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Spezzare la Luce
Etheram tornò a
tarda notte, nell'ora in cui anche gli spiriti tacciono. Si
infilò nella tenda di soppiatto, come un ladro, con
l'elementale dell'aria che faceva appena turbinare la sabbia sotto i
suoi sandali. Sfiorò il tappeto di giunchi, con il barracano
rosso e la tunica indaco che ondeggiava lievemente attorno al suo
corpo, eppure Nemeria la sentì comunque. Alzò la
testa dal cuscino e con i capelli scompigliati davanti agli occhi
spiò sua sorella mentre raggiungeva la stuoia. La chioma
quasi bianca le ricadeva immobile sulla schiena e sul piccolo seno,
nascondendo i talismani di cuoio. Invidiava la sua capacità
di piegare l'elementale al suo volere. Persino Fakhri, la loro maestra,
non riusciva a rimanere impassibile quando, durante le esercitazioni,
il vento diminuiva la sua forza e le nuvole abbandonavano il cielo a un
suo semplice cenno.
- Come mai sei ancora sveglia? - le chiese Etheram, riscuotendola dai
suoi pensieri, - Mamma non ti ha raccontato la storia della buonanotte?
Oppure hai fatto un brutto sogno? -
Nemeria arricciò le labbra e, prima di mettersi a sedere, si
guardò intorno. La tenda era silenziosa, sia sua madre
Hediye che suo fratello Rakhsaan dormivano profondamente, avvolti in
pesanti coperte di lana, vicino ai paraventi. Richiamò il
suo elementale e una piccola fiamma divampò sul palmo della
sua mano, spandendo un'incerta luce aranciata.
- Dove sei andata? Ti ho sentita uscire un'ora fa. -
- Ah, allora te ne eri accorta. -
Etheram sorrise e si sedette al suo fianco, vicino all'agati,
il palo centrale. Come sempre, aveva il suo blocco da disegno
sottobraccio, quello che si portava ovunque e che nascondeva
gelosamente, mostrando solo di tanto in tanto i suoi disegni. Nemeria
poteva contare sulla punta delle dita le volte che le aveva concesso di
vederli.
- Non hai risposto alla mia domanda. - insistette, appoggiando la testa
contro la sua spalla, - E non dire che sei andata solo a farti un giro,
non me la bevo. -
Etheram sbuffò e levò gli occhi al cielo,
fingendosi esasperata. Il vento caldo del deserto si infilò
nella fessura tra i due lembi di tenda, accarezzò il tappeto
di giunchi e le scompigliò i capelli, facendo mulinare le
ciocche bianche e castane attorno al suo viso. Nemeria ne
catturò una e se la avvolse attorno al dito, affascinata dal
lucore perlaceo che si spandeva sui tratti chiari per poi attenuarsi
poco sopra le orecchie, dove la chioma assumeva di nuovo il suo color
noce naturale.
- Ti piacciono?-
- Sì, sembrano come quelli delle donne di quel popolo...
come si chiamava? -
- I Rorwan? - suggerì Etheram, mordicchiandosi le labbra con
aria pensosa, - Sì, può essere. Domani potremmo
chiedere delucidazioni a Fahkri, ma mi pare di ricordare che fossero
proprio loro. -
Nemeria annuì distrattamente e acchiappò un'altra
ciocca della sorella. A differenza dell'altra, era completamente
candida, fino quasi alla radice, di un bianco così chiaro da
sembrare argento liquido alla luce della luna. Era un processo normale
all'età di Etheram, dopo tutti gli anni di addestramento
sarebbe stato strano il contrario, eppure una morsa dolorosa le serrava
le viscere ogni volta che notava una ciocca più scolorita
rispetto al giorno prima, gli occhi più vitrei, la pelle
più lattea. Tra un paio d'anni, sua sorella sarebbe
diventata una vera Jinian, capace di attingere al potere dei quattro
elementali che vivevano dentro di lei, e allora non sarebbe
più stata Etheram. Avrebbe conservato la memoria, il corpo,
ma avrebbe trasceso la sua mortalità per ottenere
“la più alta consapevolezza di sé e
dell'universo”, come diceva Fakhri ad ogni lezione.
Nemeria si avvicinò ancora di più,
accoccolandosi, senza però trovare la forza di guardarla in
viso. Quando coglieva dei cambiamenti nell'aspetto di sua sorella,
cominciava a sentire freddo.
Come se le avesse letto nel pensiero, Etheram la strinse a
sé e le rivolse un sorriso dolce e sbilenco, che ricordava
quello Hediye. Nemeria trovò il suo abbraccio rassicurante,
come se non avesse niente da temere finché fosse rimasta
avvolta nel calore di Etheram.
- Non mi dimenticherò di te. - le sussurrò questa
all'orecchio.
- È una promessa? -
- È una promessa. -
Nemeria strusciò il viso contro la sua spalla e, ancora per
qualche minuto, si godette il calore del corpo di sua sorella,
ricacciando le lacrime in gola.
- Non mi hai ancora detto che diamine sei andata a fare in giro. -
tornò poi alla carica e la fiammella sul palmo della sua
mano crepitò, ingrossandosi.
- Non fare chiasso o svegli tutti. E stai attenta, tra poco incendi
qualcosa se non ti dai una regolata. -
- Non c'è niente che possa andare a fuoco, qui. -
Etheram fece saettare lo sguardo per la tenda, osservando il telo che
le proteggeva dalle intemperie composto da pelli di capra e muflone, l'agati e
gli altri pali posti ai quattro angoli, in pregiato legno di noce
lucido.
A Nemeria bastò seguire il movimento dei suoi occhi per
rendersi conto della stupidata che aveva detto. Si concentrò
sulla fiamma e chiese all'elementale di calmarsi, ma questa ci mise
comunque qualche istante ad affievolirsi. Fakhri glielo diceva sempre
che era troppo emotiva e lei sapeva che aveva ragione, ma faticava a
tenere a bada i suoi sentimenti. Era il motivo per cui il fuoco reagiva
così velocemente e la terra ignorava i suoi comandi.
- Oh, così va meglio. Sei migliorata dall'ultima volta. - si
complimentò Etheram.
- Lo pensi davvero? - esclamò, staccandosi di scatto dalla
sua spalla per fissarla negli occhi, - Mi sono esercitata tantissimo,
anche solo per mitigare la fiamma di una candela, e anche Fakhri dice
che se continuo così potrei a breve padroneggiare
perfettamente il fuoco e... -
- Nemeria. -
- Io penso che abbia ragione. Magari quando compirò dodici
anni non avrò difficoltà a cominciare il Primo
sentiero, magari l'Alta Sacerdotessa mi dirà che
dovrò partire proprio dalla terra. -
- Nemeria. -
- Sì? -
Etheram le indicò la mano. La fiamma adesso aveva assunto la
dimensione di una palla e scoppiettava allegra, illuminando la tenda
quasi quanto il focolare appena acceso. La bambina cercò di
non farsi prendere dal panico, ma più cercava di placare il
battito del suo cuore, più la fiamma cresceva, divampando
come se qualcuno stesse aggiungendo nuova legna da ardere. Con un
sorriso divertito, sua sorella posizionò la propria mano
sopra la fiamma e cominciò a sottrarre ossigeno al fuoco,
fino a quando questi non tornò di dimensioni accettabili.
- Ecco, è sempre così... mi basta deconcentrarmi
un attimo e l'elementale fa quello che vuole. L'altra volta ho persino
carbonizzato la merenda di Ziba. - sbuffò sconsolata Nemeria.
Etheram non riuscì a trattenere una risatina.
- Guarda che è una cosa seria, non c'è niente di
divertente! -
Etheram tossì piano, cercando di ricomporsi: - Cosa
è successo? Perché ti sei arrabbiata con lei?-
Nemeria si mordicchiò l'interno delle guance, incerta su
come rispondere. Dopo un momento di riflessione, decise di raccontarle
la verità. Far finta di niente non avrebbe avuto senso e
mentire ancor meno: sua sorella aveva un intuito felino per le bugie,
l'avrebbe smascherata subito.
“Sua madre, prima di diventare una Jinian, doveva essere una
Sha'ir.”
- Ha detto che sono stupida, che non diventerò mai brava
come te. -
- Perché lei spicca per intelligenza, giusto? -
Fuori il vento soffiò con più
intensità, sferzò le dune desertiche con rabbia,
afferrando la sabbia e avviluppandola in piccoli vortici. Nemeria quasi
poteva vederli, al di là delle strisce colorate in rosso
ocra della tenda, la manifestazione del fastidio di sua sorella.
Durarono poco, tant'è che si domandò persino se
non se li fosse immaginati, perché quasi subito le raffiche
si tramutarono in una brezza delicata, una carezza tiepida sulla pelle.
- Ne hai parlato con Hediye? - le chiese dopo un po'.
Nemeria scosse la testa e si raggomitolò ancora di
più. Etheram non aveva mai chiamato Hediye
“mamma”, nemmeno quando era piccola. In effetti, la
donna non era la madre naturale di nessuna delle due, ma
una “Ikaelan”, un'umana
che aveva deciso di sua spontanea volontà di unirsi alla
loro tribù e prendersi cura dei bambini per ripagare l'Alta
Sacerdotessa di quel privilegio. Nonostante conoscesse la
verità, Nemeria voleva bene a Hediye e non aveva mai smesso
di considerarla sua madre, nemmeno quando le aveva rivelato che non
c'era alcun legame di sangue tra lei, Etheram e Rakhsaan. Era accaduto
due anni prima e ricordava di aver pianto per un'ora, finché
Hediye non l'aveva presa in braccio e l'aveva cullata, conducendola con
la sua voce in un sonno tranquillo e senza sogni.
Sua sorella sospirò e le scompigliò i capelli,
mettendole un braccio attorno alle spalle.
- Lascia perdere Ziba. Doveva dare aria alla bocca e tu ha fatto bene a
bruciarle la merenda. -
- Non lo so... - trasse un profondo respiro e rinserrò la
stretta sulle ginocchia, - È che gli altri sembrano saper
già fare tutto, manipolano gli elementali con una tale
facilità e io mi sento così stupida e incapace. -
- Non lo sei, Nemeria, non lo sei. Tu hai una grande
affinità con il fuoco, l'elemento più difficile
da manipolare perché il più irrequieto, il
più impulsivo, il più indomabile. Si nutre delle
emozioni forti e, come un incendio, divampa per un istante e poi si
spegne con un alito di vento. -
Etheram aprì il blocco da disegno su un paesaggio desertico,
nel quale figurava un sole a picco sulle dune salienti e un cielo
insanguinato sullo sfondo.
- Tuttavia, è anche l'energia che anima il mondo. Anzi,
è esso stesso l'anima del mondo. Ad esso gli uomini hanno
associato gli ideali di forza, coraggio e determinazione. È
un agente di cambiamento e attraverso le fiamme riusciamo ad arrivare
alla vera perfezione, quella che ci rende Jinian. Ti sei mai chiesta
perché il cammino del fuoco è l'ultimo che viene
intrapreso? È talmente difficile da manipolare che, se non
fosse moderato dagli altri elementi, la sua forza vivificatrice si
trasformerebbe in un impeto distruttivo inarrestabile. -
Nemeria sfiorò i delicati clivi disegnati a carboncino,
saggiando quasi con deferenza la consistenza ruvida della pergamena.
Fissò affascinata quel paesaggio e lo riconobbe come uno dei
tramonti del deserto del nord, dove il sole moriva prima e sorgeva
più tardi.
- L'acqua, invece, rinsalda ciò che il fuoco dilata,
è il grembo da cui ha origine la vita. -
Etheram girò la pagina, mostrandole lo schizzo di una
sorgente incassata nel pertugio tra due montagne ancora avvolte dalla
morsa del gelo, le cime incappucciate di neve brillante.
- Sotto forma di vapore, sale verso il cielo e nelle sue gocce
raccoglie i sussurri degli dei, per poi cadere di nuovo sulla terra,
fecondandola, amandola come una madre il proprio figlio. Ma la sua vera
forza risiede nel perpetuo mutamento e movimento. Per poterla dominare
bisogna cedere, cambiare forma, adattarsi senza piegarsi
all'elementale. Al suo opposto, nell'immobilità,
c'è la terra. -
Sotto gli occhi di Nemeria, nella pagina successiva apparve una steppa
che si estendeva a perdita d'occhio, un mare verde che sulla linea
frastagliata dell'orizzonte era costellato da possenti alberi, giganti
maestosi che sfidavano il cielo viola del crepuscolo, squarciato da
fulmini.
- Fertile e rigoglioso, l'elementale della terra è il grembo
che accoglie la vita, la nutre e ne osserva lo sviluppo, ma allo stesso
tempo è forte, solido, potente, oserei direi intransigente.
Sono riuscita a conquistarmi con difficoltà il suo rispetto,
perché la mia natura è più vicina
all'aria: mi sono sempre sentita leggera e impalpabile, legata a
quell'energia invisibile che penetra nelle profondità della
terra, fa bruciare il fuoco e mette in moto le correnti degli oceani. -
Etheram fece una pausa e accarezzò la fronte di Nemeria,
spostando le ciocche nere dietro le orecchie, l'espressione seria sulle
labbra serrate.
- Qualunque sia l'elementale a cui sei più affine, ricordati
sempre che per garantirti la stima degli altri tre dovrai faticare. Non
è un cammino semplice, non lo è stato per
nessuno, e chi dice il contrario mente. -
- Per te non è stato facile? -
- Affatto, è stata una lotta estenuante. Ma almeno i miei
sbagli e non sono stati visti da persone come Ziba. - Etheram sorrise e
le porse un sacchetto dalla scarsella, - Questo è per te. -
- Che cos'è? -
- Un piccolo pensiero per una bambina che sta crescendo. -
Nemeria lo prese e lo soppesò, tastandolo con le dita nel
tentativo di capire cosa fosse, con gli occhi chiusi e le sopracciglia
aggrottate. Dopo aver scartato una o due ipotesi, cedette alla
curiosità e lo aprì, lanciando un piccolo
gridolino di sorpresa quando la luce della luna rimbalzò su
una pietra azzurra dai riflessi violacei. Poi si rese conto che era una
collana.
- Etheram, è... è bellissima! Dove l'hai presa? -
- Segreto. Ti dirò solo che ho chiesto a un uccellino di
accompagnarmi in una certa oasi... -
- Hai davvero chiesto ad Arsalan di portarti con lui al mercato? Come
hai fatto a convincerlo? Dice di no a tutti ed è pure
antipatico. -
- Dopo l'ultima volta che gli ho fatto notare che la pietra che gli
avevano venduto era un sasso colorato, ha deciso di sua spontanea
volontà di portarmi con sé. -
Nemeria la squadrò, soppesando le sue parole per cercare di
capire se ci fosse un qualche significato nascosto, ma visto che sua
sorella non sembrava intenzionata a scucirsi oltre rinunciò,
tornando a rivolgere le sue attenzioni al regalo. Era un semplice
pendente, con la corda era nera e liscia al tatto, come il cristallo,
che era stato levigato fino a fargli assumere la forma di una goccia.
Esso sfavillava di una luce lattiginosa, che sembrava scaturire
dall'interno. A Nemeria ricordava una Lacrima della Madre, quelle che
si diceva avesse versato quando Heydar, il campione del suo amato
fratello, aveva ucciso Soraya, la sua prima figlia, condannando
così tutta la stirpe degli uomini.
- È una pietra di luna. Si dice che aiuti a lenire gli
affanni e il dolore, ma soprattutto serve a mitigare le emozioni. Ho
pensato che poteva essere un bel regalo per un'aspirante Jinian. -
- È bellissimo, davvero. Posso indossarla subito? -
- Certo, voglio vedere come ti sta. -
Nemeria si alzò di scatto e raccolse in una coda
raffazzonata i capelli corvini, trattenendo appena l'eccitazione.
Le Jinian non entravano mai in contatto con gli altri popoli, di solito
il compito di mercanteggiare lo lasciavano agli uomini della
tribù che si occupavano di scambiare stuoie, statuette di
legno, bisacce, cuscini e astucci per armi con beni di prima
necessità. I gioielli, ovviamente, non rientravano tra
questi e Nemeria li aveva per lo più sentiti descrivere dai
racconti delle Anziane, oppure li aveva visti portare da alcune
Ikaelan. Il fatto che Etheram fosse venuta in possesso di una collana
era straordinario.
Quando percepì la freddezza della pietra sulla pelle,
provò subito un profondo senso di pace. Di fronte alla sua
faccia meravigliata, sua sorella l'abbracciò, soffocando una
risata nei suoi capelli.
- Ti voglio bene, Nemeria. -
- Anche io te ne voglio, Etheram. Prometto di impegnarmi sempre di
più per diventare una Jinian brava come te. -
- Oh, così mi piaci. Adesso però andiamo a
dormire, domani sarà una giornata impegnativa per te. -
- Non puoi dormire vicino a me? Prometto che non mi muovo troppo. -
- Anche l'ultima volta avevi detto così e la mattina dopo mi
sono svegliata fuori dalle coperte. -
- Dai, faccio la brava. - piagnucolò, fissandola come un
cane bastonato.
Etheram esalò un sospiro esasperato e si passò
una mano sul viso, ma mentre spostava la stuoia Nemeria si avvide che
sorrideva. Sua sorella non riusciva mai a negarle nulla.
- Grazie ancora del regalo. Buonanotte. - sussurrò,
allungando la mano verso quella di Etheram.
- Sogni d'oro, fiammella. - le rispose, con la voce già
impastata dal sonno.
E un minuto più tardi precipitarono nel sonno, le dita
intrecciate e i corpi vicini.
Era quasi l'alba quando Nemeria aprì gli occhi. Aveva ancora
una mano stretta attorno alla pietra di luna, ma l'altra era vuota.
Etheram se ne stava in piedi accanto a lei, gli occhi chiusi,
l'espressione concentrata e i palmi illuminati da una luce dorata
appoggiati a terra.
- Etheram...? - la chiamò incerta.
Non
ottenne risposta. Solo il movimento dell'elementale sotto la pelle
delle braccia tese le fece capire che non si era addormentata durante
la meditazione.
Con la mente ancora annebbiata dal sonno, Nemeria si guardò
intorno, per poi dirigere la sua attenzione prima verso l'entrata e poi
all'interno della tenda. Alle sue orecchie le arrivarono il leggero
russare di Hediye, il borbottio sommesso di Rakhsaan e il
sibilare leggero del vento. Suoni familiari, suoni di casa.
Etheram, però, sembrava sentire qualcos'altro. D'un tratto
impallidì e, quando riaprì gli occhi, Nemeria
vide la paura accenderle lo sguardo.
-
Ci stanno attaccando. Sveglia Hediye e Rakhsaan, io
vado ad avvertire l'Alta Sacerdotessa. -
- Attaccando? Chi? - indagò sconvolta, svegliandosi del
tutto.
- Non lo so, ma non è importante ora. - disse in tono calmo,
senza lasciar trasparire alcun turbamento, e Nemeria si
quietò un poco.
Le Anziane raccontavano spesso come fosse il mondo fuori dalla
tribù, quanto potessero essere crudeli gli uomini, ma le
avevano sempre rassicurate: la magia dell'Alta Sacerdotessa e delle
altre Jinian, fin da quando Heydar aveva scatenato la collera della
Madre, aveva reso il loro popolo invisibile. Solo le poche donne che
possedevano il dono della vista erano in grado di scorgerli, e dopo
un'attenta selezione venivano accolte nella tribù. Quindi
com'era possibile che qualcuno le potesse attaccare? I mortali non
sapevano della loro esistenza, le Anziane e gli uomini che
mercanteggiavano avevano garantito che erano diventate solo una
leggenda.
Quando Etheram l'afferrò per le spalle, Nemeria
trasalì. Aveva la mascella contratta e gli occhi si erano
accesi di una calda luce dorata, così come le braccia e le
mani.
-
Ascoltami, lo so che hai paura, ma andrà tutto bene.
Rilassati e sveglia Hediye e Rakhsaan. Se
è vero che qualcuno ci ha trovate, siamo tutte in grave
pericolo. Io non posso rimanere qui, devo unirmi alle altre per
combattere, perciò dovrai essere tu a prenderti cura di
loro. -
- Combattere? Ma io so a malapena utilizzare l'elementale del fuoco! -
Etheram fece per ribattere, ma l'elementale risalì in una
scia dorata intermittente il suo braccio e le sussurrò
qualcosa all'orecchio, qualcosa che l'allarmò. Il vento
trasportò le urla concitate di donne e uno scalpiccio
frenetico. La voce risoluta di Fakhri sovrastò tutte le
altre, assieme a quelle delle maestre, che esortavano tutti a radunarsi
attorno alla tenda dell'Alta Sacerdotessa.
- Ci stanno davvero attaccando? -
A
quella domanda, le due sorelle si girarono in
simultanea. Hediye avanzava zoppicando verso di loro,
con in braccio il piccolo Rakhsaan ancora addormentato. Lo stringeva
forte al seno, le mani e le spalle tremanti come il sorriso che rivolse
a Nemeria.
- Sì, per questo dovete andare via. Seguite le indicazioni
delle maestre, andate dall'Alta Sacerdotessa. - spiegò
rapidamente Etheram, - Non allontanatevi dagli altri, per nessuna
ragione al mondo, chiaro? -
- Tu non verrai? - balbettò Nemeria.
- No, io mi unirò alle Jinian. -
Nemeria cercò le parole per rispondere, per convincerla a
non separarsi, ma i pensieri si accavallavano impedendole di
concentrarsi. Un terribile presentimento si fece strada nel suo cuore.
Non voleva che Etheram andasse, sentiva che, se fosse uscita dalla
tenda, non l'avrebbe più rivista. Eppure, per quanto si
sforzasse, la sua voce rimaneva incastrata in gola.
Etheram le diede un bacio sulla fronte e l'abbracciò,
affondando la mano nei capelli neri della sorellina. Nemeria comprese
subito che era un addio.
- Non piangere, andrà tutto bene. - le soffiò
all'orecchio, asciugandole le lacrime.
-
Sì, andrà tutto bene, vedrai.
- reiterò Hediye, prendendole la mano, e
con delicatezza l'allontanò dalla sorella, - Abbi cura di
te, Etheram. -
La
ragazza elargì un lieve cenno di assenso, si
voltò e schizzò fuori dalla tenda. Nemeria
guardò con gli occhi fuori dalle orbite il punto in cui fino
a un istante prima c'era Etheram, avvertendo il gelo penetrarle nelle
ossa. Poi Hediye la tirò e lei fu
costretta a seguirla, le gambe rigide come tronchi e il cuore pesante
come il piombo.
Non appena uscirono, il caos le avvolse. Uomini, donne e bambini
camminavano affiancati, stringendo al petto i pochi averi che potevano
portare con loro. Le maestre giravano tra la folla, facendo sentire la
loro presenza in modo da contenere il panico che, come un morbo
mortale, si diffondeva sui visi sudati dei fuggiaschi. Il sole, a
quell'ora della mattina, rendeva la sabbia rovente e l'aria
irrespirabile, ma senza nessuna Jinian a richiamare il potere degli
elementali non potevano fare altro che avanzare lentamente, con il
fiato che bruciava la gola e gli occhi pieni di paura, ammassati gli
uni agli altri per difendersi da un nemico invisibile e sempre
più vicino.
Nemeria
girava il capo da una parte all'altra, nella speranza di scorgere
qualche viso conosciuto in mezzo alla bolgia, ma l'unica cosa a cui
riusciva a pensare erano le parole di Etheram.
- Predoni! Predoni a cavallo! -
- Sono più di trenta, come faremo a salvarci? -
- Sono neri come i Jin, ma sono uomini. -
- Come hanno fatto a trovarci? Non sanno usare la magia! -
- Mamma, dove stiamo andando...? - domandò Rakhsaan con voce
impastata, sbadigliando.
Il bambino osservò il panorama con aria persa, gli
scarmigliati riccioli biondi che gli circondano il viso come un'aureola
e le braccia cinte attorno al suo pupazzo di stoffa. Alla vista della
gente che correva gridando, le facce distorte dal terrore e l'incarnato
pallido come quello di uno spettro, Rakhsaan percepì la
paura montare come un'onda violenta.
- Mamma?! - chiamò spaventato, aggrappandosi al collo di
Hediye come se fosse l'unica ancora di salvezza.
-
Andiamo dall'Alta Sacerdotessa, amore. Ci sono degli uomini cattivi che
vogliono farci del male, ma le nostre Jinian ci proteggeranno.
Andrà tutto bene, vedrai. - rispose la donna, ma Nemeria
colse la sua esitazione.
Anche
Rakhsaan dovette notarla, però non osò chiedere,
rannicchiandosi contro il suo petto e nascondendo il viso nell'incavo
del collo della madre. Hediye gli
accarezzò la testa e gli scoccò un bacio sui
capelli. Cercò di mantenere un passo sostenuto, ma la
caviglia le doleva e la rallentava. Se l'era slogata due giorni prima,
mentre tornava a casa dopo essersi occupata della febbre di Keyvan.
Doveva essere una cosa da poco, un paio di giorni nella tenda a
riposare e si sarebbe rimessa in sesto. Ora, invece, Nemeria si
domandava se avrebbe visto sorgere un'altra alba.
Quando giunsero nella piazza centrale, videro l'Alta Sacerdotessa. La
lunga cappa smanicata aperta sul davanti ricadeva in uno strascico
lungo, con motivi geometrici rossi che si arrampicavano come foglie
d'edera sulla stola, lasciando scoperte le braccia fino alle spalle
tatuate. Nemeria si rasserenò un po', anche se nel profondo
sapeva che non era un buon segno che impugnasse il bastone degli
Spiriti.
Le Anziane costituivano un semicerchio attorno a lei. Alcune
indossavano i paramenti sacri, con la fusciacca rossa e il pugnale
cerimoniale nel fodero sulla vita, altre invece avevano l'armatura di
pelle e avevano già infuso gli elementali nelle scimitarre.
L'Alta Sacerdotessa attese finché tutti non si furono
radunati al suo cospetto. Il vento cominciò a soffiare, le
ingrossò la gonna e le scompigliò i capelli,
lasciando scoperti i tatuaggi luminosi sulle gambe e gli orecchini
sulle lunghe orecchie da Sha'ir, ultimo retaggio del suo passato
mortale. La sua voce alta e autoritaria mise la folla a tacere.
- Mio amato popolo, siamo stati attaccati, gli uomini ci hanno trovato.
Hanno oltrepassato la prima barriera e adesso si accingono a
distruggere la seconda. Tra pochi minuti saremo completamente esposti.
- li osservò ad uno ad uno, con i suoi occhi rossi senza
pupille, - Non so come sia accaduto, i mortali non possono usare la
magia senza venirne corrotti, ma non è questo il momento
delle risposte. Ho mandato le nostre Jinian al confine della prima
barriera, in modo che possano trattenerli il più possibile.
A breve, andranno anche alcune Anziane, ma prima apriremo un portale di
teletrasporto. - alzò il braccio che teneva il bastone degli
Spiriti e si concentrò.
Nemeria ebbe come la sensazione che stesse guardando proprio lei, ma si
ricredette subito. Perché mai avrebbe dovuto farlo? Lei era
solo una bambina.
- Vi chiedo di rimanere fermi. Quando il portale sarà
attivo, procedete ordinatamente all'interno. Vi ritroverete molto
lontani da qui, in un luogo dove potremo di nuovo nasconderci. -
Mentre diceva questo, le Anziane, quelle che portavano gli abiti
sacerdotali, avevano già cominciato a richiamare gli
elementali dell'aria e dell'acqua. L'energia fluiva dalle loro dita in
volute evanescenti, spirali perlacee che si annodavano intrecciandosi
attorno a uno specchio liquido, con la superficie increspata da
mulinelli.
- Io, le Anziane e le Jinian resteremo per combattere, e non
è certo che torneremo. - continuò l'Alta
Sacerdotessa, e la sua espressione imperturbabile si incrinò
in una smorfia amara, quasi rassegnata.
Un
fremito di paura percorse la
tribù. Hediye rinserrò la presa
in tempo, prima che le ginocchia di Nemeria cedessero. Etheram era
lì fuori, alla prima barriera a combattere per loro e c'era
il rischio che non sopravvivesse. Sua sorella, la sua confidente, la
sua migliore amica poteva già essere morta. Senza che se ne
rendesse conto, le lacrime ruppero gli argini e Nemeria si
ritrovò a singhiozzare contro il fianco di Hediye.
Il canto delle Anziane aumentò di volume, le voci si unirono
e gli elementali vorticarono nell'aria per tuffarsi e riemergere dallo
specchio. Una scarica di fulmini scaturì da ognuno di loro,
fece tremare tutta la struttura e solidificò la cornice
fumosa.
L'Alta Sacerdotessa gettò una rapida occhiata al portale e
si rivolse nuovamente alla folla. Nemeria ebbe ancora l'impressione di
essere osservata, ma non vi badò, troppo preoccupata per la
sorte di Etheram.
“È un incubo, deve esserlo... per favore, Madre,
fa' in modo che si salvi.”
Quando
cominciarono ad avanzare verso il portale, si fece trascinare quasi per
inerzia da Hediye.
- Sta' tranquilla. -
Nemeria trasalì e dopo un attimo di esitazione
sollevò il capo. L'Alta Sacerdotessa era davanti a lei, la
sovrastava mettendola in soggezione. Abbassò lo sguardo a
disagio, ma la donna glielo impedì, si
inginocchiò e le tirò su il mento, costringendola
a guardarla negli occhi.
Ora che la vedeva così da vicino, Nemeria si accorse che,
nascoste sotto le lunghe ciglia bianche, c'erano un paio di pupille
nere e che i tatuaggi bianchi sulle spalle e sulla pancia scoperta
baluginavano di tutte le sfumature del giallo, del rosso, del blu e del
grigio.
- Vedo lontano, oltre le nebbie. Vedo un mondo che
non mi è più caro, un eterno inverno dove il
sangue scorrerà imbrattando la virginea bellezza della
primavera. Il disonore prevarrà, la lealtà
verrà calpestata, il coraggio arderà nelle fiamme
degli incendi. Ogni uomo diverrà un traditore, ogni tradito
un omicida. Allora sarà l'Era della Falce e verrà
emesso il giudizio sul mondo. -
La sua voce era incolore, quasi glaciale, mentre parlava. A Nemeria
venne la pelle d'oca. Non riusciva a muoversi, incatenata ai suoi occhi
di brace che la fissavano senza vederla davvero.
- Figlia di Chandra, considera il lato nascosto
delle cose e chiediti cosa non conosci. Scruta al di là
delle ombre, diffida dalla luce, segui il sentiero che ti
trascinerà verso l'abisso e ti innalzerà al di
sopra degli altri figli di Chandra e Heydar. -
concluse, le posò un delicato bacio sulla fronte e
accarezzò la pietra di luna che pendeva dal collo di Nemeria.
All'improvviso, un sibilo fendette l'aria e una freccia si
piantò nel terreno, vicino al piede dell'Alta Sacerdotessa.
Un silenzio denso come melassa paralizzò la folla, che, come
un essere unico, si girò per individuare chi l'avesse
scagliata.
Quindici predoni avanzavano dal limitare delle tende, le daghe
insanguinate abbandonate lungo i fianchi e una semplice maschera bianca
a coprir loro il viso. Il materiale con cui era stata realizzata era
traslucido, come porcellana, e sulle guance era stata dipinta una
lacrima rossa. La loro armatura era più nera dei mantelli
drappeggiati sulle spalle. Camminavano contemplando il paesaggio, come
se fossero appena arrivati a una festa.
Nemeria li studiò, la mente vuota e gli occhi ormai
asciutti, senza più lacrime. Se erano arrivati
lì, significava solo una cosa: Etheram, assieme a tutte le
altre Jinian, era morta.
- Presto, presto, al portale! -
L'ordine dell'Alta Sacerdotessa si levò come un ruggito
disperato, rimettendo in moto l'ammasso di corpi che ostruiva la
piazza. Mentre gli uomini serravano i ranghi, lei e le Anziane armate
con le scimitarre caricarono i nemici, incuranti delle frecce che
piovevano dal cielo.
Nemeria osservò quella donna folle di dolore che combatteva
come una furia, incurante delle ferite e dei colpi che la raggiungevano
da ogni parte, sfondando gli incantesimi protettivi degli elementali
che, come spiriti impazziti, brillavano sotto la sua pelle liberando la
loro magia primordiale, nel tentativo di respingere i suoi avversari.
Mentre veniva trascinata via, Nemeria piangeva, piangeva per l'Alta
Sacerdotessa e per le donne che stavano dando la vita per salvare
quella del loro popolo.
Il panico esplose. A nulla valsero gli ordini delle maestre, le loro
esortazioni a procedere con ordine. Il terrore si era impossessato di
tutta la tribù, i cui membri si spintonavano per arrivare
per primi al portale, passando sui corpi dei più deboli,
calpestando i bambini che disgraziatamente si erano allontanati dalle
madri. Un altro coro di urla si propagò nella piazza quando
le frecce cominciarono a mietere le prime vittime.
Hediye si
dimenò con furia, facendosi largo in mezzo a quella miriade
di corpi. Aveva preso anche Nemeria in braccio e, incurante del dolore
alla gamba, cercava di farsi strada verso il portale. Rakhsaan piangeva
disperato, stringendo convulsamente al petto il suo pupazzo.
- Ci siamo quasi, ci siamo quasi... -
Nemeria per un istante, accecata dalla luce blu dello specchio, ci
credette davvero. Poi uno di quegli uomini, sbucato da
chissà dove, pugnalò una delle Anziane e il
portale cominciò a collassare.
Una mano gelida le artigliò una gamba e la
strattonò così forte da farle perdere l'appiglio.
Nemeria cadde e rotolò di lato, con le braccia alte a
proteggersi il volto. Aspettò qualche secondo, sicura che di
lì a poco dei piedi l'avrebbero calpestata, ma non accadde
niente. Quando schiuse le palpebre vide con orrore Hediye a
terra e, alle sue spalle, un nemico.
- Scappa! Nemeria, scappa! - gridò la donna con tutto il
fiato che aveva nei polmoni.
In
un lampo, la mano guantata del predone scattò, lasciando una
sottile linea rossa sulla gola di Hediye, uno squarcio che sembrava
quasi un sorriso. Il suo corpo si accasciò su un fianco e
mentre la folla sciamava via, lontana da loro, Nemeria lo vide fremere
in un agonizzante spasmo. Poi Hediye smise di
respirare. I suoi occhi, ancora aperti e lucidi di lacrime, si velarono
e una pozza di sangue si allargò sotto di lei.
Nemeria
fissò la scena e l'uomo che adesso si stava avvicinando,
trafiggendola con uno sguardo tagliente e crudele, inumano.
Singhiozzò impietrita. Era consapevole che rimanere
lì fosse una pessima idea, avrebbe dovuto muoversi,
scappare; avrebbe dovuto ritrovare Rakhsaan, che si era
perduto nel marasma non appena Hediye era crollata; avrebbe dovuto
vendicare la morte di Hediye, lottare con le unghie e con i denti.
Sì, avrebbe dovuto farlo, ma l'istinto di conservazione e la
paura presero presto il sopravvento, spegnendo la ragione. I muscoli
delle gambe guizzarono, i talloni fecero leva sul terreno e il corpo si
sbilanciò in avanti, riassumendo una posizione eretta.
L'adrenalina le diede l'ultima spinta e, senza accorgersene,
iniziò a correre come non aveva mai fatto. Saltò
il cadavere di una donna che era stata trafitta a morte da una freccia,
si infilò nelle tende, zigzagando per seminare il suo
inseguitore. Poteva sentire il suo respiro spezzato sul collo, i suoi
occhi neri fissi sulla propria schiena che non la perdevano mai di
vista. Era lei che voleva.
“Madre, aiutami!”
La pietra di luna divenne incandescente contro la sua pelle e,
improvvisamente, ogni suono venne inghiottito dal silenzio. Nemeria
correva attraverso uno scenario di morte muto senza provare nulla, come
se la collana avesse risucchiato ogni emozione. A un tratto la sua
mente era lucida e i pensieri nitidi. La prossima mossa le si
prospettò con naturalezza sconvolgente davanti agli occhi,
assieme alla visione di una cittadella sconosciuta.
L'elementale dell'aria lasciò fluire il suo potere nelle
vene di Nemeria, soffiò in armonia col suo sangue e ne
accompagnò il corso, giù fino alle gambe e ai
piedi, spronandola ad aumentare la velocità.
- Portami a Kalaspirit. - ordinò la bambina e un istante
più tardi venne avvolta da un turbine di luce.