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Autore: simocarre83    13/02/2017    1 recensioni
Secondo racconto che parte dopo l'epilogo del primo. quindi se volete avere le idee chiare sarebbe, forse, il caso di leggere anche il primo. Ad ogni modo, una brutta notizia che presto diventano due, due vittime innocenti, loro malgrado, nuovi personaggi e purtroppo nemici che compaiono o RIcompaiono. Ma sempre l'amicizia che ha, come nella vita, un ruolo fondamentale.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’EREDITA’

Sabato 23 Dicembre 2023, Giuseppe rimase a letto fino alle undici e mezza. Voleva godersela fino in fondo quella vacanza, si era impegnato negli studi, aveva ottenuto ottimi voti, quindi per lui i compiti delle vacanze erano particolarmente ridotti. E per quel motivo aveva deciso di toglierseli dai piedi il prima possibile. Andrea era partito, quella stessa mattina, per la Sicilia, dove si sarebbe svolto un torneo calcistico della sua squadra. E sarebbe tornato poco prima di Capodanno. Ma non gli sarebbe mancata la compagnia. Avrebbe dato una mano a Simone per lo studio, e sarebbero sicuramente usciti qualche volta.
Quel sabato mattina, Giuseppe si alzò, perché avevano suonato alla porta. Il tempo di infilarsi i pantaloni della tuta, e un maglioncino e corse immediatamente ad aprire. Era il postino. Ed aveva una raccomandata per suo padre. Raccolse la raccomandata, firmò la ricevuta e se ne rientro, dopo aver salutato cordialmente il postino.
Per non dimenticarsi lasciò la busta con la ricevuta sul tavolo della sala da pranzo e tornò su per lavarsi e vestirsi. Quel pomeriggio sarebbe andato in centro con Antonio e aveva chiesto a suo padre e Giuseppe se poteva venire anche Simone. Che, evidentemente, sarebbe stato sveglio dalle cinque di quella mattina, emozionato per una delle prime volte in cui andava a Milano senza i suoi genitori.
Finì che era quasi mezzogiorno e i suoi genitori erano appena tornati da fare la spesa. Scese e li vide, seduti e preoccupati, in salotto, ancora con i cappotti addosso. In particolare, suo padre aveva in mano la lettera che aveva ritirato lui stesso qualche minuto prima.
“Ciao Mamma! Ciao Papà! Si! È arrivata una raccomandata per te! Oh! vedo che l’hai già aperta!” poi, osservando meglio le espressioni dei suoi genitori capì che doveva essere successa per forza qualcosa. “Cos’è stato?”
Solo in quel momento Simone si svegliò da quello stato di trance che non gli capitava di avere da tanti anni.
“Ciao Giuseppe!” poi, guardando Maria, capì che con Giuseppe, soprattutto dopo quello che era successo il mercoledì precedente, non valeva la pena mantenere segreta quella cosa.
“La raccomandata arriva direttamente da Matera. Sono stato interpellato all’apertura del testamento di Francesco, per mercoledì prossimo. A Matera! Sai cosa significa?”
“Si! Che siamo ricchi e che siamo in pericolo!” rispose Giuseppe, correndo ad abbracciare i suoi genitori.
“Se è successa una cosa del genere a me” aggiunse Simone subito dopo “deve essere successa la stessa cosa anche a Giuseppe e Michele. Ne sono sicuro!”
In men che non si dica prese il telefono e chiamò Giuseppe. Trenta secondi al telefono bastarono.
“Ha ricevuto anche lui la stessa raccomandata!” disse Simone.
Cinque minuti dopo, mentre ancora si stavano riprendendo, suonò il telefono. Era Michele.
“Pronto!”
“Ciao Simone! Hai ricevuto anche tu…”
“…la raccomandata? Si! E anche Giuseppe”
“Senti! Posso chiederti una cosa?!”
“Dimmi!”
“Se devo tornare a Matera, e sono riusciti a contattarmi qui, significa che Roberto e Francesca, qui, non sono al sicuro. Posso portarli per qualche giorno a casa tua? Almeno per il tempo che staremo a Matera! Mia cognata è in partenza e non tornerà prima del sei di Gennaio! Così rimarrebbero da soli a casa!”
“Sento mia moglie e ti faccio sapere! Ti richiamo tra cinque minuti!”
“Grazie! A dopo!”
Maria aveva ascoltato la conversazione dall’inizio ma aveva solo sentito che era stata chiamata in causa.
“Michele ha ricevuto la raccomandata a casa di sua cognata! Questo significa che sanno che è lì! Ed è seriamente preoccupato per i suoi figli! Invece di lasciarli da soli a casa di sua cognata, vorrebbe portarli qui! Per il tempo che saremo a Matera! Cosa ne dici?”
“Va bene! Non ci sono problemi! D’altra parte lui è solo e dovrebbe lasciarli da soli i ragazzi! E adesso è decisamente meglio di no!”
Un sorriso sancì l’accordo tra i due. Simone richiamò immediatamente Michele. Che il giorno stesso sarebbe partito per Milano.
Maria, con l’aiuto di Giuseppe, andò a preparare la camera degli ospiti. Roberto e Michele, si sarebbero arrangiati, dividendosi il letto, ma tanto lo facevano già da qualche giorno a casa della loro zia. Giuseppe portò anche su dalla cantina la brandina che avrebbe permesso anche a Francesca di dormire. Che poi era quella che usava anche Emanuela, sua cugina, quando suo zio Nicola e sua zia Nadia venivano a trovarli da Parigi.
Alle 13.30 Giuseppe accompagnò suo figlio a casa di Simone. I ragazzi sarebbero partiti un quarto d’ora dopo, accompagnati dallo stesso Simone, per la stazione della metropolitana, per andare a Milano. Appena entrati, Giuseppe espresse un desiderio che aveva da tanto tempo.
“Ehi! Ma da quanto tempo non prendi in mano una stecca da biliardo?” disse.
“Beh! un po’ di tempo!” rispose Simone.
“E se invece di lasciarli a San Donato li lasciamo alla metropolitana a Corvetto? E ti sfido?” chiese.
“OK! Ci sto!” fu la risposta.
Prese il cappotto ed in un attimo erano fuori. Accompagnarono i ragazzi alla fermata giusta. E li lasciarono andare.
Mentre la macchina partiva, Simone guardò negli occhi Giuseppe. E sorrise.
“Ho capito! Bella comunque la scusa del biliardo!” disse.
“Beh! Non mi è mai piaciuta la stazione di San Donato della metropolitana. Così almeno abbiamo impedito che facessero brutti incontri!” disse, ricambiando il sorriso, Giuseppe.
“Si! Se non che tutta la metropolitana è così!” rispose Simone.
“Però almeno questo pericolo ce lo siamo scampati!” incalzò Giuseppe.
“Hai ragione! però la sfida a biliardo è aperta. Quando vuoi io sono disponibile!” ribatté Simone.
“Ok!” fu l’unica risposta di Giuseppe. Intanto erano quasi arrivati a casa e Giuseppe salutò Simone, lasciandolo davanti al cancelletto del suo giardino.
Appena Simone rientrò in casa, Maria lo guardò stranita.
“Ma non è durata troppo poco la partita?” disse.
“Giuseppe aveva paura di lasciare Simone a San Donato. Era solo una scusa per arrivare fino a Corvetto e lasciarli lì!” disse Simone.
I due scoppiarono in una sonora risata.
Li attendevano quattro giorni di festa. Con i negozi chiusi. Come era accaduto nelle vacanze di Pasqua, quando era arrivato Nicola con la famiglia, avevano deciso di passare quasi tutto il tempo insieme anche con Giuseppe, Anna e Simone. Si trovavano benissimo con loro. E sapevano cosa significava collaborare in famiglia. In casa, quindi, invece di tre avevano appena saputo di essere diventati non sei, ma nove. Quindi Maria fiondò Simone a fare altra spesa. Mentre lei passò tutto il pomeriggio a preparare dei sughi che, opportunamente conservati, li avrebbero fatti sopravvivere per quei quattro giorni, permettendo anche a lei di godersi le vacanze più rilassata. Il budget era stato fornito in parti uguali da Simone e Giuseppe, così tutte e due le famiglie collaboravano alla spesa, gli ospiti costavano di meno e si divertivano di più. Per le tre e mezza, Simone, di ritorno con la nuova spesa, affiancò Maria in quell’impresa.
Prepararono anche dei dolci. In quelle tre ore fecero di tutto. Quando si mettevano alla cucina quei due erano fantastici. Dimostravano, ancora una volta, uno spirito di cooperazione eccezionale. In pratica che erano fatti veramente l’uno per l’altra.
Simone aveva sentito Michele durante tutto il viaggio. Verso le sette, quando si stava avvicinando l’ora del ritorno a casa per Giuseppe, Simone e Antonio, questi in effetti arrivarono. Antonio andò via subito. Dopo aver salutato, ovviamente, Simone e Maria. Se non fosse stato per quel dente scheggiato, Simone e Maria non si sarebbero neanche ricordati della prima settimana di conoscenza di Antonio con Giuseppe. Quel ragazzino era proprio cambiato e tante volte in seguito, avendo conosciuto la madre di Antonio, Maria era stata da quest’ultima elogiata per l’ottima influenza che suo figlio aveva ricevuto da Giuseppe. E a Simone e Maria non poteva che fare piacere.
Squillò il telefono. Era Giuseppe.
“Simone! Non mi parte la macchina! Mi si deve essere scaricata la batteria! Non è che porteresti a casa tu Simone?! Poi domani vedo di sistemarla!” chiese.
“No problem! Non preoccuparti! Puoi aspettare una mezz’oretta che dovrebbe arrivare a minuti Michele? Almeno li accolgo, gli do una mano a sistemarsi, e poi te lo riporto. Ok?”
“Ah certo! Allora ti aspetto! Grazie!” disse Giuseppe. E si lasciarono.
Effettivamente, cinque minuti dopo, un taxi parcheggiò Michele e i suoi figli davanti casa di Simone. Erano tutti e quattro emozionati per quell’arrivo, soprattutto perché non conoscevano i figli di Michele. Anche Simone J si era fatto prendere dall’emozione pur non centrando nulla, dando addirittura una mano a preparare le ultime cose.
Suonarono alla porta, quando si fece silenzio in tutta la casa. Simone andò ad aprire.
“Permesso!” disse Michele. I due capifamiglia si strinsero in un abbraccio.
“Bentornato!” disse Simone, accogliendolo in casa.
Michele entrò. Dietro di lui, una ragazza, alta circa 1,60m, armoniosa nelle forme, in fase di sviluppo, con i capelli castani e gli occhi di un verde profondo e che, come sapeva per certo Simone, non avrebbero lasciato indifferente suo figlio.
“Tu devi essere Francesca! Piacere, Simone” disse il padrone di casa, prendendole la mano e facendola entrare delicatamente in casa.
“Piacere! Sono Francesca!”
Immediatamente fu avvicinata da Maria che la salutò più calorosamente e la incoraggiò a levarsi il cappotto.
Dietro di lei un ragazzo. Alto più della sorella. Capelli scuri e occhi altrettanto verdi. Fisico abbastanza sviluppato, muscoloso. Indistinguibile, ad una prima occhiata, se facesse qualche sport. L’esatto contrario di Giuseppe, che, infatti, faceva nuoto.
“E tu devi essere Roberto!” lo salutò entusiasticamente Simone.
“Già! Piacere!” disse, in tono leggermente sgarbato. Michele non fece né disse nulla.
“Entrate e chiudete la porta sennò congeliamo!” disse Maria, per stemperare quell’attimo di tensione.
“Michele! Ho promesso a Giuseppe che avrei accompagnato Simone a casa non appena fossi arrivato! Ma quanta roba ti sei portato!?” chiese Simone.
“Non sono vestiti. Poi ti spiego!”
“Vabbè! Devo andare! Giuseppe vi darà una mano per scaricare la macchina. Tanto la strada per la camera degli ospiti già la conoscete!” rispose Simone, sorridendogli.
“Ok! Grazie ancora per tutto quello che state facendo!”
“Il piacere è nostro, di ospitarvi!” fu l’ultima cosa che sentì Simone, uscendo di casa.
Accompagnò il figlio di Giuseppe a casa sua e, tempo venti minuti, era già tornato.
Entrò immediatamente in cucina per scaldarsi. Il tavolo era completamente occupato da buste, bustine, vassoi, boccacci, cose incartate. Maria era in cucina che, con estremo piacere di Simone, stava amabilmente chiacchierando con Francesca.
“Se avessi saputo che avrebbero portato tutta questa roba, non ti avrei fatto fare il secondo giro di spesa!” disse sorridendo, e strappando anche un leggero sorriso alla ospite. Simone scoprì un po’ di quelle cose, leccandosi vistosamente le labbra.
“Sono anni che non mangio queste cose!” disse “Grazie! È il più bel regalo che avreste potuto farci!”
Francesca, gentile e cordiale, gli rispose che, stranamente, avevano preso di tutto, ma che solo una cosa suo padre non aveva preso. “Anzi” aggiunse “mi ha quasi sgridato quando li stavo prendendo!”
“Di cosa si tratta?” chiese Maria.
“Dei lambascioni!” rispose Francesca “a me piacciono un sacco. Non so proprio cosa gli sia preso. Boh!”.
Maria scoppiò a ridere, catturando ancora di più la curiosità della ragazza.
“Anche a me piacciono da morire. È a questo qui che non piacciono!” rispose ridendo.
“Beh! Mi fa piacere che Michele se ne sia ricordato!” aggiunse Simone.
Francesca per un attimo tornò seria. “Quando due settimane fa siamo venuti a conoscenza della storia che vi riguarda, non avrei mai potuto immaginare di scoprire certi lati della personalità e del passato di mio padre!” disse, mentre i suoi occhi acquistavano un ché di malinconico e profondamente triste.
“Tutte cose legate al passato! Io conosco tuo padre da una vita! Nonostante quello che è successo in passato, e nonostante quello che abbiamo passato, e nonostante il fatto che non ci siamo visti nell’ultima ventina di anni, tuo padre è una delle persone più giuste, leali, simpatiche e amichevoli che conosca!” rispose Simone.
“Ma non si merita tutte le cose che stiamo passando!” disse.
“Avrei voluto conoscere tua mamma! Se avesse avuto il tuo stesso carattere avrei capito perché Michele se ne era innamorato!” disse Maria. Sorridendo. E venendo ricambiata da Francesca.
“Incredibile che a dire una frase del genere sia una professoressa di italiano storia e geografia!” concluse Simone, scatenando l’ilarità generale.
“È quasi pronto da mangiare” annunciò Maria.
Simone salì al piano di sopra per lavarsi le mani. La porta del bagno era aperta, e c’era Giuseppe che se le stava lavando a sua volta.
“Come è andata in mia assenza?” chiese Simone.
“Perché me lo domandi?”
“Con Roberto! Come è andata?”
Giuseppe aggrottò la fronte. Ci pensò un attimo.
“Bene! Si insomma! Più o meno!” rispose il ragazzo.
“Perché? Cos’è successo!”
“Niente! Ho provato a dargli una mano, ma ogni volta che prendevo in mano una borsa o una busta, me la levava via dalle mani con forza e se la prendeva lui. Ad un certo punto c’era uno zaino ed ero quasi riuscito a portarlo fino alle scale, quando mi si è avvicinato, e dopo avermelo strappato dalle mani mi ha detto che la sua roba non la devo toccare! E, sebbene vicino a noi ci sia sempre stato Michele, non gli ha mai detto nulla!” rispose, serio, Giuseppe.
“Ho capito!” disse Simone. E nient’altro.
Giuseppe si sentì preso in giro da suo padre. Scherzosamente, è ovvio, ma pensava che suo padre gli avrebbe dato uno dei suoi consigli. Insomma…
“Scusa ma che cosa me le fai dire a fare ‘ste cose se poi non mi dici niente per aiutarmi?” chiese.
“Eh! Devo passare il tempo in qualche modo mentre mi lavo le mani, no!?” disse, Simone, con un’aria tutt’altro che seria.
Entrambi si misero a ridere.
Poi poco prima di scendere al piano di sotto, mentre erano sulle scale, Simone rivolse a Giuseppe le ultime parole prima di “apparire” tra gli altri.
“Non preoccuparti! Conosco il tipo. Non ha niente di particolare! Tu sii sempre gentile con lui e vedrai che presto cambierà atteggiamento nei tuoi confronti!” disse.
Giuseppe fece un ultimo sorriso a suo padre e i due raggiunsero gli altri quattro a mangiare.
Il giorno seguente le tre famiglie si concessero un intensissimo tour di Milano, con tanto di giro in centro, visita allo Stadio, voluta soprattutto da Michele e Roberto, tifosi interisti, spettacolo pomeridiano al planetario e serale al cinema. E si divertirono tantissimo. Tutti stettero insieme e risero e scherzarono piacevolmente. Tutti, tranne Giuseppe e Roberto, che continuavano a ignorarsi, quando non a stuzzicarsi.
Il 25 ed il 26 dicembre passarono anch’essi velocemente. E il martedì sera Simone fece gli ultimi preparativi per il viaggio che avrebbero fatto il giorno seguente. Purtroppo la situazione tra Giuseppe e Roberto continuava divergendo dall’ambiente di pace ed armonia esistente tra gli altri. Sembrava proprio che non riuscissero ad andare d’accordo. Roberto sbuffava sempre, qualsiasi cosa Giuseppe dicesse. Quest’ultimo, non appena se ne rendeva conto, lanciava occhiatacce a Roberto. E non solo a Roberto. Qualche volta si rivolse anche a Michele, come per richiedere, pretendere, un suo intervento. Ma Michele non gli diede retta. E anche Simone non fece nulla. Tutto questo fece innervosire ancora di più Giuseppe.
Il mercoledì mattino, alle cinque e mezza, nel vuoto assoluto, Maria accompagnò Simone, Giuseppe e Michele all’aeroporto di Bergamo per il volo delle sette. Non fecero in tempo a fare colazione e alle otto e un quarto erano a Bari. Simone aveva prenotato una macchina. Vi caricarono la roba e per fortuna era molto meno di quella che Michele si era preso. D’altra parte dovevano rimanere solo un paio di giorni, per sistemare le carte burocratiche e essere dal notaio. L’appuntamento era per le undici, da un notaio in centro a Matera. Alle dodici e mezza erano usciti. Erano stupefatti.
“Ma vi rendete conto?” disse Michele. “Case, automobili, terreni, ma che cosa se ne facevano? Niente! Non li ho mai visti atteggiarsi o ostentare nulla!”
“Per non parlare delle rendite sui brevetti!” aggiunse Giuseppe.
“Abbiamo fatto bene a lasciare a Michele l’incarico di vendere e trasformare in denaro tutte quelle cose. D’altra parte noi non avremmo potuto godercele. Però, pensandoci bene, chissà che cosa contiene la cassetta di sicurezza?” chiese Simone.
“La cosa strana è che si trova in una banca di Pisticci. E possiamo accedervi solo noi tre insieme. Ma che cosa ci facevano Francesco e Emanuele in una banca di Pisticci?” chiese Giuseppe.
“Non lo sappiamo, ma nulla ci vieta di scoprirlo!” disse Michele.
“Prima di tutto è necessario prendere disposizioni per la vendita delle case, dei terreni e delle auto. Che ne dite gestiamo adesso tutta questa situazione?” propose Simone.
Decisero allora di dividersi. Simone e Giuseppe andarono in un’agenzia immobiliare. Misero immediatamente in vendita tutte le case ed i terreni. Consegnarono all’agente immobiliare anche la delega per permettere a Michele di mandare avanti le trattative, anche se poi, i preliminari di acquisto ed i rogiti avrebbero dovuto firmarli tutti e tre. Quindi si prospettavano molti altri viaggi a Matera. Michele si occupò delle auto. Avrebbe avuto molto da viaggiare in quei giorni. Le auto erano in un garage di Policoro e le avrebbe dovute portare a Matera per la valutazione e l’eventuale vendita. I documenti per la compravendita delle auto non avevano bisogno di un notaio, quindi non c’era bisogno della presenza fisica di Simone e Giuseppe. Sarebbe bastato solo Michele che avrebbe fatto versare il denaro sul conto che fino a quel momento era intestato a Francesco ed Emanuele. Fino a quel momento.
Perché il pomeriggio stesso, dopo essere stati a pranzo, Giuseppe, Simone e Michele si recarono alla banca e cambiarono gli intestatari del conto, cosa legittimamente possibile, qualora ci fossero di mezzo delle questioni ereditarie.
Evidentemente, dietro tutto questo, c’era lo zampino di Nicola, che aveva scritto una bella e-mail a Simone, nella quale si era premurato di dargli tutti i consigli del caso. Ed effettivamente a Simone gli era servita quell’e-mail, perché praticamente, in poche ore, avevano sbrigato cose che di solito ci si mette un mese abbondante a sistemare.
La sera, una volta arrivati a casa di Michele, poterono finalmente rilassarsi un attimo e risentire le loro famiglie. Giuseppe telefonò ad Anna. Simone telefonò a Maria. Michele telefonò a Francesca. Ciascuno da una stanza diversa della casa. Simone era in cucina, Giuseppe nella camera di Roberto, Michele nella sua camera da letto. Avrebbero voluto raccontargli tante cose, ma ci riuscirono a malapena, perché furono le parole di Anna, Maria e Francesca a monopolizzare la discussione.
Infatti, neanche cinque minuti dopo, si ritrovarono in cucina a parlarne.

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NdA: Buongiorno a tutti ed eccoci giunti a questo nuovo capitolo. A questo ed al prossimo sono particolarmente affezionato, quindi vi sarei profondamente grato se vi prendeste il tempo di recensirlo. Grazie come sempre di tutto!! :)
  
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