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Autore: Crilu_98    15/02/2017    4 recensioni
C'era una volta... Una bambina sperduta. Una ragazza innocente nelle mani di una crudele matrigna. Una fanciulla addormentata. Una sensibile lettrice dal cuore puro. Una bellissima principessa in cerca di libertà. Una valorosa guerriera.
O forse no.
C'era una volta un bosco oscuro, dove tutte le storie hanno inizio. Storie che narrano di segreti pericolosi ed antiche umiliazioni, ma anche di amicizia, d'amore e di magia. La lotta tra il bene e il male è più confusa di quanto siamo abituati a credere e la strada verso il lieto fine non è mai stata così tortuosa.
Siete pronti a scoprire le verità nascoste delle fiabe?
Genere: Avventura, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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-Cosa vi serve, compagni?-
La frase, che proveniva dalla sfera posta sulla sommità dello scettro di Malefica, risuonò nel grande salone del castello. Attorno alla fata, che scrutava la compagnia attraverso la pietra con un’espressione di vago disappunto, giacevano numerosi corpi addormentati. Il castello, così come l’intero regno, era immerso nel silenzio, poiché perfino gli animali erano stati sopraffatti dal sonno incantato.
Malefica picchiettò con i lunghi artigli sul legno intarsiato del trono di Re Stefano, sovrappensiero; quelle immagini, che poteva vedere attraverso gli occhi di un suo fedele corvo, erano un dettaglio insignificante ma fastidioso. La fata si alzò, facendo frusciare la lunga veste nera; le lucide corna ricurve sulla sua testa brillarono alla luce delle fiaccole. Era molto più alta di una semplice umana ed ogni cosa in lei – dalle iridi scure e vuote alle dita artigliate – suggeriva che fosse un pericolo.
Oltrepassò gli uomini e le donne addormentate senza degnarli di uno sguardo. Malefica non odiava gli umani, non desiderava la loro morte, non voleva sterminarli; no, lei era disgustata da quei piccoli esseri senza magia, che avevano osato scacciarla dal suo antro ed esiliarla dal regno. Li disprezzava talmente tanto da non ritenere degno di lei sporcarsi le mani del loro sangue. Ciò che la infastidiva di più era il loro continuo cicaleccio: erano animali estremamente rumorosi, gli umani. Perciò l’incantesimo del sonno le era parso perfetto e progettava di estenderlo pian piano a tutte le terre conosciute, così che alla fine non rimanesse altro che un infinito, spettacolare silenzio su cui lei avrebbe regnato sovrana. Certo, rimaneva sempre il problema di come ridurre all’obbedienza le altre creature magiche, ma se lo sarebbe posto dopo aver liberato il mondo da quella piaga fastidiosa.
L’unico ostacolo che si frapponeva tra lei e il suo obiettivo era veramente piccolo, eppure non faceva che crucciarla: come ogni incantesimo, anche quello del sonno che aveva scagliato sul reame aveva un modo per essere spezzato. In questo caso, le imponderabili e complicate leggi della magia avevano fatto sì che tutto vertesse su quella spocchiosa, viziata, imbecille principessa umana che nella sfera stava sorridendo alle parole di un ragazzo allampanato.
-Aurora…- la fata assaporò il suono di quel nome tra le labbra, facendo saettare la lingua biforcuta e sottile come quella di un serpente. Strinse maggiormente la presa sul bastone, visibilmente inquieta: se fosse riuscita a far addormentare anche lei, come aveva progettato fin dall’inizio, l’incantesimo del sonno su quelle terre sarebbe diventato eterno.
“Il mio eterno dominio…”
Per riuscire nel suo intento, Malefica era disposta a giocare tutte le sue carte. Si rilassò pensando che lei era a conoscenza di una cosa che sicuramente la piccola, dolce Aurora ignorava: lei sapeva della maledizione. Ed aveva in mente un modo per affrettarne i tempi.
 
Aladdin adocchiò una mela estremamente invitante su un albero lì vicino. Il fatto che l’albero fosse al di là di uno steccato non gli impedì di arrampicarsi, cogliere il frutto e saltellare via indisturbato con la sua agilità di ladro navigato. Affondò i denti nella mela con un sospiro deliziato: non poteva negare che da quando quella donna gli aveva sottratto la sua amata bisaccia aveva avuto qualche difficoltà a sopravvivere.
“Quella donna…”
Non conosceva neanche il suo nome e a malapena riusciva a ricordare il suo viso, ma lo ossessionava. Aveva dimostrato una tenacia ed un’abilità sorprendenti ed era riuscita ad ingannare lui, che si vantava di essere il ladro più esperto di tutti i regni da lì ad Agrabah.
E poi quegli occhi scuri, allungati, che gli avevano dolorosamente ricordato la sua terra d’origine: sì, ne era sicuro, anche quella misteriosa ragazza veniva da Agrabah, o da Qart, o da qualche città vicina al deserto. L’aveva ammaliato, stordendolo con il suo profumo dolcissimo ma appena percettibile e con la voce dura e graffiante, totalmente diversa da come se l’era immaginata fissando quelle iridi calde.
All’improvviso fu riscosso dai suoi pensieri da una freccia che sibilò nell’aria, strappandogli il frutto di mano ed inchiodandolo ad un tronco dietro di lui.
Si voltò verso un guerriero sconosciuto che sopraggiungeva a cavallo: l’arco, con un’altra freccia incoccata, era stretto tra le sue mani e un elmo dalla strana fattura gli copriva il volto. Aladdin aggrottò la fronte, poggiando distrattamente una mano sull’elsa del pugnale che portava alla cintura.
-Ehi, amico, quello era il mio pranzo!-
Con un fluido spostamento d’aria, il ladro si trovò la punta affilata di una spada puntata alla gola.
Lo sconosciuto si tolse l’elmo, rivelando un viso dai tratti orientali, una carnagione gialla e due occhi obliqui che lo fissavano privi di espressione.
Aladdin tentò di spostare l’arma con la punta delle dita, ma la presa dell’uomo era irremovibile.
-Senti, è evidente che tu mi abbia scambiato per qualcun altro. Capita a tutti di sbagliarsi. Ora, io…-
-Io non sbaglio mai!- ringhiò il guerriero, graffiandogli la pelle del collo -Parla, spregevole ladro, dimmi dove sono andate.-
Aladdin lo guardò confuso:
-Ma di che parli?-
Il guerriero si agitò sulla sella, irritato:
-Cerco una donna, dai lineamenti simili ai miei. Una donna vestita da soldato, che sa maneggiare la spada. Ho sentito dire che tu… L’hai incontrata.-
Aladdin si passò una mano tra i capelli, ricordando di aver visto una ragazza vestita similmente allo sconosciuto in compagnia di quella che l’aveva derubato, alla locanda. Riflettendoci bene, doveva essere lei la seconda donna che lo aveva inseguito…
-Sì le ho viste.- ammise. Lo sconosciuto socchiuse gli occhi:
-Dove sono andate?-
-Come posso saperlo io?- sbuffò il ladro, salvo poi sgranare gli occhi quando la spada si mosse verso il suo petto -Va bene, va bene! Che modi… Ascolta, amico, io non so nulla di preciso, chiaro? Le ho solo sentite parlare di voler raggiungere il castello della Bestia. Non è lontano da qui, se chiedi in giro lo troverai facilmente. Ma se vuoi un consiglio, lascia perdere: se anche fossero riuscite a raggiungere il castello, quelle donne sono spacciate ormai!-
Lo sconosciuto rinfoderò la spada.
-Non posso abbandonare l’impresa.- mormorò, spronando il cavallo per superarlo -E’ una questione d’onore. Qualcosa che evidentemente tu non conosci.-
Aladdin lo osservò allontanarsi, perplesso.
“Finalmente qualcuno in grado di darti filo da torcere, dolcezza!” pensò. Invece di provare soddisfazione, però, fu preso dall’inquietudine: aveva messo in pericolo la ragazza dagli occhi profondi e la cosa, per qualche motivo, gli dispiaceva.
 
Grimilde si chiuse in fretta alle sue spalle la porta dello studio e scoprì lo Specchio. Come sempre, ebbe un brivido nell’osservare il proprio riflesso nella superficie vuota e luminosa: una vecchia dalla pelle cadente e con i capelli bianchi e radi la fissava disgustata. Automaticamente la Regina si portò le mani al viso per tastare quella pelle morbida e setosa che le costava tanti incantesimi, pozioni ed evocazioni. Le sue risorse magiche erano agli sgoccioli, ben presto nessun incantesimo avrebbe potuto fermare l’avanzare del tempo; se c’era anche un solo modo per rimanere giovane e forte in eterno, Grimilde avrebbe sacrificato qualsiasi cosa per ottenerlo. Purtroppo, ciò era impossibile anche per le leggi della negromanzia e la donna si era dovuta accontentare di una bellezza prolungata.
“Se solo potessi mettere le mani su Biancaneve…” pensò con odio, pregustando il momento in cui sarebbe stata la più bella donna di tutto il reame. Un attimo di gloria prima di svanire.
Il guardiacaccia era sparito nel nulla, probabilmente era fuggito insieme alla principessa, terrorizzato da lei.
“Codardo. Ha lasciato che fosse la sua famiglia a morire.”
-Specchio, Specchio delle mie brame!- esclamò, passeggiando nervosamente avanti e indietro tra le scartoffie -Mostrati, ho bisogno del tuo aiuto!-
Il volto imperscrutabile comparve all’interno della pesante cornice d’oro.
-Ebbene?- mormorò, in modo annoiato -Non sei ancora riuscita a trovare Biancaneve? Sai che localizzare una persona è fuori dalle mie possibilità…-
-Non è per questo!-
-Cosa, allora?-
-Uno straniero è giunto a palazzo e vuole parlarmi di… Nemici in comune. Non so cosa voglia dire e voglio saperne di più su di lui.-
Lo Specchio chiuse gli occhi e svanì, riapparendo all’interno di un dipinto in uno dei corridoi del castello. L’ospite misterioso sostava in piedi davanti ad una finestra e il suo profilo era parzialmente visibile grazie alla luce del sole mattutino. Era vestito alla maniera orientale, con una lunga tunica dai colori sgargianti e un turbante sopra i lunghi capelli corvini. Un pizzetto incorniciava due labbra sottili e gli occhi castani scandagliavano pensierosi il giardino del palazzo. Un dettaglio catturò particolarmente l’attenzione dello Specchio: tra le mani lo sconosciuto aveva una lampada ad olio arrugginita, che accarezzava distratto. In alcuni momenti sembrava quasi che l’oggetto… Fremesse, per scappare dalla presa del padrone.
-Il suo nome è Jafar!- riferì poi a Grimilde, una volta tornato nella sua cornice originaria -Potrebbe essere un utile alleato nella guerra che dovrai combattere…-
-Una guerra?- sibilò la strega, aggrottando le sopracciglia -Quella sgualdrinella sta preparando una guerra?-
Lo specchio ammiccò, maligno:
-Se vuoi sapere qualcosa di più, perché non consulti le anime?-
-Perché il prezzo è troppo alto!- replicò la donna, piccata, prima di dirigersi dal suo nuovo ospite.
 
Jafar si voltò nell’udire un fruscio di vesti: la Regina Grimilde gli aveva finalmente concesso udienza. L’uomo si inchinò con un sorriso appena accennato, stando attento a nascondere la lampada nelle ampie pieghe delle sue maniche.
-Uno stregone di Agrabah!- commentò la Regina, squadrando il suo aspetto con un moto di curiosità -A cosa devo questa visita? E soprattutto, per cosa esattamente osate disturbarmi?-
-Sono certo che non vi pentirete di avermi ascoltato, Regina.- sussurrò lo stregone con tono basso e mellifluo -Ho ragione di credere che possiamo unire le nostre forze per raggiungere un obiettivo comune!-
La donna piegò la testa da un lato, confusa:
-Biancaneve?-
L’uomo scosse la testa con espressione divertita:
-Quello è solo il primo passo. No, io vi propongo… L’immortalità.-
Avvolta nel pesante saio, la lampada arrugginita lanciò un bagliore verde.
 
 
Angolo Autrice:
Questo è uno dei capitoli che preferisco in assoluto, perché fornisce un'ampia panoramica sull'altro lato della barricata :D
Non mi sono mai piaciuti gli antagonisti piatti, messi lì giusto per dare filo da torcere ai protagonisti, perciò ho cercato di renderli il più "tridimensionali" possibile: Malefica è "aliena" nel senso più oscuro del termine, Grimilde è preda di un'ossessione irrealizzabile e schiava dello specchio… Di Jafar e del guerriero orientale (avete capito chi è e chi sta cercando? xD) ho detto poco, perché ci tornerò più avanti, come su Aladdin… Che però in fondo non è poi così cattivo ahahahah
Ah e vi piace la nuova veste grafica? Io mi sto divertendo un mondo a realizzare i banner! Andate a dare un'occhiata anche ai precedenti, se vi va :)
Alla prossima
 
Crilu 

P.S. Quella nella foto è un'ideale Grimilde... 

 
   
 
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