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Autore: Himenoshirotsuki    17/02/2017    19 recensioni
Le Jinian, un popolo, una leggenda. Dimenticate dagli umani e anche da tutte le altre razze, questa tribù di quasi solamente donne viaggia da una parte all'altra del mondo. Nascoste agli occhi di ogni mortale, sono le uniche ancora in grado di usare la magia elementale, senza che essa, a lungo andare, le corrompa. Nemeria è solo una delle tante bambine della tribù e non ha niente di speciale. Adora sua sorella Etheram e il suo dolce fratellino Rakhsaan, ama combinare guai e, come tutte le sue compagne, si è sempre esercitata nell'arte della magia e della manipolazione degli elementali che vivono in lei per poter un giorno diventare una Jinian. Ma tutto cambia all'improvviso quando la sua tribù viene attaccata da una banda di briganti, vestiti con un'armatura completamente nera e una maschera bianca a coprir loro il viso. Il destino mette Nemeria davanti a una scelta: diventare un vero guerriero e combattere per sopravvivere oppure vivere all'ombra di ciò che il fato ha scritto per lei.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Fuoco 2

1

Spezzare la Luce

Etheram tornò a tarda notte, nell'ora in cui anche gli spiriti tacciono. Si infilò nella tenda di soppiatto, come un ladro, con l'elementale dell'aria che faceva appena turbinare la sabbia sotto i suoi sandali. Sfiorò il tappeto di giunchi, con il barracano rosso e la tunica indaco che ondeggiava lievemente attorno al suo corpo, eppure Nemeria la sentì comunque. Alzò la testa dal cuscino e con i capelli scompigliati davanti agli occhi spiò sua sorella mentre raggiungeva la stuoia. La chioma quasi bianca le ricadeva immobile sulla schiena e sul piccolo seno, nascondendo i talismani di cuoio. Invidiava la sua capacità di piegare l'elementale al suo volere. Persino Fakhri, la loro maestra, non riusciva a rimanere impassibile quando, durante le esercitazioni, il vento diminuiva la sua forza e le nuvole abbandonavano il cielo a un suo semplice cenno.
- Come mai sei ancora sveglia? - le chiese Etheram, riscuotendola dai suoi pensieri, - Mamma non ti ha raccontato la storia della buonanotte? Oppure hai fatto un brutto sogno? -
Nemeria arricciò le labbra e, prima di mettersi a sedere, si guardò intorno. La tenda era silenziosa, sia sua madre Hediye che suo fratello Rakhsaan dormivano profondamente, avvolti in pesanti coperte di lana, vicino ai paraventi. Richiamò il suo elementale e una piccola fiamma divampò sul palmo della sua mano, spandendo un'incerta luce aranciata.
- Dove sei andata? Ti ho sentita uscire un'ora fa. -
- Ah, allora te ne eri accorta. -
Etheram sorrise e si sedette al suo fianco, vicino all'agati, il palo centrale. Come sempre, aveva il suo blocco da disegno sottobraccio, quello che si portava ovunque e che nascondeva gelosamente, mostrando solo di tanto in tanto i suoi disegni. Nemeria poteva contare sulla punta delle dita le volte che le aveva concesso di vederli.
- Non hai risposto alla mia domanda. - insistette, appoggiando la testa contro la sua spalla, - E non dire che sei andata solo a farti un giro, non me la bevo. -
Etheram sbuffò e levò gli occhi al cielo, fingendosi esasperata. Il vento caldo del deserto si infilò nella fessura tra i due lembi di tenda, accarezzò il tappeto di giunchi e le scompigliò i capelli, facendo mulinare le ciocche bianche e castane attorno al suo viso. Nemeria ne catturò una e se la avvolse attorno al dito, affascinata dal lucore perlaceo che si spandeva sui tratti chiari per poi attenuarsi poco sopra le orecchie, dove la chioma assumeva di nuovo il suo color noce naturale.
- Ti piacciono?-
- Sì, sembrano come quelli delle donne di quel popolo... come si chiamava? -
- I Rorwan? - suggerì Etheram, mordicchiandosi le labbra con aria pensosa, - Sì, può essere. Domani potremmo chiedere delucidazioni a Fahkri, ma mi pare di ricordare che fossero proprio loro. -
Nemeria annuì distrattamente e acchiappò un'altra ciocca della sorella. A differenza dell'altra, era completamente candida, fino quasi alla radice, di un bianco così chiaro da sembrare argento liquido alla luce della luna. Era un processo normale all'età di Etheram, dopo tutti gli anni di addestramento sarebbe stato strano il contrario, eppure una morsa dolorosa le serrava le viscere ogni volta che notava una ciocca più scolorita rispetto al giorno prima, gli occhi più vitrei, la pelle più lattea. Tra un paio d'anni, sua sorella sarebbe diventata una vera Jinian, capace di attingere al potere dei quattro elementali che vivevano dentro di lei, e allora non sarebbe più stata Etheram. Avrebbe conservato la memoria, il corpo, ma avrebbe trasceso la sua mortalità per ottenere “la più alta consapevolezza di sé e dell'universo”, come diceva Fakhri ad ogni lezione.
Nemeria si avvicinò ancora di più, accoccolandosi, senza però trovare la forza di guardarla in viso. Quando coglieva dei cambiamenti nell'aspetto di sua sorella, cominciava a sentire freddo.
Come se le avesse letto nel pensiero, Etheram la strinse a sé e le rivolse un sorriso dolce e sbilenco, che ricordava quello Hediye. Nemeria trovò il suo abbraccio rassicurante, come se non avesse niente da temere finché fosse rimasta avvolta nel calore di Etheram.
- Non mi dimenticherò di te. - le sussurrò questa all'orecchio.
- È una promessa? -
- È una promessa. -
Nemeria strusciò il viso contro la sua spalla e, ancora per qualche minuto, si godette il calore del corpo di sua sorella, ricacciando le lacrime in gola.
- Non mi hai ancora detto che diamine sei andata a fare in giro. - tornò poi alla carica e la fiammella sul palmo della sua mano crepitò, ingrossandosi.
- Non fare chiasso o svegli tutti. E stai attenta, tra poco incendi qualcosa se non ti dai una regolata. -
- Non c'è niente che possa andare a fuoco, qui. -
Etheram fece saettare lo sguardo per la tenda, osservando il telo che le proteggeva dalle intemperie composto da pelli di capra e muflone, l'agati e gli altri pali posti ai quattro angoli, in pregiato legno di noce lucido.
A Nemeria bastò seguire il movimento dei suoi occhi per rendersi conto della stupidata che aveva detto. Si concentrò sulla fiamma e chiese all'elementale di calmarsi, ma questa ci mise comunque qualche istante ad affievolirsi. Fakhri glielo diceva sempre che era troppo emotiva e lei sapeva che aveva ragione, ma faticava a tenere a bada i suoi sentimenti. Era il motivo per cui il fuoco reagiva così velocemente e la terra ignorava i suoi comandi.
- Oh, così va meglio. Sei migliorata dall'ultima volta. - si complimentò Etheram.
- Lo pensi davvero? - esclamò, staccandosi di scatto dalla sua spalla per fissarla negli occhi, - Mi sono esercitata tantissimo, anche solo per mitigare la fiamma di una candela, e anche Fakhri dice che se continuo così potrei a breve padroneggiare perfettamente il fuoco e... -
- Nemeria. -
- Io penso che abbia ragione. Magari quando compirò dodici anni non avrò difficoltà a cominciare il Primo sentiero, magari l'Alta Sacerdotessa mi dirà che dovrò partire proprio dalla terra. -
- Nemeria. -
- Sì? -
Etheram le indicò la mano. La fiamma adesso aveva assunto la dimensione di una palla e scoppiettava allegra, illuminando la tenda quasi quanto il focolare appena acceso. La bambina cercò di non farsi prendere dal panico, ma più cercava di placare il battito del suo cuore, più la fiamma cresceva, divampando come se qualcuno stesse aggiungendo nuova legna da ardere. Con un sorriso divertito, sua sorella posizionò la propria mano sopra la fiamma e cominciò a sottrarre ossigeno al fuoco, fino a quando questi non tornò di dimensioni accettabili.
- Ecco, è sempre così... mi basta deconcentrarmi un attimo e l'elementale fa quello che vuole. L'altra volta ho persino carbonizzato la merenda di Ziba. - sbuffò sconsolata Nemeria.
Etheram non riuscì a trattenere una risatina.
- Guarda che è una cosa seria, non c'è niente di divertente! -
Etheram tossì piano, cercando di ricomporsi: - Cosa è successo? Perché ti sei arrabbiata con lei?-
Nemeria si mordicchiò l'interno delle guance, incerta su come rispondere. Dopo un momento di riflessione, decise di raccontarle la verità. Far finta di niente non avrebbe avuto senso e mentire ancor meno: sua sorella aveva un intuito felino per le bugie, l'avrebbe smascherata subito.
“Sua madre, prima di diventare una Jinian, doveva essere una Sha'ir.”
- Ha detto che sono stupida, che non diventerò mai brava come te. -
- Perché lei spicca per intelligenza, giusto? -
Fuori il vento soffiò con più intensità, sferzò le dune desertiche con rabbia, afferrando la sabbia e avviluppandola in piccoli vortici. Nemeria quasi poteva vederli, al di là delle strisce colorate in rosso ocra della tenda, la manifestazione del fastidio di sua sorella. Durarono poco, tant'è che si domandò persino se non se li fosse immaginati, perché quasi subito le raffiche si tramutarono in una brezza delicata, una carezza tiepida sulla pelle.
- Ne hai parlato con Hediye? - le chiese dopo un po'.
Nemeria scosse la testa e si raggomitolò ancora di più. Etheram non aveva mai chiamato Hediye “mamma”, nemmeno quando era piccola. In effetti, la donna non era la madre naturale di nessuna delle due, ma una “Ikaelan”un'umana che aveva deciso di sua spontanea volontà di unirsi alla loro tribù e prendersi cura dei bambini per ripagare l'Alta Sacerdotessa di quel privilegio. Nonostante conoscesse la verità, Nemeria voleva bene a Hediye e non aveva mai smesso di considerarla sua madre, nemmeno quando le aveva rivelato che non c'era alcun legame di sangue tra lei, Etheram e Rakhsaan. Era accaduto due anni prima e ricordava di aver pianto per un'ora, finché Hediye non l'aveva presa in braccio e l'aveva cullata, conducendola con la sua voce in un sonno tranquillo e senza sogni.
Sua sorella sospirò e le scompigliò i capelli, mettendole un braccio attorno alle spalle.
- Lascia perdere Ziba. Doveva dare aria alla bocca e tu ha fatto bene a bruciarle la merenda. -
- Non lo so... - trasse un profondo respiro e rinserrò la stretta sulle ginocchia, - È che gli altri sembrano saper già fare tutto, manipolano gli elementali con una tale facilità e io mi sento così stupida e incapace. -
- Non lo sei, Nemeria, non lo sei. Tu hai una grande affinità con il fuoco, l'elemento più difficile da manipolare perché il più irrequieto, il più impulsivo, il più indomabile. Si nutre delle emozioni forti e, come un incendio, divampa per un istante e poi si spegne con un alito di vento. -
Etheram aprì il blocco da disegno su un paesaggio desertico, nel quale figurava un sole a picco sulle dune salienti e un cielo insanguinato sullo sfondo.
- Tuttavia, è anche l'energia che anima il mondo. Anzi, è esso stesso l'anima del mondo. Ad esso gli uomini hanno associato gli ideali di forza, coraggio e determinazione. È un agente di cambiamento e attraverso le fiamme riusciamo ad arrivare alla vera perfezione, quella che ci rende Jinian. Ti sei mai chiesta perché il cammino del fuoco è l'ultimo che viene intrapreso? È talmente difficile da manipolare che, se non fosse moderato dagli altri elementi, la sua forza vivificatrice si trasformerebbe in un impeto distruttivo inarrestabile. -
Nemeria sfiorò i delicati clivi disegnati a carboncino, saggiando quasi con deferenza la consistenza ruvida della pergamena. Fissò affascinata quel paesaggio e lo riconobbe come uno dei tramonti del deserto del nord, dove il sole moriva prima e sorgeva più tardi.
- L'acqua, invece, rinsalda ciò che il fuoco dilata, è il grembo da cui ha origine la vita. -
Etheram girò la pagina, mostrandole lo schizzo di una sorgente incassata nel pertugio tra due montagne ancora avvolte dalla morsa del gelo, le cime incappucciate di neve brillante.
- Sotto forma di vapore, sale verso il cielo e nelle sue gocce raccoglie i sussurri degli dei, per poi cadere di nuovo sulla terra, fecondandola, amandola come una madre il proprio figlio. Ma la sua vera forza risiede nel perpetuo mutamento e movimento. Per poterla dominare bisogna cedere, cambiare forma, adattarsi senza piegarsi all'elementale. Al suo opposto, nell'immobilità, c'è la terra. -
Sotto gli occhi di Nemeria, nella pagina successiva apparve una steppa che si estendeva a perdita d'occhio, un mare verde che sulla linea frastagliata dell'orizzonte era costellato da possenti alberi, giganti maestosi che sfidavano il cielo viola del crepuscolo, squarciato da fulmini.
- Fertile e rigoglioso, l'elementale della terra è il grembo che accoglie la vita, la nutre e ne osserva lo sviluppo, ma allo stesso tempo è forte, solido, potente, oserei direi intransigente. Sono riuscita a conquistarmi con difficoltà il suo rispetto, perché la mia natura è più vicina all'aria: mi sono sempre sentita leggera e impalpabile, legata a quell'energia invisibile che penetra nelle profondità della terra, fa bruciare il fuoco e mette in moto le correnti degli oceani. -
Etheram fece una pausa e accarezzò la fronte di Nemeria, spostando le ciocche nere dietro le orecchie, l'espressione seria sulle labbra serrate.
- Qualunque sia l'elementale a cui sei più affine, ricordati sempre che per garantirti la stima degli altri tre dovrai faticare. Non è un cammino semplice, non lo è stato per nessuno, e chi dice il contrario mente. -
- Per te non è stato facile? -
- Affatto, è stata una lotta estenuante. Ma almeno i miei sbagli e non sono stati visti da persone come Ziba. - Etheram sorrise e le porse un sacchetto dalla scarsella, - Questo è per te. -
- Che cos'è? -
- Un piccolo pensiero per una bambina che sta crescendo. -
Nemeria lo prese e lo soppesò, tastandolo con le dita nel tentativo di capire cosa fosse, con gli occhi chiusi e le sopracciglia aggrottate. Dopo aver scartato una o due ipotesi, cedette alla curiosità e lo aprì, lanciando un piccolo gridolino di sorpresa quando la luce della luna rimbalzò su una pietra azzurra dai riflessi violacei. Poi si rese conto che era una collana.
- Etheram, è... è bellissima! Dove l'hai presa? -
- Segreto. Ti dirò solo che ho chiesto a un uccellino di accompagnarmi in una certa oasi... -
- Hai davvero chiesto ad Arsalan di portarti con lui al mercato? Come hai fatto a convincerlo? Dice di no a tutti ed è pure antipatico. -
- Dopo l'ultima volta che gli ho fatto notare che la pietra che gli avevano venduto era un sasso colorato, ha deciso di sua spontanea volontà di portarmi con sé. -
Nemeria la squadrò, soppesando le sue parole per cercare di capire se ci fosse un qualche significato nascosto, ma visto che sua sorella non sembrava intenzionata a scucirsi oltre rinunciò, tornando a rivolgere le sue attenzioni al regalo. Era un semplice pendente, con la corda era nera e liscia al tatto, come il cristallo, che era stato levigato fino a fargli assumere la forma di una goccia. Esso sfavillava di una luce lattiginosa, che sembrava scaturire dall'interno. A Nemeria ricordava una Lacrima della Madre, quelle che si diceva avesse versato quando Heydar, il campione del suo amato fratello, aveva ucciso Soraya, la sua prima figlia, condannando così tutta la stirpe degli uomini.
- È una pietra di luna. Si dice che aiuti a lenire gli affanni e il dolore, ma soprattutto serve a mitigare le emozioni. Ho pensato che poteva essere un bel regalo per un'aspirante Jinian. -
- È bellissimo, davvero. Posso indossarla subito? -
- Certo, voglio vedere come ti sta. -
Nemeria si alzò di scatto e raccolse in una coda raffazzonata i capelli corvini, trattenendo appena l'eccitazione.
Le Jinian non entravano mai in contatto con gli altri popoli, di solito il compito di mercanteggiare lo lasciavano agli uomini della tribù che si occupavano di scambiare stuoie, statuette di legno, bisacce, cuscini e astucci per armi con beni di prima necessità. I gioielli, ovviamente, non rientravano tra questi e Nemeria li aveva per lo più sentiti descrivere dai racconti delle Anziane, oppure li aveva visti portare da alcune Ikaelan. Il fatto che Etheram fosse venuta in possesso di una collana era straordinario.
Quando percepì la freddezza della pietra sulla pelle, provò subito un profondo senso di pace. Di fronte alla sua faccia meravigliata, sua sorella l'abbracciò, soffocando una risata nei suoi capelli.
- Ti voglio bene, Nemeria. -
- Anche io te ne voglio, Etheram. Prometto di impegnarmi sempre di più per diventare una Jinian brava come te. -
- Oh, così mi piaci. Adesso però andiamo a dormire, domani sarà una giornata impegnativa per te. -
- Non puoi dormire vicino a me? Prometto che non mi muovo troppo. -
- Anche l'ultima volta avevi detto così e la mattina dopo mi sono svegliata fuori dalle coperte. -
- Dai, faccio la brava. - piagnucolò, fissandola come un cane bastonato.
Etheram esalò un sospiro esasperato e si passò una mano sul viso, ma mentre spostava la stuoia Nemeria si avvide che sorrideva. Sua sorella non riusciva mai a negarle nulla.
- Grazie ancora del regalo. Buonanotte. - sussurrò, allungando la mano verso quella di Etheram.
- Sogni d'oro, fiammella. - le rispose, con la voce già impastata dal sonno.
E un minuto più tardi precipitarono nel sonno, le dita intrecciate e i corpi vicini.
 
Era quasi l'alba quando Nemeria aprì gli occhi. Aveva ancora una mano stretta attorno alla pietra di luna, ma l'altra era vuota. Etheram se ne stava in piedi accanto a lei, gli occhi chiusi, l'espressione concentrata e i palmi illuminati da una luce dorata appoggiati a terra.
- Etheram...? - la chiamò incerta.
Non ottenne risposta. Solo il movimento dell'elementale sotto la pelle delle braccia tese le fece capire che non si era addormentata durante la meditazione.
Con la mente ancora annebbiata dal sonno, Nemeria si guardò intorno, per poi dirigere la sua attenzione prima verso l'entrata e poi all'interno della tenda. Alle sue orecchie le arrivarono il leggero russare di Hediye, il borbottio sommesso di Rakhsaan e il sibilare leggero del vento. Suoni familiari, suoni di casa.
Etheram, però, sembrava sentire qualcos'altro. D'un tratto impallidì e, quando riaprì gli occhi, Nemeria vide la paura accenderle lo sguardo.
- Ci stanno attaccando. Sveglia Hediye e Rakhsaan, io vado ad avvertire l'Alta Sacerdotessa. -
- Attaccando? Chi? - indagò sconvolta, svegliandosi del tutto.
- Non lo so, ma non è importante ora. - disse in tono calmo, senza lasciar trasparire alcun turbamento, e Nemeria si quietò un poco.
Le Anziane raccontavano spesso come fosse il mondo fuori dalla tribù, quanto potessero essere crudeli gli uomini, ma le avevano sempre rassicurate: la magia dell'Alta Sacerdotessa e delle altre Jinian, fin da quando Heydar aveva scatenato la collera della Madre, aveva reso il loro popolo invisibile. Solo le poche donne che possedevano il dono della vista erano in grado di scorgerli, e dopo un'attenta selezione venivano accolte nella tribù. Quindi com'era possibile che qualcuno le potesse attaccare? I mortali non sapevano della loro esistenza, le Anziane e gli uomini che mercanteggiavano avevano garantito che erano diventate solo una leggenda.
Quando Etheram l'afferrò per le spalle, Nemeria trasalì. Aveva la mascella contratta e gli occhi si erano accesi di una calda luce dorata, così come le braccia e le mani.
- Ascoltami, lo so che hai paura, ma andrà tutto bene. Rilassati e sveglia Hediye e Rakhsaan. Se è vero che qualcuno ci ha trovate, siamo tutte in grave pericolo. Io non posso rimanere qui, devo unirmi alle altre per combattere, perciò dovrai essere tu a prenderti cura di loro. -
- Combattere? Ma io so a malapena utilizzare l'elementale del fuoco! -
Etheram fece per ribattere, ma l'elementale risalì in una scia dorata intermittente il suo braccio e le sussurrò qualcosa all'orecchio, qualcosa che l'allarmò. Il vento trasportò le urla concitate di donne e uno scalpiccio frenetico. La voce risoluta di Fakhri sovrastò tutte le altre, assieme a quelle delle maestre, che esortavano tutti a radunarsi attorno alla tenda dell'Alta Sacerdotessa.
- Ci stanno davvero attaccando? -
A quella domanda, le due sorelle si girarono in simultanea. Hediye avanzava zoppicando verso di loro, con in braccio il piccolo Rakhsaan ancora addormentato. Lo stringeva forte al seno, le mani e le spalle tremanti come il sorriso che rivolse a Nemeria.
- Sì, per questo dovete andare via. Seguite le indicazioni delle maestre, andate dall'Alta Sacerdotessa. - spiegò rapidamente Etheram, - Non allontanatevi dagli altri, per nessuna ragione al mondo, chiaro? -
- Tu non verrai? - balbettò Nemeria.
- No, io mi unirò alle Jinian. -
Nemeria cercò le parole per rispondere, per convincerla a non separarsi, ma i pensieri si accavallavano impedendole di concentrarsi. Un terribile presentimento si fece strada nel suo cuore. Non voleva che Etheram andasse, sentiva che, se fosse uscita dalla tenda, non l'avrebbe più rivista. Eppure, per quanto si sforzasse, la sua voce rimaneva incastrata in gola.
Etheram le diede un bacio sulla fronte e l'abbracciò, affondando la mano nei capelli neri della sorellina. Nemeria comprese subito che era un addio.
- Non piangere, andrà tutto bene. - le soffiò all'orecchio, asciugandole le lacrime.
- Sì, andrà tutto bene, vedrai. - reiterò Hediye, prendendole la mano, e con delicatezza l'allontanò dalla sorella, - Abbi cura di te, Etheram. -
La ragazza elargì un lieve cenno di assenso, si voltò e schizzò fuori dalla tenda. Nemeria guardò con gli occhi fuori dalle orbite il punto in cui fino a un istante prima c'era Etheram, avvertendo il gelo penetrarle nelle ossa. Poi Hediye la tirò e lei fu costretta a seguirla, le gambe rigide come tronchi e il cuore pesante come il piombo.
Non appena uscirono, il caos le avvolse. Uomini, donne e bambini camminavano affiancati, stringendo al petto i pochi averi che potevano portare con loro. Le maestre giravano tra la folla, facendo sentire la loro presenza in modo da contenere il panico che, come un morbo mortale, si diffondeva sui visi sudati dei fuggiaschi. Il sole, a quell'ora della mattina, rendeva la sabbia rovente e l'aria irrespirabile, ma senza nessuna Jinian a richiamare il potere degli elementali non potevano fare altro che avanzare lentamente, con il fiato che bruciava la gola e gli occhi pieni di paura, ammassati gli uni agli altri per difendersi da un nemico invisibile e sempre più vicino.
Nemeria girava il capo da una parte all'altra, nella speranza di scorgere qualche viso conosciuto in mezzo alla bolgia, ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare erano le parole di Etheram.
- Predoni! Predoni a cavallo! -
- Sono più di trenta, come faremo a salvarci? -
- Sono neri come i Jin, ma sono uomini. -
- Come hanno fatto a trovarci? Non sanno usare la magia! -
- Mamma, dove stiamo andando...? - domandò Rakhsaan con voce impastata, sbadigliando.
Il bambino osservò il panorama con aria persa, gli scarmigliati riccioli biondi che gli circondano il viso come un'aureola e le braccia cinte attorno al suo pupazzo di stoffa. Alla vista della gente che correva gridando, le facce distorte dal terrore e l'incarnato pallido come quello di uno spettro, Rakhsaan percepì la paura montare come un'onda violenta.
- Mamma?! - chiamò spaventato, aggrappandosi al collo di Hediye come se fosse l'unica ancora di salvezza.
- Andiamo dall'Alta Sacerdotessa, amore. Ci sono degli uomini cattivi che vogliono farci del male, ma le nostre Jinian ci proteggeranno. Andrà tutto bene, vedrai. - rispose la donna, ma Nemeria colse la sua esitazione.
Anche Rakhsaan dovette notarla, però non osò chiedere, rannicchiandosi contro il suo petto e nascondendo il viso nell'incavo del collo della madre. Hediye gli accarezzò la testa e gli scoccò un bacio sui capelli. Cercò di mantenere un passo sostenuto, ma la caviglia le doleva e la rallentava. Se l'era slogata due giorni prima, mentre tornava a casa dopo essersi occupata della febbre di Keyvan. Doveva essere una cosa da poco, un paio di giorni nella tenda a riposare e si sarebbe rimessa in sesto. Ora, invece, Nemeria si domandava se avrebbe visto sorgere un'altra alba.
Quando giunsero nella piazza centrale, videro l'Alta Sacerdotessa. La lunga cappa smanicata aperta sul davanti ricadeva in uno strascico lungo, con motivi geometrici rossi che si arrampicavano come foglie d'edera sulla stola, lasciando scoperte le braccia fino alle spalle tatuate. Nemeria si rasserenò un po', anche se nel profondo sapeva che non era un buon segno che impugnasse il bastone degli Spiriti.
Le Anziane costituivano un semicerchio attorno a lei. Alcune indossavano i paramenti sacri, con la fusciacca rossa e il pugnale cerimoniale nel fodero sulla vita, altre invece avevano l'armatura di pelle e avevano già infuso gli elementali nelle scimitarre.
L'Alta Sacerdotessa attese finché tutti non si furono radunati al suo cospetto. Il vento cominciò a soffiare, le ingrossò la gonna e le scompigliò i capelli, lasciando scoperti i tatuaggi luminosi sulle gambe e gli orecchini sulle lunghe orecchie da Sha'ir, ultimo retaggio del suo passato mortale. La sua voce alta e autoritaria mise la folla a tacere.
- Mio amato popolo, siamo stati attaccati, gli uomini ci hanno trovato. Hanno oltrepassato la prima barriera e adesso si accingono a distruggere la seconda. Tra pochi minuti saremo completamente esposti. - li osservò ad uno ad uno, con i suoi occhi rossi senza pupille, - Non so come sia accaduto, i mortali non possono usare la magia senza venirne corrotti, ma non è questo il momento delle risposte. Ho mandato le nostre Jinian al confine della prima barriera, in modo che possano trattenerli il più possibile. A breve, andranno anche alcune Anziane, ma prima apriremo un portale di teletrasporto. - alzò il braccio che teneva il bastone degli Spiriti e si concentrò.
Nemeria ebbe come la sensazione che stesse guardando proprio lei, ma si ricredette subito. Perché mai avrebbe dovuto farlo? Lei era solo una bambina.
- Vi chiedo di rimanere fermi. Quando il portale sarà attivo, procedete ordinatamente all'interno. Vi ritroverete molto lontani da qui, in un luogo dove potremo di nuovo nasconderci. -
Mentre diceva questo, le Anziane, quelle che portavano gli abiti sacerdotali, avevano già cominciato a richiamare gli elementali dell'aria e dell'acqua. L'energia fluiva dalle loro dita in volute evanescenti, spirali perlacee che si annodavano intrecciandosi attorno a uno specchio liquido, con la superficie increspata da mulinelli.
- Io, le Anziane e le Jinian resteremo per combattere, e non è certo che torneremo. - continuò l'Alta Sacerdotessa, e la sua espressione imperturbabile si incrinò in una smorfia amara, quasi rassegnata.
Un fremito di paura percorse la tribù. Hediye rinserrò la presa in tempo, prima che le ginocchia di Nemeria cedessero. Etheram era lì fuori, alla prima barriera a combattere per loro e c'era il rischio che non sopravvivesse. Sua sorella, la sua confidente, la sua migliore amica poteva già essere morta. Senza che se ne rendesse conto, le lacrime ruppero gli argini e Nemeria si ritrovò a singhiozzare contro il fianco di Hediye.
Il canto delle Anziane aumentò di volume, le voci si unirono e gli elementali vorticarono nell'aria per tuffarsi e riemergere dallo specchio. Una scarica di fulmini scaturì da ognuno di loro, fece tremare tutta la struttura e solidificò la cornice fumosa.
L'Alta Sacerdotessa gettò una rapida occhiata al portale e si rivolse nuovamente alla folla. Nemeria ebbe ancora l'impressione di essere osservata, ma non vi badò, troppo preoccupata per la sorte di Etheram.
“È un incubo, deve esserlo... per favore, Madre, fa' in modo che si salvi.”
Quando cominciarono ad avanzare verso il portale, si fece trascinare quasi per inerzia da Hediye.
- Sta' tranquilla. -
Nemeria trasalì e dopo un attimo di esitazione sollevò il capo. L'Alta Sacerdotessa era davanti a lei, la sovrastava mettendola in soggezione. Abbassò lo sguardo a disagio, ma la donna glielo impedì, si inginocchiò e le tirò su il mento, costringendola a guardarla negli occhi.
Ora che la vedeva così da vicino, Nemeria si accorse che, nascoste sotto le lunghe ciglia bianche, c'erano un paio di pupille nere e che i tatuaggi bianchi sulle spalle e sulla pancia scoperta baluginavano di tutte le sfumature del giallo, del rosso, del blu e del grigio.
Vedo lontano, oltre le nebbie. Vedo un mondo che non mi è più caro, un eterno inverno dove il sangue scorrerà imbrattando la virginea bellezza della primavera. Il disonore prevarrà, la lealtà verrà calpestata, il coraggio arderà nelle fiamme degli incendi. Ogni uomo diverrà un traditore, ogni tradito un omicida. Allora sarà l'Era della Falce e verrà emesso il giudizio sul mondo. -
La sua voce era incolore, quasi glaciale, mentre parlava. A Nemeria venne la pelle d'oca. Non riusciva a muoversi, incatenata ai suoi occhi di brace che la fissavano senza vederla davvero.
Figlia di Chandra, considera il lato nascosto delle cose e chiediti cosa non conosci. Scruta al di là delle ombre, diffida dalla luce, segui il sentiero che ti trascinerà verso l'abisso e ti innalzerà al di sopra degli altri figli di Chandra e Heydar. - concluse, le posò un delicato bacio sulla fronte e accarezzò la pietra di luna che pendeva dal collo di Nemeria.
All'improvviso, un sibilo fendette l'aria e una freccia si piantò nel terreno, vicino al piede dell'Alta Sacerdotessa. Un silenzio denso come melassa paralizzò la folla, che, come un essere unico, si girò per individuare chi l'avesse scagliata.
Quindici predoni avanzavano dal limitare delle tende, le daghe insanguinate abbandonate lungo i fianchi e una semplice maschera bianca a coprir loro il viso. Il materiale con cui era stata realizzata era traslucido, come porcellana, e sulle guance era stata dipinta una lacrima rossa. La loro armatura era più nera dei mantelli drappeggiati sulle spalle. Camminavano contemplando il paesaggio, come se fossero appena arrivati a una festa.
Nemeria li studiò, la mente vuota e gli occhi ormai asciutti, senza più lacrime. Se erano arrivati lì, significava solo una cosa: Etheram, assieme a tutte le altre Jinian, era morta.
- Presto, presto, al portale! -
L'ordine dell'Alta Sacerdotessa si levò come un ruggito disperato, rimettendo in moto l'ammasso di corpi che ostruiva la piazza. Mentre gli uomini serravano i ranghi, lei e le Anziane armate con le scimitarre caricarono i nemici, incuranti delle frecce che piovevano dal cielo.
Nemeria osservò quella donna folle di dolore che combatteva come una furia, incurante delle ferite e dei colpi che la raggiungevano da ogni parte, sfondando gli incantesimi protettivi degli elementali che, come spiriti impazziti, brillavano sotto la sua pelle liberando la loro magia primordiale, nel tentativo di respingere i suoi avversari.
Mentre veniva trascinata via, Nemeria piangeva, piangeva per l'Alta Sacerdotessa e per le donne che stavano dando la vita per salvare quella del loro popolo.
Il panico esplose. A nulla valsero gli ordini delle maestre, le loro esortazioni a procedere con ordine. Il terrore si era impossessato di tutta la tribù, i cui membri si spintonavano per arrivare per primi al portale, passando sui corpi dei più deboli, calpestando i bambini che disgraziatamente si erano allontanati dalle madri. Un altro coro di urla si propagò nella piazza quando le frecce cominciarono a mietere le prime vittime.
Hediye si dimenò con furia, facendosi largo in mezzo a quella miriade di corpi. Aveva preso anche Nemeria in braccio e, incurante del dolore alla gamba, cercava di farsi strada verso il portale. Rakhsaan piangeva disperato, stringendo convulsamente al petto il suo pupazzo.
- Ci siamo quasi, ci siamo quasi... -
Nemeria per un istante, accecata dalla luce blu dello specchio, ci credette davvero. Poi uno di quegli uomini, sbucato da chissà dove, pugnalò una delle Anziane e il portale cominciò a collassare.
Una mano gelida le artigliò una gamba e la strattonò così forte da farle perdere l'appiglio. Nemeria cadde e rotolò di lato, con le braccia alte a proteggersi il volto. Aspettò qualche secondo, sicura che di lì a poco dei piedi l'avrebbero calpestata, ma non accadde niente. Quando schiuse le palpebre vide con orrore Hediye a terra e, alle sue spalle, un nemico.
- Scappa! Nemeria, scappa! - gridò la donna con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
In un lampo, la mano guantata del predone scattò, lasciando una sottile linea rossa sulla gola di Hediye, uno squarcio che sembrava quasi un sorriso. Il suo corpo si accasciò su un fianco e mentre la folla sciamava via, lontana da loro, Nemeria lo vide fremere in un agonizzante spasmo. Poi Hediye smise di respirare. I suoi occhi, ancora aperti e lucidi di lacrime, si velarono e una pozza di sangue si allargò sotto di lei.
Nemeria fissò la scena e l'uomo che adesso si stava avvicinando, trafiggendola con uno sguardo tagliente e crudele, inumano. Singhiozzò impietrita. Era consapevole che rimanere lì fosse una pessima idea, avrebbe dovuto muoversi, scappare; avrebbe dovuto ritrovare Rakhsaan, che si era perduto nel marasma non appena Hediye era crollata; avrebbe dovuto vendicare la morte di Hediye, lottare con le unghie e con i denti. Sì, avrebbe dovuto farlo, ma l'istinto di conservazione e la paura presero presto il sopravvento, spegnendo la ragione. I muscoli delle gambe guizzarono, i talloni fecero leva sul terreno e il corpo si sbilanciò in avanti, riassumendo una posizione eretta. L'adrenalina le diede l'ultima spinta e, senza accorgersene, iniziò a correre come non aveva mai fatto. Saltò il cadavere di una donna che era stata trafitta a morte da una freccia, si infilò nelle tende, zigzagando per seminare il suo inseguitore. Poteva sentire il suo respiro spezzato sul collo, i suoi occhi neri fissi sulla propria schiena che non la perdevano mai di vista. Era lei che voleva.
“Madre, aiutami!”
La pietra di luna divenne incandescente contro la sua pelle e, improvvisamente, ogni suono venne inghiottito dal silenzio. Nemeria correva attraverso uno scenario di morte muto senza provare nulla, come se la collana avesse risucchiato ogni emozione. A un tratto la sua mente era lucida e i pensieri nitidi. La prossima mossa le si prospettò con naturalezza sconvolgente davanti agli occhi, assieme alla visione di una cittadella sconosciuta.
L'elementale dell'aria lasciò fluire il suo potere nelle vene di Nemeria, soffiò in armonia col suo sangue e ne accompagnò il corso, giù fino alle gambe e ai piedi, spronandola ad aumentare la velocità.
- Portami a Kalaspirit. - ordinò la bambina e un istante più tardi venne avvolta da un turbine di luce.

  
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