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Autore: carlottad87    12/02/2017    1 recensioni
Sullo sfondo di una Bologna segnata da una serie di omicidi di irrisolti, Teodora scopre dentro di sè un potere unico che le aprirà le porte di un mondo completamente nuovo e fantastico, ma anche pericoloso e fatto di violenza.
Teodora, giovane universitaria ventenne, imparerà presto che tutto quello che ha sempre saputo su sé stessa non è altro che una bugia e che dovrà trovare il coraggio di portare a termine il compito che una forza superiore le ha affidato.
L'amore impossibile per un uomo tanto più grande di lei, così attraente e al tempo stesso così spaventoso, sarà l'unico mezzo per scoprire sé stessa o non farà che allontanarla dal suo destino?
"Il terzo cadavere che la donna vedeva in vita sua, dopo quello di suo nonno morto per un cancro al colon e di suo marito che aveva avuto un infarto qualche anno prima, le sembrò molto più spaventoso dei primi due. La ragazza, che dimostrava poco più di vent’anni, non aveva addosso la bruttezza della malattia, del dolore e della vecchiaia; la sua vita era stata spezzata senza preavviso, e la sua bellezza era abominevole e contro natura."
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7.
 
Il SUV nero parcheggiò in un grande spiazzo tra gli alberi, vicino a numerose altre macchine.
Teodora si guardò intorno e si accorse che erano tutte vetture costose: c’erano varie Audi, alcune Mercedes e pure una Porche. Pensò che se i vampiri erano notoriamente ricchi nemmeno le streghe della Congrega dovevano essere da meno.
Le cinque donne si inoltrarono tra i fitti alberi che separavano il parcheggio da un’area da cui provenivano risate, canti e musica. Teodora rimase completamente sbalordita quando, lasciandosi il boschetto alle spalle, si ritrovò in uno spazio aperto enorme, circondato da alti pini, faggi e querce.
Nel centro della radura Teodora vide un grande monolite, alto almeno due metri, sul quale erano incisi simboli che non conosceva, ma che le parvero simili a rune. Attorno alla sua base erano state disposte candele accese, fiori raccolti in mazzi e diversi tipi di frutta, in particolare mele rosse. A quanto pareva le streghe adoravano le mele, che ironia pensò, e non poté fare a meno di piegare le labbra in un sorriso.
Attorno al monolite l’erba era coperta di cuscini e tappeti, sui quali sedevano moltissime donne: alcune di queste chiacchieravano animatamente, si tenevano per mano e ridevano, altre bevevano birra e quello che sembrava vino rosso in calici di vetro. Molte di loro accarezzavano gatti accovacciati sulle loro gambe, mentre altri camminavano tranquillamente sull’erba e sui tappeti.
Teodora scorse una donna dai lunghi capelli castani che suonava un violino, vicino a lei un’altra cantava con voce bellissima ed eterea una canzone che non riuscì  a riconoscere.
In prossimità del limite del bosco erano stati montati grandi tendoni colorati, all’interno dei quali la ragazza scorse lunghi tavoli ricoperti di piatti colmi di cibo e di diversi tipi di bevande, principalmente alcoliche. Tutta l’area era illuminata da lanterne, alcune erano appoggiate a terra o appese ai tendoni mentre altre fluttuavano in aria, scivolando su una brezza invisibile.
Lo spettacolo che aveva davanti le parve una via di mezzo tra una sagra medioevale e una festa studentesca, e Teodora trovò tutto strepitoso.
Marianna e Bianca guidarono le tre ragazze più giovani verso uno dei tendoni, quello centrale. Mentre camminavano molte donne si alzarono dai cuscini e si avvicinarono per presentarsi, con ampli sorrisi stampati in viso.
“Benvenute!” dissero alcune, altre strinsero la mano a Teodora e Agnese, perché probabilmente già conoscevano Angela. “Finalmente siete arrivate!” “Vi stavate perdendo il più bello della festa”.
Teodora stordita sorrideva a tutte, ripetendo il suo nome a tutte quelle che le allungavano la mano, sicura che in meno di trenta secondi si sarebbe scordata gran parte dei loro.
Quando arrivarono davanti al tendone Teodora scorse Adela, seduta su un grande cuscino, vicina ad altre due donne con cui stava parlando. Una era alta ed estremamente magra, con occhi dal taglio orientale, capelli neri e labbra sottili. La seconda, invece, era fisicamente il suo contrario: dimostrava più o meno cinquant’anni, teneva i capelli biondi legati in uno chignon sulla nuca, aveva forme abbondanti e un seno prosperoso. A Teodora ricordò un po’ una valchiria e un po’ una venditrice di birra all’Oktoberfest, non che ci fosse mai stata.
Adela le vide e si alzò per raggiungerle in maniera aggraziata, le altre due la seguirono sorridendo.
“Finalmente sono arrivati gli ospiti d’onore” posò una mano sulla spalla di Agnese e l’altra su quella di Angela, poi si stacco e abbracciò Teodora, che si accorse che profumava di gelsomini.
“Queste sono Altea e Cornelia, insieme a me sono le streghe a capo di questa congrega” disse indicando prima la donna alta poi la valchiria prosperosa.
“Benvenute alla festa in onore di Eoestre” disse Altea, mentre Cornelia passava un braccio sopra le spalle di Agnese e afferrava Teodora per la vita con quello che le era rimasto libero.
“Bisogna bere in onore della Dea, Eoestre non sarebbe felice a vederci tutte cosi sobrie.”
Cornelia liberò le due e si diresse verso Bianca, che abbracciò con affetto.
Altea e Adela riempirono cinque calici di vino rosso e lo porsero alle ultime arrivate. Teodora ne provò un sorso e trovò che il suo sapore dolce e delicato fosse buonissimo.
Si accorse che Agnese davanti a lei non beveva, ma che dirigeva tutta la sua attenzione agli altri alberi dietro al tendone. Illuminate dalla luce delle lanterne nella radura, giovani donne scalze sedevano sui rami, osservandole con curiosità. Alcune avevano i capelli intrecciati in complicate acconciature, altre li tenevano sciolti e questi le coprivano come fossero mantelli; erano vestite con abiti lunghi di un tessuto leggero, che ondeggiavano mossi dal vento. Teodora vide che avevano le orecchie a punta.
“Sono ninfe dei boschi, le Driadi” le disse Adela quando si accorse dei loro sguardi meravigliati diretti al bosco. “Può essere che ci siano dei folletti vicino alle radici degli alberi, loro non salgono sui rami più alti perché non vanno assolutamente d’accordo con le ninfe.”
Teodora si sporse in avanti per riuscire a vedere qualcosa nel sottobosco, ma le parve soltanto di scorgere alcune paia di occhi argentati, come quelli che si era trovata davanti poco prima al cancello. Le vennero i brividi.
Saranno quelli i folletti?
“Venite è ora di porgere le offerte importanti” disse Adela e fece segno a Teodora e alle altre di seguirla al centro dello spiazzo.
Tutte le streghe della congrega, vedendo Adela camminare verso il centro, smisero di colpo di cantare, suonare e chiacchierare; tutte si diressero verso l’imponente monolite.
Adela si girò verso le donne che le si erano radunate davanti, dando le spalle al grande macigno di pietra. I suoi occhi azzurri brillavano e Teodora scorse i tratti della giovane e bellissima donna che era stata.
“Benvenute a tutte, stasera, in occasione del solstizio di primavera, avrà luogo la cerimonia di liberazione dei poteri di tre nuove streghe.”
Adela con un movimento del braccio destro indicò Teodora, Agnese e Angela. Le altre streghe attorno a loro cominciarono ad applaudire e a gridare, tanto che le tre arrossirono vistosamente.
“Ora, prima di cominciare con il rituale, è il momento di porgere le nostre offerte a Eoestre, madre di tutte le streghe e delle creature del Velo.”
Molte streghe ripresero ad applaudire e Teodora vide che erano tutte molto emozionate. Quella doveva essere un’occasione estremamente importate per loro.
Cornelia passò una busta di tessuto blu ad Adela, da questa la donna tirò fuori un lungo spillone con il manico bianco intagliato, che pareva essere fatto di osso. Il battito del cuore di Teodora accelerò leggermente. Che cosa ci dovevano fare?
Adela, senza abbandonare la sua espressione calma e rilassata, si punse il dito indice con lo spillone e fece cadere le gocce di sangue che uscirono dalla ferita sull’erba davanti al monolite.
“A te Grande Madre doniamo noi stesse in questo giorno sacro.”
Adela passò lo spillone a Cornelia che fece lo stesso prima di porgerlo ad Altea.
Tutte le streghe, una ad una, ripeterono lo stesso rituale. Tutte condividevano lo stesso sguardo e non proferivano parola, come se quel gesto fosse tanto importante da meritarsi un completo silenzio pieno di rispetto.
Infine, Teodora si ritrovò con l’oggetto in mano, chiedendosi se stesse davvero per perforarsi il dito e versare il suo sangue per terra in onore di una divinità di cui non sapeva nulla.
Agnese e Angela l’avevano fatto. Alla prima tremavano tanto le mani che quasi gli era caduto lo spillone per terra; la seconda, invece, aveva drizzato le spalle orgogliosa, come se aspettasse quel momento da anni.
Teodora si sentiva frastornata, stavano succedendo un sacco di cose, troppo in fretta. Sua madre anni prima aveva fatto lo stesso? Come si era sentita di fronte a tutte quelle novità? Come avrebbe voluto che fosse al suo fianco in quel momento, per poterle spiegare tutto di quel nuovo mondo dove si facevano offerte di sangue e le ninfe ti osservavano accucciate sugli alberi.
La ragazza si accorse però che la sensazione più forte che sentiva dentro di se non era la paura, non aveva voglia di scappare e tornare alla sua vita di tutti i giorni: era eccitata, aveva voglia di imparare, di vedere, e di sentire il più possibile.
Ora sono qui e devo andare fino in fondo.
Si punse il dito con lo spillone e versò il suo sangue sull’erba.
Tutte le streghe dietro di lei gridarono di gioia.
“E’ fatta, Grande Madre accogli la nostra offerta!”
“Proteggici Dea, benedici le tue figlie!”
Molte delle streghe si abbracciarono: c’era una tale intimità e confidenza tra loro che era evidente che si conoscevano da tantissimo tempo.
Probabilmente si conoscono da molte vite.
Era questo che significava diventare una strega? Acquistare una nuova, grande famiglia?
Per Teodora che era cresciuta da sola con sua zia e che aveva perso sua madre e suo padre quando era ancora molto piccola, la sensazione che gli diede trovarsi al centro di questo piccolo mondo fatto solo di donne fu travolgente.
Voglio essere come loro, voglio essere parte di loro.
“E ora bevete e mangiate, mentre noi terminiamo la pozione per il rituale” disse Altea.
Le donne si sparpagliarono nuovamente nella radura, molte si diressero verso i grandi tavoli imbanditi li vicino, mentre Adela, Altea e Cornelia tornarono verso il tendone centrale.
Teodora vide che aggiungevano ingredienti in un grande calderone e che, mentre recitavano  formule che lei non poteva sentire, tenevano le mani aperte sopra il vapore generato dal suo contenuto. I loro palmi sprigionavano una luce tenue che le parve iridescente.
“Incredibile vero?”
Agnese le si era avvicinata mentre Angela parlava con sua madre e con altre due streghe, tra le quali riconobbe Mariarosa, la ragazza che le aveva accolte al cancello.
“Già, non ci credo ancora… Mi sembra un sogno”
Marianna le raggiunse, sorridendo posò alle due una mano sulla spalla, stingendole delicatamente.
“Tutto bene?”
“Si” rispose Agnese “sono solo un po’ nervosa.”
Teodora annuì e disse: “Pure io… mi sembra ancora tutto così irreale”
“Lo so, avrete bisogno di tempo per abituarvi a tutto” poi si voltò verso sua figlia che ancora parlava con le altre streghe. “Per Angela è più facile, lei sa di queste cose da quando è nata.”
Le tre rimasero in silenzio, poi Agnese indicò il monolite a pochi metri da loro.
“Che cosa rappresenta? Che cosa significano quei simboli?”
“Quella è una pietra sacra, si dice che furono le prime streghe a crearla e a inciderla, per questo è così sacra per noi.”
I suoi occhi brillarono orgogliosi.
“Il territorio di questa congrega è uno dei più magici del mondo, noi siamo considerate tra le streghe più potenti in assoluto. La leggenda vuole che le prime della nostra specie siano nate qui e che quella pietra sia stata piantata da Gaia la Prima Strega, figlia della dea Ecate, e incisa dalle sue figlie.”
Teodora pensò che era davvero strano che le streghe si definissero “di un’altra specie” rispetto alle persone senza poteri magici.
“Ma perché Adela ha detto che Eoestre è la madre delle streghe se lo è anche Ecate?” chiese Agnese.
“La Dea Madre ha tante forme, Eoestre ed Ecate sono due delle sue manifestazioni. Si dice però che quando creò il mondo e partorì la prima strega, Gaia, si fosse incarnata in Ecate.”
“E i simboli?” domandò Teodora indicando le figure incise sul monolite, dopo qualche secondo di silenzio.
“Sono rune antiche, la lingua che la Dea insegnò a Gaia per praticare la magia. Ormai sono poche le streghe che ne conoscono il significato, Adela è l’unica della nostra congrega che ancora parla la lingua antica. Lei è la più vecchia di noi.”
“Quanti anni ha Adela?” chiese Teodora, sperando che non fosse considerata una domanda scortese dalle streghe.
“Ha più di mille anni… c’è chi dice che sia cresciuta in un castello medioevale, chi invece che abbia visto la caduta dell’Impero Romano. Lei non conferma ne l’una ne l’altra, le piace fare la misteriosa.” Rispose Marianna con un sorrisetto furbo.
La ragazza non credeva alle proprie orecchie. Com’era possibile che avesse chiacchierato tranquillamente con qualcuno che era nato nel primo millennio dopo Cristo?
“Se non è troppo..” disse Teodora “Posso chiederti quanti anni hai? Non rispondermi se non vuoi… “
“Dimostro ancora meno di quarant’anni, vero?” rispose Marianna soddisfatta, facendo l’occhiolino. “Sono nata nell’anno dell’Unità d’Italia, nel 1861.”
Teodora e Agnese la guardarono sbalordite.
“Ci ho messo un bel po’ prima di sistemarmi con il padre di Angela, e a decidere di invecchiare con qualcuno… diciamo che mi sono divertita come una ventenne per molti anni”
“Tutto questo è incredibile!” esclamò Agnese, con un tono di voce molto più alto del normale.
“Quindi se io volessi vivere per sempre potrei farlo? Se invece decidessi di invecchiare e morire come una persona normale sarebbe comunque una mia decisione?” continuò Teodora.
“Già, molti dicono che questo sia il dono più grande di noi streghe. Siamo le uniche creature magiche che possono scegliere se essere immortali.”
Teodora soppesò quelle parole.
Il dono più grande delle streghe…
“Noi non possiamo ammalarci come gli essere umani, ma possiamo morire di morte violenta. La maggior parte delle creature del Velo possono essere uccise se gli si taglia la testa, anche i vampiri. La storia dei paletti nel cuore è solo un mito, però muoiono anche se vengono esposti a lungo alla luce del sole o se gli dai fuoco”.
La ragazza si sentì leggermente nauseata e sperò di non dover mai vedere qualcuno, anche un vampiro, che bruciava vivo.
“Quante cose non sono vere sui vampiri? A parte i paletti intendo…”
Marianna si toccò il meno con pollice e indice, stingendo leggermente gli occhi.
“Dunque, non è vero che odiano l’aglio, si riflettono negli specchi… e non ti trasformano in vampiro se ti mordono, devi prima bere il loro sangue e morire per diventare come loro”.
Teodora vide che la donna rabbrividiva.
“Anche solo l’idea di essere toccata da una di quelle sanguisughe mi fa vomitare. Non capirò mai perché gli esseri umani desiderino farsi mordere da loro.”
“Perché i vampiri ci odiano tanto?” domandò Agnese.
“Per quanto ne so, noi e i vampiri siamo sempre stati nemici… Loro vivono secondo principi completamente contrari ai nostri, si nutrono di sangue, devono uccidere per riprodursi. E’ abominevole e contro natura.” Poi si strinse nelle spalle.
“Ad un certo punto della storia loro hanno cominciato ad uccidere noi e noi ad uccidere loro. Ultimamente non li andiamo più a cercare tanto come facevamo prima, gli anni quaranta sono stati un bagno di sangue e non vogliamo che una situazione del genere si ripeta. Le veggenti ci dicono se qualcuna di noi verrà attaccata e dove, e in quel caso ci difendiamo.”
“Come hanno fatto a trovare e a uccidere mia cugina allora?”
Agnese stringeva i pugni nervosa.
“La Preveggenza non è sempre esatta, Bianca è la veggente più dotata che abbiamo ma non sempre riesce a vedere quello che sta per succedere.” La donna fece una pausa e sospirò.
“E’ rimasta sconvolta per la morte di Clementina, erano molto amiche e si sente ancora in colpa per non averlo predetto… non ha dormito né mangiato per giorni dopo che è successo.”
A Teodora in quel momento brontolò rumorosamente lo stomaco, per il nervosismo quel giorno non aveva mangiato quasi nulla.
“Avete fame? Andiamo a mangiare qualcosa”.
Le tre donne si riempirono i piatti di verdure cucinate in diversi modi, torte salate e molti tipi di pasta. Teodora si accorse che non c’era carne da nessuna parte.
Saranno tutte vegetariane?
“Dovrete sforzarvi di mangiare di più d’ora in avanti. Il vostro corpo non sarà abituato ai nuovi poteri e deve imparare a gestire la nuova situazione. Avere la magia “in circolo”” disse facendo due virgolette con le dita “sarà come fare un sacco di ginnastica…”
Fare ginnastica senza andare in palestra? Dove devo firmare?
Teodora si servi una seconda porzione di pasta al forno. Tanto valeva approfittarne.
In quel momento la ragazza si accorse che nella radura era calato nuovamente il silenzio: tutte le streghe osservavano Adela, Altea e Cornelia che ritornavano verso il monolite sacro, trasportando il calderone pieno del liquido scuro e fumante che avevano preparato.
“E’ ora, è ora!” Marianna batté le mani emozionata. Teodora e Agnese appoggiarono i piatti e si guardarono mentre diventavano sempre più pallide.
Perché sono così nervosa? Non è un esame!
E se si accorgessero che non sono una di loro? Come farei a tornare a casa come se nulla fosse?
Agnese si tolse la giacca e si arrotolò il maglione sui gomiti, poi si passò una mano sul collo.
I riccioli rossi sulla nuca della ragazza erano umidi e Teodora si chiese se stesse sudando per il nervosismo.
Tutte le donne si radunarono attorno al grande calderone: alcune facevano congetture sulle caste di appartenenza delle tre nuove streghe, altre speravano che facessero parte della propria.
“Silenzio, silenzio” disse gentilmente Adela alzando la mano “E’ finalmente arrivato il momento di liberare la vera natura di queste tre giovani streghe” continuò indicando Teodora, Angela e Agnese.
“Come tutte sapete, oltre a riportare i loro poteri, la pozione che berranno ci farà capire a quale casta ognuna di loro appartiene.” Poi si diresse direttamente ad Agnese e Teodora “Immagino vi abbiano spiegato che tutte le streghe possiedono diverse capacità magiche, legate ad un diverso elemento naturale. Oltre a poter controllare liberamente il proprio elemento le streghe d’aria possiedono il dono della preveggenza; quelle d’acqua dell’onironautica, possono cioè modificare i sogni altrui e comunicare attraverso di essi; quelle di fuoco dell’evocazione e dello svelamento delle nature occulte e, infine, quelle di terra sono in grado di guarire con il tocco delle loro mani.”
Cornelia riempì tre calici con il liquido contenuto nel calderone, Teodora si accorse che era di color blu notte e che emanava un profumo dolce e fruttato.
“Che la Madre vi benedica in questo giorno speciale” continuò Adela “Bevete una per volta.”
La prima a bere fu Angela, afferrò il calice di vetro e se lo portò alle labbra velocemente, con evidente impazienza. Quando inghiotti il liquido aggrottò le sopracciglia e strinse i pugni, poi spostò la testa all’indietro chiudendo gli occhi. Il calice di vetro cadde per terra ma incredibilmente non si ruppe.
Teodora trattenne il respiro, nessuno parlava.
Dai palmi di Angela scaturì una luce bianca, prima debole poi sempre più forte, i piedi le si staccarono da terra e inarcò la schiena all’indietro.
Sulle sue mani, dove era comparsa la luce, apparvero fiamme rosse e arancioni che in un attimo si propagarono dalle estremità per tutto il suo corpo.
Angela ardeva completamente, galleggiando a mezz’aria, con i capelli trasformati in una lingua di fuoco che si muoveva furiosamente.
Teodora non poté fare a meno di gridare, poi  si coprì la bocca con una mano. Agnese si aggrappò al suo braccio, con gli occhi sbarrati dal terrore.
Le altre streghe osservavano tranquille la scena, alcune di loro bisbigliavano all’orecchio di quella che avevano vicino, altre guardavano Angela bruciare viva stringendosi tra loro, serene.
Teodora capì che tutte avevano già visto succedere la stessa cosa molte volte, durante altre cerimonie identiche in passato, e la preoccupazione per la ragazza si attenuò un poco.
Dopo meno di un minuto i piedi di Angela toccarono nuovamente terra e le fiamme che prima l’avvolgevano si spensero, partendo dalle mani fino ai suoi capelli.
Tutte le donne radunate attorno a lei applaudirono, eccitate.
“Il cuore della tua magia è il fuoco!” esclamò Adela, prima di abbracciarla e baciarla sulle guance. Angela sembrava leggermente sconvolta, si guardava attorno come se non capisse bene che cosa le fosse successo ma sorrideva lo stesso felice. Sua madre la raggiunse e le prese la mano, era chiaro che fosse orgogliosa di lei.
“Ora Agnese” disse Altea, e Cornelia le passò uno dei due calici rimasti. Le mani della ragazza tremavano visibilmente quando lo afferrò, ma dopo un momento di esitazione si fece forza e trangugiò qualche sorso del suo contenuto.
Come era successo per Angela anche i suoi palmi emanarono una luce bianca delicata, ma a differenza di quest’ultima lei non fu lambita dalle fiamme mentre levitava. Dopo qualche istante Agnese alzò le mani osservandole incredula: dalla punta delle dita fin quasi ai gomiti la sua carne aveva perso consistenza, sembrava fatta di mercurio liquido. Anche i suoi occhi divennero dello stesso colore, come se fossero specchi mutevoli e instabili.
La ragazza cadde in ginocchio e lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi, poi colpì il terreno con le mani e queste sembrarono liquefarsi e fondersi con l’erba. Teodora ebbe paura che si sarebbe sciolta e che sarebbe scomparsa così, imitando la fine della malvagia Strega dell’Ovest. La ragazza però alzò nuovamente le mani verso l’alto e queste di colpo riacquistarono forma e si ricomposero, lasciando riaffiorare la pelle sotto l’argento, che scomparve prima dalle braccia e poi dai suoi occhi.
“Acqua” bisbigliarono molte delle streghe riunite attorno ad Agnese, confermando quello che Teodora aveva già sospettato sull’elemento di appartenenza della ragazza. Adela prese Agnese per mano aiutandola ad alzarsi: la ragazza sembrava estremamente confusa e continuava a strofinarsi entrambe le mani sugli avambracci, come per accertarsi che fossero tornate normali.  
“Sei una strega d’acqua” le disse Adela.
Alcune donne le si avvicinarono e le dissero che anche loro appartenevano a quell’elemento e che presto l’avrebbero aiutata a comprendere come la sua magia si manifestava.
Quando Cornelia passò a Teodora l’ultimo calice il suo cuore batteva talmente forte che tutte le voci e i rumori attorno a lei si erano attutiti e parevano come appannati.
La ragazza bevve e si accorse che il sapore del liquido blu era dolce, fruttato e speziato al tempo stesso; le piacque così tanto da assaporarlo lentamente, leccandosi le labbra con la lingua.
Prima che potesse avvicinarsi il bicchiere alla bocca per un altro sorso le mani le si contrassero in uno spasmo involontario e questo cadde, frantumandosi. Teodora sentì un forte calore nello stomaco, nei polmoni e all’altezza delle mani, che presto iniziarono a emanare la stessa luce bianca che aveva visto con Angela e Agnese.
La testa le si fece leggera e aveva la nausea, sentiva il mondo girare come quando si è così ubriachi da non avere più il controllo su se stessi e su quello che circonda: Teodora perse l’equilibrio e cadde prima in ginocchio e poi, sbilanciandosi all’indietro, sulla schiena. Tutto divenne buio.
 
Teodora si trovava davanti al monolite illuminato dalla luce della luna, non c’era più nessuno intorno a lei. Toccò con una mano i simboli incisi sulla roccia e le parve che si illuminassero al suo passaggio.
Da dietro la grande pietra comparve sua madre, con i lunghi capelli che si muovevano al ritmo del vento. Indossava la stessa camicia da notte sporca di sangue che Teodora aveva visto nei suoi sogni, in quelli in cui era una bambina e in quello in cui la madre era apparsa in camera sua.
Anche in quel momento stava sognando?
La donna le accarezzò una guancia e Teodora pregò di non sentire ancora il suo sangue caldo che le scivolava sulla pelle.
“Ricorda Teodora, la Dea ci guarda dalla luna, veglia su di noi. Lei ci guiderà e faremo ammenda dei nostri peccati.”
Teodora voleva chiederle che cosa significassero le sue parole ma non riusciva a produrre alcun suono, la sua bocca rimaneva irrimediabilmente chiusa.
E’ sicuramente un altro sogno
“Perdonami… ma non si può evitare” disse ancora sua madre.
Una folata di vento le alzò l’orlo del vestito, quanto era bella pensò la giovane strega, perché non aveva potuto crescere con lei?
La madre guardò un puntò al di là delle spalle di Teodora, sospirò e socchiuse leggermente gli occhi. La ragazza si voltò per vedere che cosa avesse attirato la sua attenzione, ma non c’era nulla, solo il bosco buio. Si girò nuovamente verso sua madre, ma lei era sparita.
 
Teodora riprese conoscenza in un sussulto, l’aria le entrò nei polmoni bruciando e lei si alzò a sedere con un grido. Doveva essere svenuta.
Attorno a lei il silenzio era assoluto, decine di occhi spalancati la guardavano e la ragazza capì subito che c’era qualcosa che non andava.
Hanno scoperto che non sono una di loro? Mi cacceranno?
Adela la guardava con gli occhi stretti in due fessure, Marianna teneva una mano sopra la bocca come se avesse appena visto qualcosa di sconvolgente.
Teodora si accorse che attorno a lei erano cresciuti fiori di diversi colori, in particolare vide moltissimi non ti scordar di me, in un’area a forma di cerchio della quale lei era il centro.
Ma c’erano anche prima?
“Sei una strega di terra Teodora” disse Adela, in un sussurro che pareva più una domanda che una affermazione.
Sono una strega! Ma perché mi guardano tutte così?
Teodora non sapeva che cosa dire, aveva fatto qualcosa di sbagliato? Era un male essere una Strega di Terra?
“Non va bene? È una cosa brutta?” chiese lei rivolgendosi ad Adela. La donna si inginocchiò, abbassandosi al suo livello per guardarla negli occhi, poi le prese le mani nelle sue.
“No Teodora, non c’è niente di male… siamo solo un po’ stupite perché l’ultima Strega di Terra di questa congrega è morta più di cinquecento anni fa.”
   
 
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