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Autore: Divoralupi    16/02/2017    0 recensioni
[Lupi Mannari: I Rinnegati]
Zoe è una ragazza di 26 anni, nata a Milano da una famiglia che non le ha mai dato un'occasione per brillare nella sua vita. Ha sempre desiderato poter essere circondata da quell'affetto che scorge tra le persone che incontra, poiché lei non ne ha mai ricevuto. Il suo passatempo preferito è certamente saltare da un palazzo all'altro, al chiarore lunare, come se nulla fosse. Sente dentro di sé di non appartenere a questo mondo, c'è qualcosa che la fa sentire incompleta. Forse qualcuno potrà aiutarla.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sotto la volta oscura

 

L’esile figura scivola leggera tra un tetto all’altro, sembra che niente possa fermarla, scatta in avanti come una freccia appena scoccata e atterra illesa flettendo le sue ginocchia.
Si mimetizza tra la notte plumbea del cielo, i suoi capelli ondeggiano dietro di lei. La luna fa da spettatrice allo spettacolo che si compie ogni notte da quasi quattro anni.
La figura s’avvita nel cielo ed atterra, su un tetto più basso, rimane accovacciata per qualche secondo, poi si alza e si stiracchia camminando per qualche metro fino a quando due altre figure non sbucano da dietro alcuni camini e le vanno incontro.
D’istinto si piega in avanti sulle sue ginocchia ed appoggia la mano sinistra a terra tra le gambe.
Non sembrano suoi amici. Entrambi i ragazzi sono vestiti di scuro, incappucciati e con una mazza ferrata sulla spalla di ciascuno. Sembrano tipi che hanno voglia di divertirsi, o forse di pareggiare alcuni conti rimasti sospesi.
Uno di loro è rimasto davvero sorpreso, non si aspettava di trovare lei come preda, ma non c’è tempo per pensare alla sua delicatezza nel volto.
Lei piega la testa, senza distogliere lo sguardo, prima a sinistra, poi a destra, come per sciogliere la tensione, nel frattempo sui volti dei ragazzi compare un ghigno e le loro mazze si animano scagliando uno, due, tre colpi.
L’esile figura fa giusto in tempo a saltare indietro, poi verso sinistra e ad accovacciarsi un’altra volta per schivare il terzo colpo che le passa sopra sfiorandole i capelli.
Si muove con eleganza, ha delle movenze leggere, delicate.
I ragazzi continuano a ridere, ma non sanno cosa sta per accadere. Da predatori diventano prede. Lei salta prima su uno dei due ragazzi atterrandolo, sferra un pugno ben assestato sulla mascella. Sente tre, forse quattro denti che si sono staccati.
L’odore del sangue le arriva nelle narici come una tempesta improvvisa. Arriccia il naso, e come d’istinto tira su l’angolo del labbro destro, è schifata dall’odore acre del sangue ma qualcosa la distrae: è il movimento dell’aria che la mazza del secondo ragazzo sta creando, ma non fa in tempo a scartare di lato che è presa sulla spalla destra ed è sbattuta su un comignolo con un rumore secco. Tutto si calma.
Se solo fosse stata meno impulsiva… E meno presa dall’odore del sangue, forse si sarebbe salvata.
Il ragazzo s’affaccia dal palazzo, salta nel buio della città che l’assorbe e scompare.
L’altro, con la mascella rotta, si alza a malapena dopo mezz’ora e scende da una scala d’emergenza, non si è accorto della ragazza, fortunatamente.
 
La mattina successiva nulla di quello a cui la luna è stata spettatrice, è rimasto. Sembra tutto tranquillo e uguale ai giorni precedenti, perfino il traffico di Milano e il suo cielo grigio non è cambiato.
Lei non è più lì, è scomparsa poco prima che sorgesse il sole senza lasciare traccia di sé.
 
Resta nascosta, non si vede più nessuno che scivola leggero tra i palazzi per parecchi giorni. Probabilmente è stata una bella botta ed ha avuto bisogno di qualcuno che le rimettesse a posto la spalla.
Torna a correre sui tetti come se non fosse accaduto nulla, alcune settimane dopo. La luna è piena in cielo e le illumina il volto pallido, facendole risplendere i bianchi capelli, ovviamente tinti. Solo il volto e le falangi delle dita sono scoperte e il freddo le fa arrossare le giunture e le guance rendendole rosate come delle pesche.
 
A volte si ferma, sale su un comignolo ed ammira la luna che splende sopra di lei. Vorrebbe altro dalla vita che conduce, vorrebbe rivedere le sue prede ancora una volta per finire ciò che aveva iniziato quella notte, ma sa bene che non è il momento adatto. Ha bisogno di tempo per allenarsi per ricominciare ad usare la propria spalla in maniera adeguata oppure i suoi movimenti saranno vincolati per sempre.
Pensa che sia stufa di starsene da sola, a volte vorrebbe compagnia, qualcuno che le stesse accanto come una famiglia.
Ma la sua famiglia l’ha ignorata da sempre, lasciata da parte e dando tutto ciò che avevano alla sua sorella maggiore, come poteva perdonarli?
Non c’è stato mai un momento felice nella sua infanzia, mai un gesto d’affetto. Soltanto schiaffi, pugni e calci da parte della madre, mentre dal padre ha solo assaggiato il cuoio della cintura sulla sua pelle.
Spera e desidera qualcuno che le sappia stare accanto, desidera mostrare ciò che ha ricavato da un’infanzia solo fatta di lividi e sangue. Ma allo stesso tempo ha paura che nessuno la potrà mai comprendere, crede che non sia fatta per le relazioni sociali e di questo, infatti, ne risente molto.
È stata licenziata da barista per le sue “scarse capacità sociali” ma ora ha trovato un lavoro per il quale basta semplicemente dimostrare ciò che sai fare.
Spezza i suoi ricordi, i suoi desideri a metà. Non vuole ricordare oltre e comincia a canticchiare quello che sembra un canto che lei stessa ha inventato.
Sembrano parole confuse, irriconoscibili, antiche, dedicate alla sua Luna piena.
 
Ashtunn’ afnel,
Tirinnid un ribinn,
Daar wannan’ ybrel?
 

La Muta

Esce di casa quando la luna è oramai già alta in cielo, ma mostra solo uno spicchio della sua vera faccia. Calcia un ciottolo con un piede distrattamente e s’incammina con passo veloce verso un vicolo.
Questa notte le sembra diversa, c’è qualcosa di strano tra il cemento e l’asfalto, si sente continuamente osservata e qualcosa la inquieta.
La luce lunare rende tutto più inquietante, ancora di più rispetto alle altre notti e fa un po’ più freddo. Rabbrividisce e si porta le mani alla bocca per scaldarle col fiato.
Ha camminato solo per una decina di minuti, ma ha percorso quasi più di 12 km senza il minimo sforzo, si guarda intorno con sospetto, non capisce. Come ha fatto a camminare per così poco ed essere già lì?
Da un vicolo compare un cane, corre subito verso di lei annusandola. Lei si accovaccia e fa qualche carezza a quel povero cagnolino, poi si alza e continua il suo percorso. Il cane non smette di seguirla, è come ammaliato dalla sua presenza e non ha intenzione di fermarsi proprio ora.
Si guarda ancora una volta intorno, qualcosa non va, lo sente dentro di lei.
Coglie un’ombra che si muove di soppiatto, subito si gira di scatto e serra i pugni.
Fa appena in tempo a vederla scattare verso di lei che già l’ombra le è addosso, l’ha sbattuta sul muro ed ora le sta mordendo l’avambraccio con i suoi denti aguzzi. È un uomo robusto, adulto, un po’ troppo peloso però.
Cerca di liberarsi dalla morsa, ma subito dopo il morso, l’ombra fugge via.
La ferita sanguina copiosamente, si strappa un pezzo di maglia e la fascia ben stretta. Ha il fiatone. Che cosa sta accadendo?
Decide che per oggi è meglio tornarsene a casa, deve tornare in fretta per evitare che la ferita s’infetti ed evitare ulteriore perdita di sangue.
La prossima volta sarà più attenta a quel che le accade intorno.
 
La mattina successiva nota che la ferita non è stata infettata, al contrario si sta rimarginando velocemente.
 
Esce di casa qualche giorno dopo in tarda mattinata, cammina con passo veloce tra le vie affollate di Milano, ha intenzione di comprare un po’ di frutta.
Mentre cammina sembra che il mondo sia cambiato attorno a lei da quell’attacco. Sente strane voci nelle sue orecchie, non conosce quella lingua, ma riesce a comprendere qualche parola.
Cerca di passare oltre, di non fare caso a quel che sta accadendo, ma le è impossibile.
Una volta acquistata la frutta, svolta in un vicolo cieco, sarebbe salita sui tetti per evitare altri incontri del genere. Ecco che il vicolo cieco sfocia su una foresta. Le cade la busta dalle mani e la frutta rotola via, non ci crede. È impossibile che esista una cosa del genere, è certa del fatto che questo vicolo sia cieco e che sicuramente non sfoci su una foresta come quella.
Scuote la testa, è impossibile che accada una cosa del genere. Sta forse sognando o sta impazzendo? No, è tutto reale.
Indietreggia fino ad arrampicarsi su un muro di un palazzo e fugge via, non ne vuole più sapere.
 
La notte a venire esce come sempre, ancora dubbiosa e confusa dai recenti avvenimenti, corre in mezzo alla strada, c’è ancora qualcuno che passeggia sotto la candida luce della luna piena.
Proprio in mezzo alla strada cade con le mani in avanti, si trova a gattoni ed ora tutto il suo corpo si sta contorcendo in qualcosa di irreale.
Caccia fuori dalla gola un urlo che attira tutta l’attenzione su di lei.
Le unghie, i canini, le dita e le orecchie si prolungano, ma il suo busto e le sue gambe rimangono umane, al contrario delle braccia che ora sono più possenti e molto più pelose.
Cerca di alzarsi in piedi, è stordita dalla miriade d’informazioni che le arrivano dalle orecchie e dal suo naso. Ora ascolta, annusa e vede dieci volte meglio di quello che riusciva a fare prima.
Le poche persone rimaste cominciano a fuggire in preda alla paura, ma non basta perché lei è diventata più veloce, più agile. È già sopra una donna che è inciampata su di un tombino, le sta sfregiando il viso con i suoi nuovi gioiellini: gli artigli.
Non riesce a smettere, è più forte di lei così si lascia sopraffare dal proprio istinto. Non ha idea di cosa stia succedendo, ma le piace.
 
La notte ora profuma di sangue, la luna piena è stata spettatrice ancora una volta ed ora la ragazza è crollata dalla stanchezza in un vicolo nascosto.
Al suo risveglio si sente completa, ha un innato senso di appagamento dentro di sé, come se quella notte di follia le abbia cambiato la vita nel profondo. Ora è tornata la ragazza esile ed elegante di sempre, ma ha capito che può scegliere a suo piacimento chi essere, ci vorrà solo un po’ di esperienza.
Si rialza stanca da terra e si incammina verso casa, ha bisogno di riposare e di capire cos’è successo in quella lunga notte.
Si guarda le mani, sono tempestate di sangue e decide che forse è meglio lavarle senza destare sospetti, quindi si avvicina ad una fontanella un po’ isolata e si da una lavata in faccia, alle braccia ed ovviamente sulle mani.
 
Sta per rientrare a casa, quando una figura a lei sconosciuta la chiama da dietro. Si gira con le chiavi ancora in mano e si guarda intorno, da dietro un secchio della spazzatura esce una donna.
«Sappiamo che hai sempre desiderato una famiglia. Qualcuno che possa capirti, non è vero?»
Lei annuisce, restia ma incuriosita dalla donna.
«Quello che è successo la scorsa notte non è stato un incubo, nemmeno un sogno. È realtà ed è stata la tua prima muta. Ora fai parte del Popolo, ora sei una di noi: un Uratha.»
Lei continua a non capire, ma ascolta attenta.
«Non dovresti stare da sola, il mondo è molto più pericoloso di quel che pensi, loro avrebbero potuto trovarti prima di noi e ti avrebbero ridotto in mille pezzi. Unisciti a noi, agli Artigli Sanguinari, Suthar Anzuth.»
Rimane in silenzio per un po’, poi riprende a parlare. La ragazza è ancora in ascolto.
«Ho visto come ti muovi, come combatti, sei quella più adeguata per entrare in questa Tribù. Vuoi unirti?»
Annuisce, nel suo istinto sente di star facendo la scelta giusta anche se non sa bene cosa sia essere un Uratha eppure si sente pronta per iniziare un nuovo cammino, ha bisogno di trovare qualcuno che le stia al suo fianco come nessuno ha mai fatto e questa le pare proprio l’occasione adatta.
 
Ha capito che questa “muta”, come l’ha chiamata la donna, è stata la sua benedizione, tutto quello che ha sempre sognato di avere le è stato concesso in pochi giorni. Era spaventata, è vero, ma l’ignoto spaventa tutti quanti noi, come poteva non esserlo?

Credit immagine: http://littleulvar.deviantart.com/
  
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