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Autore: Sophie_moore    15/02/2017    3 recensioni
Questa storia partecipa al contest "La tua carta dei Tarocchi" indetto da Ynis sul forum di EFP.
Il Bene e il Male sono i due sproni del mondo, e lo tengono in carreggiata. Se pungesse soltanto il Male, il mondo perderebbe l’equilibrio e cadrebbe tutto da una parte. E così viceversa del Bene.
(Carlo Bini)
[...]«Non posso permettermi di essere sconfitta. La vittoria, Imi, è l'unica cosa che conta. Distruggerò qualsiasi cosa che si frapporrà tra me ed essa ad ogni costo. Non ho paura di sacrificare la mia vita per la vittoria, purché il mio popolo sia salvo.»
[...]Chiunque saprebbe pregare una divinità, ma solo tu puoi guidare un Regno nel modo migliore possibile.

La battaglia per proteggere il Regno delle Acque Rosse è alle porte, l'Imperatrice Hayili vuole scendere in campo per il suo popolo, ma la Prima Sacerdotessa non è d'accordo.
Cosa succederà?
Spero che vi piaccia, un bacione!
Sophie
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Questa storia partecipa al contest La tua carta dei Tarocchi indetto da Ynis  sul forum di EFP.

{Di equilibri precari e altri dolori.}



Il Bene e il Male sono i due sproni del mondo, e lo tengono in carreggiata. Se pungesse soltanto il Male, il mondo perderebbe l’equilibrio e cadrebbe tutto da una parte. E così viceversa del Bene.
(Carlo Bini)

La grande festa

Hayili stava ridendo in un modo che forse non si confaceva all'Imperatrice, ma non se ne curava.
Quella era la festa prima della guerra, ed un sovrano che non era in grado di rincuorare e rallegrare lo spirito dei propri sudditi non poteva essere definito tale.
Si aggirava nella sala grande tra le lunghe tavolate che accoglievano i suoi generali e consiglieri con le famiglie. Non era un caso che in quella sala ci fossero molte donne, anche con incarichi militari, essendo una donna l'Imperatrice, e i bambini sembravano girarle attorno come pulcini.
Si fermava quasi ad ogni due posti per salutare, baciare, e fare previsioni riguardo alla battaglia imminente.
Dopo la cena avrebbe partecipato alla parata in città, per coinvolgere il popolo e l'esercito che, per ragioni di spazio, non aveva potuto partecipare alla cena.
«Non hai ancora vinto la battaglia.» una voce interruppe il suo giro di saluti e convenevoli, e una presa ferrea la strattonò verso una delle colonne che torreggiavano alle pareti del salone. La sua scomparsa non venne quasi notata, dal momento che stavano entrando i circensi per intrattenere gli ospiti prima del dessert. Aveva fatto le cose in grande per portare gioia a chiunque incrociasse il suo sguardo, per far capire che non avrebbe lasciato il suo regno a nessuno.
«Neanche la guerra, se è per questo.» rispose, voltandosi a guardare la Prima Sacerdotessa negli occhi. Le poggiò una mano sulla guancia e sorrise, mentre la donna arrossì.
«Sei imprudente. E invadente.» si scansò, arricciando le labbra in una smorfia di disapprovazione. «Dovresti riposare, questa festa è inutile.» fece una pausa, l'Imperatrice aprì la bocca per ribattere, ma fu troppo lenta. «E poi, perché non mandi i generali a combattere? Non serve che vada anche tu.»
«Un sovrano che non combatte per il proprio popolo non è degno di essere un sovrano, lo sai come la penso, Imi.»
Imineti, la Prima Sacerdotessa, sbuffò e le puntò l'indice al petto, mentre il suono delle trombe riempivano la stanza insieme alle risate e agli applausi. «Sei l'Imperatrice, te ne sei forse dimenticata?»
Hayili roteò gli occhi scuri al cielo e prese Imineti per mano, portandola fuori dalla grossa porta finestra e facendola appoggiare alla ringhiera in pietra. Il balcone era spazioso, la notte iniziava a raffreddare l'aria e le due donne erano completamente sole. «Il mio popolo ha bisogno di sapere che il sovrano morirebbe per loro.»
«E se succedesse davvero? Sei una donna, sola, senza figli. Chi ti succederà?»
«È un tuo dovere scegliere il mio erede, no? Ha sempre funzionato così, non cambierà. Se morirò in battaglia, sarà perché le divinità avranno deciso così.»
«Hai troppa fiducia nelle divinità.» sbuffò Imineti, appoggiandosi con i gomiti alla ringhiera e sporgendosi leggermente in avanti.
Hayili ridacchiò e le poggiò una mano sulla schiena, avvicinandosi di più a lei. «Te lo ricordi che sei la Prima Sacerdotessa?» disse, con tono canzonatorio. Per qualsiasi questione, Imineti era la persona più seria che avesse mai conosciuto, avrebbe riposto ogni decisione importante nelle mani di Misik e Mizani, le divinità a cui aveva fatto voto, ma quando si parlava di Hayili diventava una semplice ragazza innamorata, che cercava di preservare la vita della sua amata.
«E tu sei l'Imperatrice!»
«Io sono Hayili, e tu sei Imineti, ora.» la rettificò, prendendola per i fianchi e costringendola a voltarsi. La guardò intensamente negli occhi chiari, il ghigno che spesso la accompagnava era mutato in una smorfia seria, qualcosa che non le apparteneva. «Imperatrice e Sacerdotessa, quando siamo insieme, non esistono.»
Imineti si mordicchiò l'interno della guancia, abbassò lo sguardo e sospirò. «Ma lo siamo. E se tu morissi…»
«Non morirò.» appoggiò la fronte contro la sua, delicatamente.
«Ma se dovessi morire… io non potrei più vivere, senza di te.» alzò gli occhi e sfiorò le sue labbra dolcemente.
Hayili la strinse a sé, approfondì il bacio, toccò la sua anima e le accarezzò il cuore come solo lei sapeva fare, intensa come un acquazzone estivo e soffice come neve fresca.
«Sei sempre così melodrammatica, sai? Mi alleno ogni giorno, combatto meglio di qualunque altro soldato del mio esercito, sono stata a capo di innumerevoli battaglie vinte… cosa potrebbe andare storto proprio questa volta? E poi, perché dovrebbe andare storto?»
«Ho una pessima sensazione.»
L'Imperatrice Hayili si aprì in un leggero sorriso. «Come tutte le altre volte.» decise di porre fine a quel discorso, perché non sarebbe finito bene se avessero continuato. Attorniò le spalle di Imineti con un braccio e la portò ad appoggiarsi alla sua spalla, nella quiete della solitudine.
«Senti, Hayili. Se dovesse farsi brutta… devi considerare la ritirata. Non voglio ricominciare il discorso, voglio solo che ci pensi.» Hayili inarcò un sopracciglio. «Che prometti di pensarci, almeno.»
«Oggi sei particolarmente testarda e di cattivo umore.» le fece notare l'Imperatrice, sbuffando. «Non si metterà male, ma se succedesse, ci penserò.» si staccò dalla Prima Sacerdotessa e si appoggiò con i gomiti nudi sul balcone in pietra scura. Il suo sguardo vagò sulla città ai suoi piedi, si intrufolò in ogni città, diede il bacio della buonanotte ai bambini, sorvolò le case e percorse i cunicoli più bui, fece visita nelle case delle prostitute, in quelle dei gendarmi, negli orfanotrofi, e seguì la via della musica per tornare nel suo corpo. «Non posso permettermi di essere sconfitta. La vittoria, Imi, è l'unica cosa che conta. Distruggerò qualsiasi cosa che si frapporrà tra me ed essa ad ogni costo. Non ho paura di sacrificare la mia vita per la vittoria, purché il mio popolo sia salvo.» espirò e sembrò immediatamente più rilassata. I pensieri da guerriero la rendevano spesso un'altra persona, meno giocosa e vivace di quando doveva semplicemente governare in tempo di pace.
«Pregherò per te.»
«Lo spero bene.» Hayili la guardò e sorrise, dandole un bacio leggero a fior di labbra. Poi sospirò, le baciò la fronte e si allontanò. «Raggio di sole, sta per iniziare la mia parata. Devo andare.» lesse la tristezza negli occhi della sua Imineti, ma la attribuì semplicemente alla separazione. Le pizzicò dolcemente una guancia e tornò all'interno della festa, indossando il più grande sorriso che avesse nel repertorio.

La battaglia

Hayili si sentiva pesante.
Il sangue che le colava dalla fronte le offuscava la vista dall'occhio destro e iniziava ad accusare la fatica. Si passò l'avambraccio sul volto e prese un profondo respiro, forse per scacciare un po' di quella stanchezza che sembrava chiamarla a terra a gran voce.
Tornò in posizione eretta e le cadde la corona, scivolandole sui lunghi capelli biondi, ormai spettinati.
La spada le sfuggì di mano, tintinnò sulla sabbia e si fermò, alzando una leggera coltre di polvere.
Si sentiva morire.
Ogni fibra muscolare bruciava anche solo respirando, le ossa sembravano scricchiolare come se avessero dovuto andare in frantumi.
Ma erano le stesse inebrianti sensazioni che bramava di sentire ogni volta che scendeva in battaglia, che sguainava la spada. Quella volta, però, si sentiva troppo esausta per potersi rimettere in piedi come avrebbe dovuto.
Strizzò gli occhi mentre cadeva in ginocchio, dopo tutta la fatica che aveva fatto per rimettersi in piedi, e vide sfocata la figura di Imineti: gli occhi tristi che la seguivano mentre se ne andava, le labbra rosee inarcate in un sorriso incoraggiante, la sua schiena che si allontanava. Vedere la sua donna appena prima di partire per una guerra da cui non sapeva se sarebbe ritornata l'aveva ricaricata, le aveva dato le energie sufficienti per affrontare i suoi nemici al meglio.
Appoggiò la fronte al terreno arido, espirò, il cuore le bruciò per un secondo e poi strinse il pugno e lo batté con forza, serrando le mascelle. Si mise in ginocchio, recuperò la propria corona e tornò in piedi, pur non sapendo dove trovare le energie.
Non poteva, in nessun modo, in nessun caso, lasciare che la fatica la fermasse: doveva proteggere il proprio popolo, doveva proteggere i bambini, le donne, gli uomini, la sua Imineti.
E l'avrebbe fatto.
Impugnò l'elsa della sua spada con la determinazione nel cuore, espirò profondamente e spalancò gli occhi, puntandoli davanti a sé.
Un uomo si stava avvicinando con passo pesante, la sua corazza tintinnava come un sacchetto di monete preziose.
Hayili lanciò un urlo e svuotò i polmoni di tutta l'aria in eccesso, un grido che riecheggiò sul campo di battaglia e sembrò fermare il tempo: i soldati si immobilizzarono sul proprio posto, la fissarono sconvolti. Il portabandiera le si avvicinò tenendo lo stendardo alto, glielo porse. L'Imperatrice lo piantò al suo fianco, con un ringhio animalesco a grattarle la gola per uscire.
«Io sono Hayili, l'Imperatrice del Regno delle Acque Rosse! Chi sei tu?»
L'uomo di fronte a lei si fermò, il suo portabandiera dietro di lui quasi non gli andò a sbattere contro, e si tolse l'elmo, lanciandolo alle sue spalle.
«Imperatrice? Una ragazzina? Solo un regno caduto in basso si affida ad una giovane donna.» ghignò, sprezzante. Il volto era ricoperto di cicatrici, profonde e chiare, segno di innumerevoli battaglie vinte, incorniciato da una zazzera di capelli bianchi tagliati corti e spettinati. Gli occhi erano profondi, neri come la pece, sembravano due pietre di ossidiana incastonate in un viso perlaceo.
«Ho chiesto, chi sei tu?» Hayili ripeté la domanda, piuttosto che lanciargli la spada dritta in mezzo agli occhi. Il bene del suo regno erano ad un passo da lei, al di là di quell'uomo dall'aria pericolosa. Se avesse ucciso lui, avrebbe salvato il regno. Ne era sicura.
«Io sono T'Orineti, Generale dell'Impero del Nord. Sono qui per liberare il Regno delle Acque Rosse, per ricongiungerlo al resto dell'Impero a nome del nostro Imperatore Ikane.»
Hayili sentiva il sangue ribollirle nelle vene: era proprio da persone come lui che voleva proteggere il suo popolo, da uomini che credevano che le donne non potessero combattere, non potessero regnare, non avessero la stessa forza. Inclinò la testa di lato e le ossa del collo scricchiolarono, non solo per il dolore.
I nervi erano tesi, sembrava un felino pronto a scattare in avanti e azzannare alla giugulare il proprio nemico.
«T'Orineti, se sei così convinto di potermi sconfiggere, allora dimostralo! Al tuo esercito, al mio, dimostra la superiorità dell'uomo e sconfiggimi.» stava puntellando il suo ego nella speranza di fargli accettare la sfida e umiliarlo, distruggerlo, salvare il suo regno dall'Imperatore Ikane, chiunque esso fosse.
«Farò di te la mia schiava.» T'Orineti lasciò a terra il proprio scudo, su cui era inciso un grande drago a due teste color verde smeraldo, e sogghignò spavaldo. «Potrai avere il mio esercito, se riuscirai a battermi. Improbabile, comunque.»
«Non vedo l'ora di poter avere questi uomini tra le mie fila.» Hayili fece una sorta di inchino e strinse la presa sull'impugnatura della sua fedele spada, iniziando a camminare verso di lui.
T'Orineti la imitò, avvicinandosi.
Si trovarono faccia a faccia in una manciata di secondi, immobili, i respiri che si mescolavano l'uno con l'altro, l'odore della guerra e del sangue che evaporava dai loro corpi brucianti dalla voglia di uccidersi.

L'uomo si pulì il viso dal sangue che si era raggrumato nella sua ispida barba bianca con il bracciale di cuoio, osservava con il suo sguardo di pietra la ragazzina che aveva di fronte come se fosse stato un lupo affamato nascosto nella vegetazione, pronto ad attaccare la preda che non sospettava di nulla, ignara e indifesa.
L'Imperatrice aveva il fiatone, ma dopo un profondo respiro il tempo si fermò di colpo, raccolse tutte le forze rimaste per lo scontro più importante. Non combatteva per lei, per il suo orgoglio ferito, ma per tutte le persone che contavano su di lei. Sentì che tutto introno a loro due si fermava, come una platea immobile e silenziosa si appresta ad osservare i protagonisti di uno spettacolo cruento e senza esclusioni di colpi. L'Imperatrice strinse l'elsa della sua spada, la alzò al cielo e con uno strattone deciso, la portò verso il basso lasciando che tutto il sangue sulla sua stretta ed affilata lama corresse per la sua lunghezza e cadesse al suolo, lasciando la lama lucente e priva di macchie. Si sciolse i muscoli della spalla e del polso facendo dei cerchi con la spada e infine, con grazia e imponenza, degne di una reggente, si mise in guardia.
Dall'altra parte del campo, anche T'Orineti si preparò, facendo scrocchiare il collo con il movimento delle spalle. Con prepotenza, afferrò ed estrasse dal terreno lo spadone a due mani che aveva piantato, fece qualche passo in avanti, trascinando lo spadone intriso di sangue e sabbia che formavano uno strato pastoso e disgustoso. T'Orineti si fermò e allargò le gambe, puntando i piedi a terra; alzò lo spadone e lo portò sulla spalla, e con quello sguardo assassino urlò: «Imperatrice!» Udendo quel grido bestiale, l'Imperatrice scattò in avanti con grazia e maestosità, e nel silenzio di risacca dall'urlo di quell'animale, si sentì solo il leggiadro suono della cotta di maglia della donna che tintinnava attraverso l'armatura di piastre lucenti.
T'Orineti, vedendola correre verso di lui, alzò lo spadone al cielo e gridò: «Muori!»
Scagliò un attacco dall'alto, l'Imperatrice con un abile scivolata passò, grazie alla sua costituzione longilinea, attraverso le gambe di T'Orineti schivando l'attacco che si schiantò al suolo con un rumore sordo.
In un attimo fu in piedi dietro il suo avversario. Ebbe solo qualche momento di vantaggio, ma quanto bastava per sferrare il suo attacco: come un lampo scagliò un fendente alle gambe di T'Orineti costringendolo ad inginocchiarsi e a mollare la presa sulla sua arma. Con la vittoria in mano e il nemico alla sua mercé, l'Imperatrice, colta da un'arroganza giovanile, abbassò la spada ringhiando un: «Parli troppo, scimmione.»
Ma l'uomo, ben lontano dall'essere sconfitto, preso dalla furia animalesca di una bestia messa all'angolo, afferrò nuovamente lo spadone e, con una forza inaudita, sferrò un colpo violento all'Imperatrice che ebbe a malapena il tempo di mettere la spada sulla difensiva in direzione del colpo. Venne comunque presa in pieno dallo spadone che, essendo ancora impastato di sabbia e sangue, sembrava una barra di metallo che spezzò la spada dell'Imperatrice. Hayili venne sbalzata all'indietro insieme alle due parti della sua spada, T'Orineti urlò e si rimise in piedi accecato dalla rabbia, e si diresse verso la donna che, dolorante, cercava di trascinarsi verso ciò che restava della sua spada. Ancora stordita dal colpo, sentiva il suo avversario che si avvicinava velocemente e, non avendo il tempo di preoccuparsi oltre, sentì la sua mano che la afferrava per la spalla e la girava sulla schiena.
L'Imperatrice cercò di proferire parola, ma T'Orineti la afferrò per la gola e la alzò.
Il silenzio ricadde di nuovo sulla scena. Si sentiva solo il rumore della mano di T'Orineti che si stringeva attorno alla gola di Hayili, scricchiolando in un modo inquietante. Sentiva che sarebbe morta, l'aria stava iniziando a non entrare più nel corpo e i dolori della battaglia si arrampicavano su di lei, affamati della sua sofferenza.
All'improvviso, come se fosse stato un intervento divino, le gambe di T'Orineti cedettero a causa delle ferite subite precedentemente, diventando stranamente più larghe e profonde. L'Imperatrice sfruttò quest'opportunità per raccogliere le poche energie rimaste per colpire l'avambraccio di T'Orineti con una gomitata. Cadde e, con uno scatto che non credeva essere in grado di compiere, recuperò una parte della lama della sua spada e si avventò sulla gola di T'Orineti, recidendola con un grido selvaggio. Si sentì solo un ultimo gemito soffocato dal sangue e dalla saliva, dell'animale e, tenendosi la gola con entrambe le mani, cadde al suolo con la schiena, decretando così l'esito del combattimento.
Hayili si permise solo in quel momento di riprendere fiato, un violento colpo di tosse la scosse da capo a piedi e poi si mise in posizione eretta, tremante. Andò ad afferrare lo stendardo del suo Regno e lo piantò poco distante dal cadavere, poi passò lo sguardo omicida su tutti i presenti, che deglutirono.
«Io sono l'Imperatrice del Regno delle Acque Rosse e nessuno può imporre la propria legge sulla nostra. Proteggerò il mio popolo a costo della mia vita.» disse, con la gola che ancora le bruciava per il soffocamento di poco prima. «E adesso, tornate a casa vostra, dite al vostro Imperatore che finché io sarò in vita, non lascerò mai il mio Regno nelle mani di un vigliacco che non scende in battaglia con i propri uomini. Se non gli va bene, che si faccia avanti e mi sfidi!» si abbassò, prese lo spadone del suo avversario e, sfruttando gli ultimi rimasugli di adrenalina, decapitò T'Orineti. «Portategli la testa di quest'uomo e non tralasciate che è stata una donna, Hayili delle Acque Rosse, a sconfiggerlo.» lanciò la testa insanguinata al portabandiera dell'Impero avversario, che la fece saltellare tra le mani per la sorpresa.
Dopo una manciata di secondi di silenzio, un grido vittorioso si levò in cielo, e Hayili potè finalmente sorridere, vedendo la soddisfazione negli occhi scuri di Imineti nella sua mente.
Aveva vinto.
E non era morta.

La notte

Non riusciva a prendere sonno, nonostante l'adrenalina della battaglia fosse ormai scemata da un pezzo. La luna era alta nel cielo e non riusciva a smettere di pensare a com'era scampata alla morte per un soffio.
Solo a ripercorrere quei momenti, il cuore tornava a batterle con violenza nel petto.
Si costrinse a respirare con calma, a rallentare il ritmo, e si mise a fissare il soffitto della sua tenda personale. Si intravedeva il cielo attraverso di essa, sereno, senza nuvole.
Aveva immaginato una guerra molto più lunga ed estenuante, era stata una fortuna aver trovato il generale durante il primo giorno. Sarebbe potuta tornare a casa in fretta, già per la sera del giorno dopo avrebbe abbracciato Imineti e avrebbe passato la notte con lei, a bere e a fare l'amore, per festeggiare la pace del Regno.
Già si sentiva più tranquilla ad immaginare il viso delicato della Prima Sacerdotessa che le sorrideva, che l'abbracciava e che la baciava.
Sei stata imprudente, sfidare il Generale!”
Le sembrava di sentire la sua voce riecheggiare nella mente, con quel tono imperioso che tanto amava. Una volta tornata a palazzo avrebbero potuto rendere ufficiale la loro relazione, iniziata un anno prima, quando era stata proclamata Imperatrice.

Non vedeva l'ora di poterla avere tra le sue braccia, di nuovo, e per sempre.
«Non succederà.»
Sgranò gli occhi quando si accorse di non conoscere la voce che aveva mandato in frantumi le sue fantasie con quella facilità. Due parole che l'avevano svegliata completamente, riportandola su un terreno di guerra. Si mise seduta sul letto e si guardò intorno finché non scorse una figura incappucciata e bianca.
«Chi sei? Cosa vuoi da me?» andò a tentoni di fianco alla branda per cercare di recuperare la spada più in fretta possibile, e quando la afferrò, la figura era seduta ai suoi piedi.
«Io sono Misik.»
Hayili spalancò la bocca e se la coprì con le mani, lasciando cadere la spada che tintinnò a terra. «Mia Dea…» sussurrò a bassa voce, cercando di inchinarsi il prima possibile. Come aveva potuto puntare la propria arma contro una Dea? Una Dea benevola, oltretutto! «Io… la ringrazio, mia Dea, per avermi salvato la vita.» ingollò il groppo di saliva che le ostruiva la gola e strusciò la fronte contro le lenzuola di seta pregiata, in una posizione di sottomissione totale.
«Tu credi che sia stato il mio volere, salvarti… ma ti sbagli. È stata Mizani, mia sorella.»
«La Dea del chaos?»
La figura bianca sogghignò, si mise in piedi e scoprì il volto dal cappuccio: la carnagione era bianca, lattea, gli occhi di un leggero azzurro tendente al grigio, il naso all'insù e le labbra sottili, anche loro azzurrognole.
Hayili impallidì e tornò ad inchinarsi, cercando di vincere la propria curiosità.
«Mizani è mia sorella gemella. Dove io porto bene, lei porta male.» Misik fece una pausa carica di tensione, facendo qualche passo nella tenda. «Ma dove io porto male, lei porta bene. Mizani è l'equilibrio dopo il mio chaos. Per voi umani è difficile da comprendere, il bene che è male, e il male che è bene.» sospirò profondamente e Hayili rabbrividì. «Vieni, Imperatrice. Ti mostro qualcosa.» ed uscì dalla tenda in uno sfarfallio bianco, come se fosse stata un turbine di neve fresca.
L'Imperatrice saltò giù dalla branda e la seguì, coperta solo dalla vestaglia da notte.
Si trovò nel suo Regno, nella Città Madre, e di fronte a lei si stagliava il tempio della dea Mizani, dove vivevano le sacerdotesse, prima fra tutte Imineti.
«Perchè siamo… come abbiamo fatto a…» le parole le morirono in gola quando vide la sua amata sorridente, mentre saliva le scalinate del tempio. «Imi…»
«La Prima Sacerdotessa ha appena visto l'Imperatrice partire per la battaglia.» le spiegò la divinità al suo fianco, facendola sobbalzare. Hayili, dopo aver visto Imineti, aveva quasi dimenticato di avere la Dea accanto. «Sa che l'Imperatrice corre un pericolo molto grande.» la Dea si incamminò, seguendo i passi decisi di Imineti all'interno del tempio.
Hayili pensò che forse era irrispettoso entrare in un luogo sacro vestita a quel modo, ma non poteva di certo lasciare che Misik procedesse senza di lei. La raggiunse e imitarono Imineti che scendeva nella cripta.
Lì, la Prima Sacerdotessa si inginocchiò davanti alla statua di Mizani, la Dea che credevano fosse malevola, e disse: «Madre Mizani, io ti invoco. Ti chiedo di portare equilibrio, di salvare una vita.»
Un turbinio di ombre oscure avvolse la statua, e poco dopo essa prese vita, mostrando una donna nera come la pece e dagli occhi brillanti color della brace ardente. «Imineti, Prima Sacerdotessa. Tu chiedi qualcosa a me, Mizani?»
Imineti si mise in piedi, mentre Hayili tratteneva il respiro. «Sì, mia Dea. L'Imperatrice Hayili non deve morire.»
«La richiesta che poni necessita di equilibrio, Imineti.»
«Propongo uno scambio. La mia vita per la sua. Nel momento in cui l'Imperatrice dovrà morire, sarò io a prendere il suo posto, e morirò pregando le divinità.»
«Che cosa… no.» Hayili credette di urlare, ma lo scenario che aveva davanti agli occhi non cambiava, anzi, si faceva via via più vivido, costringendola a dubitare della sua sanità.
«Prima Sacerdotessa, sei sicura di quello che stai chiedendo?»
Imineti socchiuse gli occhi e sorrise. «Pensare di vivere in un mondo senza la mia Imperatrice è inaccettabile. Preferisco di gran lunga morire.» li riaprì e in essi, Hayili scorse una determinazione che non era propria della sacerdotessa.
«Imi non ti azzardare, non devi farlo.» l'Imperatrice corse davanti alla sua amata, le mise le mani sulle spalle, ma con sua sorpresa e terrore le passò attraverso. Si voltò di scatto verso la divinità bianca, che sogghignava. «Devi farmi parlare con lei! Devi impedirle di farlo!»
Misik sembrò sgranare gli occhi ed inclinò la testa di lato, in un'espressione che doveva essere confusa. «Non posso farlo. Ciò che è passato non può tornare com'era. La Prima Sacerdotessa ha scambiato la propria vita con la tua, Imperatrice.»
Hayili si sentì le gambe cedere e gli occhi pungerle, tanto che si accasciò in ginocchio, coprendosi il volto con le mani. La donna che aveva sconfitto un generale, che in battaglia si era resa portatrice di libertà, fiera come un leone, ora era semplicemente una ragazza disperata, col cuore che doleva.
«Perchè…» pigolò tra un singhiozzo e l'altro. «Perchè l'ha fatto…»
La Dea Misik le mise una mano gelida sulla nuca. «L'amore fa fare cose impensabili. Imineti ti aveva avvertito, lo sapevi che sarebbe successo qualcosa, ma sei andata comunque. Non le hai lasciato scelta.»
Hayili singhiozzò più forte. Aveva ragione. Per orgoglio si era buttata in una guerra che aveva portato alla morte l'unica persona che aveva mai amato così profondamente e intensamente. La gloria, la vittoria, tutto quel discorso sul proteggere le persone, che senso avevano se non riusciva a proteggere la donna che amava? Come poteva considerarsi degna di regnare su un popolo se Imineti aveva dovuto sacrificare la propria vita per lei?
Si pulì gli occhi dalle lacrime in eccesso e continuò a guardare la scena, mentre Mizani prendeva il viso di Imineti tra le mani. Si fissarono negli occhi per un tempo che sembrò infinito, poi Imineti cadde a terra, trattenendosi la gola. Ad Hayili parve perfettamente chiaro: stava soffocando.
«L'equilibrio è stato concesso, Prima Sacerdotessa.»
Mizani svanì in una nuvola nera, e l'Imperatrice si trascinò sul corpo morente della sua amata. Il suo corpo non era fisico, eppure riusciva a percepire le ossa dolenti che scricchiolavano e i muscoli che tiravano, come se non avessero voluto raggiungere la sacerdotessa. «Imi… Imi sono io, mi senti?» però Imineti non rispondeva, la fissava, ma guardava attraverso. «Mi dispiace… mi dispiace così tanto… non doveva andare così…» pianse, appoggiata al suo seno. Quel seno che aveva saggiato così tante volte e di cui faceva fatica a fare a meno, ora era percorso da tremiti e scossoni. «Sono qui… sono qui, va tutto bene.» le prese la mano, la strinse come solo uno spirito poteva fare. Si sentiva inerme come mai si era sentita prima. Guardava Imineti morire nel modo in cui sarebbe dovuta morire lei: si ricordava la sensazione di impotenza, la propria vita era letteralmente nelle mani del suo avversario, l'ossigeno che cercava di intrufolarsi nelle vie respiratorie era affilato come lame e la graffiavano, rendendo un atto così normale doloroso da impazzire. E ora pensare, o meglio, vedere che la sua donna stesse patendo quelle sofferenze a causa sua la faceva infuriare oltre ogni limite. Era arrabbiata con se stessa, prima di tutto: se solo l'avesse ascoltata, ora sarebbe stata viva, sarebbe stata a dormire tra le sue lenzuola di seta bianche e magari avrebbe sognato di riabbracciarla, proprio come aveva fatto lei. «Ti amo… ti amo. Ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo, ti prometto che mi prenderò cura della vita che mi hai regalato, farò tesoro di ogni momento, proteggerò il mio popolo, diventerò forte affinché nessun altro debba sacrificarsi per me. Sono qui con te, Imineti… sarò qui per sempre.» sussurrò a fior di labbra, mentre le lacrime continuavano a scenderle sulle guance.
Che immagine patetica, l'Imperatrice che si disperava come una ragazzina comune.
L'agonia di Imineti finì in un paio di minuti, socchiuse gli occhi e la sua anima volò via leggera e candida, lasciando il corpo immobile.
Il silenzio pervase la cripta, Hayili sentiva solo il rumore del proprio pianto.
«Dobbiamo tornare, Imperatrice.» Misik la interruppe e la fece alzare senza toccarla.
Hayili si sentì sollevare di peso e lasciò che la Dea la trasportasse senza opporre resistenza. Sperava fosse un sogno, voleva davvero credere che fosse un brutto incubo, perciò non si fece troppe domande quando, arrivate in cima alla scalinata, si ritrovò all'interno della propria tenda.
«Ricordati delle tue promesse. Finché avrai vita, dovrai proteggere i tuoi sudditi. La Prima Sacerdotessa ti ha regalato la sua vita affinché tu possa governare. Il tuo tempo si è fermato: ripartirà quando la vita della Sacerdotessa sarà esaurita.»
E anche Misik scomparve in uno sbuffo candido.
Hayili rimase immobile al suo posto, fissando il punto in cui la Dea si era dissolta nell'aria. Era sicuramente un incubo. Le due Dee esistevano, senza ombra di dubbio, ma perché avrebbero dovuto farle assistere ad una scena tanto cruenta? Probabilmente era solo un brutto sogno dovuto all'adrenalina della battaglia, nulla di più.
Convinta di ciò, si intrufolò tra le lenzuola della branda e aspettò di prendere sonno, di nuovo, ripetendosi che il mattino dopo sarebbe tornata a casa e avrebbe confermato le sue teorie.

Il ritorno

In groppa al suo cavallo, Hayili si godeva il trambusto che facevano i suoi soldati, strillando di gioia e cantando canzoni in suo onore, descrivendola come la salvatrice del Regno.
La “Benedetta dalle Dee”, la chiamavano, e lei si sentiva sempre più importante e piena di energie, come se avesse recuperato tutte quelle spese nel combattimento.
Ma una pulce si era infilata nel suo orecchio, lasciandola meno serena di quello che avrebbe voluto essere: aveva fatto un incubo terribile, tanto che si era svegliata in lacrime – e lei non si era mai svegliata piangendo, neanche dopo la morte dei suoi genitori. Si sentiva un peso sullo stomaco che la faceva sentire goffa e lenta, indietro rispetto a chiunque le fosse vicino. Qualcuno dei suoi comandanti provò anche a rivolgerle la parola, facendo qualche complimento, ma lei era totalmente distratta.
Non riusciva a smettere di rivivere quelle scene inquietanti nella sua mente, eppure doveva mostrarsi felice e soddisfatta di com'era andata la battaglia. Dopotutto aveva vinto, era riuscita a proteggere tutti, cosa poteva rimproverarsi?
Quando vide le porte della Città Madre si sentì immediatamente sollevata: era quasi sera, il sole aveva iniziato a calare, come un genitore che aveva aspettato i figli per poter riposare, e il cicaleccio del suo popolo le riempì il cuore.
«L'Imperatrice è tornata!» il generale Sakti urlò, e la città si chetò. «Ha combattuto con coraggio, e ha rischiato la propria vita per noi.» fece una pausa, guardò Hayili e sorrise, sinceramente orgoglioso. Sakti era l'uomo che l'aveva allenata, istruita, la figura più simile ad un padre che avesse avuto dopo la morte del proprio. Aveva visto in lei il sangue che ribolliva, la forza d'animo e la gentilezza di un governante, e l'aveva seguita senza invadere il suo spazio, lasciandola sbagliare quanto possibile. «Nessun uomo, o nessuna donna, potrà mai invadere il nostro Regno senza sfidare la Benedetta dalle Dee!»
La città si aprì in un boato di applausi e grida, e poco dopo si preparò una banda musicale che seguì l'Imperatrice per tutto il percorso fino al castello.
Hayili salì le scale, imbracciando la spada del defunto T'Orineti come un trofeo. Chiunque fosse nei paraggi ammirava quell'arma ancora intrisa di sangue e ne percepiva la potenza: potevano solo immaginare la forza animalesca dell'uomo che aveva potuto brandirla senza fatica.
L'Imperatrice la appese sopra il proprio trono e si sedette. Era a casa e tutto sembrava andare per il meglio. Finalmente.
«Mia signora, la festa inizierà a breve. Non ci aspettavamo che sarebbe tornata così presto.» una sacerdotessa si affrettò a raggiungerla, inchinandosi a lei e prendendole le mani. Fece un largo sorriso, e solo allora le riaffiorò alla memoria l'incubo. La consapevolezza di dover controllare la colpì al petto e la spinse all'indietro, mozzandole il respiro in gola.
«Imperatrice?»
Hayili tossì, portandosi una mano al petto. «Sì… sì, scusami. Prima vorrei rendere grazie alla Dea Mizani per la clemenza in battaglia.» annuì e si alzò in fretta e furia. Si mise quasi a correre per la città in direzione del tempio tanta era la fretta che aveva.
Doveva assolutamente controllare che quello che aveva sognato non fosse la realtà. Ma come poteva essere la realtà? Era talmente assurdo che… che… non c'era neanche da immaginarlo! Non era possibile!
Arrivò al tempio e si fiondò sulle scale che portavano alla cripta, incespicando sulle gambe molli dall'ansia.
Non poteva essere vero.
Non poteva essere vero.
Incrociò un'altra sacerdotessa che cercò di fermarla, ma quasi non la sentì parlare, la superò con una leggera spallata e proseguì, caracollando giù per le scale. Sembravano non finire mai.
Quando finalmente si trovò in piano, aveva finito il fiato nei polmoni e si piegò per appoggiarsi alle ginocchia. Stava tremando, e non poteva fermarsi per nessuna ragione al mondo.
Si rimise in posizione eretta, fece qualche passo addentrandosi nella cripta: l'aria gelida del sottosuolo le si insinuò nelle ossa, facendola rabbrividire.
Faceva saettare gli occhi da un angolo angusto all'altro, finché non trovò una teca di vetro.
Il cuore le si fermò per un tempo che sembrava interminabile.
Urlò e il rumore della sua voce le rimbombò nella testa per molto ancora, prima di esaurirsi nel silenzio tipico di un luogo sacro.
Imineti sembrava così serena sdraiata su quella lastra fredda di marmo.
«No…» sussurrò, creando della condensa sul vetro. Era vero. Era morta.
Imineti era morta.
E lei non aveva potuto fare niente.
Pianse, cadde in ginocchio, ma non interruppe il contatto con la teca, la cosa più vicina alla sua amata.
Non appena riuscì ad aprire un poco gli occhi, intravide una busta sotto la teca. Lesse il suo nome, anche se offuscato dalle lacrime e la aprì, con le mani che le tremavano.

Cara Hayili, mia Imperatrice,
quando tornerai io sarò morta, lo so.
Come so che sarai infuriata, e penserai che l'abbia fatto per te.
Purtroppo no, devo contraddirti, ma l'ho fatto per me e per il nostro popolo. Io non avrei potuto pensare di vivere senza di te, senza la mia guida e la mia forza. Nessuno potrebbe mai sostituirti, in nessun campo: sei una persona splendida, come non ne sono più nate, hai un cuore grande che riempie d'amore anche quelli altrui, un sorriso da guerriera impenitente. Sei bella, Hayili, ma non bella perché hai la pelle liscia e gli occhi grandi, il fisico snello; sei bella perché rendi bello qualsiasi cosa tu tocchi. Come avrei potuto permettere che il mondo continuasse ad andare avanti senza di te? Sei necessaria.
Chiunque saprebbe pregare una divinità, ma solo tu puoi guidare un Regno nel modo migliore possibile.
Ti amo, Hayili, ti amerò per sempre.
Ti ho donato la mia vita, è tua, ora. Mi spiace non poter vedere le meraviglie che compirai, ma mi consola sapere che molti altri le vedranno.
Arrivederci, amore mio.
Tua per sempre,
Imineti.

Hayili strinse la lettera al petto, stropicciandola e riempiendola di lacrime amare. Chissà quando si sarebbero consumate, quelle lacrime maledette, che bruciavano come fuoco sulle sue guance fredde.
Non poteva lasciare che la sua vita, la vita di Imineti, scivolasse nel baratro dell'oscurità.
Tirò su col naso, si pulì come meglio poteva il viso per rendersi presentabile.
«Imperatrice Hayili…» una mano le si posò sulla spalla, una sacerdotessa la interruppe dai suoi pensieri pericolosi.
«Lasciami sola.» ringhiò, gli occhi fissi sulla teca e le mascelle serrate. Non era proprio il momento di fare conversazione, sapeva cosa doveva fare.
«Ma, mia signora…»
«Ho detto: lasciami sola.» si fece forza e si arrampicò sulla teca per potersi alzare in piedi. Perse l'equilibrio, ma non cadde. Non sarebbe più caduta.
La giovane sacerdotessa sparì sulle scale, probabilmente spaventata.
Hayili respirò profondamente: Imineti era estremamente serena, sorrideva. «Arrivederci, amore mio.» sussurrò. Poggiò le labbra sul vetro e fece cadere la sua ultima lacrima, per poi rizzare la schiena e scrocchiare le ossa del collo. Si voltò verso la statua della Dea Mizani e la fissò negli occhi. «Madre Mizani! Sono l'Imperatrice Hayili, ti invoco!»

Ritrovarsi

Quanti anni erano passati?
Venticinque? Trenta? Forse anche quaranta? Hayili non ne aveva la più pallida idea, sapeva solo che non invecchiava.
Per ogni battaglia che vinceva, il tempo era immobile sul suo viso e sul suo corpo. Aveva visto il suo regno prosperare, era diventata una leggenda vivente tra i casati nemici, tanto che stava diventando difficile onorare il patto, ormai. Erano tutti spaventati dalla sua forza, dal fatto che rimanesse con l'aspetto di una ventenne nel pieno delle proprie forze, girava voce che avesse fatto un patto con il Demonio.
Niente di più vero, pensò mentre addentava una coscia di pollo arrosto.

«Madre Mizani! Sono l'Imperatrice Hayili, ti invoco!»
Il famigliare turbinio scuro comparve davanti a lei e la Dea Mizani ne uscì, incappucciata e nera come aveva visto nella visione di Misik.
«Imperatrice, cosa chiedi?»
«Ti propongo un patto!»
La Dea inclinò la testa e il cappuccio le scivolò dalla testa. I capelli neri erano tirati all'indietro mostrando la pelle scura, i lineamenti duri e freddi. Le labbra erano leggermente più chiare del resto della pelle, gli occhi neri e lucidi e le ciglia lunghe.
«Mi parli in modo strano.» il tono era distaccato, ma Hayili coglieva una punta di disprezzo.
«La Prima Sacerdotessa è morta. Sono necessari almeno sette anni perché la sua anima torni in questa Terra, e quando succederà io sarò troppo vecchia. Devo avere di nuovo l'anima di Imineti per me.»
«Imperatrice, mi stai chiedendo di non morire?»
Hayili annuì e si inginocchiò. Non era mai successo,se non per quell'unica volta in cui la Dea Misik era andata a farle visita nella sua tenda.
«Ti sto chiedendo, Madre Mizani, di fermare il mio tempo finché non potrò rincontrare l'anima di Imineti. Da quel momento la mia vita ripartirà, ma fino ad allora…»
«Io sono Mizani, la Divinità dell'equilibrio. Per ogni domanda pretendo un'offerta. Cosa puoi darmi, tu?»
«Scenderò in battaglia, ogni volta. Ti darò tutte le vite che desidererai, tutte quelle che valgono la mia. Non mi opporrò.»
«Se ti imponessi stragi?»
Hayili strinse le mascelle e chiuse le palpebre fino a farsi male. «Se valgono la mia vita, non mi opporrò.» ripeté con tono solenne.
La Dea Mizani le posò la mano sulla testa e svanì in una nube di zolfo, dicendo:«Il patto è stato sigillato, Imperatrice. La tua vita riprenderà a scorrere quando incontrerai nuovamente l'anima della Prima Sacerdotessa.»

L'Imperatrice sbuffò e lasciò cadere l'osso di pollo nel piatto. La festa per l'ennesima battaglia vinta la stava annoiando in modo particolare, quasi si sentiva infastidita da tutta quella bolgia di gente che strillava e ballava, producendo un fracasso insopportabile.
Sgusciò via dal palazzo senza essere vista, nel momento in cui la banda stava iniziando a suonare la canzone sulla “benedetta dalle Dee”, e si intrufolò di soppiatto nel tempio, andando dritta alla cripta.
Ogni giorno si recava in quel luogo, rendeva grazie e parlava con la tomba di Imineti, e quel giorno non sarebbe stato diverso. Si inginocchiò di fronte alla tomba, sfiorò l'epitaffio con la punta delle dita e vi appoggiò la fronte, espirando delicatamente.
«Non hai idea di quanto mi manchi, Imi…»
Si staccò dalla tomba, incrociò le gambe e lesse l'epitaffio per l'ennesima volta.
Imineti, colei che porta l'equilibrio.
Ogni Imperatrice o Imperatore, per tradizione, doveva scrivere l'epitaffio per la morte della Prima Sacerdotessa, e lei non era stata da meno. In molti avevano domandato cosa stesse a significare, cosa voleva dire quella frase, ma si era sempre rifiutata di rispondere: aveva deciso che si sarebbe portata il suo sacrificio nella tomba, quando sarebbe stato il suo momento.
Ogni tomba, nella cripta, equivaleva ad una sacerdotessa morta. Si chiese se ogni volta, ognuna di loro avesse un rapporto così stretto con il regnante come Imineti aveva con lei; si chiese se fosse capitato altre volte ad una sacerdotessa di sacrificarsi, di dare la propria vita in cambio di quella di qualcun altro. Avrebbe voluto saperlo.
«Imperatrice Hayili, cosa ci fate qui?»
La donna si alzò in piedi, spolverandosi i pantaloni in cuoio con dei veloci gesti delle mani. «Stavo andando via.» borbottò brusca, senza alzare lo sguardo.
«Potrebbe essere il destino. Imperatrice, lei è Inidegena, la nostra novizia.»
Hayili non sapeva cosa fosse stato, ma qualcosa l'aveva spinta ad alzare gli occhi e guardare in faccia quella nuova sacerdotessa. Il cuore le si fermò, per poi ripartire con la forza di un fiume in piena, rendendole difficile stare in equilibrio sui suoi stessi piedi.
Grandi occhi chiari, perlacei, pelle liscia e candida, capelli scuri legati in una treccia laterale. I lineamenti delicati, le guance rosate, le spalle sottili e il corpo longilineo, senza particolari accenni di curve sotto la tunica da novizia.
Sentì caldo e resistette a malapena all'impulso di spogliarsi.
«Imineti…» sussurrò.
E la novizia sorrise, come se avesse saputo.













Sophie's space____________
Ed eccomi qui.
Era una novità, per me, spero che vi piaccia e che io sia riuscita a far passare quello che volevo far arrivare.
Volevo dire solo un'ultima cosa… questa storia è incentrata sull'amore, sull'amore che vince su tutto e che è eterno, se è quello giusto. Avrei voluto pubblicare ieri, ma non avevo ancora trovato il titolo (shame on me), e quindi arriva oggi, un giorno in ritardo rispetto alla festa per eccellenza dell'amore.
In realtà, per me, l'amore va celebrato tutti i giorni, perciò me ne frego e quindi buona festa dell'amore a tutti!
In particolare alle mie preziosissime amiche, la fatina del ghiaccio, la principessa perduta e il marshmallow. Perché io ci sono sempre per voi.
  
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