14 febbraio
Quel
giorno, Alex si svegliò avvertendo una strana sensazione. Non era mai stata una
persona mattiniera eppure, quando si trascinò fuori dal letto, si sentì
incredibilmente fiacca. Per grande pace della sua sveglia, non riuscì nemmeno a
picchiarla come di norma. Invece di lanciarla contro il muro, si limitò a
disattivarla dopo averla fatta suonare a vuoto per diversi minuti. Se tale
condizione di disagio fosse determinata dell’importanza di quel giorno o dalla
possibilità che se stesse covando l’influenza, non le era dato sapere, eppure
ciò non migliorò il suo umore. Quando si diresse in cucina per prepararsi dei
pancake in modo da tirarsi un po’ su, trovò i suoi genitori in atteggiamenti
poco professionali e civili. Ignorandoli mentre si riempivano di bacini per
tutto il viso e sua madre ridacchiava come una giovincella, arrancò come uno
zombie verso i fornelli. L’unica nota positiva fino a quel momento, si rivelò
essere l’assenza di macchie e di crateri sul piano di lavoro. Inoltre, suo
padre era stato così furbo da sommergere la donna di rose, evitando così la
crisi.
Con
un sospiro, iniziò a preparare la pastella, finendo poi per minacciare i due
adulti alle sue spalle con il cucchiaio di legno sporco. Dio, doveva proprio
ricordarsi di prendere quel dannato pesticida. Starnutendo, finì di prepararsi
la colazione e la mangiò in fretta e furia, desiderosa di uscire di casa nel
minor tempo possibile per non dover sopportare ancora un minuto di più quell’atmosfera
opprimente. Per poco non si dimenticò i cioccolatini che aveva preparato il
giorno prima. Con un moto di stizza, l’infilò nella borsa a tracolla e, mentre
si apprestava a uscire al freddo e al gelo, pregò gli dei che il tempo frigido
calmasse un po’ gli animi.
Ma
le sue aspettative di normalità e pace interiore furono infrante. Stringendosi
nel cappotto, notò per strada numerose coppiette che si sbaciucchiavano o si
scambiavano regali, incuranti di dar mostra di sé. Alex premette il viso nella
sciarpa e camminò ancora più svelta.
Una
volta arrivata nei pressi dell’istituto scolastico, si rese conto che nemmeno
lì sarebbe stata al sicuro e ormai il suo naso la faceva dannare. Starnutendo
nuovamente, si accorse che numerose ragazze avevano tra le mani pacchettini o
borsette dal contenuto inequivocabile. Alcuni ragazzi stavano regalando rose
finte nei pressi della scalinata d’ingresso, donando gioia e speranza alle
povere donzelle sprovviste di cavaliere.
Alex
passò in mezzo a loro come un toro, ignorando i richiami di un suo compagno di
corso che per poco non le lanciò dietro il fiore. Senza accorgersene, si
ritrovò a digrignare i denti: ma che diavolo avevano tutti?
Il
punto di non ritorno comparve quando incrociò il banchetto di beneficenza che
Leyla aveva sistemato vicino la segreteria. Vendeva cioccolatini vegani di san
Valentino per poter racimolare la somma necessaria a comprare le nuove divise
alla squadra di cheerleader, da lei capitanata. Assieme a lei c’era la sua vice
ed entrambe non si risparmiavano con le risatine e le occhiate languide verso i
giovani studenti che facevano la loro entrata nell’edificio. Per ben cinque
dollari, i poveri polli ricevevano in dono un pacchettino rosso con tanto di
cuoricini che nascondeva una terribile verità. Quando s’infilavano un
cioccolatino in bocca, dovevano dar prova della loro forza di volontà per non
sfigurare davanti alle due più belle ragazze dell’istituto, ritrovandosi così a
ingoiare il rospo per non sputarlo. Tale visione la fece starnutire più volte,
ma Alex liquidò il tutto come la sua tipica allergia alle trovate salutiste.
Quando
arrivò davanti al suo armadietto, era ormai un fascio di nervi. Appoggiò la
fronte sulla superficie fredda di metallo, incominciando a colpirla a ripetizione
finché non percepì una presenza inquietante alle sue spalle.
«Non
dire nulla…»
«Wow,
Alex! Sei davvero uno straccio» le fece notare Emily. Per l’occorrenza si era
vestita interamente di bianco e rosso; le calze avevano una stampa a cuori
improponibile e aveva domato i riccioli biondi in due alte code ai lati della
testa. Ovviamente gli elastici avevano dei fermagli a forma di muscolo
cardiaco.
«Ha
ragione» rincarò Sarah al suo fianco, per fortuna vestita come al solito.
«Dovresti riguardarti o rischi di beccarti l’influenza.»
«Ma
fino a ieri stavo bene» si lamentò lei, inserendo la combinazione per aprire il
suo armadietto. «È
da quando mi sono svegliata che…»
Si
bloccò non appena aprì l’anta e si accorse di cosa spiccava tra i testi
scolastici. Le sue amiche si sporsero, incuriosite dalla sua reazione, ma prima
ancora di poter scorgere ciò che aveva intravisto all’interno, Alex richiuse la
portella così forte da far traballare l’intero armadietto.
«Alex,
che ti prende?» squittì Emily, visibilmente spaventata da quella reazione.
Lei
non reagì. Contò a mente fino a dieci, dopodiché lo riaprì. No, la composizione
floreale era ancora lì. Fremendo di rabbia, afferrò i fiori senza badare ai
petali che disseminò per il corridoio e si diresse a passo di marcia verso il
bagno dei ragazzi. Come aveva supposto, Ren e la sua banda erano appostati lì.
Il teppista stava come al suo solito fumando, conscio di commettere una grave
infrazione del codice scolastico. Nulla di nuovo, dato che gli piaceva
trascorrere ore in presidenza a osservare il muro. Quando la vide arrivare con
un’espressione omicida estremamente ridicola a causa del viso arrossato, si
mise sulla difensiva con un sopracciglio alzato.
«Ren!
Figlio di uno stalker! Quante volte ti ho detto di non scassinare il mio
armadietto!»
Ren
aprì la bocca con fare annoiato, ma quando si accorse dei fiori malmenati che
reggeva in mano, rimase basito. Quasi sconcertato. Finché non scoppiò a ridere
con grande stupore di tutti. L’espressione che le rivolse sarebbe stata
divertente, se estrapolata in un altro contesto. Sembrava quasi incredulo della
situazione, come se compatisse il poveretto che aveva ingenuamente pensato di
farle cosa gradita sradicando un giardino.
«Questa
volta io non c’entro nulla» esclamò, gli occhi plumbei divertiti. «Ti sembro un
tipo da erba selvatica?»
Nell’udire
quella domanda, Alex non poté fare a meno di sospirare. Purtroppo doveva
ammettere che aveva ragione. Rennis Fauster era molte cose, ma di certo non un
tipo romantico. E non era nemmeno il tipo di ragazzo che doveva compiere la
fatica di compiacere il sesso opposto. Lo faceva già di per sé con il suo
sorriso sghembo, gli occhi intriganti come le profondità marine e i lunghi
capelli neri che accendevano a qualsiasi ragazza il desiderio di fermarsi per fargli
delle treccine, senza dimenticare poi l’aria di pericolo che emanava da ogni
poro. Questa somma qualitativa faceva letteralmente sciogliere le ragazzine
nelle loro mutande e fili interdentali; per quanto la riguardava, l’effetto che
aveva su di lei le faceva ardentemente desiderare di scogliere lui in una vasca
di acido. A dimostranza di questo, il gruppo era attorniato da studentesse che
rallentavano il passo per guardarlo intensamente, indecise o meno se
consigliargli i loro regali in quel momento o in privato.
Alex
incominciò a sentirsi osservata.
«Lo
spero per te!» bofonchiò irritata, puntandogli contro il mazzo di fiori. Senza
perdere altro tempo, si diresse verso il primo cestino sul suo percorso e gettò
via il regalo, sotto lo sguardo atterrito di Emily.
«Alexander!»
Si protese subito a salvare i poveri arbusti, stringendoseli al petto. «Ma
insomma! Ti pare questo il modo?»
La
ignorò, ritornando a osservare il ragazzo, che ricambiò la sua occhiataccia.
«Come,
tutto qui? Niente minacce di morte o promesse di spargere le mie viscere per il
campo sportivo?» Prese una boccata di fumo, dopodiché la scrutò meglio. La sua
espressione si acquietò, divenendo seria. Persino il suo sguardo sembrava
sinceramente preoccupato. «Sei sicura di stare bene? Hai un aspetto orribile.»
Alex
dovette trattenere l’impulso di starnutirgli in faccia. «Perché continuate
tutti a ripetermelo?»
«Perché
è così.»
Alex
sussultò, così come Emily. Alle loro spalle era apparso Gregory, un loro caro
amico nonché rivale perenne di Ren, ma purtroppo non era da solo. Keiran si
trovava subito dietro di lui, la sua espressione solare si disperse nell’etere
quando si accorse dei fiori che Emily reggeva in mano. Sarah distolse lo
sguardo per non scoppiare a ridere.
«Dovresti
andare a casa» commentò Gregory.
Prima
che Alex potesse ribattere, Emily l’abbracciò a koala. «No, Alex non va da
nessuna parte!»
Stupiti
da quella reazione, gli altri rimasero a fissare la bionda esterrefatti, mentre
Alex cercava di togliersela di dosso.
«Ma,
Emily…» provò a farla ragionare il ragazzo.
«Niente
ma!»
«Ragazzi,
state occupando il corridoio.»
A
parlare, era stata la professoressa Aaron. La donna aveva già disperso la
maggior parte dei ragazzi che, persi com’erano nell’osservare quello strambo
teatrino, non avevano sentito la prima campanella. Inoltre, molti degli amici
di Ren se l’erano filata non appena il ticchettio dei suoi tacchi li aveva
raggiunti. Dal canto suo, il ragazzo si limitò a spegnere la sigaretta con un
gran sorriso. La donna lo fulminò con lo sguardo.
«Signor
Fauster, dovrò continuare a ricordarle che è vietato fumare nel complesso per
tutto l’anno o le piace davvero così tanto la tappezzeria della presidenza?»
Il
ragazzo si limitò ad alzare le spalle. «Che posso dirle, trovo la compagnia di
Doris adorabile. Per non parlare della preside. I biscotti alla cannella che
tiene sulla scrivania sono deliziosi.»
La
professoressa non commentò tale ironia, né l’assecondò. Si limitò a battere il
tempo con un piede, le braccia incrociate al petto e lo sguardo colmo di
serietà. Sconsolato, Ren si mise lo zaino in spalla e la precedette.
«Non
si preoccupi, conosco la strada.»
Prima
di seguirlo per verificare che stesse andando verso il posto dov’era più di
casa, la professoressa ammonì anche loro con un’occhiataccia.
Con
un sospiro, Alex si allontanò dagli altri. «Qualcosa mi dice che non ha finito
per tempo la relazione.»
«O
non l’ha nemmeno incominciata» commentò Gregory, per poi spostare il suo
sguardo su Emily. «Ci vediamo in mensa?»
La
bionda gli sorrise. «Certamente! Non vedo l’ora.»
Alex
rimase in silenzio a fissarli, notando il modo in cui i due si guardavano. Forse
il mistero di Mr. X non era poi così misterioso…
Dopo
uno scambio veloci di saluti, Sarah prese sottobraccio l’amica per trascinarla
a lezione.
«Allora,
sicura di voler rimanere?» le chiese Gregory una volta che Emily scomparve alla
vista.
«Sei
sicura di non essere allergica alle cose carine e coccolose?» infierì Keiran.
In
tutta risposta, lanciò a entrambi un’occhiataccia. «Se fosse così dovrei essere
allergica anche a Emily e no. Ho tutta l’intensione di seguire le lezioni come
da programma.»
E
detto questo, girò sui tacchi, entrando in aula.
Le
lezioni si susseguirono come sempre. O meglio, quasi.
Alex
continuò ad arricciare il naso e a rannicchiarsi contro il banco per tutto il
tempo, ignorando le occhiate stranite che i professori le lanciarono nel
susseguirsi delle ore. Non aveva mai perso un giorno di scuola e di certo non
se ne sarebbe tornata a casa sconfitta da quella ridicola festicciola.
Come
se non bastasse, Ren non era nei paraggi quando più le serviva una distrazione.
Tempestarlo di palline di carta sarebbe stato infantile, ma almeno l’avrebbe
distratta dalla sensazione di avere il naso in fiamme. Essendo sconfinato in
presidenza, come da programma, saltò la consegna della relazione di Biologia e
non degnò nemmeno la professoressa di Storia della sua presenza. Non che gli
adulti ci facessero molto caso, dato che erano più le volte in cui il suo banco
rimaneva vuoto e freddo di quelle in cui lui e il suo ego mal contenuto lo occupavano.
Per cui, era tutto nella norma.
Eccetto
per quell’insistente sensazione di essere osservata.
Non
sapendo bene come, al suono della campanella del pranzo, Alex raccolse le sue
cose e si diresse con un sospiro verso la mensa ghermita di ragazzi
starnazzanti assieme a Gregory. Il quale non la smetteva di osservarla
apprensivo, rischiando così di guadagnarsi un bel pugno in faccia.
Trovare
gli altri in mezzo a quel caos si dimostrò piuttosto semplice, dato il modo in
cui Emily si sbracciava per attirare la loro attenzione. Dopo aver preso
qualcosa da mangiare, si avviò verso i suoi amici anticipata dal ragazzo, finché
qualcuno non richiamò la sua attenzione con un colpo di tosse.
Sorpresa
e allo stesso tempo stranita, non riuscì a contenere la propria sorpresa quando
Ren le si parò davanti con un sacchetto di carta unticcio ancora tiepido. Su di
esso, spiccava in bella vista il logo di una piccola tavola calda che si
trovava nei pressi della scuola.
«Per
te» disse semplicemente, posandoglielo sul vassoio con nonchalance. «Ho pensato
che potesse aiutarti a ritrovare un po' d’energia.»
Con
una mano, Alex aprì l’involucro e per poco non scoppiò in lacrime nel vedere il
succoso cheeseburger che conteneva. Senza contare le patatine fritte.
«Beh…
Grazie…» mormorò, confusa da quel gesto. Poi ebbe un’idea. «Non credo che li
mangerò, per cui se vuoi posso darti in cambio i…»
Non
finì la frase. Ren le mise una mano davanti per bloccarla. «Dio, stai proprio
male se credi che te l’abbia portato per farti un favore. E poi, no grazie. Il cioccolato
mi fa schifo.»
«COSA???»
Un coro femminile si levò attorno a loro nell’udire quella constatazione, ma
Ren si limitò a sbuffare. Probabilmente era così che i suoi amici si
procuravano il cioccolato ogni anno, tramite l’aiuto del ragazzo che sembrava
incapace di dire di no a del cibo gratis.
«Ad
ogni modo non eri obbligato.»
«E
sprecare la possibilità di farti sentire in debito? Perché non approfittarne?»
Il sorriso ferino che le rivolse le fece venire voglia di gettargli addosso il
cibo, ma un cheeseburger rimaneva pur sempre un dono divino e non ci avrebbe
mai rinunciato, anche se voleva dire dare soddisfazione a quel teppista.
«Ti
piacerebbe» bofonchiò, mentre Ren si allontanava da lei per tornare dalla sua
combriccola.
Sbuffando,
si sedette di fianco a Emily, che la osservava con gli occhi a cuore.
«Oh
mio dio… è stato così dolce.»
«Nei
tuoi sogni Emily. Ed è bene che la cosa rimanga lì» sentenziò lei, scartando il
suo panino. Non riuscì a non gongolare, nonostante tutto. Ignorò le espressioni
rabbiose di Keiran e Gregory e diede il primo morso, gemendo di piacere.
«E
così Ren non è un lord malvagio. Chi l’avrebbe detto?» Sarah giocherellò con la
sua insalata. Di fianco a lei, Eric, il suo ragazzo, sgranocchiava felice i suoi
muffin, senza badare molto alla conversazione che stava avvenendo al tavolo.
A
quella vista, Alex perse quel poco di appetito che le era rimasto. Si voltò
verso Emily con curiosità. «Allora, hai già dato i biscotti al tipo che ti
piace?»
L’amica
sorrise e scosse la testa. «In realtà aspettavo il momento giusto per darglielo
ma, dato che ci tieni tanto…»
Incominciò
a rovistare nella borsa per recuperare il pacchetto fatto il giorno precedente.
Nello scorgerlo, Gregory s’irrigidì. Emily non notò la sua espressione, dato
che era troppo impegnata a scrutare Alex con ilare curiosità. Poi si guardò
attorno in modo teatrale, come se stesse cercando qualcuno tra gli studenti
impegnati a mangiare o discutere tra di loro. Confusi da quel gesto, gli altri
incominciarono a seguire il suo sguardo, finché la bionda non scoppiò a ridere
in modo incontrollato.
«Scusatemi,
ma le vostre espressioni sono troppo buffe.»
«Suvvia
Emily. Daglielo e basta, altrimenti credo che Gregory ucciderà qualcuno»
sentenziò annoiata Sarah, mentre l’amica si asciugava le lacrime agli occhi.
«Sì,
hai ragione.» Si schiarì la voce e ritornò seria. Tra di loro cadde un silenzio
pesante, finché la ragazza non porse i biscotti ad Alex.
«Alexander,
vuoi essere il mio San Valentino?»
Nell’udire
quella domanda, Alex rimase letteralmente a bocca aperta, imitando l’espressione
sconvolta che Gregory e Keiran avevano assunto dall’altra parte del tavolo.
Guardò il pacchetto sgangherato che le porgeva, poi Emily, poi di nuovo il
pacchetto. Sentiva tutti gli occhi puntati addosso, ma lei si limitò a
stringersi nelle spalle.
«Sì,
perché no?»
«Evviva!»
Emily l’abbracciò con slancio tale che per poco non caddero dalle sedie.
Nonostante il lieve fastidio per quel contatto fisico, Alex non riuscì a
evitare un sorriso. Come sempre si era preoccupata per nulla e, doveva
ammetterlo, dentro di lei si sentì un po' felice per quella svolta. Accarezzò i
folti ricci dell’amica con scarsa naturalezza, ma tutto sommato doveva
ammettere che non era così male.
«Ma…»
Ridacchiando,
Emily rivolse un sorriso di scuse a Gregory che, era rimasto spiazzato. «Mi
dispiace Greg, però l’avevo già detto. San Valentino va passato con la persona a
cui vuoi bene e poco importa che sia il tuo ragazzo, la tua migliore amica, il
tuo cane o Netflix. L’amore non ha forme, ma solo emozioni.»
«E
poi, se proprio volete, posso pur sempre darvi io dei cioccolatini» esclamò
Alex, recuperando le sue praline per poi posizionarle tra di loro. «Mi
raccomando, dividetevele.»
I
ragazzi si guardarono confusi e ammutoliti per qualche istante, ma poi
sospirarono e accettarono quel dono non esattamente personale con un grazie bofonchiato.
Per
quel che la riguardava, Alex si sentiva apposto con se stessa e libera da un
peso. Forse due. Almeno il cioccolato non le si sarebbe sciolto in borsa. Tornando
a guardare l’amica con un sorriso, si accorse che il naso non le prudeva più.
Ed eccoci alla fine XD Dio
mio, credevo di non fare in tempo. Ho scritto questo capitolo in fretta e
furia, per cui chiedo umilmente perdono per gli errori. Sì, senza se. Sono sicura
di essermi lasciata sfuggire qualcosa nonostante l’abbia riletto un sacco di
volte. Quindi chiedo venia. Spero comunque che questa piccola parentesi “romantica”
vi sia piaciuta.
Alla prossima :3