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Autore: amnesiaL1996    14/02/2017    1 recensioni
Dalla storia:
Minho aveva saputo qual era il suo destino sin dalla prima volta in cui aveva tenuto una macchina fotografica fra le mani.
Era solo una macchinetta per bambini, di quelle morbide che se cadono non si rompono e che non possono contenere in memoria più di un paio di decine di scatti per volta, e lui aveva appena 5 anni ma quando per la prima volta aveva avvicinato la camera al viso, socchiudendo appena un occhio per guardare attraverso l'obbiettivo, era stato come se vedesse il mondo per la prima volta.
E aveva capito che per lui l'unico modo per vedere davvero era farlo attraverso quell'oggetto da cui non si era più separato.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Taemin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Through the Camera (I Can See You)

to my amazing best friend, my beta, my sister and the only one that is always there for me
 




Minho aveva saputo qual era il suo destino sin dalla prima volta in cui aveva tenuto una macchina fotografica fra le mani.

Era solo una macchinetta per bambini, di quelle morbide che se cadono non si rompono e che non possono contenere in memoria più di un paio di decine di scatti per volta, e lui aveva appena 5 anni ma quando per la prima volta aveva avvicinato la camera al viso, socchiudendo appena un occhio per guardare attraverso l'obbiettivo, era stato come se vedesse il mondo per la prima volta.

E aveva capito che per lui l'unico modo per vedere davvero era farlo attraverso quell'oggetto da cui non si era più separato.

La sua fotocamera e le sue fotografie erano cresciute con lui: dalla macchinetta giocattolo e dalle immagini un po' sfocate, con le punte delle dita morbide e infantili che spuntavano in un angolo, del suo cane o della sua famiglia era arrivato con gli anni a quello strumento professionale estremamente prezioso che considerava un figlio o forse una parte integrante del suo corpo e a scatti studiati in ogni minimo dettaglio ammirabili in questa o quella mostra di artisti emergenti dove riusciva sempre a riscuotere un certo successo.

Eppure lui non era mai soddisfatto.

Attraverso l'obbiettivo della macchina fotografica Minho riusciva ancora a vedere un mondo nuovo, pieno di luci e particolari che ad occhio nudo era troppo cieco per captare ma che quando poi scattava sembravano non riflettersi nelle sue foto, sempre troppo spente, prive di quella nota vibrante che nella sua mente serviva a renderle vive.

Non che non fossero belle: senza essere modesto sapeva che aveva un talento naturale ma nonostante i complimenti e i lavori modesti che cominciavano a venirgli offerti a lui non sembravano mai abbastanza.

Gli mancava qualcosa, un qualcosa di particolare che sarebbe arrivato nella sua vita soltanto in un ancora caldo pomeriggio di metà settembre e che avrebbe stravolto qualsiasi cosa.

 

Quello era il suo primo vero lavoro importante, la prima volta che gli veniva commissionato  un servizio tutto suo per una nuova linea di abbigliamento per giovani di un negozio che aveva un certo successo a Seoul, e anche se mostrava sicurezza nel sistemare le luci nello studio, cercando di provare di sapere il fatto suo, si sentiva nervoso come mai in vita sua.

In buona parte non era per la paura di rovinare lui qualcosa ma per quel capriccio del suo cliente che aveva voluto scegliere di persona il modello che avrebbe rappresentato la sua linea senza considerare l'opinione del fotografo né degnarsi di fargli avere un book fotografico. Minho avrebbe voluto urlare quando l'aveva saputo, ma quel lavoro era esattamente l'opportunità di cui aveva bisogno per farsi notare da qualche rivista e non poteva permettersi di rifiutare, anche se il non sapere con chi avrebbe dovuto lavorare lo faceva impazzire.

Come poteva valorizzare il suo soggetto in un paio di sedute di scatti soltanto se non aveva idea di come fosse? Come poteva studiare ogni dettaglio nella sua mente senza conoscere il suo aspetto?
E poi, proprio mentre il giovane fotografo era impegnato nelle sue elucubrazioni mentali e stava arrampicato su uno sgabello per sistemare un faretto, Lui era arrivato, avvicinandoglisi immediatamente.

“Serve una mano?”
Minho aveva abbassato lo sguardo, pronto a rispondere che poteva farcela benissimo da solo, ma ogni parola gli si era strozzata in bocca mentre rimaneva a fissarlo dall'alto verso il basso, dimenticando all'istante ogni lamentela.

Il suo modello era perfetto.

Era assolutamente sicuro di non aver mai scattato una foto a un ragazzo così, anzi di non aver mai VISTO un ragazzo così, un angelo in carne ed ossa, di una bellezza tale da mozzargli il fiato e allo stesso tempo un espressione ben poco angelica, irriverente, dipinta in volto mentre ricambiava lo sguardo senza nessuna timidezza.

“Sei il fotografo?” aveva chiesto ancora con un sorrisetto compiaciuto davanti all'espressione quasi incantata dell'altro, ormai abituato a questo tipo di attenzioni, e Minho era sceso dallo sgabello all'istante sporgendogli la mano per provare a riprendere un'aria il più professionale possibile.

“Si certo. Choi Minho. E tu sei?”

“Lee Taemin”
Ora che lo vedeva da una prospettiva meno distorta poteva notare che era piuttosto alto, giusto una manciata di centimetri meno di lui, e che oltre al suo viso stupendo era dotato di un fisico sottile, asciutto al punto giusto ma con dei muscoli appena accennati, che gli fece capire con un solo sguardo perché era stato scelto come indossatore per quel servizio.

“Vuoi continuare a spogliarmi con gli occhi o pensi di potermi dire dove trovo i vestiti?”  questa volta il fotografo non si era potuto risparmiare dall'arrossire, nonostante nella sua mente avrebbe voluto ribattere che studiarlo era parte del suo lavoro, senza neanche sapersi spiegare il perché di quell'improvviso imbarazzo.

“Puoi andare a cambiarti in quel camerino...” si era affrettato a indicarlo e Taemin gli aveva sorriso prima di seguire le sue indicazioni ed indossare il primo outfit mentre lui finiva di sistemare il suo prezioso apparecchio fotografico.

Quando aveva alzato lo sguardo dallo schermo della macchina dopo aver impostato tutto il ragazzo era già seduto in una posa rilassata sul divanetto che occupava il centro del set senza che ci fosse bisogno di dirgli niente, completamente a suo agio sotto quelle luci forti.

“Qui?” aveva chiesto conferma e Minho aveva annuito e basta, troppo emozionato per poter rispondere, passandosi la lingua sul labbro inferiore mentre assaporava quel momento, mentre si sistemava per vedere il modello per davvero per la prima volta, con la sua vista migliorata dall'obbiettivo.

Attraverso la camera Taemin sembrava ancora più un angelo, quasi come se rilucesse di luce propria. Forse era merito di quelle luci candide che lo illuminavano da più angolazioni o forse erano i capelli, di un biondo luminoso come la luce del sole, o della sua pelle diafana, ma quel ragazzo brillava, catturando il centro della scena come se fosse il centro di ogni cosa.
Lo sguardo di Minho l'aveva bevuto in ogni particolare, notando quei dettagli che prima non era capace di cogliere, come il naso non proprio perfetto che si notava appena in quel viso armonioso e dai tratti delicati, o il modo in cui le lenti chiare, azzurre, gli ingrandissero gli occhi a mandorla, o quanto fossero carnose le sue labbra, imbronciate appena mentre aspettava di ricevere istruzioni sugli scatti.

Non aveva saputo resistere.

Quasi come se le sue mani vivessero di vita proprio aveva messo a fuoco, zoomato appena e scattato.

Una, due, cento volte, dando indicazioni ogni tanto con tono sommesso, quasi come a non voler rovinare la magia di quel momento parlando a voce troppo alta.

Il suo modello non sembrava dello stesso avviso.

Era stato buono per tutta la prima parte del servizio, obbedendo in silenzio a tutti gli ordini, spostando la testa di lato quando serviva, eseguendo tutto in modo così impeccabile che Minho non poté fare a meno di chiedersi dove questo modello così perfetto fosse stato nascosto per tutto questo tempo o perché non l'avesse mai visto tra le pagine delle riviste.

Al secondo cambio d'abito però il ragazzo biondo aveva deciso di annoiarsi e aveva interrotto quel sacro silenzio che il fotografo tanto amava mentre si dedicava al lavoro.

Così, la schiena poggiata al muro e una mano a scompigliarsi appena i capelli, aveva chiesto con tono casuale:

“Non sei un po' giovane per fare il fotografo professionista?”
Minho aveva aggrottato appena la fronte, alzando la testa dalla macchina fotografica e sbattendo le palpebre come risvegliato dalla sua trance.

“Ho 23 anni” aveva borbottato cercando di tornare a concentrarsi e sperando il discorso finisse lì, il sorrisetto sul viso dell'altro si era accentuato appena mentre voltava il capo per mostrare il profilo e continuava.

“E come mai il fotografo?”
Stavolta il ragazzo moro aveva sbuffato, quasi irritato.

“Amo la fotografia tutto qui”

Taemin non aveva risposto per un minuto o due, poi era tornato alla carica.

“E tu? Non mi chiedi niente?”

“Non mi piace parlare mentre lavoro”
“Beh a me si” e aveva guardato nell'obbiettivo con uno sguardo talmente intenso che Minho aveva trattenuto il respiro mentre scattava ancora e poi, ancora una volta senza  rendersene conto, aveva deciso di accontentarlo.

“Quanti anni hai?”

Il biondo aveva sorriso soddisfatto, un espressione quasi dolce che era stata immortalata all'istante prima che parlasse ancora.

“19 appena compiuti”
Minho era rimasto sorpreso a quello, lanciandogli un'occhiata di sbieco da sopra l'apparecchio. Era giovane e di certo lo sembrava si, ma c'era qualcosa nella sua espressione che gli aveva fatto pensare che fosse per lo meno maggiorenne o vicino ad esserlo.

Taemin aveva ridacchiato alla sua faccia evidentemente sorpresa e anche quel momento era stato bloccato sulla sd mentre il fotografo si riprendeva, tornando a concentrarsi.

“E perché fai il modello?” gli aveva girato la sua domanda mentre gli indicava il divano, facendogli segno di tornare a sedersi.

“Per pagarmi gli studi... L'accademia di danza”

Il moro aveva sorriso nel sentire la fierezza nella sua voce quando aveva aggiunto quell'ultima frase e poi l'aveva studiato ancora per un po', facendo più attenzione al suo fisico e capendo ora come potesse sembrare così flessuoso anche solo mentre stava seduto, allenato da ore ed ore di danza.

“Mi trovi bello?”

Stavolta la domanda l'aveva colto di sorpresa, facendolo sobbalzare un attimo, colto sul fatto nel suo scrutare senza scattare nessuna foto da quegli occhi momentaneamente chiari e fin troppo bello.

“Se non fossi bello non saresti un buon modello no?”
Taemin aveva sbuffato infastidito a quella risposta fin troppo evasiva per i suoi gusti e si era sporto in avanti, il gomito poggiato sulla sua coscia il mento sulla mano delicata.

“Non intendevo quello”
Minho aveva alzato lo sguardo e aveva incrociato il suo, lo stomaco che gli si chiudeva e la sua mente che si rifiutava di capire cosa volesse dire l'altro ragazzo, e così aveva distolto lo sguardo e aveva spento la telecamera, per poi voltargli le spalle e mettersi a sistemare la macchina fotografica nella sua custodia.

“Per oggi abbiamo finito” ed era tutto quello che aveva intenzione di dire per quel giorno.

 

Quando Taemin era arrivato il giorno dopo Minho era impegnato a sistemare le impostazioni della fotocamera, dando le spalle alla porta, ma aveva sentito all'istante quei passi veloci che si affrettavano all'interno mentre la porta si richiudeva con un leggero tonfo.

“Sei in ritardo” aveva commentato con un tono freddo che aveva stupito lui stesso e che aveva fatto fermare quei movimenti dietro di lui all'istante.

Che gli prendeva? Si diede dello stupido mentalmente, incolpando della sua irritazione il poco sonno di quella notte, passata principalmente a cercare a tutti i costi di non pensare a quella domanda insidiosa del modello che l'aveva tanto turbato con scarsi risultati.

“Mi dispiace...” il tono stanco dell'altro catturò la sua attenzione, riportandolo al presente, e si voltò per dare un'occhiata al ragazzo biondo e ansante come se avesse corso per arrivare fin lì da chissà dove, in piedi a pochi metri da lui.

“Tutto bene?” aveva chiesto allora decisamente più calmo, non trattenendosi dal passare gli occhi sulle gambe sottili fasciati da un paio di leggins scuri, per poi passare sulla maglia a righe decisamente troppo grande che gli cadeva morbidamente sui fianchi e gli lasciava una spalla candida nuda e sui capelli biondi che cadevano scompigliati sulla fronte leggermente sudata.

Desiderava ardentemente fotografarlo così, leggermente sfatto e allo stesso tempo ancora più perfetto, attraente in una maniera diversa che lo intrigava ancora di più.

“Ho fatto tardi a lezione di danza...non volevo arrivare in ritardo”

Sembrava davvero dispiaciuto e il fotografo si sentì in colpa per essere stato così duro con lui. Che colpa ne aveva se lo faceva impazzire? Il problema era nella sua testa non in quel ragazzo che lo guardava dispiaciuto.

“Sei stanco?” chiese perciò facendogli segno di sedersi un attimo sul divano per riprendere fiato e l'altro posò all'istante la sacca a terra e obbedì, sdraiandosi e chiudendo gli occhi.

“Un po'...”
“Possiamo rimandare” ribatté quasi senza pensare, quasi incantato da quella visione perfetta davanti ai suoi occhi, le mani che gli prudevano dalla voglia di immortalare ogni singolo dettaglio di quel corpo perfetto, e a quelle parole l'altro aprì un occhio soltanto, voltando appena la testa verso di lui e si lasciò sfuggire un sorrisetto.

“Vorresti fotografarmi?” un'altra domanda eccessivamente scomoda ma stavolta Minho era troppo preso da quella voglia di inquadrare e scattare per avere il tempo di sentirsi a disagio.

“Posso?”

Taemin annuì e chiuse gli occhi, tornando a poggiare la testa contro il bracciolo, leggermente buttata all'indietro, il pomo d'adamo e la spalla nuda in bella vista, con tutta quella pelle candida in mostra, e il moro smise semplicemente di resistere, prese la fotocamera in mano ignorando il cavalletto e quegli scatti composti ed ordinati e si avvicinò osservandolo da dietro l'obbiettivo, concentrandosi sull'altro.

Una foto dopo l'altra lo immortalò in ogni dettaglio fino a un primo piano dei suoi occhi, ora aperti, oggi castani e dall'espressione imperscrutabile e maliziosa assieme.

Uno scatto solo e qualcosa scattò anche dentro di lui, una voce nella sua testa che gli diceva “ecco cosa hai cercato per tutto questo tempo”, facendogli venire i brividi e abbassare la macchina fotografica tenendola ben stretta tra le mani.

“Vuoi vederle?” chiese dopo quelli che sembrarono secoli e il biondo semplicemente annuì e si alzò, seguendolo fino al computer e aspettando che la scheda di memoria venisse letta.

Scorsero le foto in religioso silenzio, come se entrambi sentissero quell'atmosfera diversa ed elettrica nello studio, e quando arrivarono all'ultima, a quegli occhi che sembravano bucare lo schermo del pc, e il fotografo fece per chiuderla il modello lo bloccò stringendo quella sua mano piccola e sottile intorno al suo polso.

“Ora mi rispondi?” e Minho sapeva esattamente qual'era la domanda che era rimasta in sospeso.

“Sei stupendo” e prima che potesse rendersene conto le loro labbra si erano sfiorate.

 

Minho si sentiva sull'orlo di una crisi di nervi, cercando di concentrarsi sulle foto che stava scattando senza avere troppo successo mentre uno scatto dopo l'altro si avvicinava alla fine del lavoro.

Dette un'occhiata all'orologio e sospirò, spegnendo la macchina fotografica, Taemin che stiracchiava le braccia sopra la testa davanti a lui.

“Abbiamo finito per oggi?”

“Abbiamo finito...” il fotografo esitò, conscio di non poter allontanare ancora quel momento “Tutto il lavoro, non ci sono più foto da fare, ho la consegna degli scatti migliori tra un paio di giorni ma tu finisci oggi”
Il ragazzo biondo lo guardò per un attimo disorientato, come non capendo esattamente le parole che gli venivano rivolte, poi abbassò lo sguardo mordendosi il labbro e facendo stringere lo stomaco dell'altro, il ricordo del sapore di quelle labbra così morbide che gli tornava sulla bocca.

In testa gli scorrevano le immagini di quella sera di un paio di giorni prima, quando l'aveva allontanato, per niente sicuro che fosse effettivamente stato il biondo a cominciare quel bacio che gli aveva sconvolto la testa, e gli aveva dato appuntamento per quell'ultima seduta, comportandosi per tutto il tempo come se nulla fosse, cercando di ignorare gli occhi dell'altro, di nuovo ingranditi dalle lenti, che gli bruciavano la pelle anche attraverso la fotocamera.

Il più giovane era andato a cambiarsi e lui aveva iniziato a smontare le luci nell'attesa di sentire quei passi veloci che si avvicinavano e  che non erano tardati ad arrivare.

“Allora io vado” era stato poco più di un sussurro imbarazzato ma aveva colpito l'orecchio di Minho con la potenza di un urlo seguito da quei passi ora improvvisamente, mentre si dirigevano alla porta, infinitamente più pesanti e non aveva saputo resistere dal voltarsi e bloccare per un attimo quella figura sottile con la sua voce.

“E se volessi cercarti? Cioè per...per qualche altro lavoro”
Taemin l'aveva guardato sorridendo con l'espressione di chi lo sapeva lunga dipinta in volto.

“Tutti i pomeriggi all'accademia, aula 29” e poi era semplicemente sparito, lasciandolo lì a darsi dello stupido e a chiedersi se non avesse sbagliato a chiedere.

 

E forse aveva sbagliato davvero perché nel giro di tre giorni la tentazione era stata troppa ed alle 4 di pomeriggio del venerdì sera si era ritrovato a girare per i corridoi deserti dell'accademia di danza di Seoul, la sua fedele fotocamera appesa al collo mentre si guardava attorno incuriosito in quel posto dove non avrebbe mai pensato di entrare.

Da alcune aule chiuse si sentiva il brusio della musica ma era ovvio che le lezioni erano finite da un pezzo e che solo alcuni studenti erano rimasti a provare oltre l'orario e così non aveva incrociato nessuno a cui chiedere dell'aula 29 e aveva vagato per un po' senza meta fino a capitarci davanti.

La musica che proveniva dall'interno era piuttosto alta e lui aveva potuto aprire la porta e infilarsi sulla soglia senza farsi notare dal ragazzo all'interno, tirando fuori quasi in automatico la fotocamera dalla sua custodia e portandosela davanti al viso.

Taemin aveva gli occhi chiusi e sembrava concentrato solo sul modo in cui il suo corpo si muoveva a seguire la coreografia e la musica, rallentando e accelerando con essa come se fossero un tutt'uno, completamente catturato dalle note e da quel mondo tutto suo.

Minho non l'aveva mai visto tanto bello, con quell'espressione di pace dipinta in volto, come se fosse finalmente al suo posto, e provo a seguire con l'obbiettivo tutti quei motivi perfetti che gli facevano capire per la prima volta quanta bellezza ci fosse nella danza.

Poi la canzone era finita e il ballerino, leggermente ansimante, aveva finalmente aperto gli occhi cogliendolo sul fatto, riflesso nello specchio con ancora la macchina fotografica a nascondergli il viso.

Eppure non gli era servito che un secondo per riconoscerlo e lasciarsi sfuggire un sorriso, inchinandosi accanto alla sua borsa per prendere la bottiglia d'acqua e un asciugamano.

“Sei venuto”
Il fotografo aveva finalmente abbassato l'apparecchio, ora improvvisamente imbarazzato e non molto sicuro su cosa dire o come spiegare la sua presenza lì, ma prima che potesse dire qualcosa l'altro aveva aggiunto ironicamente, a prenderlo in giro:

“Hai un lavoro per me?”

“No...passavo da queste parti” si sentì un idiota nell'istante stesso in cui quella frase uscì dalla sua bocca e si accorse di quanto palese fosse la bugia quando vide il ragazzo alzare un sopracciglio e trattenersi dal lasciarsi sfuggire una risatina prima di avvicinarglisi.

Ora che era vicino, ormai a un metro di distanza, poteva vedere che era estremamente sudato e che i capelli gli si appiccicavano alla fronte ma aveva il solito sorriso luminoso che oscurava le tracce di stanchezza sul suo viso, gli occhi che brillavano di quella luce maliziosa che lo faceva impazzire e la sua abituale grazia che faceva sembrare che stesse ballando anche mentre camminava.

“E hai deciso di venire a scattarmi un po' di foto?” il sorriso sul suo volto si allargò e il moro si ritrovò a ricambiare timidamente, sistemando a posto la macchina fotografica.

“Ti disturbo perché?”

“In realtà stavo per andare”

E Minho si sforzò di non mostrarsi troppo dispiaciuto a quelle parole, in parte perché avrebbe passato le ore a guardarlo ballare e a fargli mille e più foto e in parte perché sicuro che il ragazzo avesse qualche impegno che di certo non lo comprendeva, ma il biondo parve notarlo lo stesso perché la sua espressione si addolcì e aggiunse:

“Mi accompagni a casa hyung?”
E nel giro di cinque minuti camminavano uno accanto all'altro per strada, Taemin con il viso per aria ad osservare il cielo e la sacca che gli sbatteva sulla coscia e Minho che gli lanciava occhiate di soppiatto mentre parlavano del più e del meno.

“Com'è andata la consegna del servizio fotografico?” chiese dopo un po' il biondo e il fotografo sorrise al ripensare a tutti le belle parole che aveva ricevuto dal cliente quando gli aveva presentato il loro lavoro.

“Molto bene davvero, era assolutamente soddisfatto... Le foto erano perfette, ovviamente l'obbiettivo ti ama”
“L'obbiettivo eh?” il moro era arrossito all'istante e il ballerino era scoppiato a ridere, voltando l'angolo e fermandosi davanti a un portone, per poi aprirlo ed infilarsi dentro.

“Che c'è, non entri?” aveva chiesto poi notando l'ancora imbarazzato ragazzo fermo lì fuori e il più grande a quella domanda l'aveva seguito senza pensare, su per le scale sino ad un piccolo appartamento caotico.

“Tu vivi qui?” aveva chiesto allora, fermo nell'ingresso/salotto/sala da pranzo o quel che era, conscio della domanda stupido ma imbarazzato nel realizzare che si trovava a casa dell'altro senza neanche sapere come né perché.

Taemin non aveva risposto. Gli aveva sorriso, sempre con quel sorriso da stregatto che sembrava voler dire molto di più di quanto non facesse a parole, gli aveva detto di sedersi seduto sul divano ed era sparito per qualche minuto, lasciandolo a sentire il suono dell'acqua che scorreva nella doccia e a fissare la custodia nera della fotocamera che aveva poggiato sul tavolino da caffé.

Quando era tornato i capelli biondi erano ancora fradici e piccole goccioline costellavano il suo collo e il suo petto, lasciato semiscoperto da una sorta di kimono allacciato fin troppo lento per i suoi gusti e che mostrava molta più pelle lattea di quanto non avesse avuto occasione di vedere finora, facendolo arrossire e distogliere lo sguardo.

“Vuoi qualcosa da bere?”

Taemin al contrario sembrava estremamente rilassato e a suo agio, come se avesse esattamente la situazione sotto controllo (una cosa che lui di certo non poteva dire e che lo faceva a dir poco impazzire) e quando lui aveva risposto affermativamente era sparito in quella che doveva essere la cucina, tornando con due bicchieri di thé freddo e sedendosi accanto a lui sul divano, così vicino che le loro spalle si toccavano, facendo diventare l'atmosfera attorno a loro elettrica mentre bevevano in silenzio.

Minho pensa a quasi una settimana prima, a quel loro primo bacio soffice e delicato nel suo studio, e gli sembrò di risentire ancora quell'aria carica di aspettativa e attesa che aveva preceduto quell'istante, poco prima che lui rovinasse tutto allontanandolo da sé.

Com'era finito lì sul suo divano allora? La cosa non gli era del tutto chiara, forse perché effettivamente non c'era una spiegazione logica o forse, cosa altrettanto probabile, perché tra il calore di quel corpo vicino e il profumo intenso e floreale di shampoo che invadeva la stanza aveva difficoltà a pensare lucidamente.

Per quello gli ci volle un attimo per realizzare che Taemin gli aveva tirato leggermente una ciocca di capelli per farlo voltare ma quando lo fece e obbedì le labbra del biondo erano già lì ad attenderlo e a coglierlo di sorpresa, morbide e dolci, stavolta con un leggero sentore di pesca, così come le ricordava.

Stavolta non poté allontanarlo, il ragazzo più giovane che stringeva tra i pugni chiusi la sua maglia per impedirgli di scappare mentre approfondiva il bacio, portandosi più vicino possibile e annullando completamente la sua resistenza.

Poteva esistere qualcosa di meglio di tutte quelle sensazioni che lo stavano facendo impazzire in quel momento? Ne dubitava.

Ma ancora una volta quel piccolo angelo che in dieci giorni gli aveva stravolto la mente gli dimostrò di avere torto, sedendosi su di lui e aprendosi completamente il kimono.

E Minho non era sicuro, mentre si attaccava ancora una volta a quelle labbra per rubargli il respiro, se quello fosse un biglietto di sola andata per il paradiso o per l'inferno.

 

“Mi scatti una foto?”

Minho aveva recuperato la macchina fotografica dal salotto e ora la stringeva tra le mani, osservando attentamente lo spettacolo che gli si presentava davanti senza sapere da dove cominciare.

“Solo una?” ribatté portando l'apparecchio davanti al viso e Taemin rise, la testa buttata all'indietro sul cuscino e i capelli che gli si aprivano attorno più scompigliati che mai.

Il fotografo lo studiò minuziosamente scattando di tanto in tanto, dal suo sorriso malizioso e divertito al petto nudo fino ad arrivare a quel lenzuolo grigio fumo che metteva in risalto la sua carnagione lattea, intrecciato intorno alle sue gambe a nascondere in parte quel corpo perfetto che lui aveva potuto ammirare in ogni suo dettaglio, sentendo per la prima volta di poter vedere anche con i suoi occhi, con tutti i sensi e non solo attraverso l'obbiettivo perché Taemin era lì, vivo come non mai e la sua bellezza gli entrava prepotentemente dentro la testa senza che potesse farci niente, senza bisogno di nulla.

“Posso?” senza neanche aspettare una risposta il ballerino si era sollevato facendo leva sugli addominali e gli aveva rubato la fotocamera dalle mani, immortalando all'istante, prima che potesse nascondersi, la sua espressione sorpresa.

“Come si sta dall'altra parte dell'obbiettivo?” chiese ancora, ridacchiando, e il moro si sdraio accanto a lui cercando di evitare di guardarlo, estremamente imbarazzato.

“Sinceramente? Lo odio”

Il più giovane gattonò verso di lui poggiandogli la macchinetta sul petto e gli sorrise, un labbro rosso stretto fra i denti prima di avvicinarsi a baciarlo dolcemente.

“Peccato perché sei bellissimo”

E Minho sospirò, il cuore che sembrava volergli uscire dal petto, spostando la macchina fotografica sul comodino e perdendosi di nuovo in quella bocca perfetta e in quel corpo di porcellana.

 

“Hyung guarda!”

Minho si riscosse dai suoi pensieri, pieni di diavoli tentatori dai capelli biondi (gli ci era voluto ben poco per capire che di angelico quel ragazzo non aveva niente) e del calore delle loro mani intrecciate all'interno della tasca del suo cappotto, nascoste alla vista e al giudizio degli altri, e cercò di capire cosa indicasse l'altro mentre continuava a saltellare sovreccitato.

Non gli ci volle molto in realtà: gli bastò alzare lo sguardo sul negozio dall'altra parte per riconoscere la gigantografia di uno dei suoi scatti di Taemin in vetrina, bello come il sole sotto la luce dei faretti.

“Mmm non so se sei uscito bene in quella foto” lo prese in giro il più grande e l'altro incrociò all'istante le braccia al petto mostrando un adorabile broncio che lui avrebbe tanto poter baciare via.

“Quelle ragazze pensano di si invece” ribatté indicando con il capo il gruppetto di adolescenti ferme davanti alla vetrina che ridacchiava, palesemente impegnate ad ammirarlo, e il fotografo non poté non sentire una punta di gelosia verso il suo modello preferito, provando l'improvviso impulso di nascondere tutte le sue foto e tenerle gelosamente per sé.

Non ne aveva il diritto però e lo sapeva bene perché non solo quello era lavoro, per lui come per il più giovane, ma in fondo loro due erano ancora un qualcosa di indefinito che la sua mente si rifiutava di catalogare anche dopo due mesi di incontri a casa di uno o dell'altro, allo studio così come all'accademia, ma mai fuori dai loro ambienti chiusi e protetti se non per quelle brevi passeggiate per recarsi da un posto all'altro.

“Scherzavo lo sai...” gli diede un buffetto sulla guancia ma diversamente da quello che si aspettava Taemin si scostò, diventando se possibile ancora più serio e pensieroso mentre riprendevano a camminare verso il suo appartamento.

Minho non l'aveva mai visto così, ormai abituato alla sua energia contagiosa o alla sua malizia ma di certo non a quell'espressione totalmente priva della sua solita allegria e vitalità, e non poté fare a meno di osservarlo preoccupato nel seguirlo in silenzio, provando a lasciargli il suo spazio.

Che si fosse davvero offeso? Non gli sembrava di aver detto niente di che, scherzava e basta e il ballerino avrebbe dovuto saperlo visto e considerato quante ore aveva perso a ripetergli quanto lo trovasse stupendo. Inoltre, ogni qualvolta che si erano ritrovati a scherzare e l'aveva preso in giro in quel modo, solitamente nudi e ancora a letto o seduti davanti a una cena da asporto a ridere, il più piccolo l'aveva sempre presa con leggerezza, fingendosi offeso più che essendolo davvero e mettendo su un espressione adorabile, le guance gonfie e le labbra all'infuori, che spariva subito con un bacio. Che cosa poteva esserci oggi di tanto diverso?

Taemin si bloccò davanti al portone di casa propria e invece di aprire come l'altro si aspettava si mise a giocare con le chiavi a testa bassa e con un'espressione insicura che poco si intonava con quel sole solitamente sfacciato e impertinente.

“Hyung...”
“Va tutto bene?” chiese allora il fotografo prima che l'altro continuasse a parlare, non riuscendo ad impedirselo, ma stringendo le mani nelle tasche per bloccarsi dal prenderlo tra le braccia e baciarlo fino a farlo tornare il suo solito Taemin sorridente.

“Hyung io e te cosa siamo?”

Quella domanda improvvisa lo colpì con l'impatto di una secchiata gelida.

Taemin aveva sempre questo talento per le domande scomode, quelle che lo facevano sentire confuso e a cui non trovava le parole adatte per rispondere, e anche questa, sebbene avrebbe dovuto aspettarsela prima o poi, in quel momento, sotto il portone di casa e con quello sguardo così serio che lo inchiodava sul posto, lo colse di sorpresa e lo lasciò spiazzato e con la lingua annodato.

Aprì la bocca senza dire una parola, la mente completamente vuota, e bastò quello, quei 30 secondi di panico totale che gli si leggeva chiaramente in viso per far irrigidire il ballerino.

“Ho capito”

Non disse altro, si voltò dandogli le spalle ed aprì il portone, sbattendoselo dietro subito dopo e lasciandolo lì come un idiota a fissare il punto in cui l'altro era sparito, per niente sicuro di cosa quello che era appena successo volesse dire.

 

Due settimane.

Erano due settimane che non vedeva Taemin e credeva di stare per impazzire, sentendosi come in crisi d'astinenza da quel ragazzo che ormai per lui era diventato la sua droga, la sua musa e quel qualcosa di più che non sapeva definire che lo faceva stare meglio dopo una giornata pesante.

La sua droga però non rispondeva al citofono o al telefono da due settimane, non era nell'aula 29 quando era passato all'accademia e lui aveva esaurito i posti dove cercarlo e si sentiva terribilmente stanco.

E idiota, soprattutto idiota, perché l'unico motivo per cui l'altro era sparito dalla sua vita velocemente come c'era entrato era che lui era un coglione di dimensioni epiche e aveva rovinato una delle poche cose belle che gli erano capitate in vita sua.

Ormai non sapeva neanche più se valeva la pena di insistere, sicuro che il modello non volesse più avere nulla a che fare con lui, ma nonostante questa convinzione non riuscì a impedirsi di allungare la strada dallo studio a casa sua, quella sera, passando per il palazzo dell'altro.

Suonò il campanello e aspettò come al solito un paio di minuti, sentendo il groppo alla gola farsi sempre più consistente man mano che passavano senza nessun segno di vita dal citofono, e quando si voltò sconsolato per andare via e tornare al suo appartamento per l'ennesima serata a fare zapping alla tv per poi crollare sul divano o a guardare le foto di quel ragazzo senza stancarsi mai finì per sbattere contro qualcuno, buttandolo a terra.

“Scusa, ti sei fatto male?”

Il ragazzo dai capelli neri, quasi bluastri, raccolse le sue cose a testa bassa, senza rispondere, prima di alzare lo sguardo e fargli mancare il respiro.

I capelli scuri e più lunghi e mossi l'avevano tratto in inganno ma ora che lo vedeva in viso, quei tratti delicati che aveva studiato ogni giorno in quelle due settimane ma che gli erano mancati come l'aria, si chiese quanto la sua mente dovesse essere confusa per non riconoscere istantaneamente quel fisico sottile e aggraziato, anche se ormai fasciato da un cappotto pesante e una sciarpa colorata, segno dell'arrivo di dicembre.

“Che ci fai qui?” il tono con cui aveva parlato era freddo come l'aria intorno a loro ma Minho ormai lo conosceva bene e poteva riconoscere lo sguardo ferito che aveva negli occhi e quel suo mordersi il labbro inferiore come segno di nervosismo al solo averlo lì di fronte.

“Mi mancavi” ed era riduttivo dire così ma lui era bravo a scattare foto non a parlare, taciturno com'era sin da bambino, e non riusciva neanche a provare a spiegare quella sensazione di vuoto che aveva provato in tutti quei giorni, senza quel sole a ravvivare la sua esistenza monotona, troppo spaventato per ammettere quello che aveva capito in due settimane solo con sé stesso.

Taemin sorrise appena, un sorriso amaro e ben diverso da quelli aperti e luminosi che gli aveva sempre visto in volto, e si rimise in piedi ignorando la sua mano tesa.

“Ti sono mancato io o il sesso?”
“Taemin...” sospirò, provando a cercare le parole che non riusciva a dire ma l'altro scosse la testa e si diresse verso il portone, aprendolo e lanciandogli un ultimo sguardo triste.

“Ci vediamo hyung”

 

Nevicava quella sera e se fosse stato un altro periodo della sua vita Minho sarebbe stato entusiasta di andare al parco e godersi la sensazione dei fiocchi che scendevano leggeri dal cielo fino ad imbiancare tutto, felice come un bambino a scattare foto al cielo e al prato sempre più candido.

Invece, in quel momento, tutto ciò che sentiva era freddo e una sensazione di fastidio verso quei cristalli di neve che gli si scioglievano addosso. La macchina fotografica era rimasta nello studio come in tutta la precedente settimana, ora che aveva perso la voglia di fare fotografie solo per il gusto di immortalare ogni cosa che vedeva qualcosa di bello o che forse non riusciva proprio più a trovare la bellezza nelle cose, non in quell'inverno che invece di riempire la città dell'eccitazione delle feste incombente l'aveva spenta, togliendogli ogni traccia di vitalità.

Una parte di lui sapeva che il problema non era né l'inverno né nient'altro di esterno al suo personale malumore che oscurava tutto il resto.

Era diventato così cieco che notò la figura seduta sui gradini del suo portone solo quando ci si trovò davanti e fu come un pugno allo stomaco trovarlo lì e trovarsi ancora una volta senza le parole adatte per riprenderselo.

Eppure era lì, riuscì solo a pensare.

Nonostante lui fosse un idiota e avesse rovinato tutto senza riuscire neanche a scusarsi quando ne aveva avuto l'occasione, Taemin era seduto lì fuori da casa sua, sotto la neve, tremante dal freddo e con dei minuscoli fiocchi di neve incastrati tra le ciglia lunghe che gli fecero di nuovo desiderare di potergli scattare un centinaio di foto da ogni angolazioni possibile come ogni volta che erano assieme.

Il ballerino si alzò e gli fece segno di aprire e quando lui obbedì lo seguì fino al tepore familiare del suo appartamento, dirigendosi in salotto con una naturalezza tale che al fotografo venne quasi da sorridere.

Lui non lo seguì, andò in cucina, preparò due cioccolate calde e solo dopo aver finito ed aver osservato con un sorriso intenerito il più piccolo stringere la tazza con entrambe le mani per scaldarle e bere un lungo sorso si sedette al suo fianco, senza dire una parola.

Fu il ballerino a interrompere quel silenzio, lo sguardo fisso sul tavolino da caffé davanti a sé dove stavano sparpagliate ancora le sue foto dove l'altro le aveva abbandonate, mischiando gli scatti seri ed impostati del servizio a quelli più naturali di lui su quello stesso divano che rideva, lui che dormiva nel proprio letto mezzo nudo, ai suoi occhi scuri e tanti altri.
“Dicevi sul serio?” e come sempre Minho non ebbe bisogno di altre parole per capire che cosa intendesse e per una volta trovò il coraggio di rispondere e poggiargli una mano sulla gamba per farlo voltare verso di sé.

“Lo sai che mi sei mancato”
Taemin lo osservò a lungo, studiandolo attentamente e lasciandosi sfuggire un sorriso appena abbozzato, stavolta vero e vivo anche se ancora cauto.

“Anche tu”

Bevve ancora un sorso di cioccolata nascondendo le guance rosse dietro la tazza e quando risollevò la testa il più grande ridacchiò.

“Sei sporco di cioccolato”

“Dove?”

L'ex biondo si leccò le labbra cercando di trovare il punto incriminato ma Minho lo bloccò, prendendogli il viso tra le mani e pulendolo con il pollice.
“Proprio qui” e nonostante sapesse che c'era ancora tanto da chiarire e di cui parlare si chinò e lo baciò, prendendo per la prima volta fiato dopo settimane.

 

“Niente foto oggi?” chiese Taemin interrompendo il silenzio, la testa poggiata sul suo petto, praticamente sdraiato su di lui sul divano troppo piccolo per starci sdraiati in due (“Soprattutto se uno dei due è un gigante” come gli aveva fatto notare il ballerino).

Eppure nessuno dei due sembrava minimamente interessato a muoversi e da quando avevano smesso di baciarsi, dopo quelle che sembravano ore, erano stati semplicemente così senza dire niente, stretti l'uno all'altro a volersi provare quanto avevano sentito la mancanza del tempo passato assieme.

“Non ho la macchina fotografica”

“Come mai?” l'altro lo guardò curioso e Minho passò una mano tra quei capelli bluastri a cui ancora faticava ad abituarsi. Certo, era sempre Taemin ed era sempre stupendo ma sentiva la mancanza del suo sole luminoso.

“Non mi andava molto di fare foto in questi giorni...mi mancava la mia musa” strofinò il naso contro la sua tempia facendolo ridere e il fotografo si sentì finalmente completo.

E, realizzò quando il ragazzo ancora sorridente sollevò la testa per guardarlo negli occhi, pronto.

“Ho una risposta”
“A cosa?” il ballerino lo guardò incuriosito, non capendo o fingendo di non capire a quale delle sue domande si riferisse.

“A cosa siamo noi”

Taemin si morse il labbro e si sollevò ancora di più per osservarlo meglio.

“Cosa?”

Minho sorrise.

Avrebbe potuto dire che era davvero la sua musa e la sua ispirazione.

Avrebbe potuto dire che era il suo sole e che gli illuminava le giornate, riempendole di gioia.

Avrebbe potuto dire che era quella cosa che aveva cercato per tutta la vita per stare meglio, quella persona da cui voleva tutto e a cui voleva dare tutto, sempre.

Invece, gli accarezzò una guancia, sentendola scaldarsi e arrossire appena sotto il suo tocco, gli occhi scuri del suo modello preferito che brillavano, e disse solo:

“Ti amo”

  
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