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Autore: Eneri_Mess    14/02/2017    1 recensioni
Shiro osservò l’immensa voluta di fumo innalzarsi e allargarsi, inglobando metro dopo metro la foresta. Dall’alto della corvette ancora in discesa, quella massa gli sembrò prima un mostro e poi il residuo di un incubo.
Una mano si poggiò sulla sua spalla, distraendolo dal pensiero che di lì a poco sarebbero penetrati tra le fauci di quell’ammasso impalpabile. Nei suoi diciannove anni, Takashi Shirogane guardò negli occhi Albus Galma, il proprio Maestro, e comprese ancora prima che egli aprisse bocca.
« Stai indugiando, mio padawan? »
[Star Wars!AU]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Fanfic per la seconda settimana, prima missione, del COW-T
Prompt: Incertezza
N° parole: 4.486
Attenzione: Spoiler/Headcanon sulla Seconda Stagione di Voltron!

Due parole per dire che la spirale di questa storia al momento scorre potente in me, che mi scuso con i puristi di Star Wars per aver peccato ed essermi inventata cose, e che ci vuole più Voltron per tutti. Le note serie le trovate in fondo <3 Buona lettura!




 
Good people are like candles
they burn themselves up to give others light
 

 
I never meant to cause you any sorrow
I never meant to cause you any pain
I only wanted to one time to see you laughing
I only wanted to see you
Laughing in the purple rain

[Purple Rain – Prince]
 
 


 
Shiro osservò l’immensa voluta di fumo innalzarsi e allargarsi, inglobando metro dopo metro la foresta. Dall’alto della corvette ancora in discesa, quella massa gli sembrò prima un mostro e poi il residuo di un incubo.
Una mano si poggiò sulla sua spalla, distraendolo dal pensiero che di lì a poco sarebbero penetrati tra le fauci di quell’ammasso impalpabile. Nei suoi diciannove anni, Takashi Shirogane guardò negli occhi Albus Galma, il proprio Maestro, e comprese ancora prima che egli aprisse bocca.
« Stai indugiando, mio padawan? »
Inevitabilmente, Shiro fu di nuovo attratto da quel fumo infausto che condivideva il colore viola delle pacifiche aurore boreali di Lilena.
Prese un respiro profondo.
« Siamo arrivati tardi, non è così? »
Anche il più grande rivolse l’attenzione oltre l’oblò. Una virata li costrinse ad aggrapparsi alle stringhe del soffitto.
« Siamo arrivati tardi » convenne il Maestro Galma senza nascondere una nota di compassione. « È una lezione anche questa, Shiro. Essere testimoni di ciò che resta per non dimenticare »
« Cadaveri? » si lasciò sfuggire accorato, scusandosi un attimo dopo.
« Quando il resto sembra perduto, sul fondo del vaso rimane la speranza, giovane padawan. Ed ella ci abbandona per ultima. Non si tratta solo di un blando modo di dire » Galma venne interrotto dagli autoparlanti della nave, da cui il capitano annunciò l’atterraggio imminente. « Ora sgombra la mente » un ordine a cui Shiro rispose drizzando le spalle. L’uomo lo gratificò con una smorfia bonaria « Preparati a sentire e basta. Lascia che la Forza ti guidi ovunque voglia che tu vada »
L’adolescente lo fissò disorientato e l’altro scoppiò in una breve risata.
« Senza farti ammazzare, sottinteso. Laggiù ci saranno ancora i fautori di questo attacco e gli anziani al Tempio potrebbero farmi una ramanzina di giorni se ti perdo in una missione del genere. Ripongono più fiducia in te che nei miei quarant’anni di onorata carriera. Cerchiamo quindi di non deluderli »



 
La superficie di Tranmar bruciava.
Attraverso la suola degli stivali Shiro poteva avvertirne il calore, poteva sentire il dolore di una madre che perde i figli. Erano giunti al villaggio centro dell’attacco e i corpi degli autoctoni, una razza longilinea somigliante a una mantide azzurra, erano a decine.
Germogli bluastri stavano sbocciando intorno ai cadaveri, sviluppandosi in sottili steli e liane, arrampicandosi lentamente su gambe e braccia, intorno alla testa, sulla linea degli occhi, celando le pupille cieche dei morti. La terra gemeva, tremava appena, affossandosi intorno alle figure inerti. Il padawan fece un passo indietro, gli occhi spalancati dallo sgomento e gocce di sudore freddo gli marcarono i lineamenti del viso.
« Non abbassare la guardia, Shiro » lo spronò il Maestro, scandagliando il villaggio distrutto.
« Quelle piante… cosa stanno…? »
« Su Tranmar il ciclo della vita inizia e finisce con la loro terra. Non è il momento dei dettagli e neanche di soffermarsi su di loro. Dove vedi quei germogli non troverai qualcuno da aiutare. Tuttavia… » il suo sguardo si assottigliò mentre superava l’apprendista. « Di là, lo senti? Shiro »
Il giovane riuscì a fatica a deviare lo sguardo da quel macabro funerale che si stava consumando tutt’intorno. Ritrovò la concentrazione e percepì l’armonia della Forza intaccata da una sensazione sgradevolmente famigliare. Più istintiva che veritiera.
« Galra » accusò con acredine nella direzione in cui si stava dirigendo l’altro Jedi.
« Adagio Shiro, e spada alla mano. Andiamo a vedere »
Costringendosi a respirare per mitigare l’ondata di turbamento, il ragazzo mosse un passo, quando la Forza vibrò di nuovo dentro di lui. Si era già voltato verso un altro lato del villaggio, paralizzato. Poi una voce gli parlò direttamente in testa.
… aiuto...
… vi prego!
Aiutateci!
« Shiro vai » ordinò il suo Maestro, accompagnando le parole con un gesto veloce. « Vai. Sei ancora in tempo. Ti raggiungo appena avrò sistemato gli altri »
Si divisero senza ripensamenti.



 
La corsa nella foresta fu frenetica. Shiro tenne stretta l’impugnatura della light saber ed espanse i suoi sensi oltre i limiti di cui si era sempre sentito capace. Cercò, frugò nella boscaglia, attese che la Forza, e l’istinto, gli indicassero la strada verso quella voce che riecheggiava suppliche di aiuto nella sua testa .
Gli alberi dai tronchi indaco si diradarono e una radura circolare si aprì dinanzi a lui. Il sole bianco di Tranmar era lambito dal fumo della foresta che bruciava. Al centro dello spiazzo si inalzavano monoliti a formare un semicerchio, di una pietra ossidiana puntinata di frammenti luccicanti, come le stelle lontane dell’universo. Il terreno lì era ricoperto di grandi margherite di un profondo blu oceano, ma la bellezza e la sacralità del luogo erano state insozzate dal sangue. Schizzi freschi ancora gocciolavano dai petali. Orme grandi, scomposte e di fretta avevano lasciato un sentiero tra i fiori.
… qualcuno…!
Shiro rizzò la testa, guardandosi intorno. Sei ancora in tempo aveva detto il Maestro Galma, ma se non avesse trovato la fonte della voce sarebbe stato tutto inutile.
Colpi di blaster, frullii di ali e starnazzi. Shiro corse dove vide gli uccelli gialli di Tranmar levarsi in un volo sgraziato e agitato. Prima che se ne rendesse conto aveva già la spada laser attiva in mano, un grido di battaglia in gola e la schiena di un Galra presa di mira.
L’effetto sorpresa durò il minimo, ma non gli importò. Il primo soldato non poté nulla, se non voltarsi all’imminente attacco e soccombere al plasma viola del padawan.
Shiro ebbe pochi secondi per valutare la situazione quando un’elettroasta bloccò la sua spada costringendolo a indietreggiare di un passo. C’erano almeno altri sei Galra, tutti a capannello intorno a qualcosa. O qualcuno, come notò di sfuggita.
« Cosa fa qui un cucciolo di Jedi!? » ringhiò il soldato che lo stava affrontando. Come tutti quelli della sua specie era alto e possente. L’estremità dell’asta che teneva testa al plasma aumentò di potenza e Shiro dovette forzare parecchio per non soccombere all’impasse, soprattutto quando notò come il resto della forza nemica lo stesse ignorando, dandolo già per sconfitto.
Acquietando il ruggito che avrebbe voluto irrompere dal fondo del petto, il giovane fece appello alla Forza per sbalzare indietro il suo opponente e guadagnare tempo e terreno. Un altro Galra si staccò dal gruppo per affrontarlo a mani nude. Shiro non era tipo da vantarsi, sentimento ostile all’equilibrio di un Jedi, ma non avrebbe tirato molto per le lunghe uno scontro del genere. I tremori che percepiva nella Forza provenivano dal punto accerchiato dai soldati, come la voce nella testa. Solo in quel momento si accorse che erano due fattori distinti… due richieste d’aiuto.
Il Galra lo attaccò e fu inarrestabile. Eccezionalmente veloce e scattante, nonostante Shiro potesse quasi prevedere dove lo avrebbe colpito, accadde tutto in un battito di ciglia. Gli artigli squarciarono la veste e la pelle, dalla spalla al petto, facendolo gridare dal dolore e intontendolo abbastanza perché con un pugno venisse scaraventato contro uno dei tronchi indaco, sbattendo la testa. Rimase senza fiato per un tempo più che sufficiente a ucciderlo se qualcosa non avesse distratto il suo aggressore.
« Non yllgen kel-stenza! » sbraitò qualcuno e Shiro scosse la testa, tastandosi la zona della tempia. Le dita si macchiarono di sangue caldo. Un leggero fruscio all’interno dell’orecchio gli fece capire che il suo traduttore simultaneo era stato compromesso.
« Tradit-gnt ran gemq toq! Gathor Zarkon ha piet-gw dim ke! »
« Torq wat! »
Shiro udì un tono molto diverso. Rabbioso, incisivo, femminile. Ignorato, il padawan riuscì a rialzarsi e a intravedere finalmente chi avesse tutta l’attenzione dei soldati invasori. Era graffiata sul viso e indossava la tunica degli abitanti di Tranmar, squarciata e sporca di sangue, ma il peculiare manto viola, le orecchie feline e gli occhi topazio del popolo dei Galra resero inconfondibile le origini della donna. Lottava e si divincolava dalla presa dei soldati senza demordere dall’aggredirli.
« TORQ WAT! » gridò ancora. I suoi artigli si avventarono contro il viso di uno degli aggressori, troppo lento per pararla, ma altri si mossero a immobilizzarla. Fu in quel momento che il suo sguardo incrociò quello dell’apprendista Jedi che rimase col fiato sospeso. Non capì perché, ma per la prima volta un volto Galra non gli provocò ostilità, odio. Gli occhi di quella donna, privi di iride e pupilla, si piantarono a chiedere aiuto nei suoi.
« Non per-likav dimal! Ty mar innoccente! Myr truscow! Hajak myr truscow! »
Shiro scattò di nuovo spada alla mano. Lo scontro stavolta fu una sequenza senza indugi o resistenze. Quando uno dei compagni perse un braccio, gli altri Galra lasciarono perdere la donna per concentrarsi unicamente sull’apprendista Jedi. Takashi tenne testa a tutte le elettroaste tentando di non lasciarsi mai immobilizzare o spingere in un angolo, reprimendo il dolore alla spalla. Nella confusione riuscì solo a vedere la donna Galra afferrare un fagotto tra le braccia e correre via.
… grazie...
« Ferm-tark! Gon tyrl nruet! »
Shiro non era né una minaccia né una reale preoccupazione per loro. Lo comprese da come due fecero dietro front per gettarsi all’inseguimento della donna, tanto importante da essere il motivo di quell’assalto.
« Per quale ragione avete attaccato Tranmar!? » ruggì Shiro riuscendo a tagliare a metà una delle aste e buttare a terra inoffensivo il suo possessore. Il Galra disarmato che lo aveva ferito nello scontro precedente si avventò di peso su di lui; il ragazzo piroettò su se stesso e gli sfuggì per un soffio e appena un graffio sul collo, aprendogli il fianco con la spada laser. Strinse i denti, rimettendosi subito sulla difensiva quando l’ultimo nemico rimasto lo costrinse a parare colpi su colpi, spingendolo ad arretrare.
« Gon julket mar! » ringhiò l’aggressore e Shiro comprese che il traduttore era definitivamente fuori uso. « Gerja kkin merqim, quar da Jedi! » ma per l’ultima frase non gli ci volle molto a intuire che fosse un insulto.
Un impedimento sul terreno non giocò a suo favore. Inciampò e vide il resto a rallentatore. Il ghigno vittorioso del Galra, le sue braccia che impugnavano l’arma Melee per calarla puntandola al centro del suo petto come una daga. Shiro serrò gli occhi.
L’urlo animalesco che lacerò la quiete compromessa di Tranmar si estinse di colpo. La schiena del padawan non toccò mai il terreno, ma finì tra le braccia del suo Maestro. La spada laser di Galma era rivolta dal basso verso l’alto, conficcata per metà nel torace del Galra; il polso rigido e fermo del Jedi la teneva in posizione senza che gli costasse alcuna fatica nonostante il peso del nemico.
« Racta... da…. Gathor Zarkon... » furono le ultime parole udite da Takashi.
« Speriamo proprio di no » brontolò il Maestro. Annullò il laser dell’arma e il corpo esanime del Galra piombò sul terreno di fianco a loro. Pochi istanti e i germogli di Trenmar cominciarono a spuntare tutto intorno al nemico e imbrigliare il suo corpo esanime.
« Quale parte di tornare tutto intero al Tempio non hai recepito, mio avventato padawan? » riprese l’uomo controllando la ferita dell’apprendista; gli strappo un gemito tastandogli i lembi laceri di casacca e pelle. Tuttavia Shiro aveva altro per la testa. La voce e le onde nella Forza che aveva percepito fino a quel momento si erano quietate di colpo e ciò non gli piacque.
« Ci sono ancora due soldati Galra, Maestro. Stavano inseguendo... » troncò la frase quando gli sembrò di mettere a fuoco per la prima volta le fattezze dell’aliena e stentare a crederla reale « ... stavano inseguendo una donna della loro specie »
La fronte aggrottata, Galma lo rimise in piedi e non ci fu verso di controllargli meglio il danno alla spalla. Shiro si precipitò di impulso nel folto della foresta e il mentore gli fu al seguito, più ordinato di lui nel muoversi.  
« Non è mia intenzione mettere in dubbio la tua capacità di riconoscere una donna… » iniziò il Maestro Jedi e l’apprendista lo udì appena. « Ma sei sicuro si trattasse proprio di una femmina Galra? Shiro? »
« Indossa una tunica Tranmariana, ma il resto di lei… il volto, la fisionomia, ha tutti i caratteri dei Galra » replicò sovrappensiero cercando di estendere i propri sensi oltre il dolore della ferita. Nella sua mente nessuno stava più chiedendo aiuto e Shiro si rifiutò di crederlo. Era un pensiero egoistico, uno di quelli che avrebbe dovuto allontanare, ma il modo in cui sia la voce sia la Forza avevano vibrato in lui lo avevano turbato, abbandonandolo come se la corda a cui si reggevano gli fosse sfuggita di mano.
Il suo mentore lo afferò per la manica, fermandolo.
« Controllati Shiro. Ti stai lasciando… sconvolgere »
Il padawan non si sotrasse alla presa, nonostante il suo cuore battesse per riprendere la marcia.
« Io… mi stavano chiedendo aiuto » disse, senza sapere se suonasse come una giustificazione o se si stesse scusando per un compito a cui non era riuscito ad adempiere. Si sentiva confuso e allo stesso tempo sicuro di quello che voleva fare.
« Ti? La donna Galra ti ha detto qualcosa? E chi altri? »
« Non lo so… non sono riuscito a capire, il traduttore simultaneo si è danneggiato »
Galma lo afferrò per entrambe le braccia nell’intento di tenerlo concentrato.
« Va bene Shiro. Mantieni la calma e andiamo avanti »
Scandagliarono la foresta seguendo segni confusi, deviazioni improvvise, segni di lotta finché non trovarono tracce di un veicolo. Nello stesso momento la trasmittente del Maestro trillò e dall’altra parte il capitano della spedizione li ragguagliò sulla loro situazione.
« Capisco. Sopravvissuti? … E le navi Galra? … sì, ho capito. Aspettateci al punto d’incontro » chiuse le comunicazioni e lo sguardo che rivolse al suo padawan non annunciò nulla di positivo. « La missione è finita. Hanno avvistato una starship da ricognizione Galra lasciare l’atmosfera poco fa, non lontano da qui. Posso supporre che a bordo ci sia la donna che hai visto. Mi dispiace »
Shiro riuscì ad assentire dopo qualche secondo; accettò la realtà spingendola forzatamente giù per la gola per una questione di dovere. Non c’era più nessuna richiesta di aiuto a risuonargli dentro, ma solo il silenzio di essere arrivato troppo tardi.
Non era la sua prima missione. Aveva perso il conto molto tempo prima, e non sempre erano riusciti a salvare chi ne aveva bisogno, soprattutto per colpa dei Galra; perciò non capì davvero il senso di perdita che gli stava pensando sullo sterno, sui pensieri, sulla stessa volontà. Il suo credo Jedi stava vacillando senza che venisse a capo di una ragione plausibile.
« Facciamo ritorno, Shiro, avanti »  
Il padawan annuì, ma non finì di muovere il primo passo che una vergenza nella Forza lo arrestò.
« Maestro…! »
« , da quella parte »
Affrettarono il passo ma non dovettero andare troppo lontani. In terra, inconfondibile l’erba blu, trovarono una coperta rossa ricamata con i simboli della tribù sterminata di Trenmar e macchiata di sangue violaceo e vermiglio. Un dettaglio quest’ultimo fuori luogo per i nativi e i nemici in cui si era imbattuti.
« La donna Galra era scappata con questa tra le braccia » riferì Shiro, stringendola tra le mani. Il suo mentore annuì distrattamente, esaminando una delle enormi querce indaco della foresta; gli fece cenno di raggiungerlo sulle radici nodose che spuntavano dal terreno. Aggrovigliate, di un gradiente più vicino al blu da ricordare i cavalloni del mare, erano abbastanza grandi da potercisi nascondere.
L’interferenza nella Forza si acquietò in Shiro quando riconobbe la fonte da cui proveniva. Un ragazzino dai capelli neri, sporco di terra bluastra e vestito come un Tranmariano, era rannicchiato nell’antro formato da alcune radici. Se la sua pelle fosse stata azzurra come quella degli autoctoni si sarebbe mimetizzato col resto senza essere notato. Tuttavia, la sua epidermide era rosa e le sue fattezze lampanti.
« È umano » la constatazione sfuggì a voce alta dalla bocca di Shiro.
« Oggi le tue osservazioni sono sorprendenti, mio acuto padawan » lo prese in giro Galma, chinandosi a esaminare il piccolo. « Non avrà più di sette, otto anni, e sembra ferito solo alla testa… e sì, il suo sangue è innegabilmente rosso » gli prese il mento con le dita, voltando con delicatezza il viso verso di loro. « Respira, ha solo perso conoscenza »
Attento a non fargli ciondolare troppo la testa se lo caricò tra le braccia. Il bambino non reagì a nulla e Shiro lo fissò in apprensione.
« Starà bene? »
« Se ci diamo una mossa sì » non mancò di ironizzare il Maestro, per poi fissare con orgoglio il proprio padawan sconvolto dalla battaglia. « Da come ci ha chiamati qui non credo abbia intenzione di andarsene ora che lo abbiamo trovato. È merito tuo se questa giovane vita è ancora tra noi. Ben fatto »
Shiro era stanco e intontito. Fissava il ragazzino, ripensava a quella donna Galra rapita e avvertiva che c’era stato un cambiamento dentro di sé. Dove, come o perché non gli era chiaro. Quando l’adrenalina iniziò a scemare, si spensero con essa anche le incertezze, soppiantate dal dolore alla spalla.
« Avanti, ci aspetta una lunga traversata verso casa e voglio che un drone medico ti ricucia prima di mettere piede al Tempio »



 
Il silenzio nello spazio aveva sempre il sentore dell’attesa. A bordo di un’astronave in transito da un pianeta all’altro il passatempo era meditare, osservando il nero dell’universo e i bagliori puntiformi delle stelle.
A Shiro non era mai dispiaciuta quella profondità senza suoni e quella quiete assoluta. Erano i momenti in cui sentiva di poter lasciare la mente espandersi, senza una meta interiore tra passato, presente e futuro; senza soffermarsi su nulla di particolare ma solo ascoltare, aprirsi all’armonia della Forza e percepirla nel pizzicare le corde dell’esistenza in un adagio composto da assenze di suoni e presenze.
Tuttavia, i suoi occhi quella volta non stavano scrutando l’universo, ma il corpo di un bambino che ancora non aveva ripreso conoscenza. Sospeso su uno dei lettini dell’infermeria, sotto le cure di due droni che si avvicendavano a spirale intorno a lui, il fanciullo non aveva ancora dato segni di ripresa.
Shiro era rimasto in attesa al di là della grande parete di vetro, ricercando con un’ostinazione per lui nuova la stessa vibrazione nella Forza che era certo fosse arrivata da quel bambino durante la missione su Tranmar.
Non era stata la sua voce, quell’Aiutatemi nella sua testa, a guidarlo nel folto del bosco; le onde nel suo equilibrio, di nuovo sopite, invece era certo provenissero da lui. Quello di cui non si capacitava era come avesse fatto a causa dell’incoscienza in cui versava da diverse ore, da prima che loro atterrassero, stando alle analisi mediche.
« L’ossessione, mio assorto padawan, è una delle tante vie verso la perdizione » asserì il suo Maestro, apparendogli al fianco. Nonostante la giocosità nella frase, stando alle rughe sulla sua fronte qualcosa lo impensieriva.
Shiro cercò di sorridere, per la prima volta da quando avevano risposto alla richiesta di emergenza su Tranmar.
« Secondo la Maestra Valora, anche il vostro intrattenervi a chiacchierare con le ragazze della servitù è una via sicura verso la perdizione »
L’uomo lo fissò inarcando un sopracciglio e un angolo della bocca.
« La tua capacità nel controbattere sta migliorando o ci sono ancora guizzi di adrenalina in te? » nicchiò, per poi battergli una mano sulla spalla sana. « Comunque, quella della Maestra Valora è gelosia, un peccato assai grave quanto piacevole, nella giusta dose. Quando è imbronciata sono le volte in cui rimpiango di essere un Guardiano della Pace e della Giustizia »
Il tono andò in calando, come anche lo sguardo; si fece più attento nello squadrare il bambino che avevano salvato e tutto ciò non sfuggì all’apprendista.
« C’è qualcosa che non va, Maestro? »
« Diverse cose. A cominciare dal significato di quanto successo » replicò. « Una femmina Galra e un bambino umano insieme in una tribù Tranmariana. Nulla in questa affermazione ha un senso logico »
Ogni parola riportò nella mente di Shiro le immagini di poche ore innanzi, con una vividità ancora amara. Ciononostante, la calma era tornata preponderante in lui, permettendogli di ragionare lucidamente.  
« Siete rimasto sorpreso quando vi ho riferito della donna »
« Lo sono tutt’ora » replicò, passandosi le dita sopra e sotto le labbra e poi nella barba del pizzetto. Era un gesto che il padawan aveva imparato a riconoscere quando indugiava su questioni spinose. « Da quando hai memoria, in quante Galra di sesso femminile ti è capitato di imbatterti?»
La risposta gli balenò tanto concisa quanto lampante. Il suo tentennamento bastò al mentore per proseguire.
« Nessuna » e non ci fu retorica a rendere il tono meno cupo. « Mi è capitato solo una volta di poterne vedere una e ti parlo di, credo, dieci anni fa, al Senato. Si trattava della compagna di Zarkon » un nome, uno scuotere la testa, una lama piantata dolorosamente e metaforicamente nel fianco. « Un vero peccato che i Galra siano quello che siano, perché quell’unica donna sfoggiava una bellezza e una fierezza in cui difficilmente ci si imbatte una seconda volta nella vita »
« Maestro…? »
« Quello che intendo è che le femmine Galra sono assai rare. Chiamalo maschilismo, chiamala strategia di guerra, ma nei secoli il loro numero si è drasticamente ridotto a favore di nascituri maschi per le fila dell’esercito »
Un pessimo senso di disagio si attorcigliò alla bocca dello stomaco di Shiro.
« Come? » e continuò ad ascoltare principalmente per senso del dovere.
« Genetica, al novanta percento. Manipolare un feto è tanto criticabile quanto possibile, ma noi della Repubblica, con un esercito di cloni al servizio, non possiamo permetterci tutta questa libertà di parola. E dato che l’etica non è propriamente una materia per i Galra, non credo pontifichino su decisioni simili »   
« E il restante dieci per cento? »
« Una trascurabile quanto sognante opinione personale per cui la Forza ci stia aiutando dall’interno a stroncare l’Impero, dando sì a Zarkon i soldati che vuole, ma privandolo di decennio in decennio dei ventri in cui procrearli »
« È… » a Shiro non venne un termine appropriato, non con la bile a risalirgli l’esofago.
« Deplorevole? Condannabile? È Gathor Zarkon, non un Separatista qualsiasi o una gilda di mercanti scontenta che allestisce un esercito di androidi personale per baccagliare contro un singolo pianeta »
Galma si fermò quando notò un leggero contrarsi delle palpebre nel bambino. Sia lui che il suo apprendista rimasero in attesa, ma null’altro accadde.
« Comunque, sono entrambe teorie prive di fondamento, soprattutto la mia. Una terza opzione è che sfrutti anche lui la clonazione, ma non ci sono prove. Finché il Senato temerà ritorsioni dall’Impero Galra e continuerà ad accettare le fantasiose giustificazioni messe in piedi dai loro senatori per coprire attacchi come quello di oggi, qualsiasi idea sarà vera e falsa allo stesso tempo. La Repubblica eviterà l’opzione della guerra fin oltre il sopportabile, perché la realtà è che anche il più rispettoso e giusto dei pianeti preferirà allearsi con i Galra piuttosto che farsi distruggere »
Shiro era a bocca aperta, confuso sia dalla frustrazione che percepiva, sia dal discorso disfattista. Stentò a credere che tanta rassegnazione trapelasse dal proprio Maestro.
« Ma gli Altean? Re Alfor non permetterebbe mai una cosa del genere »
Il Maestro lo occhieggiò con una smorfia amara.
« Mio padawan, sono queste tue affermazioni candide che mi frenano dal proporre la tua nomina a Cavaliere. Devi limitare l’ingenuità. Re Alfor è un faro di speranza, posso concedertelo, e di certo sarebbe il primo a capeggiare una battaglia contro Zarkon… ma da solo è vulnerabile, uno scudo dietro cui gli altri re, regine e governanti preferiscono ripararsi all’ombra. Se cadesse lui, nessun prenderebbe mai il suo posto »
Qualcosa in Shiro si mosse, la prima nuova sensazione dal cambiamento che si era saldato in lui. Aveva l’impressione di scorgere qualcosa, una qualche certezza ancora nebulosa ma sicura nella propria posizione.
Diede le spalle al ragazzino privo di sensi, ma continuò a percepirlo stranamente vicino, soprattutto nel fronteggiare il proprio Maestro. Non c’era arroganza nel suo sguardo, né orgoglio. Solo una limpida consapevolezza.
« La speranza rimane sul fondo del vaso ed è l’ultima ad andarsene » ripeté quanto udito prima della missione, niente più niente meno. Si concesse un breve sorriso che voleva essere più qualcosa in grado di dimostrare che l’incertezza di quella lezione era stata superata.
« Ohioi » si commosse rocamente Galma, stringendogli la spalla sana. « Per le lune di Magdoo, Shiro. Questa giornata ti ha davvero segnato! Ritiro quello che ho detto: quando torneremo credo sarà mio dovere e piacere parlare con Valora per la tua candidatura a Cavaliere »
Senza smettere di sorridere, Shiro arrosì appena. L’armonia che sentiva dentro palpitò appena per una punta di contentezza che non sfuggì al suo mentore. L’espressione si fece sorniona.
« Non farti trarre in inganno. Con i tempi che corrono ti godrai il ruolo di Cavaliere per appena un giorno. Sono piuttosto sicuro che ti affideranno un padawan la sera stessa, così che anche tu possa scoprire le gioie dell’insegnamento, dello sfinimento e della vera pazienza. Anzi - e nel proseguire il discorso riportò lo sguardo al sopravvissuto di Tranman - quel ragazzino potrebbe essere il tuo futuro apprendista »
« Non sappiamo nulla di lui » ribatté Shiro, conscio di non sentirsi ancora pronto delle possibili pieghe di quel discorso. Eppure, nel profondo, la strada era quella giusta.  
« Una cosa posso dirtela, forse due. Ho fatto analizzare i midichlorian nel suo sangue e la percentuale è molto, molto alta. Il che mi spiega perché anche da incosciente si sia aggrappato alla Forza, comunicando con quella. È qualcosa da non sottovalutare »
« E la seconda cosa, Maestro? »
L’uomo estrasse dalla tasca un ciondolo di metallo scuro, opaco, a metà tra il grigio fumo e un una sfumatura violacea. Era liscio, ovale, molto semplice e decorato con un simbolo sconosciuto ai due.
« È fatto di luxite, un materiale raro. So che si poteva trovare solo sul pianeta originario dei Galra. Il che infittisce ancora di più il mistero, dato che lo aveva al collo il bambino »
Shiro lo prese in mano, ma nulla gli disse di più. Non finché non se lo rigirò e trovò sul retro un’incisione. Erano caratteri Galra.
« Ka… Ke-i… » provò a leggere, ma uno sbuffo esasperato e condiscendente lo interruppe.
« Un altro passo indietro sulla via della tua promozione. Le basi dell’alfabeto Galra, e magari in generale anche la lingua, dovresti impararle. Si legge Keith, e qualcosa mi dice sia il nome di quel ragazzino »

 
°°°




 
La genesi della storia non è molto romantica: nata per il COW-T (la parte romantica), avevo bisogno di un plot a largo spettro in cui poter passare dall’angst al fluff, dal nsfw allo slice of life e coprire i prompt settimanali.  
Per questo la fanfic potrebbe non avere un andamento organico ma passare da una scena all’altra in maniera (apparentemente) slegata (gomblottoo). Cercherò di fare comunque tutti capitoli autoconclusivi e che in sé abbiano le risposte di quelli precedenti (se necessario). Insomma, si vedrà cosa verrà fuori xD

Le note serie:
  • Shiro qui ha diciannove anni. Nel “presente” di questa storia e seguendo i miei headcanon – dato che non ci sono conferme ufficiali – lui ne ha 29 e Keith 17/18.
  • Non mi ricordo (è più corretto dire che ignoro) come in Star Wars tra umani, alieni e androidi si capiscano tra loro. Qui nella storia mi serviva di creare un traduttore universale simultaneo passabile di rottura. Take it easy.
  • La lingua Galra è il risultato di digitazioni a casaccio sulla tastiera #noregrets. Qualcuno su tumblr ha ipotizzato una grammatica con verbi e sostantivi… ovviamente quello che serviva a me non c’era :D
  • Chiedo ancora scusa ai fan di Star Wars (me compresa? Un po’ a digiuno) per essere andata di manica larga nel creare o reinterpretare un po’ di cose.
  • “Non si può incolpare uno scrittore per quello che i personaggi dicono” (Truman Capote). Coff.
 
Alla prossima, sperando che l’idea vi piaccia!
Nene
(Pagina personale: Nefelibata ~)


PS: un GRAZIE a Yuki Delleran che ha scovato un po' di errori di battitura... ma me tapina che ancora li ho corretti T_____T Appena trovo il tempo lo faccio
   
 
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