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Autore: Leila 95    16/02/2017    4 recensioni
Ho voluto raccontare ancora il viaggio di Han Solo e della Principessa Leia verso Bespin, stavolta però attraverso gli occhi del Capitano.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chewbacca, Han Solo, Principessa Leia Organa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal diario di bordo del Capitano Solo'
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Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:29

Trentaquattresimo giorno di viaggio verso Bespin.
Secondo i calcoli del computer di bordo, dovremmo raggiungere lo spazioporto di Cloud City – Bespin – domani entro il tramonto.

 
Quando avevo qualcosa su cui riflettere, o qualche sgarro da metabolizzare, chi mi ha fatto compagnia è stata sempre una bottiglia di buon rum corelliano. Di solito andava così: io, la poltroncina da pilota del Falcon, una bottiglia e volendo anche un bicchiere. Un momento di totale solitudine e silenzio (tranne che per il rombo sommesso del motore) in cui poter fare un po’ di auto-analisi in santa pace.
E stasera ne ho davvero bisogno.
 
Entro nella cabina di pilotaggio e spengo tutte le luci, lasciando accese solo le spie luminose del quadro comandi. Mi stravacco sulla poltroncina – gambe accavallate sopra la consolle, come piace a me – e mi verso un primo bicchiere di liquore.
Se fino a poco tempo fa credevo che Jabba sarebbe stata la causa della mia morte, adesso sono costretto a ricredermi: la Principessa mi sta letteralmente uccidendo. Che io ricordi, mai in una storia ero stato preso così tanto, svuotato ma allo stesso tempo riempito così a fondo. E menomale che dopo il nostro chiarimento le cose stanno andando un po’ meglio…
Anche se non sono del tutto convinto che questo pacifico avvicinamento sia stato positivo. Lasciarsi finalmente andare potrebbe essere davvero la fine per la mia sanità mentale. Ormai di giorno i nostri momenti insieme stanno diventando sempre più piccanti: non avevo idea che sotto quella apparenza glaciale si nascondesse una bambina piuttosto vivace ed intraprendente. Mi piace come bacia – con un misto di curiosità ed inesperienza – e come dopo ogni bacio appassionato tenga ancora un momento le labbra premute sulle mie, come a voler suggellare il nostro contatto. Mi piace anche come si sta lasciando condurre in questo gioco: è sempre stata dominante nelle nostre schermaglie verbali, che lasci ad un esperto del settore la guida delle schermaglie amorose. Chewie dice che la nave si è trasformata in un campo di caccia…ma chi di noi due è la preda e chi il cacciatore?
 
Ad ogni modo, quello che l’esperienza mi ha insegnato fin troppo bene è stato di non affezionarsi alle persone, perché c’è la certezza di farsi molto male. Le persone ti abbandonano, ti lasciano, ti tradiscono, ti pugnalano alle spalle…oppure capita che debba essere tu a lasciare loro, come nel mio caso. Con Leia ho commesso lo sbaglio che avevo giurato a me stesso non avrei commesso mai più, dopo molte cocenti delusioni. Solo ora mi rendo conto che non avrei dovuto espormi così…soffro già al solo pensiero di dover soffrire maledettamente quando dovrò dirle addio.
Riempio una seconda volta il bicchiere e lo svuoto quasi all’istante.
“Non vieni a letto?” Leia è alle mie spalle, sull’uscio della cabina, intenta a fissarmi chissà da quanto tempo. L’avevo lasciata quasi un’ora fa, con la promessa che l’avrei raggiunta presto, e invece non l’ho fatto.
Lentamente mi volto verso di lei. “Non ancora. Volevo rimanere ancora un po’ qui.”
Si mordicchia il labbro inferiore. Ho imparato che lo fa sempre quando è nervosa o imbarazzata. “Allora ti lascio solo. Buonanotte, Han.”
“Aspetta” le dico. Anche se la mia intenzione era quella di una riflessione in solitudine, all’improvviso ho tremendamente voglia della sua compagnia. Mi metto seduto un po’ più composto e le indico la poltroncina di Chewie. “Puoi restare, se vuoi.”
Dopo qualche attimo di esitazione entra finalmente e si siede di fronte a me, accoccolandosi nell’enorme poltroncina. Se è grande per me, figuriamoci per lei!
“Ti va di fare un gioco?” le chiedo dopo qualche minuto passato ad osservarci.
“Un gioco?” ripete scettica.
Annuisco, prendendo in mano la bottiglia e riempiendo il bicchiere. “Il Gioco della Verità.”
Ride sommessamente. È chiaro che non mi sta prendendo sul serio.
“Vedi, dolcezza…dalle mie parti – su Corellia – si è soliti dire che l’alcol contenga una parte di felicità, una di malinconia, una di dimenticanza e una di verità. Più bevi, più sei sincero.”
Mi guarda con scetticismo ancora maggiore, nient’affatto affascinata dalla mia metafora. “In cosa consisterebbe questo gioco?”
“È molto semplice” le spiego. “Uno fa una domanda, e l’altro deve rispondere nel modo più sincero possibile. L’alcol dovrebbe aiutare a distendere gli animi e a rendere più disinibiti. È divertente, soprattutto quando si è in parecchi a giocare. Escono fuori parecchie cose interessanti, cose che non avresti mai immaginato. Allora…ci stai?”
Ci pensa su, così a lungo che credo stia per dirmi di no, quando mi sorprende facendo di sì con la testa.
“Ci sto” risponde. “Ma a una condizione.”
“Quale?”
“Risponderai davvero sinceramente a tutto quello che ti chiederò?”
So già che me ne pentirò. “Certamente. Se tu farai lo stesso con me, però.”
“D’accordo. Allora chi inizia?”
“Inizia tu a chiedermi qualcosa, chi risponde poi deve bere almeno un sorso di questo” aggiungo, accennando alla bottiglia di rum sulla consolle. “In corelliano lo chiamiamo Verità Liquida.”
“Che eufemismo! Io lo avrei definito piuttosto Veleno in Bottiglia.”
Caustica come al solito.
Ignorando il suo acido commento, prendo il bicchiere, ne bevo un sorso e le faccio cenno, affinché mi faccia la sua domanda.
“Perché ti sei arruolato nell’Impero…e poi nella Ribellione?”
Domanda lecita.
“Sono entrato nell’Impero perché mi piaceva volare. Volevo diventare un buon pilota” rispondo. “E in effetti buona parte di quello che so sulle navi lo devo al mio addestramento imperiale.” Lasciando stare come è finita la mia carriera nell’Impero Galattico su Carida, dopotutto è stata un’esperienza formativa.
“E poi?” mi incalza. Vuole sapere cosa mi ha spinto ad abbracciare la loro folle causa.
“Poi…ero in disperato bisogno di denaro quando il vecchio Obi Wan mi assoldò in quella bettola a Mos Eisley. Mi offrì un gigantesco mucchio di soldi e io non potei fare a meno che accettare.”
Annuisce. “Lo so questo. L’Alleanza ti pagò la cifra pattuita con il generale Kenobi. Perché poi sei rimasto lo stesso?”
Ecco che le cose iniziano a mettersi male per me. “Pagate bene.”
“Sono due mesi che non paghiamo i nostri soldati, eppure hai continuato a lavorare per noi. Per non parlare del fatto che hai accettato di prendere parte a missioni per cui non era previsto alcun compenso. Perché non sei andato via? Non c’era nulla a trattenerti…o no?”
Non riesco a capire quale sia il suo gioco. Vuole che ammetta la nobiltà della causa ribelle o il fatto che sono rimasto per lei? In entrambi i casi, mi ha messo in trappola.
“Non fingere che non ti importi nulla, Han. So che in fondo hai un cuore.”
“Tu dici?”
Annuisce convinta. “Io credo che tu sia rimasto perché – nonostante tu faccia l’impossibile per nasconderlo – in fondo ti trovi bene con noi. Hai trovato degli amici e…ti senti a casa.” Mi guarda dritto negli occhi. “Mi sbaglio?”
Non sbaglia, anzi come al solito la sua analisi precisa e puntuale ha messo a nudo qualcosa che neppure io avrei potuto ammettere così limpidamente. Famiglia, amici, affetti…anche un ideale per cui combattere. Tutte cose che non ho mai avuto e di cui ho percepito la mancanza solo quando le ho toccate con mano. Non mi ero mai reso conto di quanto la mia vita fosse vuota ed incompleta finché non sono entrato a far parte di loro.
Istintivamente riprendo il bicchiere in mano e lo svuoto. In po’ di verità liquida non può che aiutarmi. “Hai ragione, Leia. È bello sentirsi parte di qualcosa dopotutto…anche per me che ho sempre volato da solo.”
Sorride sorniona. Ho detto quello che voleva sentire. Anche se in fondo lo sapeva già, voleva che lo ammettessi davanti a lei.
“Tocca a te” dice, indicando con lo sguardo il bicchiere vuoto.
Riempio nuovamente il bicchiere e glielo porgo.
Lo prende in mano e lo osserva per qualche istante, facendovi roteare il liquido ambrato all’interno, poi fa un bel respiro e beve un grande sorso di liquore. “Chiedi.”
“Cosa pensi di me?” Finalmente ho l’opportunità di farle domande dirette, ed intendo cogliere l’occasione per togliermi qualche sassolino dalla scarpa.
Mi sorride beffarda ed impudente. “Ci sto ancora pensando.”
Non mi accontento di questo. “Non è una risposta, Principessa.”
Sbuffa, leggermente piccata, mentre si sistema meglio sulla poltroncina. Si mette seduta di lato, facendo cadere le gambe oltre il bracciolo, verso di me. I suoi piedini d’avorio iniziano a dondolare a pochissimi centimetri dal mio ginocchio e sarebbe così naturale allungare la mano e accarezzarli…devo riuscire a trattenermi, questa serata è solo per parlare. “Allora?” la incalzo.
“Allora…sei cocciuto, arrogante, sbruffone. Non ubbidisci agli ordini perché credi di essere più furbo di chi te li ha dati. Hai un ego grande quanto un sistema intero, cosa che – il più delle volte – ti rende davvero insopportabile.” Sorride mostrando i denti con aria innocente.
“Solo questo?” Voglio metterla un po’ sotto torchio, come lei ha fatto con me.
“Hai coraggio da vendere, e non ti risparmi mai, come quando sei andato a cercare Luke nella tormenta di neve su Hoth, oppure quando mi hai salvato da quella spia imperiale su Ord Mantell. Sei buono e leale, anche se fai di tutto per nasconderlo. Mi piaci…in fondo.”
Ho ottenuto anche io quello che volevo. “Hai uno strano modo di dimostrarlo però, a volte” sogghigno.
Restiamo in silenzio a guardarci. Non voglio dire nulla altro che possa rovinare questo momento di sincerità così raro fra di noi, perché immagino quanto le sia costato dire queste cose.
“Tocca a me la domanda, giusto?” mi chiede.
Annuisco e prendo il bicchiere dalle sue mani svuotandolo. “Chiedi pure, piccola.”
“Qual è stato il grande amore della tua vita?”
Dovevo aspettarmi una domanda del genere. Immagino voglia sapere quante e quali donne ci sono state prima di lei, e qual è il suo ruolo ora nella mia vita. “Nessun grande amore.”
“Non ti credo, Han.”
“Sul serio, nessuna donna in particolare…che io ricordi.” La domanda mi mette a disagio: non voglio parlare con lei delle altre donne con cui sono stato, soprattutto non adesso che siamo ad un passo dal lasciarci.
“Benissimo, allora ti riformulo la domanda. C’è stata una relazione con una donna che sia durata più di una notte?”
Domanda ancora peggiore, accidenti. “Potrei sorprenderti, ma ci sono state donne con cui sono stato per un po’ di tempo. Ti sembra strano che non voglia definire nessuna come grande amore?” Non lo sto dicendo perché non voglio ferirla, ma perché è vero. Al confronto con lei – e con quello che provo per lei – tutte le altre che ho conosciuto perdono di valore e significato.
“E tu?” le chiedo, spinto dalla sua stessa morbosa curiosità di sapere che posto occupo nella sua vita.
Si limita a scuotere la testa.
“No cosa, principessa? Non me lo vuoi dire o non c’è mai stato neanche per te?”
“Non sono mai stata con un uomo prima d’ora” ammette con una semplicità disarmante. Sospetto che l’alcol stia iniziando ad entrare in circolo. “Niente da raccontare, al contrario tuo.”
“Ascolta, Leia, il fatto che io…”
“No, Han, ascoltami tu. Non devi sentirti in colpa per quello che hai fatto nel passato. Ognuno vive la propria vita come vuole…non ti sto affatto giudicando. Vorrei solo capire meglio con chi ho a che fare.”
Sbadiglia, stropicciandosi gli occhi con aria stanca. “Non volevo metterti sotto pressione. In fondo era soltanto un gioco. Fai finta che non ti abbia chiesto niente.”
No, non posso fare finta di niente. Se voglio conquistarmi davvero la sua fiducia, devo essere sincero. Completamente.
“Cosa vuoi che ti dica, Leia…” non so proprio da dove iniziare. “Diciamo che prima ero un uomo diverso. Forse perché ero più giovane, o più ingenuo. O forse perché non avevo ancora visto tante cose. Sono stato innamorato davvero, una volta o due, ma poi non è andata a finire come avrei voluto…” Credo che questo sia una dei motivi che mi hanno portato a diventare il bastardo cinico e sbruffone che sono adesso.
“Basta così, Han” mi interrompe. “Non voglio più sapere.”
Sono felice che Leia abbia capito. Anche se è giusto che lei sappia, non sono pronto a raccontarle tutto di me, a mettermi completamente a nudo e a mostrarle le mie debolezze. Non ancora. Se le dicessi che lei è diversa da tutte le altre donne che ho conosciuto – anche se è vero – sarebbe scontato e banale. “Che c’è? Sei gelosa?”
“No” risponde, un po’ troppo velocemente. “Cioè sì. Un pochino…forse. E che quando penso alle donne che ci sono state nella tua vita…”
“Ora ci sei solo tu” taglio corto. “Non posso cancellare il mio passato, purtroppo. Devi fartene una ragione ed imparare ad accettarlo.”
“Hai ragione.” Si versa un altro bicchiere di liquore e inizia a sorseggiarlo lentamente.
“Non mi fai la tua domanda?” mi chiede.
Annuisco. “Perché porti i capelli così lunghi?” le chiedo, desideroso di cambiare argomento.
Mi guarda inarcando un sopracciglio. Non era il genere di domanda che si stava aspettando, ma avevo bisogno di stemperare un po’ l’atmosfera, che si era fatta decisamente troppo pesante da sopportare. E poi ho sempre avuto questa curiosità.
“Non lo so” dice, accarezzandosi distrattamente una ciocca di capelli. “Probabilmente per via di mia madre, credo.”
“La regina di Alderaan?”
“No, la mia vera madre. È morta quando io ero molto piccola, ma mi hanno detto che era solita portare i capelli lunghissimi. So che è una cosa stupida, ma è un modo per tenerla sempre con me, anche se praticamente non l’ho mai conosciuta.”
“Non sapevo che fossi stata adottata.” Sono un po’ risentito del fatto che lei non mi abbia mai confidato una cosa del genere, che non si sia fidata di me fino a questo punto. Ma – del resto – cosa potevo pretendere, continuando a trattarla in modo tanto arrogante?
“In realtà non sono in molti a saperlo. L’opinione pubblica non avrebbe gradito di sapere il regno affidato ad una principessa adottata, non nobile per nascita, e così i miei decisero di tenere la cosa quanto più segreta possibile.”
La sua espressione si addolcisce ai ricordi. “Padmé. Mia madre si chiamava Padmé – che nella lingua di Naboo è il nome di un fiore sacro. Il suo secondo nome era Amidala, che è anche il mio secondo nome. I miei genitori adottivi hanno voluto che io avessi un ricordo della mia vera madre, e perciò mi hanno chiamato così.”
Sono sempre più scioccato. Davvero non conosco la donna che ho davanti, e questo mi turba profondamente. “Non sapevo neppure che avessi un secondo nome, Leia Amidala Organa.”
Sorride. “Ci sono molte cose ancora che non sai di me, Capitano.”
“E dovrei preoccuparmi?”
Fa spallucce. “Potrei dire lo stesso di te. In fondo, io non ti conosco.”
“Posso diventare un libro aperto per te. Puoi chiedermi quello che vuoi.”
“La bottiglia è vuota” taglia corto, rifiutando la mia offerta. Forse ha paura di scoprire qualcosa che non le piacerà, facendo la domanda sbagliata. “Credo che sia meglio finire qui il gioco.”
Si alza lentamente e barcollando caracolla in avanti fra le mie braccia. È più che brilla. “Portami a letto, Han.” Non ce la fa neanche a reggersi in piedi, quindi la prendo in braccio e la porto di peso nella mia cabina, lasciando la bottiglia e il bicchiere ormai vuoti sopra la consolle.
Mi piace tenerla fra le braccia, sentire che si abbandona completamente a me. Non è la prima volta che mi capita di prenderla di peso: è un gesto molto intimo, che dimostra quanto abbia imparato a fidarsi. Non credevo che sarei mai riuscito a conquistarmi la sua fiducia eppure, dal modo in cui la sua testolina è appoggiata sulla mia spalla e le sue braccia sono strette attorno al mio collo, credo proprio di averlo fatto.
Il letto è disfatto, segno che si era già coricata prima di venirmi a cercare.
La metto stesa e faccio per alzarmi, ma Leia non è disposta a lasciarmi andare. Le sue braccia sono fermamente intrecciate dietro al mio collo, e mi attirano verso di lei. Il bacio che segue è goffo, lento e umido. Le sue labbra sanno di alcol: un sapore che mi è ben familiare, ma che stona associato a lei.
Non avrei dovuto farla bere così tanto.
“Dove hai intenzione di andare?” sussurra contro le mie labbra.
“Devo spogliarmi. Non vado da nessuna parte.”
Sbuffa imbronciata come una bambina, ma mi lascia andare. “Non ancora. Ma prima o poi te ne andrai e mi lascerai per sempre.”
Non fa altro che torturarmi, continuando a ricordarmelo.
Mi spoglio in tutta fretta, lasciando stivali e vestiti sparpagliati sul pavimento, poi mi stendo sul letto e la Principessa, che sembrava già addormentata, si rannicchia istintivamente contro il mio corpo, abbracciandomi stretto. Allungo una mano sotto la maglietta che indossa, per godere della sensazione della sua pelle nuda, forte della sua apparente docilità. Ma, non appena le mie dita iniziano a muoversi sulla sua pelle, emette un gemito. Mi fermo immediatamente.
“Non smettere” mormora, senza neppure aprire gli occhi.
“Come?”
“Continua a toccarmi.”
Incoraggiato dalle sue parole, lascio scorrere le dita seguendo le curve dei suoi fianchi e il tracciato delle sue vertebre, assaporando con il tatto ogni centimetro di pelle che riesco a conquistare.
“Mi piace farmi toccare da te” sospira dopo qualche istante.
“E a me piace toccarti” ammetto senza riflettere.
Ormai la mia mano ha raggiunto le sue scapole, e posso sentire la sua risata vibrare nella gabbia toracica. “Lo immaginavo.”
 
Non c’è niente di erotico o di sensuale in tutto questo. Non ho proprio voglia di fare sesso con lei ora. Mi accontento solo di poterla stringere e accarezzare, e di sentire il suo calore ed il suo profumo.
L’arrogante mercenario che ero qualche anno fa avrebbe giudicato il mio sentimentalismo assurdo e patetico, e considerato questa serata come un’occasione mancata per divertirsi un po’.
Ma non ho assolutamente intenzione di approfittare di Leia, per di più ora che è ubriaca.
Ancora mi chiedo cosa ho fatto meritarmi una donna del genere. 

   
 
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