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Autore: Urban BlackWolf    13/02/2017    1 recensioni
Michiru è determinata. Determinata a riprendersi ciò che le appartiene, che è suo dalla nascita. Ne va della sua stessa sopravvivenza, del suo benessere fisico e mentale.
E questa volta quella meravigliosa bionda che è la sua compagna, anima nobile, essere irrequieto, fortezza per il suo spirito e gioia della sua vita, non potrà aiutarla. Dovrà addirittura essere ferita, lasciata in disparte, relegata all'impotenza, perchè questo genere di lotte si debbono combattere da soli.
Ma la donna amante delle profondità oceaniche, non sa di avere un piccolo angelo custode venuto dal passato che la guiderà nei percorsi intrigati e dolorosi dei sui ricordi; Ami, giovane specializzanda in medicina, tenterà in tutti i modi di restituirle la libertà di sogni perduti. -Sequel dell'Atto più grande-
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Ami/Amy, Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Il viaggio di una sirena

 

Sequel dell'Atto più grande

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou e Ami Mizuno appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Psiche ed empatia

 


Seduta ad uno dei grandi tavoli della biblioteca medica dell'Università Nazionale Capodistriana in compagnia di un paio di libri ed un Block Notes, Ami sospirò per l'ennesima volta continuando a far tamburellare il gommino della matita su una delle pagine aperte che stava consultando. Proprio non riusciva a concentrarsi in quella mattina di pioggia battente, dove tutto sembrava più uggioso e grigio di quanto in realtà non fosse. E si che a lei la pioggia era sempre piaciuta, fin da bambina e non solo per gli immancabili e proverbiali salti ludici nelle pozze d'acqua sporca, ma anche e sopratutto per il profumo di umido che iniziava a trasudare dalla terra sin dalle prima gocce. A quegli odori di natura che l'avevano accompagnata all'inizio della sua vita, se n'era presto aggiunto un altro e al trasferimento della famiglia Mizuno dalla campagna alla capitale ateniese, la fragranza del mare in tempesta era diventato uno degli odori che più la stimolavano. Ma quella mattina anche il matrimonio pioggia-mare sembrava non esserle affatto d'aiuto, anzi, sentiva di stare perdendo tempo ed energie che avrebbero potuto essere investite nella preparazione della sua tesi di specializzazione.

Tanto non potrò far nulla se prima non le parlo, si disse iniziando a scarabocchiare subito dopo la lista di appunti che era riuscita a stilare con le poche informazioni che aveva. Sentendosi la coscienza deformata dal tipo di studi che stava portando a termine, ma comunque consapevole di stare invadendo la privacy del campo emozionale di Michiru, rilesse mentalmente i punti scritti ripensando a come vi fosse giunta.

Erano tre giorni che lei e Kaiou si erano incontrate. Durante il primo giorno, quello che per ora le stava dando le indicazioni migliori e che aveva visto la straniera arrivare presso il Re del mare, Michiru si era commossa semplicemente nell'apprendere che Alexios le aveva riservato una stanza davanti al mare facendole poi la cortesia di portarle i bagagli in camera; azione questa abbastanza ovvia per un gestore di una pensione. Ami si era ricordata anche che immediatamente prima di quel fatto, lei e Michiru avevano accennato alla differenza tra il luogo dove la donna più grande viveva e il mare.

Gesto d'attenzione paterna. Reazione emotiva marcata. Possibile nostalgia di qualche cosa o di qualcuno.

Appena scesa per il pranzo, la specializzanda aveva poi notato nello sguardo di Michiru una inusuale lucentezza unita ad occhi leggermente arrossati. Sintomo di un pianto.

Probabile assenza di un effettivo controllo in risposta ad un'emozione o uno stato d'animo. Mancanza fisica o morale per qualcuno o qualcosa. Ricordo/i.

Durante il loro primo pranzo insieme, in cucina e perciò in un ambiente per molti versi rilassante e famigliare, in grado di mettere chiunque a proprio agio, l'ospite si era sbilanciata con il dire di stare prendendosi una pausa per riposare dopo essere uscita da una brutta situazione.

Ami segnò con un cerchio il terzo punto che con molta probabilità avrebbe potuto essere, non il problema vero e proprio, ma la causa scatenante di tutto il castello di carte che circondava la psiche di Kaiou.

Evento/i, situazione/i prolungate nel tempo a forte impatto di stress.

“Praticamente non ho in mano nulla tranne che un'ovvia nostalgia che molto probabilmente è legata alla condizione di distacco dalla sua compagna.” Sbuffò.

E se la sorella avesse avuto ragione? Se il rapporto di coppia della straniera avesse realmente avuto un'incrinatura? Se quella fosse una “semplice” quanto femminile fuga d'amore?

“No, non credo. Con tutto il rispetto Khloe, Michiru era troppo sicura di se quando ha affermato che su quel versante non ci sono problemi.” Disse a voce bassa controllando l'orologio ed iniziando a raccogliere le sue cose.

Ami, è inutile continuare a girare in tondo come un cucciolo di cane. Se vuoi veramente cercare di aiutare Michiru non devi far altro che parlarle. Si disse lasciando sul carrello adibito alle riconsegne i due tomi di psicoanalisi.

Varcata la porta della biblioteca si trovò nell'ambiente caotico di uno dei corridoi di smistamento che concatenavano le varie specializzazioni mediche. Cardiochirurgia, Urologia, Nefrologia, erano praticamente tutte concentrate in quell'unico edificio, tanto che il caos fatto del va e vieni di centinaia di medici, era all'ordine del giorno. E a lei tutto quell'insieme di umanità la innervosiva. Era patologicamente timida. Da sempre. Poco propensa alla vita sociale, amava la natura ed il silenzio, lo studio, la conoscenza, i dialoghi interiori, ed anche se questa condizione che lei definiva, castrante menomazione dell'essere, era andata smorzandosi con il crescere, rimaneva presente e la forzava ad un autocontrollo continuo quando si trovava in situazioni di folla. L'università con la presenza della più disparata gamma di persone, nel senso pratico e gli studi di psicologia scelti, in quello teorico-conoscitivo, l'avevano e stavano continuando ad aiutarla moltissimo.

Puntando lo sguardo al marmo policromo del pavimento tirò dritto andando a passo svelto verso le scale. Gli ascensori non erano neanche presi in considerazione. Mai trovarsi in posti affollati senza via di uscita. Una vigorosa spinta alle porte d'emergenza e giù, verso una delle molte uscite. Si era fatto tardi ed aveva un appuntamento con Michiru poco meno di venti minuti dopo, in centro, dove la donna avrebbe dovuto acquistare dei colori per conto di Alexios.

Uscì da una delle porte laterali appena in tempo per vedere uno splendido arcobaleno apparso tra le nuvole ed i tetti ateniesi. Stava spiovendo e lei non si sarebbe presa la solita inzuppata. Raggiunto il suo scooter zaino in spalla e togliendo la catena, la mise con cura dentro la sella estraendo i due caschetti all'interno. Uno per lei e l'altro che sarebbe servito per la sua passeggera. Messo in moto ed evitati alcuni studenti, varcò il grande cancello d'acciaio zancato dalle colonne di Pentelico sovrastanti le statue di Estia ed Atena, insinuandosi come una zanzara nel traffico cittadino.

Michiru la vide arrivare corrugando la fronte. Nulla da dire, la guida di Ami poteva dirsi parecchio “sciolta”. In sella sembrava un'altra persona. La donna più giovane le si fermò accanto e notando le due buste che l'altra teneva nelle mani non spense il motore.

“Hai già fatto?” Urlò per sovrastare il suono orrendo della marmitta.

“Il negozio di pittura che conoscevo è ancora al solito posto. Anzi, me lo ricordavo più piccolo.” Rispose e non mettendosi a raccontare che il titolare l'aveva persino riconosciuta attaccando un bottone di grandezza esagerata, le passo buste che l'altra prese mettendole sulla pedana tra le gambe.

“Ok, allora se non hai altri giri da fare si va a casa?” E ad un assenso Ami le cedette il secondo casco aspettando che salisse in sella.

 

 

Alexios terminò di agganciare l'ultima traversa del trabattello bloccandone con la forza di un tacco le ruote. Soddisfatto guardò la figlia fare altrettanto sorridendole entusiasticamente. Aveva avuto un'idea degna di uno stratega militare. Ovvero; la moglie aveva avuto un'idea degna di uno stratega militare e lui se n'era appropriato non capendola, ma avallandola.

“La stanza delle piscine coperte ha bisogno di una rinfrescata. Khloe mi daresti una mano?” Aveva esordito lui la sera precedente approfittando che la famiglia fosse ancora riunita in cucina.

“Per me non ci sono problemi pa. Come la vorresti dipingere?”

“Non saprei. Ora è azzurra e bianca, ma vorrei che non fosse tanto banale. Tu che ne dici cara?” Aveva chiesto alla moglie seduta poco distante nel rilassante compito di pulire fagiolini.

“Si, sono colori banali.”

“Ma sono i colori nazionali mamma.”

“Lo so Ami, ma appunto per questo ogni struttura li usa per piscine, palestre, barche, cabine. Praticamente li si usa per tutto. Ci vorrebbe qualcosa di diverso. Di unico. Che attragga la gente. Che la colpisca positivamente.” Così dicendo la donna aveva guardato la figlia più piccola spostando poi le iridi scure sulla persona di Michiru, che completamente assorta, la stava aiutando. Un lampo e la complicità tra madre e figlia aveva iniziato a far scintille.

“Giusto.” Aveva detto il medico convinta guardando la straniera. Quale migliore occasione di approcciarsi a lei se non con un lavoro manuale lento, impegnativo e piacevole come quello della pittura? “Un murales. Magari di quelli con uno sfondo che apre ad un finto esterno. Gli ambienti delle piscine sembrerebbero di colpo più grandi. Vero pa?”

“Beh si, però... Chi potrebbe farlo? Non conosco writers che possano aiutarci.”

Ma perchè gli uomini sono tanto tonti Signore Iddio?! Avevano pensato a sua insaputa le due donne.

“Potrebbe pensarci Michiru. Che ne dici cara?”

“Come Agapi? Scusa? Ero sovrappensiero.”

E così la straniera era stata abilmente ingabbiata dalle altre due con la scusa di uno dei lavoretti più simpatici e rilassanti per ammazzare il tempo del suo soggiorno ateniese. L'avevano “incatenata” come Andromeda ad un trabattello, ignara che Ami avrebbe sfruttato quel momento di pace e dedizione artistica per capire e, soprattutto, aiutare.

A Khloe invece erano brillati gli occhi, perchè avrebbe potuto lavorare al suo fianco per qualche giorno nella funzione, per la verità non troppo edificante, ma utilissima di imbianchina. Gravitare attorno a Michiru era quello che ora bramava più di tutto e presto o tardi avrebbe avuto la sua sciance. O almeno era quello che si augurava per la riuscita dei suoi piani di riconquista. Piani che Ami avrebbe fatto di tutto per rovinare, ne era certissima.

“Ok amore. Ora che è tutto pronto dobbiamo solo decidere se lavorare a rullo o a pennello.” Disse l'uomo e Khloe iniziando a guardarsi intorno mani ai fianchi, sorridendo di sottecchi già aveva la risposta. Pennello. Lavorazione più lenta. Molto, molto più lenta e tempi lunghi, molto, molto più lunghi.

Facendo finta di pensarci ancora qualche secondo, strofinandosi il mento nell'azione classica di un cogito di enorme importanza, la figlia convenne che il pennello sarebbe stato più indicato. “Andiamo di marzocca pa.”

“Va bene. Allora intanto che aspettiamo che Michiru e tua sorella tornino con i colori, vado in rimessa a cercare il tutto.”

“D'accordo. Io inizio a mescolare la lavabile.” Concluse sentendosi addosso un'euforia pazzesca.

 

 

Haruka si grattò la testa sistemandosi meglio davanti al portatile. Stava facendo finta di lavorare al progetto della Panigale 2018 da più di un'ora, vigliaccamente ed inesorabilmente china su un progetto che doveva, almeno nei piani iniziali, essere lasciato in ufficio fino al lunedì successivo e che invece stava biecamente utilizzando come azione difensiva contro un nemico immaginario uscito da chissà quale anfratto della sua pavida mente bacata. La bionda stava ostinatamente sforzandosi la vista sul monitor trincerandosi dietro un mutismo più che infantile, non volendo parlare con Giovanna dell'accaduto e sperando così che l'altra si stancasse prima di lei in quello che stava diventando il gioco del silenzio più lungo ed idiota della storia.

Non voleva proprio ammetterlo Haruka. Non voleva accettare il fatto che appena aveva incatenato i suoi occhi a quelli chiari dell'altra, il cuore le aveva sussultato nel petto e la sua anima inquieta aveva ricevuto un balsamo benefico che l'aveva spinta ad aprirsi completamente e a piangere. Piangere! Mai si sarebbe aspettata di farlo di fronte ad una persona che non fosse la sua Michiru. E mai avrebbe voluto farlo di fronte a Giovanna, perdendo così, a suo parere, una quantità industriale di preziosissimi punti figagine.

Mi sono rammollita. Nulla da dire. E' un fatto. Haruka Tenou, la grande, s'è rammollita. Penso' ripetendo la medesima cantilena che da minuti le stava frullando nella testa, cliccando sul mouse a caso, così, tanto per dare all'altra l'impressione di stare facendo qualcosa di estremamente impegnativo.

Masticò amaro guardando tra un ciuffo e l'altro della frangia la donna seduta al divano poco distante. Colpa tua Giò. Tua e delle tue stupidissime cellule. Si! Sono convinta che sono state loro a farmi diventare tanto femminuccia. Si sono mischiate alle mie e adesso sono un ibrido, come una macchina che non sa più se deve viaggiare a benzina o a GPL.

Michiru avrebbe sorriso vinta a quei pensieri astrusi da una logica incoerente e se Haruka avesse abbassato per un attimo l'indice del suo smisurato orgoglio, si sarebbe accorta per prima di quante fesserie stava partorendo la sua mente destabilizzata dall'assenza della compagna.

Mi hai infettata, ecco. Altro che salvato la vita. No, no... infettata è la parola giusta. Io che piango davanti ad estranei. IO! Sbattendo il mouse sul tavolo face alzare gli occhi dell'altra dal suo Ipad.

“Che ti prende? Rogne con la carena?”

Un grugnito di risposta e Haruka tornò a tuffarsi nelle sue congetture deliranti. Elucubrazioni mentali a pioggia! Guardando il davanzale del caminetto fermò i pensieri osservando la cornice con una foto che le ritraeva, ricordando, se ve ne fosse stato bisogno, chi in realtà fosse quella donna seduta ora sul divano.

Ma che cazzo stai pensando Tenou! Piantala con queste assurdità. Hai pianto... e allora?! E' di Giovanna che stiamo parlando, mica della prima sciacquetta che passa sotto casa. E non ti stai affatto comportando da persona educata. Prima la inviti e poi la lasci marcire sul divano con il bel sole che c'è fuori! Lo sai che muore dalla voglia di sciare e lo vuoi anche tu. Lo so che Michi non c'è e che sarebbe stato bellissimo farlo tutte e tre insieme, ma...

Afferrando un barlume di decorosa lucidità, la bionda si alzò dalla sedia andando nella camera da letto mentre Giovanna cercava di stirarsi i muscoli del collo. In verità a lei non interessava poi tanto dove andare, l'importante era stare con Haruka. Tutto il resto passava in secondo piano. Le andava bene anche così. Certo avrebbero dovuto parlare molto di più per conoscersi meglio e tentare di bruciare le tappe di un tempo rubato loro dalla sconsideratezza di un uomo, ma i rispettivi, testardi caratteri erano molto simili e questo già aiutava. In più c'era l'affetto, che a loro insaputa stava crescendo ogni giorno di più e che ormai le legava a filo doppio.

Un paio di minuti e Giovanna si trovò centrata in pieno da una giacca. Liberando la testa dall'indumento avvertì l'odore di mare tipico del profumo di Michiru.

“Forza Giò, muovi le chiappe che si va.” Esortò la bionda sempre tanto, tanto gentile.

“Si andrebbe dove?”

“Ti avevo promesso che ti avrei fatto mangiare un po' di neve ed io mantengo sempre le promesse, soprattutto quando sono importanti. Coraggio. Abbiamo già perso troppo tempo.”

“Ma non ti era entrato un problema in scuderia?” Chiese alzandosi mentre l'altra minimizzava con un ampio movimento della mano.

“Chi se ne frega... Aspetterà.” Anche perchè era una balla di proporzioni epiche.

“Ruka...” Giovanna guardò allora la giacca poco convinta.

“Che c'è!?”

“Ma... E' tutta rosa...”

 

 

A Michiru quel disegno proprio non piaceva. Lo trovava anonimo e palesemente banale. Erano ore che stava cercando d'inventarsi un qualcosa che la sua fantasia proprio si rifiutava di generare. Era sicura che sarebbe stato più facile, anzi, aveva accettato il lavoro al murales con pacato entusiasmo, proprio perchè convinta che ci avrebbe messo un niente a creare la bozza su carta e a riversarla poi sul muro. Niente di più falso! Due giorni e non aveva ancora prodotto nulla, tanto che Khloe e Alexios erano già alla seconda mano di bianco. Adesso Michiru stava sentendo montare la competizione contro se stessa e fosse cascato il cielo con tutte le stelle al suo interno, avrebbe portato a fine quel compito. Ormai i ritmi che teneva in pensione erano quelli del mangiare, del cercare di aiutare come poteva in cucina e di disegnare quel coso, come aveva iniziato a definirlo lei. Del dormire decentemente poi, proprio non se ne parlava.

Non ha ne capo... ne coda, Kaiou. Si disse stizzita strappando l'ennesimo foglio dal suo album, accartocciando l'obbrobrio e lanciandolo poi con stizza dietro le spalle. Colpita al petto Ami lo raccolse sorridendo nel guardarlo.

“Ma come, non sei soddisfatta neanche di questo?” Chiese stupita nello studiare con occhio ignorante il bellissimo tritone che tanto aveva disgustato la sua creatrice.

Colta in fragranza di reato Michiru sorrise a sua volta sentendosi in imbarazzo. Non voleva che altri la vedessero perdere il controllo.

“Non ti ho sentita arrivare.” Disse voltandosi verso l'altra cercando di ripararsi gli occhi dal sole.

Da sempre dotata di un orecchio finissimo, era raro che qualcuno riuscisse a coglierla alle spalle. Ogni tanto solo Hatuka e sua madre ci riuscivano e con provate difficoltà.

Ami le si avvicinò chiedendo se poteva sedersi un po' accanto a lei per godere della brezza marina e a un sincero cenno con la mano dell'altra si chinò sul tavolato del portico che dava sulla spiaggia privata.

“Che c'è Ami? Troppa confusione in cambusa?” Scherzò la donna più grande guardando poi in direzione delle piscine coperte. Tra il padre e la sorella maggiore s'era innescata una vera e propria gara a chi faceva più casino.

Alzando gli occhi al cielo, Ami inondò i polmoni d'aria prima di confessare. “Penso che ognuno dovrebbe fare il mestiere che gli compete...” E Michiru scoppiò a ridere quasi fino alle lacrime perchè notata una poderosa macchia di bianco proprio al centro della sua schiena.

“Ben ti sta! - Sogghignò. - Così impari a tirare in ballo la mia arrugginita fantasia artistica.”

“Oddio, credevo ti facesse piacere Michiru.” Si difese portandosi una mano alla bocca facendo comprendere all'altra di aver scherzato in maniera non del tutto appropriata.

Michiru non ricordava, o forse proprio non poteva sapere, che Ami non era, per così dire, un tipo molto “giocoso”, anzi, per lei il sarcasmo era spesso scambiato come nota di biasimo. Forse era anche per questo che era tanto brava nel suo lavoro, aveva una mente talmente matematica, pragmatica e razionale da rasentare quella maschile.

“Aspetta non fraintendermi cara. Io adoro dipingere, ma è tanto che non lo faccio più su commissione e credo di stare avendo una leggera crisi prestazionale.” Sfoderando un sorriso dolcissimo riuscì a tranquillizzare quasi immediatamente la più giovane.

“Se è per questo che sei così tanto critica nei confronti dei tuoi schizzi, ricordati che è solo un lavoretto per i miei. Nulla a che vedere con le alte schiere vaticane alle quali sei abituata.” Alzò le spalle un po' imbarazzata. La profondità degli occhi di Michiru l'avevano sempre messa in soggezione.

“Non è per questo. I tuoi non mi pagano ed io non pago loro per l'ospitalità. Perciò come vedi è un po' come se stessi facendo un qualcosa per la mia famiglia. Ma ogni lavoro che eseguo è importante e va affrontato con il massimo impegno e se non mi trovo ad essere soddisfatta su una prova, beh, c'è anche il rischio che continui a schizzare per giorni senza ricavarne un ragno dal buco.” Ammise.

A quelle parole e senza un apparente motivo, Ami Mizuno scattò in modalità “medico” trasformando radicalmente il suo approcciarsi all'amica. Guardandola negli stessi occhi che fino a qualche istante prima l'avevano quasi soggiogata, ne sostenne l'intensità iniziando a scavarne la tristezza.

“Forse se riuscissi a dormire di più e meglio, la tua fantasia ne gioverebbe.”

Non fu tanto l'affermazione in se per se, innocentissima sotto ogni punto di vista, ma la trasformazione radicale che la dottoressa ebbe nel porla. Michiru si ritrovò a sbattere gli occhi inarcando leggermente la schiena all'indietro. Da dove proveniva tanta sicurezza?!

“Non capisco.“

“Posso essere indiscreta nel chiederti da quanto tempo è che non ti fai un sonno filato di otto ore?”

Ci mancò poco che Kaiou non le sbottasse a ridere in faccia mandando al diavolo tutta la buona educazione impartitale da giovane. Otto ore filate?! Settimane? Mesi, forse?

“Con questo non sentirti presa in giro Ami, ma non credo di saperti rispondere.”

“Lo immaginavo. Purtroppo si vede.” Affermò non potendo non notare le occhiaie che iniziavano a risaltare anche sotto ad un sapiente trucco.

Michiru non se la prese. Si guardava allo specchio tutte le mattine. “E con questo cosa stai cercando di dirmi?” Chiese rendendosi conto di averla spiazzata.

“Allora sai cosa ti sta succedendo.”

“Non sono stupida.”

L'altra abbassò lo sguardo per rialzarlo immediatamente. “Non ho mai inteso offenderti. Ma vedi, non puoi sapere quante sono le persone che s'ingannano non riuscendo ad ammettere di avere un problema.”

Fu la competitività della donna più grande a parlare. Abituata a primeggiare in molte cose della vita, Michiru volle elevare il discorso portando la sua preparazione sullo stesso piano di quella di un medico, esponendosi così come non era solita fare. Anche questo assurdo passo poteva essere additato come un necessario, quanto urgente riequilibrio psico-fisico. Sbilanciandosi troppo ed offrendo praterie di analisi, confessò ad Ami di soffrire di sacche periodiche d'insogna già da parecchi anni.

“E da quanto esattamente?”

“Forse..., da sempre.” Rise mentre la specializzanda registrava mentalmente le nuove informazioni.

“E questo ti fa ridere?” Chiese vedendola bloccarsi di colpo.

“Ami, non è certo l'insogna il problema.”

“Ovviamente. Sotto la perdita del sonno cova sempre la brace di una serie di lacerazioni che non hanno ancora trovato il conforto della cicatrizzazione. E più questa avviene in maniera sporadica e più la causa è ben radicata nel nostro io.”

Il viso di Kaiou divenne di pietra e una volta resasi conto della vulnerabilità che lei stessa aveva messo sul piatto, reagì in maniera più fredda di quanto non avrebbe voluto. “Di un po', è forse la branca della psicanalisi quella che hai scelto come percorso formativo?”

“Scusa. Non avevo intenzione di usare le mie conoscenze per invadere la tua privacy.” E non sentendosi di aggiungere altro attese l'inevitabile reazione.

Michiru si alzò ritenendo quella conversazione esaurita. Sistemandosi le pieghe della gonna continuò a puntarle gli occhi addosso sapendo da sempre di avere nei cobalti una notevole un'arma di difesa.

Nel seguirne l'esempio, Ami cercò di riallacciare il contatto spezzatosi. “Ti chiedo di scusarmi Michiru, ma...”

“Ma?” Chiese stirando un sorriso quasi maligno sentendosi in vantaggio.

“Ma pur avendo da sempre difficoltà caratteriali abbastanza marcate, mi risulta curiosamente facile entrare in sintonia con la psiche delle persone. Credo sia una dote. Un dono. Mi riesce facile, non so.” Si stava trovando in difficoltà e iniziò a pensare a come avrebbe mai potuto esercitare un lavoro come quello se lei per prima era piena zeppa di manie, indecisioni e problematiche di diversa natura. Girando i tacchi dopo essersi scusata ancora una volta, fuggì letteralmente via dallo sguardo ormai glaciale dell'altra.

Kaiou si sentì trionfatrice di una battaglia che lei per prima avrebbe dovuto avere il coraggio di consegnare a colei che stava cercando di aiutarla, ma troppo presa dal turbine di emozioni negative riaffiorate nell'ultimo periodo a causa dei suoi incubi, non riconobbe subito quell'enorme sbaglio, provando anzi un'insana soddisfazione per aver dominato su un terreno che non era il suo.

Schizzando davanti al locale delle piscine coperte, Ami si portò la mano alla bocca provando a non piangere. Aveva sbagliato tutto. Aveva provato ad instaurare un contatto partendo dalla mente invece che dal cuore e Michiru si era chiusa a riccio. No, in verità no! Michiru si era difesa attaccando e colpendo finemente.

Si sentì bloccare il braccio e girandosi di scatto spalancò gli occhi sul viso della sorella maggiore, che avendola vista passare di corsa ed intuito che qualcosa l'aveva turbata, le era corsa dietro.

“Amore che c'è?”

“Non avrei dovuto... Gli studi sono una cosa e la pratica è un'altra...” Ammise chinando la testa vinta.

“Ma cosa stai dicendo? Ami spiegami.” E nel sentire la mano di Khloe sulla spalla la giovane donna le si gettò al petto vogliosa di un abbraccio.

 

 

“Si può sapere che cosa le hai detto?” Michiru si sentì spinta rientrando barcollando all'indietro nella sua camera. Khloe entrò sbattendo furentemente la porta.

“Bada Kaiou che se succederà un'altra volta, ti caccerò personalmente fuori dal Re del mare prima che tu possa capire da dove arrivino i calci!”

L'altra la guardò ad occhi sbarrati cercando di afferrare più parole possibili. Ma che cos'era impazzita?!

“Prima di tutto... parla più lentamente e secondo... datti una calmata e spiegami che diavolo vuoi da me.”

Khloe non aveva mai sopportato quell'atteggiamento freddo e distaccato da essere superiore che in passato ogni tanto aveva visto in lei, ed ora che lo ritrovava in una Michiru adulta e matura, sentiva di non poterlo tollerare.

“Non puoi venire qui a minare la fiducia di mia sorella... È chiaro!?”

Allora la straniera iniziò a capire. E così Ami era andata a piagnucolare tra le braccia della maggiore non avendo la forza per affrontare da sola la prima ritirata.

“Ascolta, è stata LEI a violare la mia privacy. Io mi sono solo difesa e se fosse una brava psicologa, le due mezze frasi che ci siamo scambiate non l'avrebbero minimamente turbata.”

L'autocontrollo di Khloe era sempre stato notevole ed anche in quel frangente non la tradì, bloccando l'enorme e compulsivo fremito che sentiva di avere nel palmo della mano destra. Avrebbe tanto voluto schiaffeggiarla, ma si accontentò di puntarle il dito al petto sibilando.

“Bada a te Kaiou... Non azzardarti mai più a fare giochetti con Ami. Non parlarle e viaggia lontano da lei. I miei ti adorano ed è per questo che per ora farò finta di niente. Ma bada a come ti muovi. Mi hai capita?”

“Non minacciarmi...”

“Mi hai capita?!”

Michiru la superò riaprendo la porta. “Vai fuori di qui.” Ed una volta ritrovatasi sola la richiuse per andare a sedersi sul letto.

 

 

Se oserà farlo nuovamente questa volta non resterò a guardare e la difenderò io, ma.” Disse Khloe mentre Agapi tamponava la ferita ai reni che il dottor Kaiou aveva provocato alla figlia.

Dovrebbe essere denunciato quel bastardo vigliacco!” Quella ragazzina neanche ancora ventenne era fuori di se.

Ancora negli occhi la sconvolgente scena di quell'uomo calmo e pacato che all'improvviso aveva afferrato la cinghia dei pantaloni rivolgendola con violenza inaudita contro la schiena della figlia, ed ora nelle orecchie aveva solo i singulti disperati della sua Mich, distesa sul letto dei coniugi Mizuno, mentre il padre era andato di corsa a chiamare la signora Flora.

Sta zitta Khloe e passami il disinfettante.” Un ordine più che una richiesta.

Ma mamma..., dobbiamo fare qualcosa.” Supplicò avvicinandosi alla donna che intanto non riusciva a staccare gli occhi dalla ferita a carne viva di forma rettangolare che lacerava la pelle della sua signorina.

Ho detto di stare zitta!” E la discussione per Agapi finiva li, perchè sapeva troppo bene quanto la figlia avesse ragione. Sapeva troppo bene che se non si fosse intervenuti, presto o tardi qualcuno si sarebbe fatto veramente male.

Non discutete a causa mia. Agapi... per favore. Mio padre... non è cattivo, ve lo assicuro. E' malato...” Michiru cercò di alzarsi, ma gli avambracci le sembravano privi di forza per il bruciore sordo alla schiena.

Ferma signorina, non si alzi. Khloe... il disinfettante!” Ma vedendo la figlia completamente inebetita dovette pensarci da sola, allontanandosi dal letto e non accorgendosi della piccola Ami che affacciatasi alla porta, era ora sgattaiolata nella stanza afferrando una mano di Michiru per stringergliela il più forte che poteva.

Ami...” La ragazza sospiro' girando la testa nella direzione della bambina cercando di sorriderle.

Non preoccuparti Michi, ora mamma ti cura. E' brava sai?! E quando sarò grande ci penserò io.” Una sicura sincerità che l'aveva intenerita.

Grazie àngelos, ma... spero che non ce ne sarà mai il bisogno.” Disse tornando a nascondere il viso nel braccio che portava piegato sotto al mento.

Dannazione! Khloe porta via tua sorella. Non voglio che veda la signorina in questo stato. Muoviti!”

 

 

Michiru sospirò mettendosi seduta sul materasso. Doveva essersi assopita dopo aver cacciato Khloe dalla camera. Sentiva di non essere più lei. Prima di cedere alla stanchezza e tornare sovrana del sovra mondo pseudo fantastico che le stava facendo rivivere il passato amplificandone le sensazioni, si era fermata a riflettere sulla conversazione avuta con Ami. Non si erano dette nulla di speciale, ma era stato l'atteggiamento che era riuscita a far emergere durante quelle poche frasi ad essere totalmente fuori luogo. Era palese che la specializzanda stava cercando solo di aiutarla e lei non era riuscita a capirlo, anzi, sentitasi minacciata si era difesa con una cattiveria che non riusciva a spiegarsi e per di più, nel farlo, aveva provato un senso sadico che ora nella ritrovata lucidità, le stava provocando disgusto e vergogna.

Doveva cercare Ami. Doveva scusarsi provando a riannodare quei fili che lei stessa aveva tagliato non accorgendosi della loro immensa importanza.

Uscendo dalla sua camera scese le scale salutando degli ospiti per fiondarsi verso le cucine. A parte un paio di camerieri non c'era nessuno. Allora guardò nel parcheggio e lo scooter di Ami era al proprio posto. In ultima battuta tentò in camera sua. Bussò ed attese fissando il pavimento. Qualche secondo e la porta si aprì.

Michiru stava per parlare quando rendendosi conto chi le stava dinnanzi, non avvertì alcun suono solleticarle le corde vocali.

Khloe la fissò socchiudendo gli occhi. “Vedo di non essere stata chiara. Hai compreso quando ti ho detto di viaggiare lontano da lei?”

“Hai usato un modo di dire dialettale, ma non mi nascondo dietro il dito della lingua. Ti ho capita benissimo.”
“Allora perchè sei qui?!”

“Dovrei parlare con Ami.” La sentì ridere vedendola avanzare.

“Non credo proprio. Sai dove se le può mettere le sue scuse signorina?” Ne anticipò le intenzioni.

“Khloe basta. Lasciala entrare.” Disse la specializzanda ferma al centro della stanza ed anche se mal volentieri la maggiore obbedì lasciandole spazio.

Una volta entrata Michiru guardò la più giovane stringendo le mani sul grembo. “Non sono venuta qui per chiederti scusa delle parole, ma di come te le ho dette Ami. - Scosse la testa onestamente incredula. - Non sono più padrona di me. Credo che se non avessi ricevuto un'educazione socratica fin da bambina, a quest'ora andrebbe anche peggio.”

“Lo credo anch'io. Accetto le tue scuse, ma in realtà sono io che avrei dovuto tenere a bada la mia empatia.”
“Ami... vorresti aiutarmi?” Una domanda a bruciapelo. Una domanda che lasciò entrambe le sorelle abbastanza interdette.

 

 

 

 

Note dell'autrice: Ecco qui. Haruka e Michiru sono destabilizzate. Ognuna per motivi diversi ed ognuna ha per fortuna accanto qualcuno che badi un po' a loro.

Non prendetevela se la nostra “straniera” ha sfogato la sua frustrazione su Ami. Il momento non è dei migliori, ma, soprattutto, penso che la stessa Ami abbia spalle molto più forti di quanto non si creda.

   
 
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