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Autore: allonsy_sk    13/02/2017    5 recensioni
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La cucina ha l'aria di un posto che viene usato di rado, dal monolite bianco del frigorifero vuoto istoriato di magneti noiosi e volantini di diversi take away, alle mattonelle shabby-chic macchiate d'oro.
C'è un segno sulla parete, a circa un piede dal battiscopa che corre al lato del frigorifero, dove Sherlock è sicuro che Mycroft lasci cadere la valigetta ogni sera, fermandosi poi ad aprire il frigorifero prima di cedere alla stanchezza, alla pigrizia o alla gola.
Lo fa al buio, a giudicare dal modo in cui le sue impronte digitali sono distorte, piccole chiazze leggermente oleose sulla superficie liscia e altrimenti lucida dell'elettrodomestico.
È tanto più strano, quindi, che la cucina profumi di cioccolato e burro e che il pavimento immacolato sia sporco di farina.
La vista più strana, comunque, è Mycroft in jeans e maglioncino, con le maniche arrotolate fino ai gomiti e un grembiule bianco.
Se non fosse completamente pulito da ben due mesi tre settimane e due giorni, Sherlock penserebbe di avere di fronte una delle sue più assurde allucinazioni.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Eurus Holmes, John Watson, Mrs. Holmes, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Brother Mine



1 – Lunedì 1 Febbraio 2016

 

La cucina ha l'aria di un posto che viene usato di rado, dal monolite bianco del frigorifero vuoto istoriato di magneti noiosi e volantini di diversi take away, alle mattonelle shabby-chic macchiate d'oro. 

C'è un segno sulla parete, a circa un piede dal battiscopa che corre al lato del frigorifero, dove Sherlock è sicuro che Mycroft lasci cadere la valigetta ogni sera, fermandosi poi ad aprire il frigorifero prima di cedere alla stanchezza, alla pigrizia o alla gola.

Lo fa al buio, a giudicare dal modo in cui le sue impronte digitali sono distorte, piccole chiazze leggermente oleose sulla superficie liscia e altrimenti lucida dell'elettrodomestico.

È tanto più strano, quindi, che la cucina profumi di cioccolato e burro e che il pavimento immacolato sia sporco di farina. 

La vista più strana, comunque, è Mycroft in jeans e maglioncino, con le maniche arrotolate fino ai gomiti e un grembiule bianco.

Se non fosse completamente pulito da ben due mesi tre settimane e due giorni, Sherlock penserebbe di avere di fronte una delle sue più assurde allucinazioni. 

Invece no, è proprio Mycroft in jeans e grembiule che prepara impasti e creme. Sherlock non sa neanche da dove iniziare per prenderlo in giro.

"Jeans? Pensavo che tu pensassi fossero una parolaccia, Mycroft."

"Non essere ridicolo, Sherlock. Il denim ha molti usi, ed è nato come tessuto per abiti da lavoro. Sto lavorando e non ho intenzione di sporcarmi, pertanto un paio di jeans ha ragione di essere."

"Stai facendo una torta."

"Molto acuto, Sherlock. Red velvet."

"Pensavo che preferissi assumere pasticceri personali e maggiordomi, piuttosto che sporcarti le mani."

"Sono pieno di risorse."

"A cosa devo l'invito?" La curiosità di Sherlock è legittima, per quanto superficiale. Rimettere in piedi Baker Street e ritrovare un ritmo nella scansione delle giornate non è stato un gioco da ragazzi, per quanto Sherlock e John abbiano affrontato la cosa con un'energia tutta nuova, una positività che non si respirava da tempo al 221b. 

John è visibilmente più sereno, Rosie ha l'aria pasciuta e contenta, il carosello di amici e parenti continua a girare loro intorno aiutandoli con la bambina, e Sherlock si sente come se la scure che gli pende sul capo, istoriata con un minaccioso '40' non sia poi così tragica, alla fine.

Dio solo sa se aveva mai pensato di arrivarci, a 40, e se la cosa non lo coglie di sorpresa.

Assurdità per assurdità, persino Mycroft che fa un dolce e lo invita per il tè neanche fosse la versione giovane e meno sassy di Mrs. Hudson può più sconvolgerlo. 

Mycroft sospira lievemente, le sue spalle si abbassano un po'. Sherlock guarda suo fratello abbandonare lo stampo imburrato per la torta e lavarsi le mani, asciugarle pensosamente su di un canovaccio decorato con elefantini. 

"È così strano che io volessi parlare un po' con te, Sherlock? Adesso che, mettiamola così, la polvere si è assestata."

Sherlock abbozza una mezza scrollata di spalle. Non è strano per niente, no, ma per quanto la logorrea sia un tratto di famiglia affinato allo scopo di mostrare tutta la propria prodezza intellettiva non senza una certa ricerca del melodramma, nessun Holmes è proprio il ritratto dell'espansività in quanto a sentimenti e emozioni.

E non c'è bisogno di essere un Holmes per capire che Mycroft vuole parlare di questo. 

"Suppongo di no," concede, sollevando lo sguardo sul fratello, in piedi ma appoggiato a braccia conserte contro il bancone della cucina, con un'espressione che stona singolarmente col dettaglio casalingo del grembiule e le macchie di farina sul cachemire lilla del suo maglioncino. 

"Preferirei che ti sedessi," aggiunge, e Mycroft rotea gli occhi ma raccoglie l'invito. 

"Pensavo fossimo oltre i complessi di inferiorità e le gelosie, ma mi rendo conto che non tutto è stato ancora detto, caro fratello."

Sherlock smorza un verso indisponente. "Ti prego,  ti prego , non tirarmi fuori altri fratelli nascosti. Dimmi che non ci sono altri Holmes. Se uno avesse lo stomaco di contemplarne il pensiero, si augurerebbe che i nostri genitori avessero guardato più tv, o si fossero dati maggiormente al giardinaggio. Il parco di Musgrave senza dubbio ne avrebbe tratto giovamento."

È il turno di Mycroft di arricciare il naso e sollevare un algido sopracciglio. La sua bocca si torce in una smorfia delicatamente disgustata. 

"Non ci sono altri fratelli. E per l'amor del cielo non menzionare mai più un concetto del genere. Non è un'immagine alla quale tengo particolarmente."

"Hai quasi cinquant'anni, non pensavo che il sesso fosse ancora così minaccioso per te."

"Quarantacinque, Sherlock, quarantacinque. E il sesso non è minaccioso. È... " un'altra smorfia. "... appiccicoso. Occasionalmente ricreativo. Ma trascurabile."

Sherlock si tappa le orecchie e chiude gli occhi prima di completare la deduzione innescata dalle parole del fratello. "Finiscila, Mycroft."

Il sorriso di Mycroft farebbe scappare in lacrime il Gatto del Cheshire, ma Sherlock non lo vede, né ricorderebbe la citazione dal vecchio classico per l'infanzia. 

Mycroft ridacchia con perfida soddisfazione, fingendo un'aria sorpresa. "Davvero, Sherlock? E io che pensavo che adesso tu e il buon Dottore..."

Sherlock gli scocca un'occhiata che vale più di mille parole, si irrigidisce sulla difensiva. 

"Colpo basso, Mikey."

Mycroft accoglie il vecchio diminutivo con un mezzo sorriso quasi intenerito e non pressa oltre. Ah, è ancora un argomento spinoso, dunque. 

Sospira, si stringe un attimo le dita alla base del naso, poi guarda Sherlock con aperta colpa.

"Ti devo delle scuse, caro fratello. Scuse che meriti da quasi trent'anni e che adesso devo renderti moltiplicate all'infinito. Se il marasma delle ultime settimane ti ha lasciato... mettiamola così... dei danni permanenti, non penso che potrò mai perdonarmelo."

Sherlock scrolla le spalle, stringendo le labbra. Le scuse di Mycroft sono sentite, ancorché in ritardo di tre decenni e un po' tiepide di fronte ad un sottile, strisciante terrore dell'acqua, silenzioso e buio come un fiume sotterraneo. 

Mycroft ha idea del fatto che in Serbia, una delle volte che è stato catturato, la peggiore delle torture non è stata né il freddo né la fame né le percosse né le bruciature o le frustrate? Forse - no, senza dubbio - il suo grosso e poderoso cervello non riesce a capire come la tortura dell'acqua sia stata la più angosciante tra tutte, quella che è stato meno capace di escludere e di guardare da lontano, assente alle proteste del proprio trasporto. 

Dopo quella volta, la guardia giovane ha iniziato ad ascoltare musica a tutto volume, fuori dalla sua cella. 

"Non credo di avercela con te," risponde dopo qualche ulteriore secondo di paralizzata  reverie . "Hai fatto quello che hai fatto perché dovevi farlo. Anche se non era giusto che fosse tua responsabilità. Eri soltanto un ragazzo."

Mycroft fa una smorfia infastidita. 

"Ero l'unica persona che capisse qualcosa della situazione. I nostri genitori -" fa una pausa, sbuffa, "i nostri genitori non hanno mai capito molto. Con me e con te gli è ancora andata bene, Sherlock. Ma non hanno mai capito quanto Eurus fosse pericolosa." Un'altra pausa. "Persino io l'ho sottovalutata. Non avrei dovuto."

Sherlock contempla le ultime parole per qualche secondo. "I ricordi stanno ancora tornando. Quando ha appiccato l'incendio a Musgrave era perché voleva uccidermi. Perché non giocavo con lei. Nella sua testa la cosa aveva una logica, per quanto perversa." Scuote la testa. "Non sono sicuro di cosa penso, e odio non saperlo. È come camminare sulle sabbie mobili."

"Eppure, vai lo stesso a trovarla, a suonare per e con lei."

Sherlock annuisce, un solo cenno. È difficile da spiegare perché continui a farlo. Ad un occhio esterno sembra un gesto generoso, completamente privo di calcolo, e a un livello superficiale lo è. Si sente attratto da questa persona che non gli somiglia affatto ma che nel male più che nel bene ha plasmato il suo cammino - riempiendoglielo di ostacoli. 

Ma c'è dell'altro. 

Qualcuno di cui ha cancellato i dettagli ha detto una volta che a lungo andare, a forza di scrutare nell'abisso, l'abisso finirà per guardare di rimando. 

Andare a Sherrinford a trovare Eurus, suonare con lei, significa scrutare l'abisso dal quale è emerso, a pezzi e danneggiato, e cercare di sondare i propri sentimenti più profondi e turbolenti della marea che si rompe sugli scogli intorno alla fortezza.

"È lo stesso motivo per cui tu le hai portato dei regali."

Mycroft arriccia il naso e si alza in piedi, torna alla composizione del suo dolce. Sherlock non è contento che il fratello gli dia le spalle, ma allo stesso tempo non ha bisogno di guardarlo in faccia per percepire il groviglio dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti.

"Avevo un interesse nel farlo, questo dovresti saperlo. La sua mente è così potente da rasentare l'incredibile, le sue capacità sono tutt'ora non quantificate. Io... l'ho usata pensando di poterla tenere sotto controllo. E ho fallito."

Sherlock annuisce, poi accenna un microscopico sorriso. " Hybris , caro fratello, a quanto pare è un tratto di famiglia."

Le spalle di Mycroft si rilassano impercettibilmente. "Ti prego di volermi dire 'Sherrinford' la prossima volta che penserò di sapere tutto e di potere tutto."

Sherlock solleva un sopracciglio. "Cioè sempre."

"Punto per te. Questa va in forno per 25 minuti. Vuoi una tazza di tè?"

Sherlock fa un verso affermativo, poi torna a contemplare il disegno shabby-chic delle tovagliette all'americana. Sono perfettamente allineate agli angoli del tavolo. OCD di un autocompiacimento quasi patologico, eppure, un tratto di suo fratello che ha imparato a riconoscere e a voler a tutti i costi riscontrare, quasi una rassicurazione della sua presenza e della sua efficienza.

"Come era... come era prima di lei? Non me lo ricorderei neanche se volessi, ero troppo piccolo."

Mycroft riempie il bollitore e lo mette sul fornello, prepara la teiera e le tazze prima di rispondere. Quando il bollitore fischia versa un po' di acqua calda nelle tazze vuote per scaldarle, travasa il resto nella teiera per mettere il tè in infusione.

"Eri un bambino vivace e allegro, pieno di fantasia. Per un periodo abbiamo giocato insieme. Hai imparato a leggere sulla mia copia dell'Isola del Tesoro."

Sherlock si acciglia, poi la sua espressione contratta si spiana leggermente. Non può dire di ricordare granché, a oltre trent'anni di distanza, se non la sensazione di essere stato in braccio a qualcuno che non era mamma o papà, seguendo col dito parole ancora un po' troppo difficili, anche per il suo magnifico intelletto.

"Pirati," mormora, e Mycroft annuisce. Per un attimo sono di nuovo due bambini di fronte a un libro di avventure. Di lì a poco papà tornerà a casa con l'adorato cappello e lo spadino di Sherlock e non ci sarà più pace per nessuno nei mari di brughiera di Musgrave.

"Mi seguivi dappertutto. Io volevo leggere, mamma era occupata con la bambina, e tu avevi appena imparato a camminare. Una volta sei arrivato da solo fin in soffitta, dove ero nascosto. Mamma mi avrebbe fatto lo scalpo se avesse saputo che avevi fatto tutte quelle scale da solo."

Sherlock ridacchia, fiero del proprio spirito di indipendenza anche ad un'età così tenera.

Mycroft sorride in modo piuttosto giovane e indulgente e Sherlock avverte una stretta al cuore piuttosto risentita.

"Sarebbe stato tutto diverso se fossimo stati soltanto noi due, vero?"

Mycroft scrolla le spalle, sospira mentre si china a controllare il suo dolce nel forno. Tra non molto il pan di spagna sarà pronto e dovrà aspettarne il raffreddamento. Spera che la pazienza di Sherlock si estenda al completamento del dolce, perché ci tiene a offrirglielo, per quanto si tratti di un modo bizzarro e ritardatario di fare pace. Dove le parole non posso arrivare, soltanto la Red Velvet.

"Non te lo so dire, Sherlock. Anche a quell'età non eravamo precisamente due bambini normali. E il nostri genitori… suppongo abbiano fatto del loro meglio, ma è evidente che non sia stato abbastanza. La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni, fratello caro. Siamo stati fortunati ad aver avuto zio Rudy dalla nostra parte. E a venire su… non troppo male, tutto sommato."

"Un complimento, Mycroft?"

Mycroft scrolla le spalle minutamente. "Un dato di fatto. Non sono mai stato prodigo di apprezzamenti. Né con te, né con me stesso. Suppongo ci siamo meritati un minimo di indulgenza. Mi duole dirlo, ma temo siamo esseri umani, persino io e te."

Sherlock arriccia il naso. "La mezza età ti rende disgustosamente sentimentale, caro fratello."

Mycroft sorride sfuggente e non risponde, voltandosi a spegnere il forno.

"Puoi degnarmi di almeno un'altra ora della tua presenza, Sherlock? La torta deve riposare, e io ho quel vecchio atlante su insetti e fiori che ti piaceva tanto…"

Per una volta Sherlock non ha nulla da ribattere. Sbuffa giusto per mantenere le apparenze, e segue il fratello nel suo studio, impaziente di passare di nuovo le dita sulle tavole illustrate che ha già consumato da bambino.

Apis mellifera, vespa crabro, vespula vulgaris...



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