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Autore: Gryfferinpuff    15/02/2017    3 recensioni
Amanda Waller si comporta in modo strano durante le sue visite a Belle Reve, ormai sempre più frequenti.
L'arrivo di un nuovo misterioso ragazzo sembra scatenare una serie di eventi, apparentemente casuali, che creano scompiglio all'interno della prigione. Il caos giunge l'apice quando il sistema di allarme viene disattivato e molti criminali riescono a fuggire dalle celle.
Ma c'è di più: ormai da tempo circolano voci di misteriosi disordini in città.
Che l'evasione di massa sia il tassello di un intricato piano di Amanda Waller? Oppure i carcerati sono stati liberati da qualcuno legato agli strani avvenimenti cittadini?
Tra dubbi e grosse sorprese, la Squadra Suicida viene nuovamente riunita e, affiancata da nuovi membri, si ritroverà a combattere contro un nemico inaspettato.
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Harley Quinn, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
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SUICIDE SQUAD 2 - NECROPOLIS



- Prologo -




- Scortate il ragazzo nella cella con la massima cautela!     
Amanda Waller procedeva impettita lungo il corridoio del terzo piano del carcere, impartendo ordini ai due soldati intenti a trascinare per le braccia un giovanotto dall’accento ispanico; quello gettava occhiate incuriosite oltre le sbarre delle celle, cercando di vedere quale mostruosità si celasse al loro interno.        
- Voglio parlare col mio avvocato! – gridava di tanto in tanto. – Non potete chiudermi qui!    
Si fermarono finalmente davanti ad un cubicolo chiuso da una pesante grata metallica, che scattò verso l’alto non appena Waller ne azionò il meccanismo tramite un piccolo telecomando.
Il ragazzino si lasciò spingere all’interno del buco a tre mura, facendo un salto indietro non appena la grata ridiscese con fastidioso sibilo.    
- Allora, come sono andato? – domandò con aria eccitata. – Ero convincente? Volete rifare la scena?
- Io opterei per un “Buona la Prima” – replicò la donna di colore, senza lasciar trasparire alcuna emozione. – Ora resta qui e continua a seguire il piano. La cella è piccola, ma contiene tutto quello che ti serve. Vedi quello sportellino alla tua sinistra? Puoi farlo scorrere di lato per comunicare con la tua vicina di stanza. E’ un lusso che concediamo a pochi.     
- Offerta generosa – sorrise il giovane, esibendosi in un profondo (seppur irrisorio) inchino. – Non si preoccupi, Grande Capo, farò del mio meglio e anche di più. Siete tutti in buone mani ed in contemporanea in una botte di ferro con me – aggiunse, indicando il braccio cibernetico che spuntava dalla manica arrotolata della divisa arancione. – O, insomma, una botte di metallo.     
Waller alzò un sopracciglio con fare severo, ma si limitò a rispondere in modo secco e conciso prima di allontanarsi imperiosa: - Non deludermi, Bionic Boy.    
Il ragazzo, il cui vero nome era Tobias Castilla Marquez, diede un’alzata di spalle e sospirò: era eccitato all’idea di prendere parte ad una missione di alto livello, ma al contempo sapeva che l’attesa in cella l’avrebbe annoiato a morte.         
Seguendo il suggerimento dell’impassibile e corpulenta donna, salì in ginocchio sopra al letto, spostò lo sportellino comunicante con la stanza vicina e sbirciò attraverso di esso: una ragazza pallida e formosa con i capelli rossi sedeva in silenzio su una brandina, fissando il vuoto.     
Toby si schiarì la voce, attirando la sua attenzione: - Ciao! Sono il tuo nuovo vicino, spero di non disturbarti.
La prigioniera alzò lo sguardo verso di lui, mostrando un’espressione disincantata e neutrale; dimostrava poco meno di trent’anni, aveva grandi occhi celesti e lineamenti morbidi e graziosi.    
- Non mi disturbi – rispose con un lieve accento russo. – E anche se mi stessi disturbando, probabilmente tra qualche ora me sarò già scordata.     
- Problemi di memoria? – domandò il ventenne con fare curioso.    
La rossa si strinse nelle spalle: - E’ il prezzo dei miei poteri, a volte ricordo, a volte no. Il più delle volte no.     
- Quali poteri hai? Comunque, piacere, il mio nome è Tobias, ma tutti mi chiamano Toby, o Bionic Boy.
- Raisa Khovansky – disse lei. – Oppure Mnemos. Il mio potere agisce sulla mente delle persone e in particolare sui loro ricordi. E questo mi ha incasinato parecchio la testa. Tu hai qualche potere?
Toby picchiettò un paio di volte sulla propria fronte: - Il mio cervello. Non per vantarmi ma possiedo uno dei quozienti intellettivi più alti del pianeta. Vedi questo braccio bionico? Me lo sono costruito da solo a quattordici anni, quando ho perso il mio in un incidente. Funziona esattamente come un braccio normale e in più contiene un sacco di chicche ed accessori da far invidia all’Ispettore Gadget… è il personaggio di un cartone che guardavo da piccolo… beh, non solo da piccolo…
- So chi è l’Ispettore Gadget – puntualizzò la ragazza, per poi assumere un’espressione incuriosita. – Sei molto giovane… come mai sei finito qui dentro? Devi averla combinata davvero grossa per venire rinchiuso a Belle Reve…    
- Io… - il piccolo genio si morse la lingua. – In realtà ho promesso al Grande Capo Waller di non parlare con nessuno di questo argomento. Tu, invece, perché sei qui?    
Raisa strinse le ginocchia al petto generoso: - Ho fatto delle brutte cose. Cose molto, molto brutte. Te le racconterei, però… - abbassò lo sguardo al pavimento – il fatto è che non le ricordo…     



- Perché hai ripreso a strisciare i piedi nell’acqua? Faccio fatica a sentire la televisione!    
Waylon Jones, alias Killer Croc, si alzò dal divano, raggiungendo le sbarre della propria sudicia stanza e sbirciando in direzione della cella opposta. Non riuscì a scorgere chi vi abitava, ma si sentì rispondere da una voce femminile e leggermente roca: - Scusa. Tra due settimane ci sarà la luna calante… quando ci penso divento nervosa…    
- Sarà così tutti i giorni nelle prossime due settimane? – domandò l’uomo rettile con aria afflitta.
La voce tacque per alcuni istanti, poi replicò in tono piatto: - Non lo faccio apposta, quando mi innervosisco comincio a camminare avanti e indietro. E non ho poi così tanto spazio a disposizione…
- Perché ti sei fatta rinchiudere qui, allora? – insistette Jones. – Ci sono alcune celle un po’ più grandi ai piani superiori.    
- E’ meglio così. Se ti do fastidio mentre cammino alza il volume, non saprei cos’altro dirti.     
Killer Croc si risedette sul divano, sospirando. La sua vicina era arrivata pochi mesi prima, ma lui già cominciava a rimpiangere i bei momenti passati in solitudine nel sotterraneo buio e umido…

 

L’ala Est del secondo piano era più silenziosa rispetto alle altre zone di Belle Reve. Waller procedette da sola lungo la fila di celle ben distanziate, fermandosi davanti alla terzultima: le sbarre erano di ferro, a differenza delle altre, e cominciavano già a presentare un aspetto arrugginito. Presto sarebbe stato necessario cambiarle.    
- Sei una gran rottura di scatole, lo sai? – disse, attirando l’attenzione della prigioniera che in quel momento le dava le spalle, affacciata alla piccola finestra che dava sul cortile principale del carcere – Ti stiamo dedicando fin troppe attenzioni.    
- Solo perché di tanto di in tanto dovete cambiare le mie sbarre? – replicò quella con un forte accento irlandese, volgendo di nuovo lo sguardo oltre la finestrella. – Avete ospiti molto più dispendiosi di me, con celle a prova di tutto. Non dirmi che i tuoi soldati si sciupano le manine facendo un lavoretto per il mio misero buco, ogni tanto.    
- Non sono le sbarre il problema, Evergreen – ribatté Waller, calcando prepotentemente il soprannome della carcerata. – Ci hai causato un sacco di problemi con la burocrazia e ogni giorno qualche giornalista da quattro soldi cerca di intrufolarsi per ottenere informazioni su di te.
- Hai delle guardie pronte a fermarli.    
- E pensi che a quelli importi?     
L’afroamericana incrociò le braccia al petto con fare autoritario: - C’è gente disposta a fare qualsiasi cosa per ottenere riconoscimenti e fama. Quella gente non teme l’idea di venir disintegrata dai miei uomini, sapendo quanto offrono le case editrici per ottenere qualsiasi informazione sullo scandalo poliziesco più in voga al momento. Sono sempre disposte a pagare oro per poter mostrare al mondo quanto in basso può cadere una persona, Ashlynn.    
Quelle parole furono sufficienti a convincere la prigioniera ad avvicinarsi alle sbarre per fissare l’interlocutrice dritta negli occhi: era una donna alta vicina ai quarant’anni, con i capelli castani raccolti in una coda, le iridi di un colore misto tra il verde e il nocciola ed i lineamenti irlandesi graziosi ma alterati dai mesi di prigionia.    
- Sei venuta ad infierire, Waller? Hai davvero tanto tempo libero a disposizione?    
La sua voce era pacata ma decisa, in qualche modo lasciava trasparire i residui di un’autorità ormai cancellata dalla divisa arancione.    
- Il mio tempo lo gestisco come voglio, Leprecano – replicò la donna più vecchia in tono tagliente. – Non ho bisogno delle prediche di una criminale.    
- La criminale peggiore qui sei tu – ribatté l’irlandese, voltandole le spalle e andando a sedersi sul proprio letto. – E comunque il Leprecano era mia madre.     
- Come ti pare – replicò Waller, allontanandosi con un piccolo ghigno. – Ti auguro una buona giornata.
Ashlynn attese che il suono dei passi della donna scemasse, poi si voltò, aggrottando la fronte non appena vide qualcosa di piccolo e dorato a terra, poco oltre le sbarre della cella. Waller doveva essersi chinata ed averlo lasciato lì nel momento in cui le volgeva le spalle.    
- Lurida bastarda… - imprecò, cercando di afferrare l’oggetto senza farsi toccare dal ferro. – Naturalmente doveva lasciarla fuori dalla cella. Eh sì, lasciamola qua, chissà che Evergreen non si becchi qualche bella bruciatura…     
Non appena riuscì a serrare la mano sul dono di Waller ritrasse rapidamente il braccio, riuscendo ad evitare il contatto con le sbarre. Un po’ incredula, Ashlynn dischiuse le dita, domandandosi il perché di un simile gesto: sul suo palmo luccicava un’antica moneta d’oro. La sua moneta.    



Deadshot varcò la soglia della cella con un sospiro, attese che la porta venisse chiusa e sedette a terra, poggiando la schiena contro di essa. Avrebbe dovuto aspettare un paio di giorni prima di poter rivedere Zoe e già aveva fatto partire nella propria mente il conto alla rovescia.    
Una voce femminile, bassa e un po’ nasale, vivacizzata da un singolare accento dell’est Europa lo raggiunse. Proveniva dalla cella di fronte.    
- Com’è andata oggi, Floyd?     
Il cecchino si lasciò sfuggire un piccolo sorriso: - E’ andata bene, ma mi manca già la mia piccola. Oggi l’ho aiutata a fare i compiti. Qualche esercizio di Algebra e poi Geografia… anche se ormai il mio aiuto è un po’ superfluo, se la cava alla grande. E’ un genio, la mia bambina. Vedrai che tra qualche anno i college migliori faranno a pugni per lei.    
- Meglio i college che i ragazzi, giusto? – puntualizzò la donna in tono scherzoso.    
- Naturalmente – replicò Floyd. – Nessuno di quegli sbarbatelli è alla sua altezza.     
- Non farlo pensare a certe cose, Roma – rise una seconda voce di ragazza. – Sai che gli viene angoscia. Uuuh, la mia bambina! I maschi sono tutti brutti e cattivi! Nessuno deve guardarla!    
- Ridi pure, Scarf – disse l’uomo in tono annoiato. – Non preoccupatevi, comunque, non me la prendo. Capisco perché la pensate così. Se mai avrete dei figli capirete.    
Seguì un attimo di silenzio imbarazzante, interrotto dalla tossetta nervosa di Scarf, tanto che Deadshot, realizzando il peso delle proprie parole, si morse istintivamente la lingua: - Scusa, Roma, l’ho detto senza pensarci.    
- Lo so, Floyd, non serve che ti scusi.     
Il tono della carcerata era sincero, ma non bastò a cancellare il lieve senso di colpa che ormai aveva assalito il trentottenne.     
- Beh – continuò lui, cercando goffamente di salvarsi in extremis. – Puoi sempre adottare, no? Cioè, in caso tu…    
- Allora, quante volte vi ho detto che non potete parlare tra voi? – lo interruppe la voce stizzita del secondino – Attendere l’ora d’aria è tanto difficile?    
- Ehi, ehi, stavamo solo chiacchierando un po’, non c’è bisogno di fare gli stronzi! – replicò annoiato Deadshot, sogghignando non appena udì le risate degli altri prigionieri.    
- Comportatevi bene! – grugnì l’altro secco.    
In passato, Floyd Lawton avrebbe provocato quello stupido sbirro fino allo sfinimento, l’avrebbe portato ad aprire la porta della cella, in compagnia di una decina di colleghi, armato di manganello o, perché no, di qualche bastardissimo aggeggio elettrico.     
Ma ormai il fatto di poter far visita a Zoe lo rendeva in qualche modo più tranquillo, poco interessato nel provare uno sfogo dimenandosi selvaggiamente mentre i secondini lo picchiavano per impartirgli una lezione che non avrebbe mai imparato.     
Si limitò quindi a chiudere la bocca, giocherellando distrattamente con il piccolo pendaglio a forma di orsetto che Zoe gli aveva passato di nascosto. 
Meno quarantacinque ore, diciotto minuti e dieci secondi.     
      
     

Non riusciva a capire come fosse possibile, come facesse a provare ancora delle sensazioni, come facesse a pensare…     
Aprì gli occhi lentamente, rendendosi presto conto di essere disteso dentro una specie di capsula; di tanto in tanto, avvertiva delle strane vibrazioni pervadergli le membra.     
Una ragazza con il camice bianco gli sorrise attraverso il vetro, agitando una mano in segno di saluto. Poteva avere venticinque anni o poco più, aveva i capelli mossi e scuri, la carnagione chiara ed enormi occhi celesti, che parevano guizzare di emozione e curiosità attraverso le lenti degli occhiali dalla montatura nera.     
- Ti sei svegliato, finalmente! – gli disse. – Come ti senti?    
- Io… - trovare parole adatte gli parve piuttosto difficile. – Come faccio ad essere ancora vivo?    
La giovane si lasciò sfuggire una risatina: - Pensavi davvero che un’esplosione potesse uccidere il Signore del Fuoco? Sarebbe come provare ad uccidere un pesce affogandolo, non trovi?    
- In realtà no…    
- Non preoccuparti, l’importante è che siamo riusciti a recuperarti. Presto sarai in grado di camminare di nuovo sulle tue belle zampette. Io sono Maysie e mi occuperò di te finché non ti sarai completamente ristabilito.      





***
Angolo degli Autori:  Salve a tutti! Come avrete notato, in questo angolino si parla al plurale perchè il profilo è condiviso da tre autori diversi, tra cui Tinkerbell92 e Marina94.
Da qualche mese stiamo lavorando all'idea di questo sequel, che abbiamo deciso di rendere più interessante (o almeno si spera) inserendo dei personaggi nuovi. Non preoccupatevi se non tutti i membri della Squad originale sono apparsi nel prologo, dal primo capitolo riprenderanno il proprio ruolo (insieme ad un paio di altri OC).
Piccola nota: il nome della donna che parla con Floyd si pronuncia con la O aperta, quindi non si chiama come la città.
Speriamo che questo primo assaggio vi sia piaciuto, grazie mille a tutti coloro che hanno letto!
Gryfferinpuff

   
 
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