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Autore: AngelofDrakness    12/02/2017    1 recensioni
"Nessuno poteva capire ciò che in quel momento provava: rabbia, dolore, disperazione erano le poche emozioni conosciute da tutti loro, sempre costretti a vivere solo la notte nel museo, lontani dal sole per paura di finire in cenere. Ma Ottavio in quel momento sentiva un nodo alla gola terribile che lo stava portando al limite. Cosa mai era quello? Amore? impossibile, loro erano statue"
[Jedoct]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jedediah, Ottavio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Sei così piccolo! Sei proprio carino!” ghignò Kahmunrah compiaciuto osservando il cowboy intrappolato. Jedediah ringhiò di rabbia, desiderando ardentemente di uscire dalla gabbia per prendere a ceffoni quel faraone da strapazzo. Ottavio osservava la scena fuori dalla finestra della sala, preoccupato per la sorte dell’amico. Erano finiti in quel guaio insieme e insieme ne dovevano uscire: la prospettiva di vedere il suo migliore amico Jedediah chiuso in quella gabbia come un animale gli faceva venire il voltastomaco, perché nessuno poteva toccarlo.

Nessuno.

“Non te preoccupà amico mio, arriva Cesare tua a salvarte!” pronunciò ad alta voce, iniziando a scendere dal cornicione della finestra, pur sapendo che solo lui e la notte avevano sentito le parole. Prima che Larry venisse a stravolgere le loro vite lui parlava spesso ad alta voce con sé stesso. Cercava compagnia, comprensione per essere così piccolo e insicuro, voleva una tenerezza che nessuno poteva offrirgli. Ma quando aveva conosciuto meglio il texano qualcosa dentro di lui aveva iniziato a battere: un cuore che non credeva di possedere. Cadde nell’erba umida e iniziò a correre a perdifiato, deciso più che mai a trovare un arma per sconfiggere il nemico.

*

Sentiva la sabbia cadere e scavargli il cappello ogni minuto che passava, e ciò contribuiva ad accrescere il suo nervosismo. Oltre al riflesso di sé nel vetro della clessidra Jedediah vedeva quell’idiota del faraone pigramente sdraiato sul trono che canticchiava assurde melodie in egiziano. Si scrollò di dosso la sabbia e sbuffò. Starsene li fermo a non fare nulla gli metteva ansia, anche perché Ottavio non era lì con lui. Sorrise al pensiero del romano. Una volta si odiavano a vicenda e ora erano sempre insieme, come fratelli. Sotto sotto  gli mancava il sorriso che si spalancava su quel viso cupo; le sue frasi contorte che a tratti non capiva per via dell’accento, Insomma, Ottavio gli mancava. Sentì la clessidra muoversi, Kahmunrah si era alzato e l’aveva afferrata malamente, capovolgendola e gettando una gran quantità di sabbia sul povero cowboy. Improvvisamente travolto, Jed tossì mentre tentava di uscire da quella trappola, cercando di alzarsi per evitare di rimaner soffocato. Kahmunrah iniziò a blaterale urlando come un matto: Conquista del mondo, Larry Daily, Aldilà, Aldiquà…
Basta! Se solo avesse avute le mani libere si sarebbe già tappato le orecchie. Jedediah smise di ascoltarlo pregando solamente l’arrivo del guardiano notturno, o del suo romano.

*

Quando Ottavio disse a Larry che avrebbe pensato lui a Jed non pensava che la situazione fosse così grave. Era stato stupido, si ripeteva. Il guardiano avrebbe potuto aprire la clessidra facilmente, mentre lui… lui non poteva fare nulla. Scese dallo scoiattolo e si affrettò a correre verso l’amico. Scavalcò i piedi di un mafioso e si precipitò al vetro della clessidra stanco morto.
“Ah cowboy! Te voi da ‘nà mossa?”
“Non ce la farò. Credo che il tuo cowboy abbia ballato l’ultimo ballo” gli sussurrò Jed, con la sabbia che iniziava a salire verso la gola. “Ottavio”
Quando il texano pronunciò il suo nome il romano sussultò. Mai aveva sentito un simile suono uscire dalle sue labbra: era dolce, malinconico. Appoggiò una mano al vetro, preoccupato. “Ricordami per quello che ero” Il romano lo guardò negli occhi: quelle gemme azzurre, le amava alla follia. Vide la mano di Jedediah sbucare dalla sabbia e, con lentezza, appoggiarsi al vetro con il palmo rivolto verso di lui. Ottavio riusciva a sentire il calore e la morbida mano dell’altro sulla sua, nonostante il sottile strato di vetro che le separava. Si perse in quel momento così calmo, dimenticando perfino i rumori della guerra tra Larry e Kahmunrah.
“Jedediah!” urlò quando la sabbia iniziò a coprire la bocca del texano. L’amico non urlò e non si mosse, solo la mano iniziò a scivolare sul vetro, senza forze. Il romano andò in panico: Jed non poteva morire, non doveva! Erano fatti di cera, non erano persone reali. Erano immortali. Senza esitazione si tolse l’elmo e con forza lo abbatté sulla clessidra. Questa si incrinò e, con grande lentezza, iniziò a incrinarsi. Ottavio smise di respirare non vedendo più l’amico, ora sepolto da capo a piedi. Con un sonoro Crack finalmente il vetro crollò e la sabbia all’interno della clessidra uscì senza limiti, inondando il pavimento. Il romano si avvicinò all’amico per controllare il suo stato di salute. Jedediah era immobile, gli occhi chiusi e le braccia abbandonate sui fianchi. Ottavio si avvicinò a lui e gli prese la mano di prima, stringendola per confortarlo.
“Jed svegliate! Fallo per Cesare tua” urlò iniziando a picchiettare sulla spalla con forza affinché l’altro si svegliasse. Nulla, quel dannato cowboy non faceva nulla!
“Jed!” voleva di nuovo vedere i suoi occhi color cielo, sentire le sue battute spiritose, sentirlo vicino non solo come presenza ma come compagno d’avventura. Nessuno poteva capire ciò che in quel momento provava: rabbia, dolore, disperazione erano le poche emozioni conosciute da tutti loro, sempre costretti a vivere solo la notte nel museo, lontani dal sole per paura di finire in cenere. Ma Ottavio in quel momento sentiva un nodo alla gola terribile che lo stava portando al limite. Cosa mai era quello? Amore? impossibile, loro erano statue.
Eppure, sentiva che non era così. Larry li aveva cambiati quella settimana di mesi prima, con le promesse e le prospettive di un futuro più roseo. Gli aveva salvati dalla guerra e dall’odio con una naturalezza che solo lui possedeva e che Ottavio invidiava. Quanto avrebbe voluto dirlo a Jed che gli voleva bene, ma ogni volta si bloccava, era più forte di lui. Guardava il petto di Jed che rimaneva immobile nonostante le sue suppliche, quasi lo stesse facendo per provocarlo. Appoggiò le mani sul petto dell’altro e iniziò a scuoterlo senza ottenere risultati. Ottavio respirò fortemente e senza esitazione avvicinò il suo viso a quello del cowboy. Se non c’è altra alternativa pensò, in un misto tra l’imbarazzato e il piacere. Oh, per Giove! Sfiorò dolcemente i loro nasi e appoggiò le labbra a quelle dell’amico, iniziando a fare la respirazione bocca a bocca. Si sentiva uno stupido, ma alla fine nessuno poteva farci caso, piccoli come erano. Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi. Cavolo, gli stava piacendo un casino. Sentire le labbra dell’altro contro le sue lo mandavano in estasi, erano morbide al contatto e mai lo avrebbe immaginato. Sfortunatamente Jed si svegliò dopo un po’, ritornando sano come un pesce. Avvertì una fitta alla gola, sovrastata poi da qualcosa di piacevole. Aprì gli occhi e vide Ottavio su di lui che lo baciava. Rimase scioccato, quasi stupito. Iniziò a muoversi avvertendo gli arti duolergli, essendo rimasti a lungo fermi e indolenziti. Ottavio aprì gli occhi e li incrociò con quelli dell’amico. Quando si rese conto della situazione fu troppo tardi. Provò a staccarsi ma Jedediah lo fermò mettendo una mano sulla sua testa, notando negli occhi di Ottavio la paura di essere stato scoperto a fare un atto riprovevole. Oh, per tutti i diavoli, a lui il romano piaceva! Poco dopo si staccarono per riprendere fiato e Jedediah appoggiò il capo nell’incavo del suo collo. Sentiva Ottavio tremare contro di lui e si ricordò della paura dentro i suoi occhi.
“Ottavio, sto bene. Non è successo nulla, calmati” Il romano si tranquillizzò solo con l’abbraccio possessivo che ricevette dal cowboy. Jedediah intrecciò le loro dita per rassicurarlo. Si alzarono tenendosi per mano, mentre Ottavio sfilava la spada dal cinturone per fornirgli un’arma. Jed la prese con soddisfazione mentre già vedeva la soluzione per sconfiggere l’esercito nemico. Si separarono e tutti e due si accorsero dell’improvvisa mancanza del calore dell’altro. Ottavio gli sorrise e iniziò a correre urlando come un matto. Jed rise e mentre iniziava a graffiare le scarpe dei poveri malcapitati urlò un grazie a pieni polmoni.

Quel diavolo di un romano, si era finalmente deciso di baciarlo dopo tutto quel tempo. Jed sorrise contento: alla fine sapeva come sarebbe andata, una bella vittoria per il Museo e forse anche per lui.

Perché ora Ottavio era suo, e non sarebbe più scappato.
 
   
 
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