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Autore: lasognatricenerd    16/02/2017    1 recensioni
Due migliori amici, un'amicizia che, improvvisamente, viene rotta inconsapevolmente, senza che i due possano realmente farci qualcosa. Uno di loro impara a non soffrire, l'altro riesce solo a negarlo a se stesso, ma che cosa succede quando entrambi si accorgono che forse, quello che sentono l'uno per l'altro, non è una sola e semplice amicizia?
Non so se avete presente quel momento in cui arrivate totalmente al limite e capite che la vostra vita è finita, che la vostra fine è vicina e continuate a piangere, sicuri che prima o poi il dolore passi.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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2.
 
Alla fine eravamo davvero andati in libreria! Prima di entrare, però, mi ero fermato con Robert ed avevo fatto incrociare i nostri mignoli, chiedendogli di farmi promettere che non avrei comprato nulla. E se all’inizio ne ero più che convinto, oltrepassando la soglia del negozio, mi resi conto che l’avrei infranta. L’odore dei libri mi chiamava, e così mi chiamavano anche le parole, le loro storie, le copertine, e così tante altre cose.
Salutai il commesso che oramai conosceva il mio aspetto a memoria. Ora eravamo passati ad un sorriso cordiale e ad una sua alzata di occhi ogni volta che mi vedeva entrare così sofferente. Non potevo farci niente! Avrei preferito nascere analfabeta e continuare la mia vita da analfabeta piuttosto che imparare a leggere, cominciare ad amare questa attività… Sarebbe stata la mia rovina, insomma! Non era qualcosa che controllavo, “purtroppo”. Io amavo leggere, ed i libri amavano me. Loro non deludevano mai, o quasi, e anche se l’avessero fatto, avrebbe fatto molto meno male di una persona. E poi loro erano sempre lì ad aspettarci e a farci stare meglio quando ne avevano più bisogno. Le persone andavano e venivano e la maggior parte delle volte non restavano nemmeno. Certo, non era il caso mio e di Robert… Eravamo solo adolescenti e lo sapevo, ma a parte questo, ero sicuro che la nostra amicizia sarebbe durata a lungo. 
 
°°°      
 
Il pub era come ogni sabato sera: pieno di ragazzi pronti ad ubriacarsi, odorante d'alcool e di fumo. Non c'era niente di diverso dagli altri sabati, anche se ne avevo saltati ben tre. Non c'era niente di nuovo se non la musica dal vivo: quella cambiava ogni volta che mettevo piede dentro a quel locale. Non era niente male. Era stato Robert a farmi amare la musica rock. Senza di lui probabilmente non mi sarei mai sognato di ascoltare un genere di musica così diverso da quello che ascoltavo solitamente. Mi ero abituato ad ascoltare ciò che ascoltava il mio migliore amico per poter capire se potessimo andare d'accordo anche su quello e alla fine avevo capito che era molto facile andare d'accordo con lui.
Mi passai una mano fra i capelli mentre scrutavo Alastyn al bancone che prendeva da bere insieme a Bobby e Ricky. Eravamo sempre noi cinque, anche se alcune volte invitavamo anche qualche altro amico loro, ma più che altro eravamo sempre abituati ad uscire fra di noi come facevamo da tempo. Tra di noi c’era chi era più legato a qualcuno, come io e Robert, ma eravamo tutti felici di poter stare insieme, perché fra di noi non c’erano mai stati diverbi troppo importanti ed avevamo idee molto comuni. E la loro compagnia era sempre fantastica! Io ero solitamente il più calmo della “band”, ma dovevo ammettere che quando c’erano loro attorno a me, mi lasciavo andare molto più liberamente.
Personalmente ero molto felice di aver incontrato tutti loro, uno ad uno, anche se per motivazioni molto molto diverse. Alastyn, per primo, era un ragazzo molto tranquillo – seppur parlasse a macchinetta – e come me adorava leggere e studiare, ma a differenza mia sapeva autoregolarsi e capire quando si arrivava ad un certo limite. Bobby e Ricky, invece, erano molto simili fra di loro ed erano gemelli. Passavano il loro tempo a non fare un bel niente, se non parlare fra di loro, cercare di rimorchiare qualche ragazza e chiacchierare di cose poco consone.  Ah, ed aveva un anno più grande di noi, perché in terza superiore erano stati bocciati per il troppo cazzeggiamento. E come biasimare i prof!
Nonostante questo, mi chiedevo tante volte come fossero riusciti ad arrivare all’ultimo anno, visto la loro poca voglia di studiare. Ma non volevo criticarli, piuttosto ero invidioso! Entrambi dicevano che non avrebbero mai frequentato l’Università ed il motivo era abbastanza ovvio, anche se a volte, Bobby ricordava a Ricky che all’Università c’erano tante belle ragazze con delle grandi tette. Ed in quel momento era come se il pensiero di entrambi potesse cambiare drasticamente, ma poi ritornavano alla realtà: anche se le ragazze erano importanti, non avrebbero mai fritto il loro cervello solamente per rimorchiare!
«Dillo che ti mancava uscire con noi, bello!»
Alastyn proferì con quella voce acuta verso di me, mentre mi porgeva il bicchiere stracolmo di birra. In realtà non mi piaceva troppo la birra, e infatti avevo chiesto della coca cola, ma sapevo che Alastyn voleva farmi bere a tutti i costi! Sorrisi e poi feci spallucce per non dargli soddisfazione e prenderlo in giro. Ma Al – ero abituato a chiamarlo in questo modo per evitare di recitare la divina commedia ogni volta che lo chiamavo – sembrò rimanerci così male da stare in silenzio e sedersi al mio fianco, abbassando lo sguardo verso il suo bicchiere. OH NO. Non potevo avere fatto davvero una cosa del genere…
DANNAZIONE.
«Ehy! Stavo scherzando. Ovvio che mi mancava, idiota!»
Cercai di rimediare, non volevo proprio che si sentisse male per uno scherzo!
«Non osare più chiamarmi i—»
«Okay, okay!»  esordì velocemente Ricky, piegandosi verso il tavolo per avvicinarsi a noi come se volesse confidarci un segreto. «Bobby sembra aver adocchiato una bella ragazza!» Tutti insieme fischiammo come ad un goal durante una partita di calcio.
«Chi è la fortunata?» Alastyn fischiò più forte degli altri mentre prendeva un grosso sorso di birra e se la scolava praticamente del tutto senza far conto di berla un po' alla volta per godersela meglio. Lui era così: voleva le cose subito. 
Bobby si girò ed indicò una ragazza seduta nell'angolo; era bionda, aveva un bel sorriso e sicuramente non era male. Fra loro era sempre così: adocchiavano una bella ragazza e facevano di tutto per portarsela a letto e poi, forse, iniziare una relazione. Feci un occhiolino al ragazzo per fargli capire che ero d'accordo con lui.
«Mica male» commentai: dovevo sembrare innocente, ma quella ragazza era davvero una—gnocca!
«E tu perchè non rimorchi qualcuno?»
Per un attimo rimasi in silenzio per capire se si stava DAVVERO riferendo a me. Quando mi resi conto che era proprio con me che stava parlando, scoppiai letteralmente a ridere, sbattendo una mano contro il tavolino. A ME. Io che rimorchiavo qualcuno—ma quando mai! Mi girai un attimo verso Robert sperando che mi desse una mano, ma lui alzò le proprie in segno d’arresa, come se in quel momento ce le avesse legate. Maledetto! «Non mi va. E non sono bravo a rimorchiare...»
Bobby sorrise.
«Robert, ma tu non insegni i tuoi trucchetti a Jordan? Non siete migliori amici?»

Un attimo, cosa, cosa, COSA?
Il mio sguardo si posò di nuovo verso Robert, un sopracciglio alzato per capire che cosa stesse succedendo. Di che trucchetti parlavano?
«Dai, ragazzi.»
Cominciavo a sentirmi escluso da quella conversazione: tutti sapevano di cosa si stava parlando, ed io no! Ma se si trattava di Robert dovevo assolutamente sapere di che cosa stesse parlando!
«Ma come? Non gli hai detto che sabato scorso hai rimorchiato quella ragazza? E' tutta la settimana che gli rompe il cazzo, ma lui cerca di scro—»
«Alastyn!»
Perché non ne sapevo niente?
«Che c'è?»
In un impeto di rabbia che non riuscii a controllare, mi alzai di scatto dalla mia sedia ed uscii dal locale. Odiavo sentirmi fuori luogo, soprattutto se era Robert a farmi sentire in quel modo. Personalmente sapevo di avere un sacco di problemi, ma odiavo dover urlare davanti a tutti. Ed odiavo quelle situazioni!
Robert aveva tutto il diritto di giacere con una ragazza quando voleva, senza chiederlo a me. Ma perché non me lo aveva detto? Ci saremmo fatti due risate, e magari avrei potuto aiutarlo a sbarazzarsi di quella ragazza, in qualche modo. Io ero molto bravo a fare l’asociale. Non ero il tipo di persona che usava mezzi termini: quando non mi trovavo bene con qualcuno, ero diretto. Diretto e sincero, perché ero convinto che una cruda verità fosse meglio di una lunga illusione.
Tirai fuori una sigaretta dalla tasca, com’ero abituato a fare ogni volta che uscivo, l’accesi e diedi una lunga tirata, per potermi riprendere da qualcosa di incredibilmente stupido—ero un idiota! Non avrei dovuto prendermela così poco… Robert, nonostante tutto, aveva la sua vita e nelle ultime settimane ero stato molto assente, quindi la colpa doveva essere mia, non sua. Forse aveva preferito non disturbarmi…
Quando eravamo insieme, avevo notato come più volte avesse tirato fuori il telefono, ma avevo pensato che fosse necessario e non ci avevo nemmeno fatto caso. Non ero andato a pensare a cose tanto critiche, né complicate. Ero sicuro che lui fosse sempre stato sincero con me… Ero sicuro che volesse condividere con me ogni cosa gli succedesse.

E se sono diventato solo un peso?
A volte ero molto pesante e lo sapevo. Non riuscivo a cambiare, non riuscivo ad essere diverso da com’ero! Per me la scuola era molto importante ed uscire con buoni voti, altrettanto. Non poteva andare a genio a tutti questa cosa, ma per me era… molto difficile trovare un’altra via. Non riuscivo proprio a mettermi in testa che la scuola non era tutto. Molte volte mi ero reso conto di essere nervoso solamente per gli insegnanti che da me volevano tanto solo perché erano abituati a vedermi sempre studioso ed io mi facevo condizionare senza stare troppo a pensarci, perché pensavo che cosi mi andasse bene. Non mi ero mai fermato a pensare che forse non lo era. Avevo tante di quelle crisi di pianto, che oramai avevo smesso di dirlo a Robert: odiavo farlo preoccupare.
«Jordan?»
Alzai lo sguardo e sorrisi a Ricky che era venuto verso di me con quell’aria preoccupata in viso. Oh no, oh no. OH NO. Avrebbe cominciato a chiedermi se qualcosa non andava ed io non ne volevo parlare. Con nessuno! Erano problemi miei, dovevo risolverli da solo. Nessuno mi sarebbe stato mai d’aiuto sulla componente “Jordan-carattere-di-merda”. Mi chiese con un gesto della mano se poteva fare un tiro e gli porsi la sigaretta, sorridendo.
«Qualcosa non va?»
«No, va tutto bene. Avevo bisogno di uscire un attimo...»
«Non siamo entrati da nemmeno venti minuti, Jordan.»
«Rick, per favore.»
Non volevo essere sgarbato proprio con lui, perché sapevo bene che voleva solamente aiutarmi—ma io non ero della stessa idea. Mi era difficile parlare dei miei problemi a qualcuno: avevo paura che li considerassero stupidi e ci sarei rimasto ancor più male. Non volevo che la gente pensasse che io mi facessi dei complessi inutili, ma non potevo farne a meno. Ero così. Ero nato con questo carattere che odiavo già da per me e non c’era bisogno che qualcuno me lo facesse notare.
Solo che mi sentivo in colpa: non volevo trattarlo male solamente perché qualcosa, dentro di me, era andato storto.
«Avrei preferito che me lo dicesse» dissi dopo un attimo di silenzio. Rick, dal canto suo, diede un tiro e poi mi porse di nuovo la sigaretta, guardandomi per un istante.
«Non so perché non te l'abbia detto, ma sono sicuro che non abbia cattive intenzioni. Sono sicuro che abbia i suoi motivi. Secondo me non voleva interrompere i tuoi studi matti e disperati, tipo Leopardi.»
«Allora qualcosa studi...»
«Ogni tanto!»
Sospirai e lo vidi indietreggiare di un passo. Poco dopo mi disse che sarebbe rientrato e che dovevo assolutamente fare lo stesso perché sentivano la mia mancanza. Risi e gli dissi che sarei entrato da lì a poco. Mi guardai di nuovo in giro e ricacciai indietro le lacrime. Non c’era motivo di sentirsi così e non c’era motivo di prendersela tanto per qualcosa che, ero sicuro, Robert non aveva fatto apposta. Dovevo solamente calmarmi.
   
 
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