpo, lo stesso stato in cui era ridotto anche Alec sia per il legame con il fratello sia per la forza che stava donando allo stregone.

Il giovane era disperato: Jace non dava segni di miglioramento, a Magnus mancava pochissimo per collassare definitivamente… e lui era lì ad assistere impotente mentre suo fratello e il suo ragazzo erano sospesi tra la vita e la morte senza che potesse fare qualcosa per aiutarli. Deciso a consumarsi e spremere ogni singola goccia di energia che aveva in corpo pur di riuscirci, non avrebbe lasciato la mano di Magnus per niente al mondo e l’avrebbe sorretto finché le proprie forze gliel’avessero permesso. Ad un tratto lo stregone vacillò, e così pure la sua magia, che si affievolì fino a diventare una flebile luminescenza azzurra. Jace prese ad agitarsi ancora di più, Isabelle gli saltò praticamente addosso pur di tenerlo fermo e Magnus si accasciò contro il petto di Alec chiudendo gli occhi.

« Magnus » lo chiamò, ma lui non rispose.

« Magnus, Magnus ti prego, no, no! » urlò Alec in preda alla disperazione, ma un colpo di tosse gli spezzò il fiato, e la vista gli si annebbiò.

Stava per cedere, e nulla valsero i suoi tentativi di impedire che avvenisse: si sentiva pesante, molto pesante, e anche le sue braccia non gli rispondevano più. Cominciò a perdere la presa su Magnus, a far fatica a respirare, a sentire in bocca il sapore ferroso del sangue e le palpebre pesanti, non riusciva più a tenerle sollevate. La magia dello stregone si affievolì ulteriormente fino a sparire del tutto, e lui lasciò ricadere pesantemente il braccio. Jace allora urlò e si dimenò ancora più convulsamente, con Isabelle che disperatamente cercò di tenerlo fermo.

« Alec!! » urlò al fratello, ma la sua voce giunse ovattata alle orecchie del ragazzo, che sentì il corpo di Magnus scivolare giù e il proprio tendersi automaticamente per afferrarlo, ma gli sfuggì come sabbia tra le dita.

All’improvviso, proprio quando ormai stava per perdere definitivamente i sensi, sentì un braccio magro ma muscoloso circondargli le spalle da dietro, Magnus ricadergli contro il petto e un fresco profumo di pino invadergli le narici. Strinse a sé il suo ragazzo e cercò di riaprire gli occhi, ritrovandosi così a guardare quelli splendenti come zaffiri di Yumi ad un soffio dalla propria testa e vicinissima a quella di Magnus, il braccio destro stretto intorno alla vita dello stregone e il sinistro a circondare le spalle di Alec.

« Yumi… » mormorò.

Yumi si morse il labbro stringendo la presa sui due ragazzi: erano conciati veramente male, e anche Jace non era messo meglio; bisognava fare alla svelta, o non ci sarebbe più stato niente da fare per nessuno.

« Go anshin kudasai [lascia fare a me], Alec. Ora ci sono io » disse.

Lui annuì impercepibilmente, pur non capendo niente delle parole di Yumi. Lei allora lo fece appoggiare ad una colonna, spostò Magnus in modo da adagiarlo contro le gambe del ragazzo e si voltò verso Jace, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa si sentì prendere la mano sinistra. Si voltò spazientita, ma quando vide che era stato Magnus ad afferrarla la rabbia sbollì subito, sostituita dalla preoccupazione.

« Bane-sama… »  mormorò debolmente.

L’uomo si sollevò a fatica e aprì leggermente gli occhi, guardò molto seriamente la fanciulla e chiuse la sua mano grande e calda su quella affusolata della ragazza. Yumi ricambiò la stretta e restituì lo sguardo, annuendo risoluta. Non ci fu bisogno di parole: i loro occhi espressero da soli tutto quello che c’era da dire, e i due stregoni su capirono come se avessero parlato ad alta voce. Lasciò la mano di Magnus e si concentrò su Jace, giunse le mani e poi le posò sul petto del ragazzo: queste si illuminarono di un’energia azzurra molto luminosa e intensa, così come i suoi occhi.

Jace smise di agitarsi e ricadde a peso morto addosso a Isabelle, che non lo mollò un attimo, ma qualcosa dentro il ragazzo continuò a muoversi, seppur in molto meno violentemente rispetto a prima. Yumi assottigliò lo sguardo, gli occhi le divennero da gatto e l’energia che pervadeva le sue mani divenne ancora più luminosa. Percepì chiaramente il demone spostarsi da una parte all’altra del corpo di Jace per sfuggire alle sua mani, che mosse ovunque sul petto del giovane per riuscire a stanare il demone. Che fosse debole di suo o se Magnus l’avesse piuttosto fiaccato con la sua magia, ben presto Yumi riuscì a metterlo nel sacco e a intrappolarlo all’altezza del cuore del ragazzo.

« Ci siamo quasi: tienilo fermo con tutte le tue forze » intimò a Isabelle, che non se lo fece ripetere due volte e circondò le spalle di Jace con entrambe le braccia stringendolo forte. Yumi sollevò leggermente le mani, mormorò qualche parola e poi colpì seccamente il petto del giovane, che si inarcò in avanti e spalancò la bocca, da cui fuoriuscì un fumo nero che andò a coagularsi fino ad assumere le sembianze di quello che sembrava un piccolo goblin, gobbo, ossuto e nerastro. La creatura rotolò sul pavimento del Santuario, ma si puntellò ben presto sulle nocche delle mani e sulle ginocchia sputando verso Yumi.

« Dannata, piccola e sudicia mezzosangue! » esclamò con voce roca come se avesse avuto delle pietre in gola.

« Guardati allo specchio, bakemono [mostro] » ribatté Yumi. « Non accetto la morale da un parassita ».

Il demone ringhiò, anche se fu più simile al rumore di un colpo di tosse catarrosa.

« Capisco che tu abbia preso possesso del corpo di questo giovane per riscattarti un minimo, » continuò Yumi, indicando Jace. « ma non so quanto vantaggio ne avresti tratto: sarà anche un bel tipo, ma è un completo idiota . O lo hai scelto proprio perché hai sentito di avere questa particolarità in comune con lui? ».

Il demone sputacchiò e batté i pugni, ma poi guardò verso Alec e Magnus e sorrise, si piegò su un ginocchio e balzò verso di loro.  Come un fulmine, Yumi estrasse il bastone di elettro, lo aprì e colpì violentemente il demone con un’estremità, sbattendolo contro una colonna. Il goblin si rialzò a fatica e strisciò lontano, tenendosi la faccia da cui colavano rivoli di icore.

« Ti pentirai di quello che hai fatto! »

« Io invece penso proprio che sarai tu quello che si pentirà di aver scelto la vittima sbagliata » disse Yumi puntando il bastone verso di lui, ma in quel momento Jace tossì e sputacchiò sangue.

« Jace! ». Isabelle trasse fuori lo stilo e iniziò a disegnare rune sul braccio del fratello che però non sembrarono giovare granché alla sua salute, e lei guardò disperata verso Yumi, che strinse il bastone alternando lo sguardo da lei al demone: Jace aveva urgente bisogno di cure, ma non poteva lasciare quel demone a piede libero senza nessuno che lo tenesse a bada, e né Alec né Magnus erano nelle condizione di fare alcunché. Il demone si accorse della sua esitazione e sorrise beffardo.

« Che cosa farai, piccola mezzosangue? Salverai un nemico giurato della tua razza, o lo lascerai morire per uccidere me? ».

« Damare!! » esclamò Yumi.

L’altro non smise di sogghignare. Yumi digrignò i denti e strinse forte l’arma fino a perdere sensibilità: se non lo eliminava subito, Alec e Magnus sarebbero stati in pericolo, però occupandosi di lui avrebbe trascurato Jace; se invece avesse soccorso Jace, avrebbe lasciato campo libero al demone, che avrebbe attaccato i due ragazzi. La situazione sembrava non avere una via d’uscita. Proprio in quel momento, però, qualcosa la colpì dolorosamente al petto facendola boccheggiare. Si portò la mano al cuore, ma quando rialzò lo sguardo sorrise, lasciando il demone interdetto.

« Cosa stai…? » ma lei prese le due estremità del bastone e lo riportò alle sue dimensioni tascabili, rinfoderandolo.

« Sei veramente una stupida! » esclamò il demone, che batté i pugni a terra e iniziò a correre per buttarlesi addosso, ma Ryuu si manifestò uscendo dalla schiena della ragazza e afferrò il demone coi denti, scaraventandolo lontano, poi si acquattoò e gli ringhiò contro, attento ad ogni sua mossa.

Il demone provò più e più volte ad avvicinarsi di soppiatto al lupo per confonderlo e deviare all’ultimo secondo, o provando a salire sulle colonne per prenderlo dall’alto, ma i suoi tentativi fallirono tutti miseramente: Ryuu sembrava in grado di anticipare qualunque sua mossa prima ancora che potesse metterla in atto. Ben presto il demone si ritrovò in difficoltà, e con frustrazione notò invece che il lupo non sembrava minimamente affaticato. In un ultimo tentativo disperato, si lanciò contro il lupo urlando come un ossesso, ma stranamente a quel punto lui lo fece passare. Neanche il tempo di gongolare per essere riuscito a eludere la sua guardia che si ritrovò  il viso stritolato dalla mano di Yumi
.

« Credevi davvero che Ryuu ti avrebbe fatto passare se io non fossi stata pronta a respingerti? »
disse gelida Yumi.
Il goblin si agitò e scalciò come un indemoniato, al che Yumi piegò il braccio all’indietro e lanciò il demone con tutta la forza che aveva verso l’entrata del Santuario. Il mostro ruzzolò fino a sbattere contro la porta, ma ferito nell’orgoglio e voglioso solo di ripagare il torto subito, si rialzò sulle gambe doloranti e si lanciò nuovamente alla carica.

Yumi gli corse incontro saltandogli però alle spalle con una capriola e atterrando a carponi. Il demone frenò bruscamente la sua corsa e urlando le saltò di nuovo addosso, ma Ryuu fu più veloce e con un salto riuscì a raggiungerlo azzannandolo a mezz’aria e passando sopra Yumi senza nemmeno sfiorarla. La ragazza saltò su e schioccò le dita nel momento stesso in cui Ryuu lanciò nuovamente il goblin contro l’entrata, solo che stavolta non sbatté contro il legno: le ante del portone si spalancarono e la luce del sole invase il Santuario, cogliendo di sorpresa il demone che purtroppo non riuscì a salvarsi in nessuna maniera e bruciò come fascine di paglia secca. Yumi e Ryuu restarono a guardare in silenzio finché il demone non svanì completamente in un nugolo di fumo e scintille.

« Niente di personale » disse Yumi, e protese il pugno chiuso verso Ryuu, che gli diede un colpo con la testa.

« E’ arrivato… lo zoo ambulante… ».

I due alzarono gli occhi al cielo e si voltarono simultaneamente verso Jace, che  era riuscito a mettersi seduto sorretto da Isabelle.

« Felice anch’io di rivederti, baka » disse Yumi. « E no, prego, non c’è di che ».

Jace la guardò inarcando un sopracciglio.

« Com’è che mi hai chiamato? » disse, perplesso.

« Idiota, eccome come » borbottò lei, in risposta.

Jace si alterò e si alzò di scatto, ma lei gli batté il piede sul petto ributtandolo a sedere con un tonfo.

« Se hai tutta questa forza per fare il cretino, significa che ti sei già ripreso completamente » e soffiò su un ciuffo di capelli cadutole davanti agli occhi.

Il giovane la guardò in cagnesco borbottando “bestiaccia”, ma lei lo ignorò. Isabelle invece sorrise sollevata, e quando Yumi si alzò le gettò le braccia al collo stringendola forte. Yumi ebbe appena il tempo di percepire il dolce profumo di vaniglia di cui erano impregnati i capelli della cacciatrice che lei si staccò e la guardò con un grande sorriso.

« Grazie, grazie! ».

Yumi sbatté gli occhi perplessa, disarmata da quello splendido sorriso e da quell’esuberante manifestazione di riconoscenza.

« Di… niente ».

Lei sorrise ancora di più, ma in quel momento Alec urlò disperato:

« MAGNUS!! ».

I tre ragazzi  si voltarono e accorsero immediatamente dal giovane, che teneva il viso di Magnus sollevato all’altezza del proprio.

« Magnus… Magnus, ti prego svegliati, svegliati! ».

Le lacrime del cacciatore caddero sul viso dello stregone, ma lui non si mosse minimamente. Alec lo strinse forte a sé affondando il viso nella sua spalla ripetendo il suo nome come un mantra.

« Per l’Angelo… no, non può… Magnus non può… » mormorò Isabelle portandosi una mano alla bocca.

Yumi si morse le labbra e guardò lo stregone socchiudendo gli occhi: con suo enorme sollievo vide che l’anima dello stregone, anche se flebile, era presente, Magnus era ancora vivo! E questo significava che non c’era tempo da perdere.

« Alec » disse Yumi, abbassandosi al suo livello.

Il ragazzo non diede segno di averla sentita, al che lei si alterò e alzò la voce:

« Alexander! ».

Il giovane alzò finalmente gli occhi dal corpo di Magnus, e Yumi si sentì stringere le viscere: le lacrime scivolavano giù dagli occhi azzurri del ragazzo, che sembravano rilucere come cristalli malgrado fossero arrossati. Se mai la sofferenza avesse avuto una faccia, sarebbe stata quella di Alec.

« Non preoccuparti, è ancora vivo » disse. « Ma non posso aiutarti se tu non aiuti prima me: per favore, stendilo ».

Alec non se lo fece ripetere due volte e appoggiò delicatamente Magnus a terra.

« Ti prego… » mormorò a Yumi, guardandola supplichevole. « Ti prego, salvalo… ».

Senza pensare, Yumi gli mise una mano sulla guancia.

« Baka wo iumasen  » disse, accarezzandogliela dolcemente.

« Cosa… cosa vuol dire? » mormorò il ragazzo.

« Non dire stupidate » spiegò la ragazza sorridendogli. « Lo salverò, te lo prometto ».

Alec le sorrise grato, poi abbassò lo sguardo sul proprio ragazzo e divenne serio.

« C’è qualcosa che posso fare? » chiese senza guardare Yumi.

« Solo restare calmo, » rispose lei « e tenergli la mano ».

Il ragazzo fece come gli era stato detto, stringendo la mano di Magnus con le proprie e guardandolo con disperazione. Yumi non poté impedirsi di sentire una fitta al cuore, e questo la rese ancora più risoluta: avrebbe salvato Magnus a qualunque costo, fosse stata l’ultima cosa che faceva. Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi: la brillante energia di poco prima tornò a invadere le sue mani, e Yumi la riversò nel petto dello stregone poggiandocele sopra. Passarono quelli che Yumi giudicò i minuti più lunghi di tutta la sua intera esistenza, e solo dopo quella che parve un’eternità Magnus riprese finalmente i sensi.

« Magnus! » esclamò Alec.

Lo stregone sbatté le palpebre un paio di volte e si voltò lentamente verso il ragazzo, sorridendo a fatica.

« Mio dolce Alexander… perché stai piangendo? » disse dolcemente.

« Perché io… tu… credevo di averti perso… » mormorò Alec stringendo forte la mano di Magnus e singhiozzando.

Lo stregone allungò la mano e gli accarezzò teneramente la guancia.

« Tu non mi perderai mai, Alexander ».

Il ragazzo perse il controllo e attirò Magnus contro il proprio petto, stringendolo come se non volesse lasciarlo più.

« Alec, mi stai soffocando… » lo avvertì debolmente Magnus, ma il ragazzo lo ignorò e lo strinse più forte, passò le mani sulla schiena e sui capelli del fidanzato baciandogli poi il collo, le guance, la fronte, gli occhi, fino ad arrivare alla sue labbra, che catturò con le proprie in un intenso bacio che lasciava poco spazio alla tenerezza, tenendogli nel contempo una mano dietro la testa e l’altra sulla sua schiena. Dopo un primo attimo di smarrimento, Magnus fece scivolare le braccia sulla schiena del suo ragazzo e lo strinse a sé ricambiando con altrettanta intensità, ignorando le lacrime che il giovane continuò a versare e che gli bagnarono il volto. Jace fece una smorfia, ma ricevette una gomitata nelle costole da Isabelle che stroncò sul nascere qualsiasi commento inopportuno fosse in procinto di formulare.

« Per l’Angelo, ma che ti prende? » bisbigliò infastidito alla sorella.

Lei gli fece segno di stare zitto e indicò i due ragazzi come a dirgli di non rovinare quel momento. Lui alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, Isabelle invece sorrise asciugandosi l’unica lacrima sfuggitole dalla ciglia e prendendo un profondo respiro: non ricordava di avere mai avuto tanta paura in vita sua, e ora che tutti erano salvi si sentiva felice da scoppiare.

Yumi invece guardò i due ragazzi molto seriamente. Aveva mantenuto la promessa ed era riuscita a salvare Magnus, nonostante la grande paura che le aveva attanagliato il cuore; lui era salvo, eppure, a vederlo tra le braccia di Alec, con il giovane felice come non mai di riaverlo avuto indietro e che lo guardava con occhi pieni d'amore, lei non sentiva altro che un gran freddo e una tremenda sensazione di vuoto nel cuore. Non era perché le scocciava che si fossero dimenticati di lei: era normale prassi che, quando un Nascosto svolgeva il lavoro che gli era stato chiesto veniva dimenticato e non considerato più, e anche se le scocciava ancora ormai ci aveva fatto l’abitudine.
In quel caso, poi, non era nemmeno strano: quei quattro avevano un legame che li univa, si volevano bene, e avrebbero fatto di tutto l’uno per l’altro; lei era solo una perfetta sconosciuta a cui si erano rivolti solo perché non avevano avuto nessun’altro a cui chiedere aiuto ma che non aveva niente a che fare con loro, non era… nessuno.

Non era neanche questo a rattristarla, però: era vedere Alec e Magnus, un figlio di Raziel e un figlio di Lilith, un mortale e un immortale, amarsi così intensamente, incuranti delle differenze che intercorrevano tra di loro. Erano passati anni, ma lei ancora non era riuscita a liberarsi dai rimpianti e dai rimorsi, maledicendosi per la propria stupidità passata e chiedendosi, nuovamente, se non avesse dovuto fare di più, essere più egoista, più forte, più… coraggiosa, se aveva fatto bene ad andarsene o se invece era stata solo una gran codarda che era scappata prima ancora di provarci seriamente.

Domande e dubbi che si trascinava da anni e che non le davano tregua, perché ancora non era riuscita a trovare risposte. Nemmeno la persona di cui più si fidava al mondo aveva saputo dargliene, dicendole che solo lei avrebbe potuto farlo.
Yumi però non ci era ancora riuscita, anche se trovava alquanto ironico il modo in cui il destino ritornava sui propri passi anche a distanza di anni e che fosse lì, sotto forma di uno Shadowhunter e di uno stregone, a rinfacciarle le sue colpe passate, quello che aveva perso o che avrebbe potuto avere ma non era stata abbastanza forte da tenersi stretto e vivere fino in fondo.

Ryuu le venne vicino e lei gli mise un braccio sotto la testa, stringendolo forte senza guardarlo. Il lupo strusciò dolcemente il muso contro il suo viso, guardando anch’egli verso i due ragazzi e poi Yumi: non sarebbe mai riuscito a guarire il suo cuore. Poteva aiutarla a tenere insieme i pezzi e leccare le ferite ogniqualvolta che ricominciavano a sanguinare… ma non sarebbe mai riuscito a curarla del tutto. Sperava continuamente che un giorno avrebbero di nuovo incontrato qualcuno davvero in grado di riiuscirci e renderla felice… ma lei sembrava aver chiuso il proprio cuore a quel genere di sentimenti, anche se Ryuu sapeva bene che non era davvero così, anche se Yumi donava amore in giro a chiunque ne avesse bisogno. Neanche lui avrebbe mai creduto di rivedere un giorno una parte del loro passato reincarnata in qualcuno che con quel passato non aveva assolutamente niente a che fare, persino in circostanze terribilmente somiglianti.

Si voltò verso Yumi mordicchiandole il viso e lei sorrise, anche se fu un sorriso piuttosto triste. Anche se faceva male guardare, però, dentro di sé Yumi avvertì una tenue parvenza di sollievo al pensiero che non tutti fossero codardi come lei e che esistessero anche persone abbastanza coraggiose da ascoltare il proprio cuore e prendersi l’impegno di non ignorarlo e continuare a seguirlo. A quello, però, si aggiunse presto anche la paura, e guardò Alec e Magnus in modo diverso da prima, con un terrore vivo e soffocante che le offuscò la mente per un secondo facendola accasciare leggermente contro Ryuu, che guaì preoccupato.

« Yumi, stai bene? » .

La ragazza alzò lo sguardo e con sua enorme sorpresa si accorse che era stato Jace a chiederglielo. Tuttavia non ci fece caso.

« Sto bene, ho solo usato troppa magia » mentì a malincuore: non era vero che si sentiva svuotata, però stargli a spiegare la verità era troppo complicato, e comunque non vedeva ragione né sentiva la necessità di doverlo raccontare proprio a lui, che sicuramente non avrebbe capito. Aveva buona ragione, invece, di andarsene da lì il prima possibile, prima che il passato potesse influenzare quelle persone che non avevano nessuna colpa di ciò che le era successo e le portasse a commettere gli stessi errori che aveva commesso anche lei. Si tirò su ma barcollò leggermente. Jace lo notò e scosse la testa.

« Non stai bene, non dovresti alzarti così velocemente da- »

« Ho detto che sto bene!! » esclamò Yumi, ma insieme alle parole seguì anche un ruggito che rimbombò per tutto il Santuario.

Jace si morse le labbra e indietreggiò leggermente, Isabelle si voltò lentamente e srotolò un capo del bracciale dorato che aveva al polso, e Magnus e Alec smisero di baciarsi e guardarono preoccupati Yumi, che invece non li degnò di uno sguardo. Recuperò la borsa e si apprestò ad andarsene senza più guardare nessuno, ma di nuovo si sentì afferrare per il polso, e stavolta non le servì voltarsi per capire chi fosse.

« Mi lasci andare immediatamente » sibilò a denti stretti.

« Altrimenti cosa fai? » disse Magnus. Yumi si voltò fulminandolo con lo sguardo.

« Le stacco la mano a morsi ».

In realtà la presa dello stregone non era molto salda, le sarebbe bastato poco liberarsene, ma qualcosa nel suo sguardo le impediva di farlo e porre fine alla questione.

« Non credo proprio, stellina: tu ora fai la brava e ti fermi un attimo, senza scappare via come di tuo solito ».

« E lei che ne sa? » sbottò Yumi, liberandosi con uno strattone. « Che ne sa di cosa faccio di solito? Cosa sa di me?? ».

« Più di quanto tu possa pensare… ohime-sama [principessa] ».

Il cuore di Yumi perse un battito e lei ebbe un attacco d’asma, che la fece cadere in ginocchio e tenersi il petto con una mano. Quanti… quanti anni erano passati dall'ultima volta che qualcuno l'aveva chiamata in quel modo, aveva quasi finito per dimenticarlo.  Magnus si trascinò accanto a lei senza però toccarla, aspettando che si calmasse. Quando finalmente Yumi si quietò, lo sguardo lo stregone ricevette non era più furioso ma supplichevole.

« Stai bene? » disse.

Yumi scosse la testa tremando.

« Non… mi chiami più in quel modo, per favore… » mormorò debolmente.

« Non lo farò » disse Magnus molto gentilmente. « Ti porgo le mie scuse, non pensavo che ti avrebbe dato un fastidio del genere ».

« Lasci perdere… me lo sono meritato… » ribatté Yumi, sempre a bassa voce.

Magnus avvicinò le labbra all’orecchio della ragazza.

« Immagino che anche tu ne sappia molto a mio riguardo, dico bene? ».

Yumi rabbrividì quando sentì il suo fiato caldo e per la sorpresa, ma annuì debolmente.

« Ti piacerebbe… approfondire la cosa? » le chiese ancora Magnus.

Un brivido attraversò la spina dorsale delle ragazza: aveva sognato per anni di sentire quelle parole, ma ora… Ora, pensò guardando Alec…

« … non è affatto né il luogo né il tempo adatto, Bane-sama. E soprattutto, non mi sembra neanche il caso » mormorò a denti stretti indicando con un cenno Alec.

Magnus lo guardò di sfuggita e sospirò, poi si rivolse ancora alla ragazza, sempre sottovoce:

« Ne riparleremo in un’altra occasione, allora » e si allontanò da lei.

Yumi lo guardò come se fosse pazzo: oltre che sui vestiti, i glitter ce li aveva forse anche nella scatola cranica al posto del cervello? Ma si rendeva conto o no dell’effetto che le sue parole avrebbero potuto avere su Alec se lui li avesse sentiti? Sarà stato anche più vecchio di lei, ma in quel momento a Yumi sembrò che lo fosse solo formalmente e che il suo cervello fosse ancora quello di un tredicenne. Magnus le porse la mano ma lei lo rifiutò e si tirò su da sola. Lo stregone sospirò nuovamente e si apprestò a fare altrettanto, ma le gambe lo ressero malamente e ricadde a terra, dove però fu prontamente sorretto da Alec, a cui sorrise caldamente, cosa che fece sorridere a sua volta il ragazzo. Yumi li guardò sorridendo, ma non mancò di notare l’espressione corrucciata di Jace rivolta però non a lei ma a Magnus.

« Cosa stavate confabulando, voi due? » disse sospettoso.

« Cose da stregoni » fu l’evasiva risposta di Magnus, accompagnata da un gesto vago della mano.

« Come no. Inventatene un’altra, Magnus: non sono stupido, voi due ci state nascondendo qualcosa ».

Magnus gettò uno sguardo eloquente a Yumi e lei annuì impercepibilmente toccandosi il petto, a cui Magnus rispose con un cenno del capo.

« Forse ti sfugge il fatto che siamo entrambi stregoni e che, come tali, abbiamo vissuto a lungo » disse Yumi, alzandosi in piedi.

« E con questo? » ribatté Jace.

« Con questo,  » rispose Yumi, assottigliando lo sguardo « abbiamo anche sentito spesso parlare l’uno dell’altra nel corso dei secoli, non è così strano ritrovarci a parlare di qualcosa che voi invece non potreste nemmeno capire ».

Con la coda dell’occhio notò Alec irrigidirsi e si morse le labbra: avrebbe forse fatto meglio a non dire quelle cose? Jace non sembrò affatto convinto, ma evidentemente non era poi così interessato alla questione, perché sospirò e lasciò cadere le braccia.

« Siete così problematici, voi stregoni » sbuffò, passandosi una mano tra i capelli.

« E tu sei così donna che ti mancano giusto una sottana » ribatté Yumi.

Isabelle nascose un sorriso dietro la mano, ma Jace la vide lo stesso e la fulminò con lo sguardo, squadrando poi Yumi da capo a piedi.

« Perché sei vestita come un damerino? Stavi forse andando ad un appuntamento con una bella ragazza? »

« Sì, visto che in giro fortunatamente ne esistono ancora in grado di accorgersi di chi ha sale in zucca e di chi invece nella testa ha solo il deserto dei tartari » disse indicandolo con il dito.

Jace strinse le nocche con forza. Yumi gli rispose con una smorfia e si dette una spolverata ai vestiti.

« Ripassa tra un centinaio d’anni, ragazzino: forse allora sarai in grado di tenermi testa » disse.

« Io spero proprio che il biondino sparisca molto prima di allora, ti immagini come sarebbe trascorrere le ere di questo mondo in compagnia della sua fastidiosa presenza ? Non oso nemmeno pensarci » disse Magnus con un brivido di disgusto.

Yumi inarcò un sopracciglio e scosse la testa.

« Lasciami Izzy, sto bene » sentirono Alec brontolare.

« Non stai bene, Alec. Per l’Angelo, smettila di fare il testone e fatti aiutare » ribatté lei cercando di tracciargli rune sul braccio ma venendo prontamente respinta dal fratello.

« Ho detto che non ne ho bisogno » disse duramente.

Isabelle mise le mani sui fianchi e guardò il fratello con aria di sfida.

« Non usare quel tono con me, Alexander Gideon Lightwood » lo minacciò. « E non costringermi a incatenarti al letto pur di riuscire a tracciarti una iratze, lo sai che ne sarei capace ».

Alec aprì la bocca per ribattere, ma in quel mentre Ryuu gli morse il braccio.

« Per l’Angelo, ma che accidenti fai?? » esclamò tenendosi l’arto.

Ryuu lo guardò truce e scosse la testa, indicando poi Isabelle con il muso. Alec guardò la sorella e sgranò gli occhi.

« Scusa, Alec » intervenne Yumi. « E’ talmente abituato a me che ormai gli viene naturale come camminare ».

Mentre parlava, con la coda dell’occhio notò Jace toccarsi il braccio nello stesso punto in cui era stato morso Alec… e iniziò a capire molte cose.

« Cosa vuoi dire? » disse Alec, distogliendola dai suoi pensieri e facendola sospirare.

« Che ti ha morso perché vuole intimarti di non fare l’orgoglioso e accettare l’aiuto di tua sorella ».

Il lupo ululò brevemente e Isabelle lo guardò grata per la prima volta, riuscendo finalmente a posare lo stilo sulla pelle del fratello, con lui che però non fece quasi caso a lei, perso com’era ad alternare lo sguardo da Yumi a Ryuu e viceversa.

« Voi due… » iniziò a dire.

« Sì? » disse Yumi, aspettandosi un commento relativo alle brutte abitudini di Ryuu o alla pessima idea di Yumi di averlo come animale da compagnia, ma invece il ragazzo se ne uscì dicendo:

« Voi sareste una perfetta coppia di parabatai ».

La ragazza rimase spiazzata, ma si ricompose in fretta.

« Migliore persino di te e del biondino? » buttò lì con noncuranza.

Sia Alec che Isabelle la guardarono allibiti, e anche senza vederlo Yumi immaginò che anche Jace stesse facendo lo stesso.

« Come l’hai?... » disse Alec.

« Ho visto Jace reagire quando Ryuu ti ha morso, e da lì a fare due più due… » si giustificò la ragazza, alzando le spalle.

Alec gettò un’occhiata a Jace e lui allargò le braccia come dire “ci ha beccato, non possiamo contestarla “.

« Lascia, Isabelle, è una mia responsabilità » disse Yumi scansando delicatamente la ragazza e posando la mano, illuminata di azzurro, sul segno del morso, guarendolo all’istante.

Alec si guardò il braccio, poi sospirò.

« Grazie, Yumi » disse.

« Era una sciocchezza, non serve ringraziarmi » lo liquidò Yumi con un gesto della mano.

« Non mi riferivo a questo » aggiunse il ragazzo. « Intendevo… per essere accorsa… per averci salvato: grazie ».

La strega sbatté le palpebre perplessa, tuttavia, le vecchie abitudini presero il sopravvento:

« Una vita per una vita, Alexander: ho pagato il mio debito, ora siamo pari » e si voltò verso l’uscita.

« Non scapperai di nuovo via, spero » disse Magnus, spostandosi in modo da esserle praticamente davanti.

Yumi lo guardò sospirando.

« Devo dedurre che sta decisamente meglio, Bane-sama ».

« Sono stato peggio » affermò lo stregone sorridendo.

Yumi e Ryuu si scambiarono uno sguardo d’intesa.

« Bane-sama, la prego di spostarsi: sono in ritardo pazzesco » .

« Chi sarebbe la sfortunata? » disse Jace sfrontato.

« Il direttore di un ospedale che mi caccerà via se oserò arrivare in ritardo al colloquio di lavoro che abbiamo fissato per stamattina » rispose Yumi a denti stretti.

Jace sembrò piuttosto stupito dalla risposta.

« Un colloquio di… lavoro? »

« Non nasciamo tutti con la carriera già pronta e servita su un piatto d’argento, sai? Gli altri, il lavoro, se lo devono cercare ».

« Lo so, però… immaginavo che anche tu… » disse evasivo il giovane guardando verso Magnus, ma venne prevenuto da Yumi, che lo guardò minacciosa puntandogli il dito contro.

«  Paragonami di nuovo a Bane-sama per qualunque cosa che vedi di diverso in me rispetto a lui e giuro che ti taglio la lingua e la dò in pasto alle anatre del parco! »

Jace sembrò sul punto di ribattere ma poi lasciò perdere e sbuffò, dandole le spalle.

« Sei piuttosto elegante » disse Magnus.

Yumi notò che sembrava ancora affaticato.

« E’ sicuro di stare bene? »

« Shinpaimuyou [non ti preoccupare], stellina, sto bene… grazie a te ».

« Ii yo [di niente] … » disse Yumi.

 Lo stregone le sorrise cordiale e la squadrò da capo a piedi.

« Dicevo: sei piuttosto elegante, » disse « ma credo dovresti dare un’aggiustatina al tuo abbigliamento ».

« In che senso? »

Magnus indicò un punto un basso.

« I buchi nei pantaloni fanno tendenza sui blue jeans, ma sono piuttosto informali per un colloquio di lavoro ».

Yumi abbassò lo sguardo, notando effettivamente che la stoffa di entrambe le ginocchia era lacerata. Si ricordò di essersi buttata per terra strusciando con le ginocchia sul pavimento tanta era stata la sua foga nel voler soccorrere Alec e Magnus.

« Mattaku muo… » borbottò, ma non fece in tempo a muovere la mano che una nebbiolina azzurra avvolse i suoi pantaloni, riparandoli alla perfezione.

« Bane-sama! Si è appena ripreso, non sprechi energie per cose così futili » esclamò rivolta allo stregone, che fece un gesto disinteressato con la mano.

« Non è riparandoti i vestiti che passerò a miglior vita ». Yumi fece per ribattere ma uno sguardo ammonitore di Ryuu le fece mordere le labbra.

« Arigatou… » borbottò invece, anche se poco convinta.

« Ii yo, stellina » .

« Può smetterla di chiamarmi così?! ».

« Perché dovrei? Sei una stella cometa: non ti fermi mai troppo a lungo in nessun posto e appena porti a termine quello che devi fare te ne vai via immediatamente ».

Yumi stavolta dovette tirar fuori le zanne e mordersi così forte la lingua da rischiare di staccarla pur di non mostrarla a Magnus come una mocciosa impertinente.

« E’ meglio se lasci perdere, Yumi » intervenne Alec.

A quel punto Yumi lasciò cadere le braccia e sospirò pesantemente, passandosi una mano sul viso. Magnus sorrise compiaciuto e lei gli fece una smorfia, poi però notò Alec guardarli perplesso e spezzò il legame visivo con Magnus rendendosi però conto una volta di più di quanto la promessa fatta al cacciatore fosse un impegno più grande di quanto avesse pensato: si sentiva attirata verso Magnus come l’ago di una bussola è attirato verso il Nord, non importa i tentativi di scuoterla per farle  cambiare posizione. Era qualcosa davvero difficile da gestire, e la preoccupava non poco: non era così che aveva sempre immaginato il suo incontro con lo stregone, non aveva mai pensato che avrebbe potuto avere una tale influenza su di lei.

« Tutto bene, Yumi? ».

Alzò lo sguardo e si ritrovò a guardare niente meno che gli occhi azzurri di Alec.

« Sì, tutto a posto… » mormorò.

Alec guardò soprappensiero Magnus e lui scosse la testa, gesto che il ragazzo interpretò come un invito a non insistere oltre. Nel contempo, però, avvertì una sensazione di fastidio all’altezza del cuore: perché aveva l’impressione che Magnus gli stesse nascondendo qualcosa? A detta dei due, lui e Yumi si erano conosciuti esattamente sette giorni prima, quando loro le avevano salvato la vita… ma allora perché invece gli davano la sensazione che non fosse davvero così? Certo, Yumi aveva detto che avevano sentito parlare parecchio l’uno dell’altro… ma era sufficiente a giustificare il loro comportamento? Sembravano così… affiatati, l’uno con l’altra.

Anche prima, quando Magnus le aveva stretto la mano e l'aveva guardata negli occhi… il suo non era stato lo sguardo che si rivolgeva ad un perfetto sconosciuto, ma verso chi ci si fida completamente e di cui si sa esattamente ciò che è in grado di fare. E questo iniziava a dargli fastidio: chi era veramente Yumi? E perché Magnus sembrava così cauto e a tratti protettivo nei suoi confronti come se sapesse esattamente cosa bisognasse fare con lei?

« In ogni caso, io sono davvero in ritardo, e sarà proprio meglio che vada » disse Yumi.

« Aspetta! » la fermò Isabelle. Yumi la guardò appena.

« Non puoi proprio fermarti un attimo? Ho così tante cose da chiederti… »

« Dovrai chiedermele un’altra volta » tagliò corto la strega e fece per avviarsi verso la porta, ma dalla cima delle scale una voce di donna rimbombò nell’aria.

« Che sta succedendo qui? ».

Yumi si bloccò e così anche Ryuu. La ragazza sentì le zanne crescere e gli artigli premere, il lupo scoprì i canini e ringhiò sommessamente, ma non si voltarono verso la voce, che sentirono avvicinarsi.

« Perché non siete in ricognizione, voi tre? Cosa ci fa qui lo stregone? ».

La voce ormai era a pochi passi di distanza, segno che doveva aver sceso le scale di corsa e si era fermata alla base.

« E tu… chi saresti? ».  Yumi chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, poi si voltò lentamente verso la nuova arrivata… che impallidì e fece un passo indietro quando realizzò chi si trovava davanti.

« Ohisashiburi desu ne [quanto tempo che non ci vediamo], Maryse Trueblood » disse Yumi senza alcuna emozione. La donna guardò prima lei e poi Ryuu e si mise a tremare, mentre le cicatrici che aveva sul corpo presero a bruciare.
 «

Angolo autrice*
 
Spero non vogliate uccidermi per aver portato Magnus e Alec vicino alla morte che, se non interveniva Yumi, addio. Spero anche che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso e di non avervi annoiato troppo. Dal prossimo capitolo avremo una “rimpatriata” tra vecchie conoscenze; di per sé la traccia sarebbe già pronta, ma se qualcuno ha voglia di dire la propria e proporre idee su cosa far dire a Yumi, sono qui :-). Mata ne, a presto!
 
PS: si può dare davvero dell’”indemoniato” ad un demone? XD
 
 
Citazioni e riferimenti:
 
 
(1*): celebre frase di Mewtwo nel film Pokémon il film - Mewtwo colpisce ancora
   
 
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