Anime & Manga > Daiku Maryu Gaiking
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Autore: BrizMariluna    17/02/2017    5 recensioni
Il Gaiking, il Drago Spaziale e il loro equipaggio vagamente multietnico, erano i protagonisti di un anime degli anni settanta che guardavo da ragazzina. Ho leggermente (okay, molto più che leggermente...) adattato la trama alle mie esigenze, con momenti ispirati ad alcuni episodi e altri partoriti dai miei deliri. E' una storia d'amore con incursioni nell'avventura. Una ragazza italiana entra a far parte dell'equipaggio e darà filo da torcere allo scontroso capitano Richardson, pilota del Drago Spaziale. Prendetela com'è, con tutte le incongruenze e assurdità tipiche dei robottoni, e sappiate che io amo dialoghi, aforismi, schermaglie verbali e sono romantica da fare schifo. Tra dramma, azione e commedia, mi piace anche tirarla moooolto per le lunghe. Lettore avvisato...
Il rating arancione è per stare dal canto del sicuro per alcune tematiche trattate e perché la mia protagonista è un po' colorita nell'esprimersi, ed è assolutamente meno seria di come potrebbe apparire dal prologo.
Potete leggerla tranquillamente come una storia originale :)
Con FANART: mie e di Morghana
Nel 2022/23 la storia è stata revisionata e corretta, con aggiunta di nuove fanart; il capitolo 19 è stato spezzato in due capitoli che risultano così (secondo me) più arricchiti e chiari
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gaiking secondo me'
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SOGNI…
 
Briz strigliava il manto pezzato di Indy, canticchiando e ripensando all'avventura di qualche settimana prima, quando avevano salvato i bambini dell'ospedale di Sidney. Non avevano combattuto, lei e Pete, ma sicuramente era stata una delle missioni che le aveva dato più soddisfazione, ed era abbastanza sicura che fosse stato così anche per lui.
Quel giorno, quando erano rientrati a Omaezaki dall'Australia, appena scesi dal Drago, Briz lo aveva chiamato. Pete l'aveva raggiunta lungo il corridoio principale del Centro, con un'espressione interrogativa sul viso.
– Oggi hai dimostrato che il cuore, un pochino, ti funziona: direi che ti meriti un premio – aveva detto lei con un sorriso.
– Ah, no! Per oggi basta con le smancerie, eh?! Ho già dato! – aveva ribattuto Pete, scherzoso ma non troppo, ancora sconvolto per come lo aveva baciato Mya, la quindicenne bionda che avevano salvato.
– Scusa, ma… qualcosa ti fa davvero pensare che io vorrei baciarti? Ma puoi star tranquillo!
Pete era diventato improvvisamente serio e le si era avvicinato:
– Mi dici dov'è Tom?
– Beh, ma adesso! Ho detto che il tuo cuore funziona un po', mica che è guarito o scongelato! Ti do qualche indizio – gli aveva risposto, resistendo alla voglia di accontentarlo alla vista di quello sguardo speranzoso. Gli aveva mostrato il display del proprio cellulare.
– Questo è il primo messaggino che Tom mi ha mandato quando è arrivato… , circa tre mesi fa.
– Deduco che mi dovrò accontentare.
– Deduci giusto. Posso solo dirti che sta benissimo, vive con una famiglia e si è iscritto all'università. Quindi, in qualcosa ti ha dato retta, come vedi.
Pete aveva preso il telefono e letto il messaggio di Tom: "Questo posto è una favola. Ma perché non mi avevi detto che J. è così incredibilmente bella"?
– Bene – era stato il laconico commento del giovane, mentre le restituiva il cellulare; poi non era riuscito a trattenersi e aveva chiesto: – Chi o cosa è, J.?
– Eh, bello mio, vuoi sapere troppa roba! Ho già esagerato!
– Strega – l’aveva apostrofata, pungente.
– Vai a farti una doccia – era stata la serafica replica.
Mentre Pete stava per infilarsi nell'ascensore che lo avrebbe portato al piano della sua stanza, Briz lo bloccò tempestivamente.
– Aspetta!
Lui si voltò, con un’espressione interrogativa.
– Senti… io… te lo direi anche, dov’è Tom: gliene ho parlato, l’ultima volta che ci siamo sentiti. Ma è stato lui a dire che per ora vuole tenerti ancora un po’, parole sue, sulla graticola a friggere, per fartela pagare di come lo hai trattato quando è venuto qua. Non ne ha voluto sapere, e onestamente posso anche capirlo, ma io ho perorato la tua causa, giuro.
– Non c’è bisogno che giuri, ti credo. E sappi che sono tranquillo, su di lui, soprattutto dopo quello che mi hai appena detto. Digli che faccia il bravo, e che studi!   
E, prima di sparire nell’ascensore, le aveva sorriso con una strizzata d'occhio e detto a mezza voce: – Grazie, fanciullina.
Non si erano più visti spesso, dopo quel giorno: i loro turni di guardia non erano mai coincisi e ogni volta che era libero lui, non lo era lei e viceversa. Daimonji non ebbe nulla da dire, capiva la situazione e sapeva che, tutto sommato, i loro rapporti avevano già fatto dei passi avanti. Sapeva anche che Briz si allenava nel karate con Fan Lee proprio su suggerimento di Pete, e l'aveva trovata un'ottima idea. Ma il dottore aveva avuto anche un'altra impressione, osservandoli: che, ora che si erano diradate, i due ragazzi sentissero quasi la mancanza di quelle ore passate insieme.
Salvo poi ricredersi, quando gli capitava di vederli qualche volta, all'ora di cena, e scopriva che battibeccavano senza ritegno per delle stupidaggini anche con una certa durezza, pur se non con l'astio e gli insulti dei primi tempi.
Accarezzando il muso di Indy, prima di portarlo nel recinto per poi pulire il box, Briz si ritrovò a ripensare alla naturalezza con cui Pete le aveva passato il braccio attorno alle spalle, per far credere a Mya di non essere libero, e a quando l'aveva rifatto poco dopo per difendere lei da Capitan Porco Russell.
Doveva ammettere che quella stretta, leggera ma ferma, l'aveva fatta sentire incredibilmente protetta, come se fosse stata nel posto più sicuro dell'universo. Aveva fatto credere a Russell di essere il suo ragazzo, ma aveva specificato che, non per questo, lei dovesse essere una sua proprietà.
Caspita, le piaceva questo concetto.
E quel dannatissimo bacetto sulla fronte che le aveva dato… Maledizione, se lo era sognato, un paio di volte!
Scosse la testa, vagamente irritata: le cose stavano prendendo una piega che non le piaceva affatto… Era un bene, che ultimamente non si vedessero così spesso.
Per distrarsi da quei pensieri inquietanti, inserì nel lettore stereo una chiavetta con le basi musicali delle canzoni che amava di più, e si mise a cantare a squarciagola una canzone di Adele, “Set fire to the rain”, fingendo che il manico del forcone piantato nel fieno fosse il microfono. 
"Se qualcuno mi vedesse adesso direbbe che sono stonata e soprattutto… scema! Ma tanto non deve venire nessuno, oggi".
Quando Pete arrivò alle scuderie, fu accolto, come quasi sempre, dalla musica. Briz non lo aspettava, poiché lui si era ritrovato libero per caso dopo aver cambiato un turno di guardia con Sanshiro.
Entrando nel cancello, riconobbe la canzone.
"Però, Adele! La pazzoide ha anche momenti di buon gusto".
Ma mentre si avvicinava, si accorse che nella canzone c'era qualcosa che non quadrava: la voce, per quanto cantasse piuttosto bene, non era amplificata… e di certo non era quella di Adele!
Si avvicinò in silenzio e sbirciò da una finestrella esterna che dava nel box di Indy: Briz, con indosso una delle sue incredibili camicie sgargianti, era arrivata ai vocalizzi finali, e li cantò nel suo pseudo-microfono con una tale passione, che lui ne rimase decisamente colpito. Quando la canzone finì, da quella buffoncella che era, fece un inchino, ringraziando il suo pubblico immaginario, e si preparò a cantarne un'altra.
Pete non mosse un muscolo e si ascoltò, quasi senza fiatare, tutta “I dream about you” dei Simple Plan; e si disse che se la voce della ragazza fosse stata amplificata da un vero microfono, sarebbe stata davvero niente male, per essere solo una dilettante.
Era curiosissimo di sentire cosa avrebbe cantato ora, peccato che Atlas gli arrivò praticamente addosso, piantandogli le zampe anteriori sul petto e buttandolo quasi a terra.
– Cavoli che tempismo, Atlas – brontolò respingendolo e ritrovando per miracolo l'equilibrio; gli accarezzò la testa nera e, sollevando gli occhi, vide Briz di fronte a lui.
– Da quanto tempo sei lì a spiarmi? – gli chiese serissima.
– Non ti stavo spiando – le rispose Pete, negando l'evidenza e sentendosi come da piccolo, quando veniva sorpreso a rubare i biscotti.
– Nooo! Mi ascoltavi di nascosto, senza farti vedere né sentire; così a occhio, mi sembra la stessa cosa.
– Se tu mi avessi visto avresti smesso, invece volevo ascoltarti fino in fondo: hai una bella voce.
– Ma levati, ha parlato l'esperto! – ribatté, per vedere se lui avrebbe ammesso di saper cantare anche meglio. Ma niente… la risposta fu molto vaga e incentrata su di lei.
– Esperto no, ma se uno è stonato me ne accorgo, e tu non lo sei. Continui a sorprendermi.
– Ha! E non sai nemmeno tutto, del mio lato artistico. Perché sei qui? Non avevamo accordi.
Chissà per quale motivo, la parola appuntamento le sembrava troppo… impegnativa.
– Ero libero, ma se ti scoccio me ne vado.
Mai avrebbe ammesso, nemmeno con se stessa, che vederlo andarsene le sarebbe dispiaciuto. Invece si ritrovò a pensare che se, ritrovandosi libero, aveva scelto di venire da lei, allora forse il tempo passato insieme non gli pesava troppo! L’idea, stranamente, le sollevò il morale… ma per quale motivo, poi? La punizione di Doc era pur sempre attiva, lui aveva scoperto che i cavalli gli piacevano… che c’entrava lei?
– Smettila – si ritrovò a rispondergli – Puoi venire quando vuoi, lo sai. Anzi, aspetta, ora che ci penso, devo darti una cosa – e si diresse verso una porta del corridoio, quella che lui aveva visto sempre chiusa.
Pete si era sempre chiesto che stanza fosse, ma non si era mai permesso di entrare a curiosare, pur sapendo che la chiave stava appesa lì accanto.
– Questo è il mio ripostiglio privato, ci sono entrate solo Midori e Jamilah, finora. E Doc, un paio di volte – disse lei, girando la chiave nella toppa.
– Allora sto fuori, non sia mai che sconsacri il tuo santuario – ironizzò Pete.
– Diciamo che il titolo di Miglior Nemico ti autorizza ad entrare – concesse Briz aprendo la porta.
Nella piccola stanza c'era un vecchio, ampio e comodo divano, di un blu scolorito, che occupava quasi tutta la parete di fondo, un tavolino basso altrettanto vecchio e una libreria stracolma di oggetti, soprattutto libri, anche se molto malmessi. Ma ciò che lo colpì più di tutto il resto, furono i quadretti appesi alle pareti di legno: erano disegni, incorniciati in semplicissimi pico-glass, dai colori molto intensi e vivaci. Ritraevano animali e persone, ma anche altre cose: Atlas, i cavalli, un bel ragazzo bruno di circa diciotto anni… che doveva essere Alessandro, visto quanto somigliava a Briz. In un altro era ritratto Harrison Ford da giovane, nei panni di Han Solo, con lo spazio stellato sullo sfondo e una meticolosa riproduzione del Millennium Falcon. Poi ce n'era uno, più grande degli altri, che rappresentava uno scenario fantasy: una coppia di elfi guerrieri alti e biondi, un uomo e una donna, con le orecchie a punta, che cavalcavano un immenso e stupefacente drago azzurro.
Anche alcuni dei disegni avevano macchie e bordi bruciacchiati.
– Devo capire: illuminami – fu l'unico commento di Pete.
– Quando il mio vicino di casa, Filippo, fece rimuovere le macerie della mia fattoria dopo aver comprato il terreno, trovò diversa roba che si era salvata: libri, quaderni, piccoli oggetti, e me la spedì. Strano destino, l’ala della fattoria che subì meno danni fu quella in cui c'era la mia stanza. In seguito ho reperito qua in giro questi mobili usati e ho allestito questa stanzetta. Tu lo hai chiamato santuario per ridere, ma queste, in fondo, sono davvero le mie… reliquie: i rimasugli della mia vecchia vita. Ti confesso che ci sono stati momenti, i primi tempi, in cui mi aveva sfiorato l’idea di bruciare tutto… ma poi non ne ho avuto il coraggio, forse sentivo che me ne sarei potuta pentire. Adesso stare qui a rilassarmi, qualche volta, quando mi viene un attacco di nostalgia, non mi dispiace.
– Hai fatto bene a non distruggere tutto. I disegni sono molto belli, li hai fatti tu? – chiese Pete.
– L’altro mio lato artistico di cui ti dicevo. Questi son vecchi, ma ogni tanto mi diverto ancora a scarabocchiare, quando mi viene l’ispirazione.
Intanto che parlava aprì un cassetto della libreria, ne estrasse qualcosa di tintinnante e glielo lanciò; lui lo prese al volo.
– Delle chiavi?
– Il cancello e il portone: così puoi venire qui anche se io non ci sono. Se ne hai voglia, beninteso.
– Beh, grazie, così posso anche sostituirti quando ne hai bisogno.
Pete sapeva bene quanto la cura degli animali la impegnasse, e non gli pesava darle una mano, ora che aveva imparato come fare.
– Per quale altro motivo pensavi che te l'avessi data? Per i tuoi begli occhioni blu? – lo provocò lei.
– Puoi smettere di fare la dura! Lo so che i miei occhi ti piacciono! – scherzò lui di rimando.
Fabrizia giunse le mani come in preghiera e alzò il volto al cielo:
– Oh, Signore! Dammi la pazienza, con questo qui, che se mi dai la forza, finisco per mollargli uno sganassone che gli rompo il naso! Che poi sarebbe un peccato, visto che non è male nemmeno quello! Tu compensi giusto con l'aspetto fisico, Richardson, perché per il resto…! – esclamò Briz, facendolo sorridere.
– Potrei dire la stessa cosa di te, animaletto selvatico! Dimmi la verità: hai studiato arte? – continuò lui cambiando argomento.
– Un po'. Mi sono diplomata al Liceo Artistico, ma poi… – si interruppe un attimo, come se quel pensiero le procurasse ricordi dolorosi – …dopo poche settimane dalla maturità, Ale e papà sono morti. Ci ho provato, con l'università: l'ho frequentata per parecchi mesi, e andavo anche piuttosto bene, considerando ciò che stavo passando e che avevo scelto un corso di laurea alquanto impegnativo e, soprattutto, lontano le mille miglia dall'arte; studiare mi aiutava tanto, però. Nel frattempo, il dottor Daimonji mi aveva ricontattata per dirmi che solo io avrei potuto far funzionare Balthazar. All'inizio sai che l'avevo praticamente mandato al diavolo ma, a un certo punto, ho scelto di assumermi le mie responsabilità, e così… eccomi qui, a vivere un'altra vita. E a combattere per avere, un giorno, la possibilità di tornare a quella di prima. Anche se niente… sarà mai più come… prima – finì, in un soffio rassegnato.
– Cosa studiavi? – le chiese Pete, un po' per distrarla da quei pensieri tristi, e un po' perché gli interessava davvero.
– Secondo te? Ho due cavalli e un cane; mi mancano un paio di gatti, ma hai visto mai…?
– Mmm… Visto come me la presenti, direi zoologia… o veterinaria.
– La seconda che hai detto.
– Effettivamente, è una scelta davvero strana, per una con un diploma da artista.
– Già, sono un tipo eclettico.
– Io direi più… incoerente.
– Vabbé, dettagli. Se sopravvivo a questa guerra, probabilmente ricomincerò a studiare; in Italia ho fatto parecchia pratica con il nostro veterinario di famiglia, e a forza di aiutarlo e assisterlo con i nostri animali mi sono appassionata. Ogni tanto mi sento ancora con lui, quando ho bisogno di un consiglio, anche se ne ho trovato uno del posto, per le emergenze.
– Allora non è vero che non hai proprio più nessuno: qualche contatto in Italia ce l'hai ancora.
– Certo, e c'è anche Filippo Del Rio con la sua famiglia… non so come avrei fatto, senza di loro.
Si appoggiò al muro, con le mani dietro la schiena, e gli rivolse un mezzo sorriso pensando: "E non immagini nemmeno di avere anche tu qualcuno, laggiù. Muoio dalla voglia di vedere la tua faccia quando, un giorno, te lo potrò dire".
– Oh-oh… Sorriso furbetto e corna diavolesche in procinto di spuntare. Stai per farmene una delle tue? – chiese lui, fingendosi preoccupato.
– Io? Ma scherzerai, ti sembro il tipo? E tu? Ti sei arruolato nella Air Force a vent'anni. Che hai fatto fino ad allora? Un secchione come te… Studiavi anche tu, vero?
– Sì… ma oggi non si parla di me – rispose Pete, guardando i vecchi libri sugli scaffali.
– Bah, non si parla mai di te, se è per questo! Che guardi?
– I tuoi libri: Tolkien, Terry Brooks, James Rollins… Wow, Ken Follett e Stephen King! Fantasy, avventura… persino horror: tu hai ancora un mucchio di segreti che devo scoprire, fanciullina.
– Più o meno quanti ne hai tu, direi. I nostri rapporti saranno pure migliorati, ma alla fine, di cose tue personali, non abbiamo mai veramente parlato.
Pete le lanciò un'occhiata e, come al solito, non rispose. Estrasse un libro: “La canzone di Shannara” di Terry Brooks, il terzo di una saga fantasy infinita, ma molto bella, che da ragazzino aveva letto anche lui. Lo sfogliò, realizzando che era, per forza di cose, scritto in italiano; eppure i nomi dei protagonisti – Brin, Jair, Rone Leah – gli balzarono subito agli occhi, come se avesse finito di leggere quel libro solo il giorno prima.
Le pagine erano rovinate e con qualche angolo bruciacchiato. Un foglietto di quaderno a quadretti, altrettanto malridotto, fece capolino tra di esse, e Pete arrivò a vedere un cuore disegnato con un evidenziatore rosa, e a leggere due nomi scritti all'interno, prima che Briz lo afferrasse al volo.
– Chi è Diego? Perché deduco che Fabry sia tu – disse lui maliziosamente, riferendosi ai nomi letti.
– Aargh! Non chiamarmi mai più così! Ma come diavolo ha fatto a rimanere lì questo foglietto!? – esclamò lei, facendolo in mille pezzi e gettandoli per aria, lasciandoli a ricadere come coriandoli.
– A proposito di segreti, eh? – indagò Pete.
– Affatto! Nessun segreto, nada de nada! Diciamo piuttosto… niente per cui valga la pena di perder tempo a parlarne: cazzate adolescenziali! Solo… non chiamarmi, mai piùFabry.
– Okay… Immagino di non poter sapere il perché.
Briz si morse il labbro inferiore e, scuotendo la testa e agitando le mani, uscì in silenzio dalla stanza.
Pete la seguì e lei richiuse a chiave, riportò Indy nel box, e riprese i suoi lavori: era più che evidente che per lei la questione fosse chiusa, e a lui non restò altro da fare che darle una mano, virando i loro discorsi sui cavalli.
Più tardi, quando ebbero finito, si avviarono verso il cancello e se lo chiusero alle spalle; si incamminarono in silenzio verso la base.
– Accidenti, devo proprio aver toccato un brutto argomento, prima – disse lui, vedendola così pensierosa.
– Vuoi sapere perché non voglio essere chiamata Fabry? – gli chiese all’improvviso.
– Solo se tu vuoi dirmelo.
Quella fu la risposta giusta, che gli fece guadagnare la confessione di Briz.
– Hai presente la foto in cui, a tredici anni, ero uguale a mio fratello? Ecco… io ho avuto quell'aspetto fino a… circa diciassette anni: i capelli ispidi e dritti, che ora sono lunghi ma non molto meglio; quegli occhiali orrendi; le lentiggini su questa faccia da elfo, che poi ci sono ancora. E poi… ero lunga e secca, tutta braccia e gambe… e per quasi tutta l’adolescenza, come non bastasse, ho avuto anche l'apparecchio ai denti. E il soprannome che mi avevano dato al liceo, era… una specie di scioglilingua.
Esitò qualche secondo, fece un sospiro poi confessò, arrossendo e abbassando lo sguardo: – Fabry Froggy. 
– Fabry il ranocchio…? – mormorò lui, allibito.
– In realtà chi me lo aveva appioppato, traduceva con… rospo. 
– Ma… a chi era potuta venire in mente una cattiveria del genere!?
– A un bastardo figlio di puttana! Anzi, a dire il vero erano più di uno. Mi rendo conto che è una stupidaggine, non ha molto senso star male per queste cose. Però, quando si è solo un’adolescente bruttina e insicura, sentirselo rimarcare in quel modo… – si interruppe, lasciando che fosse il suo silenzio a fargli capire cosa provasse a quel ricordo.
Pete sembrava dispiaciuto di questa cosa, e con questo atteggiamento, una volta di più, senza nemmeno saperlo, dimostrò a Briz di non essere la persona fredda e scostante che si sforzava di apparire.
– Lasciali dove sono, Briz: nel passato. Ficcali nel dimenticatoio e che ci restino. Chiunque fossero, non meritano nemmeno un pensiero da parte tua: quegli emeriti stronzi dovrebbero vederti adesso.
Quelle parole suonarono alle orecchie della ragazza come un complimento; osò guardarlo negli occhi e rischiò di annegarcisi, rimanendo per un attimo senza fiato. Sì, aveva proprio ragione lui: le piacevano i suoi occhi, tanto. E non solo quelli… Per un lungo, interminabile secondo, desiderò follemente che allungasse una mano verso di lei e la traesse a sé.
Chissà come baciava il Capitano Richardson? Di sicuro divinamente, con quelle labbra perfette. Se avesse dato retta al suo istinto… quasi quasi… Ma nooo! Ma cosa andava pensando!
Oltretutto, ironia della sorte, se c'era una persona che le aveva insegnato l'autocontrollo era proprio Pete, senza contare un altro milione di motivi per cui, fare una cosa del genere, sarebbe stata una follia a prescindere, ovviamente!  
Il cuore le martellò nel petto, reagendo a quei pensieri inquietanti che erano fioriti, così all’improvviso, nella sua testa, ed erano poi esplosi, accavallandosi uno sull’altro come onde impazzite, lasciandola impietrita e persino spaventata.  
Si allontanò di un passo, come per paura che lui potesse sentire il disordinato sconquasso che le si agitava contro le costole. Si sentì le guance in fiamme e la bocca secca…
Dio, non poteva! Non poteva, accadere una cosa come questa! Non a lei!
Deglutì, cercando di calmarsi, e finse indifferenza.
– Bah, lasciamo perdere. Hai ragione: acqua passata.
Pete si accorse che la ragazza era alquanto alterata, ma diede la colpa a quello spiacevole ricordo; pensò che, per essere solo acqua passata, avesse lasciato un solco ben profondo nell’animo della ragazza, tanto che era ancora convinta di essere insignificante e bruttina. Qualcosa gli disse che c'entrasse anche quel Diego, ma decise di rispettare la sua richiesta e di non parlarne più; almeno per ora.
Arrivati al Centro, Briz lo salutò in fretta e si infilò di volata nell’ascensore.
Quando le porte si aprirono all’ultimo piano, nel piccolo atrio della Piccionaia, Midori e Jamilah, che stavano uscendo dalla stanza di quest’ultima, la videro attraversare in fretta e furia il pianerottolo e posare la mano sullo scanner per aprire la propria porta, senza neanche guardarle.
– Briz, ma che cosa diavolo… –  cominciò Jamilah.
Entrambe si resero conto che l’amica era leggermente agitata; le due si guardarono perplesse.
– Emergency? – fece Midori.
– Emergency – confermò Jamilah, ed entrambe seguirono Briz nella sua stanza un attimo prima che richiudesse la porta. 
Fabrizia si lanciò letteralmente sul letto e soffocò un urlo disumano nel cuscino, sotto gli occhi esterrefatti delle due amiche.
– Aaargh!
– Briz… – cominciò Jami.
– Aargh! Non è possibileee! Non può succedermi una cosa così! Non può, non può! – continuò a urlare Briz, senza nemmeno considerarla. Si sforzò di prendere un respiro, poi si mise a sedere sul letto con le gambe raccolte e abbracciando il cuscino, dondolandosi e cercando di calmarsi.
– Hai litigato con Pete? – le chiese Midori, convinta di non sbagliare.
– E perché dovrebbe c’entrare lui?
– Perché, c'è qualcun altro capace di farti sbroccare in questo modo?
– Va bene, okay, lui c'entra. Ma non abbiamo litigato, ho fatto tutto da sola…
– Ma hai fatto da sola cosa? Briz, che hai combinato, stavolta? – chiese Jamilah.
– Un casino, ho combinato! Porco schifo, non può succedere, dannazione! Come se non ne avessi già abbastanza, di pensieri! Di tutte quante le assurdità… proprio lui, in tutto l'universo mondo…?! Ma Maremma maiala…!
Midori e Jami si sforzarono di seguire le sue farneticazioni, che erano in buona parte in italiano, poi la prima ebbe come un'illuminazione: prese le mani dell'amica e la costrinse a guardarla negli occhi.
– Oddio, Briz! Non dirmi che alla fine ti è successo davvero! Non ti sarai mica presa una cotta per il tuo Miglior Nemico…?
– No!
– No, eh?
– I-io… no! Solo che… da un po' mi capita di sognarlo… a Sidney, che esce dalla porta dell'inferno con quel neonato, o che corre con la bambina bionda in braccio… e poi che mi dà un bacino sulla fronte per tenere lontano quel porco di Russell… solo che una volta, ho sognato che quel bacio…
– Te lo ha dato… non esattamente sulla fronte, è così?
Il gemito quasi disperato che Briz soffocò nel cuscino, fu una risposta sufficiente.
– E poi, oggi… Dio, c'è stato un attimo che… non so come, mi ha sfiorato il pensiero di… saltargli addosso! E gli ho anche dato le chiavi della scuderia e l'ho fatto entrare nel ripostiglio privato. E gli ho detto… del mio soprannome al liceo.
– Gli hai detto di Froggy? Ma Santo Cielo, Briz! Tu non ti sei presa una cotta. Tu… rischi di innamorarti, così! 
– Aaargh! – gridò di nuovo lei nel povero cuscino – Non lo dire! Non è vero! Non la voglio sentire, quella parola!
– Okay, non la dico più. Anche se…
– Anche se, una ceppa! No. No! Nonono! Enne - O! Negativo! È solo… attrazione. Dai, ma scusate, è talmente bello che dovrebbe essere dichiarato fuorilegge! Vi sembra che io possa permettermi una cosa come… innamorarmi?  
Pronunciò l’ultima parola come se fosse stata una sconcezza, e continuò:
– Di Capitan Paranoico, poi! Ne uscirei massacrata! Oltretutto, lui passa del tempo con me solo perché glielo ha ordinato il dottor Daimonji. Io sono la fanciullina, la pazzoide, la buffona, prima mi ha dato addirittura dell’animaletto selvatico! Riesco giusto a farlo incazzare, e nel migliore dei casi a divertirlo un po'! Sono la sua Miglior Nemica. Andiamo, è solo un dannato bel ragazzo…
– Sei forte, tu – la interruppe Jami – Urli e ti disperi come se fosse successo l'irreparabile… e poi te la canti e te la suoni: hai già deciso che ti sta solo succedendo di provare, per il nostro scontroso Capitano, un'innocua attrazione fisica. E allora? Dov'è la tragedia? Se è solo una tempesta ormonale, o ti passerà da sola, o…
– O…?
– O le dai sfogo, in qualche modo! – suggerì Midori, con una malizia che quasi non era da lei.
– Sfogo? Ma sei impazzita? Hai capito cos'ho appena detto? Non gli interesso! E poi, anche se fosse… beh, sappi che io non vado a letto con un uomo così, solo perché lo trovo bello! So di essere antiquata e fuori moda, ma i miei genitori mi hanno insegnato dei princìpi.
– Lo so, Briz. In realtà scherzavo, so che non sei il tipo da sesso e via. Non intendevo che dovresti arrivare fino a quel punto… però, rubargli un bacio, giusto così, per vedere come lo prende; magari te lo dà indietro.
– Ah, sì! Proprio! – replicò Briz, trovando nonostante tutto la cosa quasi divertente – Se in un momento di follia lo faccio davvero, sai che succede? Lui mi respinge. E io… mi posso sparare, a quel punto: dalla vergogna. Dopo non riuscirei più nemmeno a guardarlo in faccia.
– Sai che invece, quasi quasi, ci proverei nei tuoi panni? – se ne uscì Jamilah – Sicuramente lo sconvolgeresti! E come ha detto Dori, che ti respinga è una teoria tutta da provare. In fondo, un bacio non ha mai ucciso nessuno. E dai, buttati.
– Ma sì! Nel fiume, mi butto! Che cosa stai dicendo!? Ma che vi è preso oggi? Non mi sembrate nemmeno voi! Tanto per cominciare, non mi sembra il caso di sorvolare sul fatto che siamo compagni di battaglia: facciamo parte dello stesso equipaggio, non possiamo sconvolgere le… dinamiche di bordo, non mi sembra proprio una buona idea; di casini ne abbiamo già creati anche troppi, a suo tempo! E poi, rovinerei anche quella specie di equilibrio che siamo riusciti a mettere insieme con tanta fatica! Sarebbe un gioco pericoloso, temo. E per cosa, poi? Per uno sfizio stupido: baciare un bel ragazzo? Maddài.
E a quel punto, come la volpe di Esopo che, non arrivando all'uva, decideva di rinunciarci dicendo che era acerba, Fabrizia trasse una sua personale conclusione.
– E poi, tanto, nella realtà le cose non sono mai come nei sogni: probabilmente le sue labbra sono dure e fredde come il suo cuore! Lui, oltretutto, lo avevo già classificato, e sapete anche voi cosa penso degli uomini belli. Hanno una prerogativa: sono anche stronzi, soprattutto in certi contesti.
– Sembri esperta nel settore.
– Può darsi. E comunque, a parte il fatto non trascurabile che non sono in cerca di un uomo, uno come Richardson sarebbe una bega a prescindere! Preferirei di gran lunga, che so… non dico Bunta in particolare, ma uno del genere, per capirci: un ragazzo non troppo bello, poco appariscente, ma affidabile, simpatico e semplice.
– Beh, anche perché con Bunta non batteresti chiodo: lo sai che è fidanzato? – rivelò Jamilah.
– Bunta Hayami fidanzato? 1 E con chi? – chiese Briz stupefatta; quella le arrivava proprio nuova, e a quanto pareva anche a Midori.
– Con Solange Delacroix, venticinque anni, francese, laureata in Biologia Marina. Piccoletta, capelli biondi e corti, bellina da matti: stanno insieme da quando avevano diciotto anni. Vive a Yokohama, ma Bunta non la vede dall'inizio della guerra, non vuole correre il rischio che venga coinvolta.
– Hai capito, il nostro pacioccone! Si è preso nientemeno che una francesina laureata!
– Beh, anche Bunta ha una laurea in Oceanografia, lo sai.
– Già, anime gemelle, a quanto pare. Dalle mie parti si dice che “Dio li fa e poi li accoppia”. E, alla luce di questa perla di saggezza, si evince che io e Pete apparteniamo davvero a due pianeti diversi. Ma che dico, due pianeti: due galassie, diverse! – esclamò Briz, pensando di mettere un punto alla questione.
– E io posso dirti anche che…  “Gli opposti si attraggono”, a volte – rimarcò invece Midori.
– Ma tu da che parte stai, scusa? Una volta mi hai detto che con Pete non mi ci vedresti proprio, e io mi ci vedo pure meno, se è per questo! No, perché sai, faccio presto a passare al contrattacco, a questo punto, e a dirti di saltare addosso a Sanshiro!
Midori avvampò e non rispose, e la cosa fece scoppiare a ridere Jamilah.
– E tu cosa ridi, – infierì Fabrizia – che muori dietro a Sakon da una vita, e non sai da che parte farti?
Anche a Jami non toccò che ammutolire, e Briz concluse il discorso.
– Chiudiamola qui, okay? Siamo circondate da uomini, respiriamo feromoni maschili e nuotiamo nel testosterone dalla mattina alla sera! Credo sia normale se ogni tanto gli ormoni ci partono come palle di un flipper! Basta non ascoltarli, in fondo. Abbiamo ben altro a cui pensare, non credete? Piantiamola con queste bischerate!
A quel punto, tutte e tre decisero che fosse davvero meglio riderci su: Jamilah ammise che il loro consiglio era stato quanto meno azzardato, e chiusero l’argomento.
Era vero che anche lei e Midori avevano il cuore in subbuglio da qualche tempo – o forse, più facilmente, solo gli ormoni, come aveva detto Briz – ma alla fine di tutto, che importanza poteva mai avere? Avevano davvero questioni molto più gravi da risolvere: tipo affrontare una guerra contro i mostri alieni. Ed era un fatto ormai risaputo, quasi una legge non scritta: l’amore e la guerra insieme, non andavano bene.
Tutto il resto era solo un mucchio di grandissime stupidaggini.
 
> Continua…
 
 
Nota:

Nell’anime Bunta non era affatto fidanzato. Non c’erano fidanzati/e per nessuno/a. Per questo esistono le fanfiction, no? E poi io ho la spiacevole tendenza a volerli accoppiare tutti. Se duro così, finirò per accasare persino Yamatake!

Ma se non hai ancora fatto succedere niente? Cosa cianci, sciroccata? (Nota dei Lettori, stufi che nessuno concluda qualcosa…) 
Come? State dicendo che manca qualcosa? Un disegno, forse? Okay, vi metto qui Jamilah, visto che è solo un ritratto.


 
Jamilah
  
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