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Autore: Tormenta    13/02/2017    4 recensioni
[Destiel | AU]
Castiel è un angelo, Dean nulla più d'un normale essere umano e la loro storia è raccontata interamente in rima. Dal testo:
Accadde un giorno: dopo aver combattuto una lunga guerra, / l’angelo di nome Castiel si ritrovò bloccato su questa Terra. / Tutta colpa d’un’ala ferita, / tale poiché in battaglia era stata colpita. [...] / Doveva dunque restare, rimettersi in sesto, / e pensò che se fosse rimasto immobile e muto / lì, sul cemento del vicolo dov’era caduto, / allora il processo di guarigione sarebbe stato più lesto. / Si mise quindi silenziosamente a sedere; / come unico compagno, le gocce fredde che piovevano da nuvole nere.
Genere: Poesia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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1.
Here on Earth


 
 
Accadde un giorno: dopo aver combattuto una lunga guerra,
l’angelo di nome Castiel si ritrovò bloccato su questa Terra.
Tutta colpa d’un’ala ferita,
tale poiché in battaglia era stata colpita.
Fratelli e sorelle lo lasciarono indietro,
correndo senza voltarsi verso le porte di Pietro;
Castiel non li biasimò: al posto loro avrebbe fatto lo stesso,
poiché solo con ali proprie un angelo in Paradiso era ammesso.
Doveva dunque restare, rimettersi in sesto,
e pensò che se fosse rimasto immobile e muto
lì, sul cemento del vicolo dov’era caduto,
allora il processo di guarigione sarebbe stato più lesto.
Si mise quindi silenziosamente a sedere;
come unico compagno, le gocce fredde che piovevano da nuvole nere.
 
 
 
Erano forse passate alcune ore,
che a causa dell’ala Castiel aveva trascorso nel dolore,
quando una voce gentile, risuonando senza preavviso,
lo costrinse a sollevare lo sguardo in cerca d’un viso.
Lo trovò nella penombra, poco lontano;
era d’un uomo, che s’era affacciato da dove il mondo faceva baccano.
«Va tutto bene, amico?» gli aveva chiesto,
e Castiel per un po’ lo fissò, prima di rispondere, onesto:
«No. Al momento sono ferito.
Ma non c’è da temere; presto sarò guarito».
L’uomo però non parve incline a dargli retta:
s’avvicinò a lui in tutta fretta,
e una volta che fu vicino, ripeté:
«Ferito? Dove?» con un’ansia che l’angelo non capì granché.
«All’ala destra» sussurrò di rimando,
e lo sconosciuto subito rizzò la schiena con l’aria di chi sta giudicando.
«All’ala destra» ripeté ancora, allibito,
e Castiel, tra sé e sé, si domandò se l’uomo avesse per caso problemi d’udito.
«Sì» gli diede conferma, «la mia ala è spezzata, purtroppo».
«La tua ala— certo, d’accordo. Ma parte quella – nient’altro di rotto?»
Castiel negò con la testa, e l’uomo esalò un sospiro
per poi tendere una mano assicurando che non si trattava d’un raggiro.
Aveva notato che, pur essendo seduto nel vicolo,
colui che aveva davanti non mostrava i vestiti, l’aspetto, la pelle
di qualcuno che non può che dormire sotto le stelle;
difatti, gli pareva piuttosto uno che lavorava in un cubicolo.
Ipotizzò che avesse avuto un giorno depresso,
o che magari avesse scolato un bicchiere in eccesso.
Quindi disse: «Il mio nome è Dean. Hai un posto dove andare?
Posso chiamarti un taxi, ti ci faccio portare».
L’angelo guardò a lungo sia lui, sia la mano tesa
e infine scandì: «Grazie, ma rimarrò qui».
«Niente da fare; con questo tempo non ti lascio così»
si sentì però dire, per sua gran sorpresa.
«Guarirò più in fretta, se rimango».
«Qui, sotto la pioggia e nel fango?
Ne dubito. Piuttosto, ti prenderai un malore».
Castiel assottigliò gli occhi, prima di replicare, col più completo candore:
«Io non posso ammalarmi, Dean; sono un angelo del Signore».
Al che, il silenzio calò, la mano tesa fu ritirata
e l’espressione dell’uomo divenne tormentata.
«Ascolta— voglio solo aiutarti» fece a bassa voce,
«non puoi restare qui, questa notte la pioggia sarà atroce.
C’è qualcuno che puoi chiamare? Qualcuno che ti aspetta?»
L’angelo subito replicò: «Mi aspettano miei fratelli».
«Bene. Possono venirti a prendere, magari in fretta?»
«No» asserì Castiel, e Dean si chiese che razza di parenti fossero quelli.
Comunque, gli tese nuovamente la mano,
e dicendo «Vieni» notò che aveva ormai le labbra color ciano.
«Lascia che ti porti via, stai congelando».
«Non percepisco il freddo» ribatté Castiel mormorando;
e l’altro non poté che sbottare: «Fammi indovinare;
sei un angelo, quindi non puoi congelare!»
«Esatto» confermò il suddetto,
e Dean, stringendo i pugni, del proprio lampo di rabbia si pentì di getto.
«Come ti chiami?» domandò, tornando pacato;
«Castiel» fu la risposta, e beh, se non altro un nome così non l’avrebbe dimenticato.
Si passò un palmo sul viso, riflettendo;
dopodiché decretò: «Non mi arrendo.
Non importa cosa credi di essere, non ti lascio qui a morire».
Per un lungo istante l’angelo lo scrutò;
poi parlò,
col tono di chi ha tardato a capire:
«Tu non hai fede. Dubiti che io sia chi ho detto di essere».
Dean non volle ribattere, per il proprio benessere.
Castiel, allora, continuò: «Non ti ho mentito»,
e parlando s’alzò in piedi, anche se sulle note d’un dolorante grugnito.
«Ecco: puoi vederlo con i tuoi stessi occhi».
E a suo comando,
l’ombra del vicolo s’inspessì facendo da sfondo
tale che sarebbe bastata a far fuggire chi è debole nei ginocchi;
poi rimbombò un tuono, lontano, profondo,
e come enormi fiori neri, si schiusero sul muro
le impressioni di – Dean ne fu subito sicuro –
due ali piumate, incombenti; una alta, fiera, spiegata,
l’altra debole, rotta, accartocciata.
Di fronte ad esse, Castiel troneggiava,
con le iridi accese e un’espressione che quasi spaventava.
Presto, tuttavia, l’ombra si ritirò, e portò via con sé le nere figure,
lasciando Dean col cuore in gola,
incapace di comporre qualunque parola,
e solo con colui che aveva provato d’essere una delle bibliche creature.
Riuscì appena a sibilare, strozzato e sbigottito: «Oh, Cristo»,
mentre l’altro calava nelle spalle, tristo.
Dovette schiarirsi la voce e deglutire
per ritrovare un briciolo di calma e scandire:
«Quelle erano… vere?»
Castiel non commentò la sua reazione; disse solo: «Certamente».
«Allora perché— perché non le posso più vedere?»
«Non sussistono che come ombre nel piano mortale, sfortunatamente.
In ogni caso, ora hai la tua conferma; non devi temere:
proprio come ti ho detto,
la pioggia e il freddo, su di me, non avranno alcun effetto».
Fosse stato più saggio
oppure – avesse avuto meno coraggio,
Dean avrebbe girato i tacchi e sarebbe fuggito,
senza dedicare un solo altro secondo a qualcuno che poteva decretare impazzito.
Ma non era saggio, ed aveva fin troppo coraggio,
perciò restò piantato dov’era
e allungò per la terza volta la mano nella penombra della sera.
«Con o senza piume e arpa dorata» proferì, mentre tra gelo e meraviglia tremava tutto,
«sono certo che starai comunque meglio all’asciutto».
Castiel, quell’ennesima proposta, la stava già per declinare
quando però realizzò: avere compagnia e parlare
l’avevano distratto dal dolore;
così, pur titubante, scelse infine di stringer quella mano e la promessa di calore.
 
 
 
L’auto di Dean era nera corvina,
e con orgoglio lui la trattava come la propria bambina.
Fu con tatto che chiese a Castiel di coprire il sedile con un panno;
«Senza offesa, ma non vorrei facessi qualche danno.
I sedili sono di pelle, e i tuoi vestiti sono zuppi».
Tanto bastò perché l’angelo agisse: uno sguardo ed ecco, erano entrambi asciutti.
Se Dean riguardo all’altro ancora covava qualche incertezza,
certo quella magia contribuì a scacciargliela con poca finezza.
Salirono a bordo e partirono senz’un’altra parola
e lungo la strada, mentre Castiel guardava fuori dal finestrino,
Dean osservava lui, di sottecchi come si fa con le cotte a scuola,
solo con fare più intenso e molto meno fino.
«Dunque saresti un angelo» disse atono guidando senza direzione;
in sottofondo, intanto, suonavano le note d’una vecchia canzone.
«Sì. Credevo l’avessimo già appurato»
ribatté Castiel, appena accigliato.
Da tanto, Dean trasse che l’altro non sapeva cogliere il taciuto,
e che dunque, se voleva spiegazioni,
gliel’avrebbe dovute chiedere in modo risoluto
e senza tanti paragoni.
«Significa che Dio esiste» soffiò, «giusto?»
«Corretto. È in nome suo che portiamo avanti questo trambusto».
Fu una risposta severa, accompagnata da uno sguardo bieco,
e fece capire all’uomo che quell’argomento era un vicolo cieco.
Se voleva cavare un ragno dal buco, doveva riprovare;
«Che ci fai da queste parti? Tra i comuni mortali» si risolse di domandare,
e subito Castiel rispose: «Ho un’ala spezzata, non posso volare.
Dean, sono qui perché non posso tornare».
Il suo tono era amaro,
graffiava le orecchie;
era il tono di chi è stato privato di qualcosa di caro
e di cose brutte ne ha viste parecchie.
«Potrai tornare quando sarai guarito?»
proseguì l’uomo, le mani strette forte sul volante;
Castiel lo fissò un attimo, sfoggiando in volto un che di triste e sbiadito,
poi disse: «Solo allora, sì» con voce vibrante.
«E l’ala, come— come si è rotta?»
Se quella domanda a metà s’era quasi interrotta,
fu perché Dean vacillò al pensiero di doverla porre per davvero;
insomma, un angelo al suo fianco – stava sognando, vero?
Fu Castiel a riportarlo coi piedi per terra,
scandendo: «Ho combattuto una guerra.
Negli inferi; è andata avanti per anni. Mi ha colpito un demone».
Esitò un istante: di quel disgraziato momento era ancora ben memore.
 «È successo da tempo, ma non è mai importato;
almeno finché non stavamo tornando,
e mi sono trovato bloccato
perché non potevo andare dove gli altri stavano andando».
Raccontava con convinzione, dedizione addirittura
e gli brillava un qualcosa d’alieno negli occhi celesti,
tale che, sebbene la voce fioca della logica suggerisse: “Non dovresti”,
Dean non poté che finir col credere reale la sua disavventura.
(Al fatto che Mary gli parlasse di angeli mentre gli dava la buonanotte,
e che da bambino gli dicesse: «Vegliano su di te»
mentre gli pizzicava le paffute guanciotte,
non volle assolutamente pensare, perché— beh.
Di solito non pensava a sua madre e basta;
ed era una regola di cui era molto entusiasta.)
A quel punto, una sola cosa importava,
cioè che c’era sul serio un angelo nella sua amata Impala;
confermata l’idea, ogni suo pensiero divenne più rumoroso d’una cicala.
La razionalità, intanto, scalpitava:
Castiel aveva le ali, il suo solo sguardo per magia asciugava
e Dean poteva toccarlo con mano;
cosa doveva fare, quindi, allertare il Vaticano?
Per qualche momento credette d’impazzire,
ma poi di sfuggita incrociò un’occhiata dell’altro, ferma come la roccia,
e chissà come ciò spinse il suo panico ad affievolire.
Sul parabrezza batteva ancora la pioggia,
e su quello cercò di concentrarsi,
per dar modo alle idee di schiarirsi.
Se ci riuscì, è difficile a dirsi;
quel che è certo è che, quando Castiel chiese: «Dove siamo diretti?»
lui replicò: «A casa» dopo due soli secondi netti.
 
 
 
Dean abitava in fondo a un viale,
in un piccolo appartamento che non aveva nulla di speciale;
l’affitto, però, era onesto
e da lì ad arrivare all’officina dove lui lavorava si faceva presto.
Parcheggiata l’auto a filo del marciapiede,
mentre Castiel lo seguiva con la più totale fede,
il padrone di casa fece strada all’interno,
dove si sarebbero potuti riparare dal freddo dell’inverno.
Una volta chiusa la porta alle loro spalle,
Dean abbandonò sul divano la giacca di pelle;
stava per invitare l’ospite a fare lo stesso,
quando gli sorse spontaneo il quesito:
«Gli angeli vanno tutti in giro vestiti come te adesso?»
Castiel guardò i propri abiti, impettito.
Sapeva d’avere indosso una tenuta appropriata,
sebbene l’ampio cappotto beige potesse essere ingombrante
e la cravatta fosse mal annodata.
Perciò chiese: «È una questione rilevante?»
a cui l
uomo ribatté: «No, è solo per curiosità;
sembri appena uscito dal reparto contabilità.
Non emani esattamente un’aura divina –
a parte per quella cosa con le ali. Quella è stata… carina».
Quasi singhiozzò al ricordo di quelle giganti forme,
magnifiche, persino quella rotta e deforme;
e non poté che pregare ogni santo della dottrina
che Castiel gli perdonasse l’averle banalmente definite una cosa “carina”.
Per sua fortuna lui parve non darci peso,
preso com’era dal replicare: «L’aspetto d’un angelo su questo piano
è determinato dagli usi e dai costumi del luogo in cui è disceso,
così che possa confondersi tra voi, non sembrare strano.
Quindi non credermi responsabile – semmai è la tua società
a sembrare appena uscita dal reparto contabilità».
Dean esitò per un solo momento:
c’era un che di sfrontato e di tremendo
dietro quel tono e quell’atteggiamento.
Ne fu in egual parti intimidito e meravigliato
e, scegliendo di non volerne essere spaventato,
s’aprì in un mezzo sorriso intrigato.
A riguardo non disse niente,
ma il suo schivo compiacimento fu piuttosto eloquente;
beh, non per Castiel, che non poté che chiedersi, perplesso e conciso,
perché mai di punto in bianco l’uomo avesse quella strana smorfia sul viso.
Non ebbe tempo d’indagare,
poiché Dean aveva già ricominciato a parlare:
«Come guarirai?» e forse era una domanda banale,
ma: «Non credo tu possa semplicemente andare in ospedale».
«Ora che non sono più all’Inferno,
la ferita si rimarginerà da sola» rispose l’angelo senza scherno.
«Sarebbe già guarita, non fosse per il fumo di quel posto:
soffoca tutto ciò che non è dannato
e anche quello che lo è, ne resta sempre alquanto indisposto»,
proseguì, accurato.
«Quindi non hai bisogno di cure? Di nessun tipo?»
si meravigliò l’altro, suonando quasi contrito.
«Precisamente. La mia Grazia può ripararsi da sé».
«Oh. Per questo insistevi a non voler venire con me»
mise infine a fuoco Dean, sfruttando la nuova nozione;
«sei, uh, in autoriparazione».
«Già. Non so quanto tempo passerà
da adesso a quando la ferita si rimarginerà,
ma avevo deciso di restare là seduto
perché non sprecare energie affretta il processo – è d’aiuto».
«Allora perché— perché alla fine sei venuto?»
«Hai insistito» soffiò Castiel, confuso e poco convinto;
poi riprovò, ammettendo la verità per istinto:
«Anche se non puoi farmi guarire,
parlare con te mi evita di soffrire.
Almeno in parte – se ho qualcosa da fare,
nella mia mente non c’è solo il male».
Dopo quella frase calò il silenzio, e i due si fissarono a lungo, intenti.
Castiel non batté ciglio,
restando sempre fedele al proprio cipiglio;
mentre Dean, dal canto suo, di riflesso strinse i denti:
gli pareva incredibile d’essere degno
di far star meglio con tanto poco un essere appartenente a tal regno.
Sgranò gli occhi cercando di dir qualcosa; poi, fallendo,
optò per un mugugno fatto quasi sorridendo.
Ed ecco che l’angelo aveva di nuovo dinnanzi
la bizzarra espressione vista poc’anzi.
Era appena accennata,
eppure molto illuminata;
sembrava positiva,
forse un po’ sulla difensiva,
e per quanto si sforzasse, lui non la capiva.
Aveva forse frainteso ogni cosa?
Messo a disagio l’uomo, sbagliato qualcosa?
Assottigliando lo sguardo, chiese: «Vuoi che me ne vada?
Posso tornare sulla strada».
«Cos— no! Ti ho chiesto io di entrare;
io ti ho voluto aiutare»
s’affrettò a fargli presente Dean, certo
«non ti sbatterò fuori; almeno qui sei al coperto».
Poi si costrinse ad aggiungere, riducendo la voce ad un filo:
«In più posso parlarti», con la buffa vergogna d’un bimbo dell’asilo.
Tale sforzo fu comunque ampiamente ripagato
dal modo in cui Castiel gli disse d’esser grato;
non tanto a parole – quelle furono tre soltanto:
«Ti ringrazio, Dean», soffiate con tono quasi affranto –
quanto con gli occhi e in generale col viso,
che sebbene fosse come nella pietra inciso
trovò modo, insieme con le iridi colorate d’azzurro,
d’apparir morbido come il burro.
L’uomo a tutto ciò rispose con un cenno impacciato e discreto,
poi rivide di sfuggita il sofà
e indicandolo buttò lì, quanto più possibile cheto:
«Hm, puoi sederti, se ti va».
 
 
 
In quel modo ebbe inizio –
tra mani tese, ombre d’ali,
proposte e domande cruciali –
dell’uomo e dell’angelo il lungo sodalizio.
Non sapevano in principio dove sarebbe andato a finire,
ma certo era che entrambi lo volevano scoprire.
 
 
 
 
 




 


 
Angolo di Tormenta
Non ho la benché minima idea di come sono finita a mettere insieme una storia in rima, ma scriverla è senza dubbio una delle cose più divertenti che io abbia mai fatto. E il risultato, beh: una lunghissima filastrocca (esito a chiamarla davvero “poesia”) in cui Signore è stato fino all’ultimo a tanto così da esser messo a far rima con raffreddore – ragazzi, questa è la vera letteratura! XD
A parte gli scherzi; è
 il mio primo approccio ad una Destiel a più capitoli. Mi rendo conto d'aver scelto uno stile che magari non è nelle corde di tutti, ma se deciderete di leggerlo, mi auguro che questo racconto possa riuscire a regalarvi qualche momento piacevole. :)
 
Informazione di servizio: la storia si comporrà di cinque/sei parti, e salvo imprevisti dovrei riuscire a caricare le prossime una volta a settimana, nei lunedì a venire. c:
Per ora, grazie mille per aver letto sin qua, e a risentirci a presto, se vi va! ;) 
T. ♪
   
 
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