Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: BandBfun    16/02/2017    2 recensioni
Melissa e Giacomo sono colleghi di corso all'università, ma non si sono mai parlati e sono molto diversi, sia di carattere che di interessi. Tuttavia, questo non impedisce a Melissa di provare un crescente interesse nei confronti del ragazzo, sino ad arrivare, dopo alcuni anni, a tentare di approcciarlo, a modo suo...
4° posto con 51/55 punti al Contest ‘Di fiori, amori e passioni’ indetto da Emanuela.Emy sul Forum di EFP
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
CAMBIAMENTI
 
"Ci rivediamo in aula tra un quarto d'ora." - ci dice la professoressa, un attimo prima di alzarsi e uscire dall'aula con il portafoglio aperto e le dita a cercarvi delle monete all'interno.
I miei amici si alzano e insieme si avviano nell'atrio, un paio di rampe di scale più sotto, per andare a fumarsi una sigaretta e a bere qualcosa di caldo e stimolante allo stesso tempo. È difficile seguire lezioni di quattro ore ed essere stanchi trascorsa appena mezz'ora.
"Vieni con noi, Melissa?" - mi chiede Valerio.
"No, no, fa troppo freddo per star fuori." - gli rispondo, mettendomi la sciarpa attorno al collo.
"Tieni d'occhio tu tutto quanto, allora?" - mi chiede, indicando le borse e i tablet sistemati lungo la nostra pancata.
"Certo, nessun problema." - rispondo, sorridendo. Non ne ho proprio voglia, ma non mi costa nulla gettare un occhio di tanto in tanto.
"Grazie. A dopo." - mi dice, avviandosi verso la porta, dall'altra parte dell'aula, per raggiungere gli altri della compagnia.
"A dopo." - ribatto.
Il tempo di accedere al mio profilo su Facebook e fare un rapido giro delle notizie che quasi tutti i colleghi di studio hanno lasciato l'aula. Sono davvero lepri quando si tratta di andare a fare pausa.
È rimasto solamente Giacomo, come sempre.
Non sembra essere mai stanco e mai annoiato: a volte mi chiedo se sia davvero così interessato a quello che ci viene spiegato o se sia solo un ottimo attore e non se ne renda conto.
Tiene la testa china sugli appunti, probabilmente intento a trovare qualche domanda da fare alla professoressa appena terminata la pausa.
È il ragazzo più dotato tra tutti noi: nessuna materia indietro e con la media a un passo dalla perfezione. Io me la cavo bene, avendo solo tre materie indietro e una media discreta a metà del quarto anno, ma nemmeno con tutto l'impegno di cui potrei essere capace potrei reggere il confronto.
Inoltre, non solo studia volta per volta, ma interviene molto spesso durante ogni singola lezione e quasi mai per chiarire eventuali dubbi. Ed è anche tremendamente attraente e stimolante.
Quelle volte in cui lo guardo, vengo colta da strane sensazioni e da strane voglie, mai provate prima.
Inutile dire che Giacomo sia il solo protagonista dei miei sogni e delle mie fantasie più spinte.
Spesso, esse iniziano con il nostro primo incontro, avvenuto proprio in quest'aula circa tre anni e mezzo fa. Beh, più che incontro è stato uno scambio di sguardi molto rapido, ma alquanto intenso.
Sedeva in prima fila e ricordo di averlo etichettato solo per quello come secchione: solo loro si siedono in prima o seconda fila, lo sanno tutti. La mia opinione è stata confermata anche da quello che indossava: un maglione sottile blu cobalto con rombi sul davanti color pesca e una camicia dal colletto bianco.
Gli sono passata di fronte, intenta ad andarmi a sedere verso il fondo: si è tolto gli occhiali proprio in quell'istante.
Ricordo molto bene i suoi occhi dalle iridi scure come il petrolio seguirmi sino al mio posto. Si è voltato ed io gli avevo sorriso, ma più per cortesia che per altro. Mi sento sempre in imbarazzo quando qualcuno mi guarda, specie in quel modo, e tendo ad arrossire subito. Quella volta, però, mi è piaciuto e parecchio.
Nelle mie fantasie, spesso io e lui discutiamo e finiamo per litigare, perché abbiamo idee del tutto opposte su questo o quell'altro argomento. Discussioni lunghe e alquanto stimolanti, non solo dal punto di vista intellettuale. Certo, il più delle volte, facciamo ben più che discutere; anzi, a volte non parliamo neppure: ci scambiamo uno sguardo, un sorriso malizioso e il resto vien da sé. O si fa da sé, per meglio dire.
Vedo Giacomo alzarsi. Non capita spesso che non sfrutti la pausa per rileggere gli appunti. Ha chiuso il quaderno, si è alzato e se n'è andato. Mi ha guardata con la coda dell'occhio: un istante, abbastanza perché me ne potessi accorgere.
Ed ecco che comincio a parlare con me stessa, un botta e risposta di voci che ha del comico, a ben pensarci.
'Alzati e seguilo, che aspetti? Un invito scritto!?' - per spronarmi ad alzarmi.
"Aspetto che sia fuori dall'aula. Sta zitta, lasciami pensare." - per prendere tempo.
Non ho idea di come approcciarlo. Non ci siamo mai parlati se non per salutarsi quando ci si vede, come si fa tra persone civili ed educate. E non voglio sembrare una stalker o una disperata.
'Non lo vuoi, ma lo sei. Hai una voglia matta di fartelo.' - mi viene ricordato.
'Lo so, ma non dallo a vedere, eh!' - mi consiglio immediatamente.
Prendo il portafoglio dalla borsa, controllo di avere abbastanza soldi per offrirgli un caffè e mi dirigo verso le macchinette, ad un laboratorio informatico di distanza, al termine del corridoio.
Cammino guardinga, guardandomi attorno, come se fossi un ladro in un museo pieno di misure di sicurezza nascoste. Muovo passi incerti e lenti: non ho alcuna fretta, non avendo ancora un piano d'azione. Per il momento, mi auguro solo di non incontrare nessuno che conosco. Ho un'immagine da difendere.
'Sì, quella della zitella! Cammina!' - mi viene detto. Mi scappa da ridere, ma cerco di trattenermi, più o meno.
'Sta zitta!' - le ribatto, un po' scocciata e un po' divertita - 'E lasciami pensare.'.
Non so neppure perché lo stia facendo, figuriamoci se so come fare quello che vorrei fare che non so fare.
'Un consiglio: non parlargli così, sennò scappa.' - mi lascio suggerire.
***
"Ciao, Melissa." - all'improvviso.
Di fronte a me, come in una delle mie fantasie, ecco Giacomo.
Mi viene quasi un colpo e non lo nascondo. Avrei voluto, ma non ci son riuscita.
"Ti ho spaventata? Scusa, non volevo." - mi dice, con voce sincera.
'Che voce virile... Accidenti!' - penso, mentre il cuore inizia a battere forte.
"Ehm... Nulla, tranquillo. Sto bene." - riesco a rispondergli, senza sembrare troppo imbarazzata.
Mi sta tendendo il braccio e stringe un bicchiere di caffè in mano. Anche l'altra ne tiene uno.
'Non dirmi che ha avuto la mia stessa idea, eh!' - mi chiedo, incredula.
"Mi faresti compagnia?" - mi chiede, col sorriso più bello ch'io abbia mai visto.
"Cosa?" - chiedo, con aria stranita, come se avessi la testa altrove.
'Stupida!' - penso, appena me ne rendo conto.
"Ho ordinato un caffè di troppo e mi dispiace sprecarlo. Ti va?" - senza troppi giri di parole.
"Sì, certo. Perché no?" - rispondo, prendendolo in mano.
"Attenta, è ancora caldo." - mi dice.
"Già, lo sento." - gli dico, sorridendo.
'Non quanto lo sei tu, però.' - guardandolo e perdendomi nei suoi occhi dalle iridi scure come il petrolio.
Non so per quale ragione, ma l''atmosfera mia sembra farsi sempre più calda. Fa davvero caldo.
"Melissa, tu mi piaci." - mi dice, in modo diretto.
'Non può essere vero...' - penso, sempre più eccitata.
Mi sento sempre più accaldata.
"Davvero?" - gli chiedo, con tono incredulo.
"Ti penso dal primo giorno, quando mi eri passata davanti in aula." - mi confessa.
'Anch'io ti penso da allora... E non hai idea quanto, Giacomo.' - penso, sempre più emozionata.
Mi tolgo la sciarpa, perché mi sento soffocare. La getto lontano, con un gesto teatrale rivelatore.
"Via!" - esclamo, sentendomi un po' più libera.
Ci guardiamo, ma questa volta non di sfuggita. È un istante che pare eterno, ad entrambi.
"Mi sentivo soffocare!" - esclamo, ridendo.
Sono rossa come un pomodoro. Il cuore batte sempre più forte ed è salito fino in gola. Ansimo, così emozionata ed arrapata.
"Sai, nella mia fantasia, le mie dita giocano con le tue ciocche sottili..." - mi dice, con voce suadente e mostrandomelo, con un gesto delicato che mi fa sciogliere.
"Sì?" - gli faccio, ansimando e un po' civettuola.
"...proprio così." - a concludere il suo pensiero.
"Lo vedo..." - mi limito a dire, quasi balbettando.
"Poi si posano delicatamente sulle tue labbra turgide..." - riprende, mostrandomelo ancora una volta.
"Già..." - balbetto, ora proprio cotta a puntino.
"...proprio così." - ripete, a concludere il suo pensiero.
Prendo la palla al balzo.
'Non avrò un'altra occasione come questa.' - penso tra me e me.
Getto il mio bicchiere di caffè per terra e poi anche il suo, colpendolo sulla mano.
"Nelle mie fantasie, mi limito ad appoggiare le mie mani sul tuo petto..." - gli dico, maliziosa.
'È d'acciaio!' - penso, ma senza darlo a vedere.
"...proprio in questo modo. Le lascio scoprirti, andare ovunque esse vogliano..." - continuo, muovendole sui suoi pettorali. Non è uno di quei ragazzi di grossa taglia e soltanto muscoli: a dire il vero, non è più alto di me ed è alquanto magro, ma ha tutto quello che dovrebbe avere al posto giusto. È proprio il mio tipo ideale.
"Ovunque?" - esibendomi un sorriso malizioso ed irresistibile.
"Ovunque." - più maliziosa di lui.
Non sono mai stata così sicura di me come in questo momento.
"Le lascio fare questo..." - riprendo.
Le mie mani gli tolgono il maglione e lo gettano lontano, dove capita, senza pensarci. Poi si appoggiano giocano coi suoi capelli corti e coi loro piccoli riccioli.
Infine, si fermano sulle sue guance, scorrendo un momento i lineamenti perfetti. Lo stringono, ma senza fargli male, e lo avvicinano al mio viso.
L'uno fa un piccolo passo verso l'altra e viceversa.
Chiudiamo gli occhi, entrambi.
'Finalmente!' - penso tra me e me, sciolta e arrapata come non mai.
Sento la sua mano sul fianco tirarmi verso di lui e le mie mani stringere sempre più forte il suo viso.
Le nostre labbra si stanno per toccare.
***
"Ti ho spaventata? Scusa, non volevo." - mi dice, con voce sincera.
"Eh?" - gli faccio, spaesata.
"Ti ho proprio colto di sorpresa, eh!" - un po' preoccupato e un po' divertito.
Mi sta tendendo il braccio e stringe un bicchiere di caffè in mano. Anche l'altra ne tiene uno.
'Allora non stavo sognando, è tutto vero.' - penso, tutta eccitata.
"Anche tu mi piaci, sin dal primo giorno." - gli dico, senza tanti fronzoli e tutto d'un fiato.
Gli salto praticamente addosso. Beh, non proprio addosso, ma abbastanza per baciarlo sulla bocca.
Giacomo si scansa, ma non in modo brusco.
"Melissa, che ti è preso?" - mi chiede, colto alla sprovvista.
Vuoto il sacco. Non so che altro fare.
"Scusa, pensavo che mi stessi offrendo un caffè e che poi avremmo..." - e inizio a balbettare.
"Che avremmo?" - incalza, incuriosito.
"...Parlato delle nostre fantasie l'uno per l'altra e..." - balbettando, imbarazzata come non mai.
"Capisco." - mi dice.
'Eh? Capisce!?' - penso, non più in grado di capire che sta succedendo.
"Capisci?" - ripeto, stupita.
"Beh, se fosse successo al primo anno, sì, ci sarei stato. Mi eri piaciuta subito, lo ammetto. Però, io ora sono impegnato e sono felice." - mi dice, con una serenità e sicurezza disarmanti.
Mi sento una vera stupida.
"Sei impegnato?" - gli chiedo.
"Sì." - conferma - "Ero distratto e non ti ho vista subito. Quasi ti rovesciavo il caffè addosso, pensa! Poi mi sei sembrata distratta e mi sono preoccupato." - mi rivela.
"Senti, fa finta di nulla, d'accordo?" - gli chiedo, cercando di uscire da quella situazione.
"Stai bene? Sei pallida..." - preoccupato.
'È bello, intelligente, sensibile...' - penso, sempre più rattristata.
"...Perché devi essere già impegnato?" - gli chiedo, lasciandogli intendere che stavo pensando alle ragioni per le quali mi piace da tempo. 
"È successo, non so perché. Ci siamo conosciuti, abbiamo legato subito e ci siamo messi insieme." - mi dice.
È chiaro ch'è innamorato e questo fa ancora più male.
"Mi fa piacere per voi." - mi limito a dire, a voce bassa.
Sono sincera, sì, ma sono anche invidiosa di quella ragazza e imbarazzata per come mi sono comportata.
'Beata lei che non ha aspettato.' - penso, sperando che lo meriti.
Mi ricompongo, in gran fretta. Mi giro e inizio a camminare, per ritornare in aula.
'Mai più farò il primo passo, mai più!' - penso, non solo imbarazzata ma anche tanto arrabbiata con me stessa - 'E non voltarti. Ci manca solo che capisca che sono gelosa della sua ragazza!' - concludo, decisa a dimenticare questo momento.
"Farò finta di nulla." - mi dice.
"Grazie." - sussurro.
Mi fermo e lentamente mi volto verso di lui. È ancora là, in piedi, con in entrambe le mani i bicchieri di caffè. Non so se ha pietà di me o se in qualche modo mi capisce. In ogni caso, mi pare più vicino di quanto non lo sia mai stato nelle mie fantasie.
Ritorno verso di lui, lentamente.
'Che stai facendo?' - mi viene chiesto da una delle voci.
'Non lo so, ma lo sto facendo, qualunque cosa sia.' - le rispondo, molto decisa.
"Per rispondere alla tua domanda: sì, sto bene. E scusami, non si ripeterà più." - gli faccio presente, racimolando i frammenti di dignità lasciati lì.
"Posso offrirti un caffè? Ne ho presi due per sbaglio e buttarlo mi dispiace..." - mi chiede.
Un istante per pensare alla risposta.
"Va bene." - rispondo, calma.
"Grazie." - e mi porge il bicchiere.
"Andiamo a sederci in aula? Ho delle tracolle e dei tablet che mi chiamano al mio dovere di guardia." - accennando una risata.
"Va bene." - e mi segue.
Tra un sorso e l'altro, ci facciamo qualche risata su quanto appena accaduto, fino ad arrivare a un passo dalla porta dell'aula.
"Possiamo essere amici?" - mi chiede - "Se ti va, certo.".
"Mi farebbe molto piacere." - gli rispondo.
Ci scambiamo un sorriso.
"Ho la testa tra le nuvole e tendo a fare pazzie, ti avviso." - gli faccio notare, entrando in aula.
"Ho la sensazione di averne appena avuto un assaggio." - ribatte, con tono sarcastico.
"Ma sentilo!" - gli rispondo.
Entrambi ridiamo e ci sediamo ai nostri posti.
"Mi metto qua dietro, ti va?" - mi dice, spostando la sua roba dalla prima fila alle retrovie, dove sto io con i miei amici.
"D'accordo." - gli rispondo.
Giacomo estrae dalla cartella il quaderno cogli appunti e la penna e ci mettiamo a parlare di quello che ci è stato spiegato.
Mentre lui mi spiega quello che non trova coerente, io mi rendo che forse non tutto il male - in questo caso, la mia timidezza - vien per nuocere, come si dice.
Un paio di minuti più tardi, i miei amici e gli altri colleghi di corso tornano in aula, seguiti dalla professoressa.
Tutti loro si siedono ai loro posti, mentre la professoressa chiude la porta e si ferma davanti alla cattedra.
Giacomo inizia a farle la solita serie di domande. E questa volta, alla discussione partecipo anch'io, con addosso gli sguardi sorpresi degli amici e lo sguardo soddisfatto di Giacomo.

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: BandBfun