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Autore: Lily33    13/02/2017    0 recensioni
«Cosa succede?» domandò alla balia  che si era avvicinata alla donna; la bimba iniziò nuovamente a piangere in modo sguaiato.
«Perde molto sangue.» dichiarò poi la donna.
«Cesare... Licia» mormorò la donna «Chiamala...Licia... Abbi cura di lei.»
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Tim   PREMESSA DELL'AUTORE: Prima di leggere la storia, devo darvi delle spiegazioni. Questo non è un romanzo storico vero e proprio, nel senso che non è la storia come la si conosce oggi. Vi invito a leggere la storia e a godervela così come viene, ignorando i periodi storici che sono "sballati", con in più l'aggiunta di personaggi mai esistiti. Grazie e buona lettura. «Resisti.» incoraggiava suo marito alla sua destra che le stringeva saldamente la mano. «Ce l'hai quasi fatta.» le sussurrò all'orecchio. La balia incitò Agrippina a spingere più forte «ce l'avete quasi fatta, Matrona.» urlò «vedo la testa.» Il dolore che scuoteva il suo corpo era insopportabile. Ma doveva farcela per la creatura che stava mettendo al mondo. Un'ultimo urlo squarciò l'aria e si sentì il pianto del neonato. Agrippina aprì gli occhi e sentì Cesare che gli stampò un bacio sulla fronte. La balia sorrise e prese il bambino con una pezza di stoffa bianca «una bambina» dichiarò strofinando delicatamente la stoffa sul corpicino della neonata, che piangeva soronamente. La balia portò la bimba sul Petto della madre, così che essa e suo marito potessero ammirarla in tutta la sua bellezza: le mani paffute, la pwlle rossa e morbida, quel nasino quasi inesistente. «È bellissima» disse Cesare scrutando la figlia a fondo, con i occhi di chi ne era già innamorato. Agrippina non disse nulla per un po di tempo, restando inerme anch'essa a guardare la bimba paffuta, che ora si stava attaccando al seno. «Cesare, prendila tu.» Il tono di sua moglie era grave e stanco, e il console si chiese cosa stava accandendo. «Ce..cesa..» Prese la bimba tra le mani giusto in tempo, per evitare che cascasse dalle braccia della madre. «Agrippina!» la richiamò suo marito, ma la donna era stordita e pallida, pa fronte imperlata di sudore. «Cosa succede?» domandò alla balia  che si era avvicinata alla donna; la bimba iniziò nuovamente a piangere in modo sguaiato. «Perde molto sangue.» dichiarò poi la donna. «Cesare... Licia» mormorò la donna «Chiamala...Licia... Abbi cura di lei.» «Ed è così che mia madre morì.» disse Licia, intrecciando la sua mano a quella di Antonio. «Non credo che mio padre me l'abbia mai perdonato.» «Si che l'ha fatto.» rispose Antonio, posandogli un bacio sulla mano intrecciata «non è colpa tua.» Licia sospirò e guardò il Tevere che , ignaro del mondo, faceva scorrere l'acqua limpida, compito assegnatogli dagli Dei. Il sole caldo e gli uccelli segnavano l'arrivo della primavera. «Mio padre amava mia madre. Non era un matrimonio di convenienza.» Antonio ridacchiò e portò la fronte della ragazza e la baciò. «E tu? Mi ami?» Licia lo guardò in volto: Antonio era bellissimo. Aveva gli occhi neri e vispi, capelli del medesimo colore e la pelle chiara come il latte, che contrastava con i suoi caratteri scuri. Sulla guancia destra, vi era una piccola cicatrice, ricordo di una guerra che aveva combattuto l'anno prima, che lo rendeva ancora più affascinante. «Certo che ti amo.» dichiarò Licia «ti amerò per sempre. » Le labbra dei due giovani si congiunsero e le lingue si intrecciarono: il sapore della bocca  di Antonio aveva fatto sempre impazzire Licia. «Devo andare, ho riunione in Senato.» Licia annuì con il cuore in mano. Baciò a fior di labbra ancora una volta il suo amante «ti amo» gli disse e i due si seprarono.                               ≈ «Abbiamo deciso, partirò per l'Egitto.» La voce di Cesare era risuonata solenne nella domus. La sala da pranzo era spaziosa e il banco allestito con cibi e prelibatezze di tutti i tipi. Cesare afferrò una coscia di pollo, ignaro delle occhiate che le stava mandando sua figlia, alla sua destra. Bruto invece aveva concentrato la sua attenzione tutta sulla fanciulla. «Non sei d'accordo, puella?» le domandò il fratellastro, addentando un pezzo di carne. «La mia opinione conta?» rispose aspra la ragazza. «Stamane dov'eri?» domandò duramente Bruto, guardandola malamente. «t'interessa?» «Marco Antonio ha ritardato in Senato. Lo sta facendo spesso.» Casera posò il suo sguardo sulla fanciulla taciturna e contrasse la mascstanza L'atmosfera si irrigidì tanto che sembrò che si potesse tagliare con un coltello. «Licia» iniziò Cesare «Lo so, padre» lo interruppe la giovane «Ti ha già disonorata?» disse schivo Bruto. «ORA BASTA!» urlò Cesare battendo un pugno sul banco. «Ti proibisco di vederlo. Antonio non è alla tua altezza, non è all'altezza della gens Iulia!» Quelle parole colpirono Licia come un pugnale nel petto. Si alzò di scatto e andò nella sua stanza a versare ogni lacrima.
   
 
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