Scritta per Luana.
Cap.3 Ares e Apollo
Ares
conficcò la lancia nella fessura tra due
mattonelle di marmo, scheggiandole.
“Se
non smetti di suonare quella fottuta lira, te la
faccio in pezzi ed i resti te li ficco su per il culo!”
gridò. Il sangue
rappreso gli ricopriva il corpo muscoloso e il viso. I capelli castano
scuro
gli ricadevano arruffati, sporchi di terra e sudore, ai lati del volto
abbronzato.
Apollo
inarcò un sopracciglio dorato. Accavallò le
gambe nivee, spostando leggermente il drappo candido che gli avvolgeva
le
nudità, lasciandogli scoperto il resto del corpo. La sua
pelle lattea brillava
illuminata dai raggi del sole e i suoi lunghi capelli dorati gli
ondeggiavano
in morbidi boccoli ai lati del viso. Si appoggiò la lira
sulle ginocchia e
batté le palpebre, facendo ondeggiare le lunghe ciglia nere.
“Le
mie frecce uccidono molti mortali, riesco a
sovvertire le sorti delle guerre che ti piace tanto scatenare con le
mie
epidemie, eppure non per questo ho bisogno di ostentare la mia
virilità”
ribatté. Socchiuse le labbra rosee.
“La
tua virilità?! Ti ricordi di essere un maschio
solo quando devi scoparti delle ninfe o quei ragazzetti più
docili di una
femmina!” sbraitò Ares. Ghignò e
mostrò i denti candidi.
“Tu
non hai idea di come è fatto un vero uomo!”
gridò.
Si tolse l’elmo e lo gettò a terra. Apollo si
piegò, adagiò la lira sul
pavimento e si alzò in piedi. Lo raggiunse e gli
infilò la mano nei pantaloni.
Ares sgranò gli occhi.
“Era
un invito?” lo sfidò Apollo. Ares
avvampò e
deglutì a vuoto, lo afferrò per il collo.
“Almeno
così cesserai di rompermi i cazzo di timpani”
sibilò. Chiuse gli occhi e lo baciò, Apollo
ricambiò il bacio.