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Autore: WolfieIzzy    18/02/2017    1 recensioni
Aprile 1795. Eleanor Kenway è su una carrozza diretta a Parigi, dopo aver affrontato un viaggio partito quasi un mese prima da casa, in America. Vuole scoprire di più sulla sua famiglia. Vuole scoprire da dove viene. Vuole diventare un'Assassina come suo padre, Connor. In Francia la aspetta il suo destino, e il Maestro Arno Victor Dorian, che la addestrerà per farla diventare un'Assassina perfetta e con il quale combatterà per il futuro della Nazione. Ambientata dopo gli eventi di Assassin's Creed Unity.
NB: Questa storia cerca di essere il più possibile fedele sia ai fatti storici reali, che a quelli fittizi appartenenti alla storia di Assassin's Creed. Qualsiasi modifica apportata al "canone" storico reale e/o appartenente al mondo di AC è voluta ed è utile ai fini della storia. Buona lettura!
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arno Dorian, Napoleone Bonaparte, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nel frattempo alla Confraternita si scoprì che gli altri due nomi degli inglesi che erano saltati fuori avevano a che fare con delle bande di criminali rivoluzionari.
Arno mi disse che i Templari spesso aizzavano il popolo sfruttando i malviventi, in modo da impaurire la gente e costringerla a fare quello che volevano. 

'L'Ordine. Facile ottenerlo con il terrore.' mormorai tra me e me, mente il giorno dopo mi dirigevo a Villa De La Serre.

Mentre camminavo per i boulevards, ebbi la possibilità di guardare meglio quelle strade, quelle persone, quella realtà, come se ogni giorno che passavo a Parigi mi permettesse pian piano di vedere la vera situazione della Francia.
La povera gente che animava la città aveva la stanchezza nei volti, il peso di una lotta per la libertà addosso. Le strade sembravano quasi abbandonate, non c'era quasi nessuno apparte qualche guardia pronta a reprimere qualsiasi agitazione dei Rivoluzionari, e ogni tanto qualcuno che passava impaurito. 
In quei giorni c'erano stati dei moti, quindi era comprensibile. Un uomo passò con quello che sembrava essere suo figlio a mano, un bambino di circa sei o sette anni. In quel bambino vidi una speranza per il futuro di quella Nazione, che era stata così coraggiosa negli ultimi anni.

Un popolo, quello Francese, che aveva avuto il coraggio di rivendicare i propri diritti, che voleva scostarsi quell'ancien régime di dosso, che voleva essere riconosciuto come cittadino, e non come suddito di un sistema che ormai era diventato polveroso e troppo vecchio per sopravvivere.
Una realtà simile, pensai, l'aveva vissuta mio padre a casa, negli Stati Uniti. In prima persona. 

Bussai alla porta della Villa, e ad aprirmi non fu Arno ma una ragazza. 
Ci mancava solo questa.

Mi sorrise cordialmente, aprendo di più la porta.

'Bonjour. Entrate pure.' disse.

Io entrai, non poco confusa. 
La ragazza mi fece cenno di seguirla. 
'Arno, è arrivato qualcuno per te.' disse, e dal soggiorno sbucò lui, finalmente.

'Ben arrivata.' disse. 'Hai già conosciuto Heléne?' 

'Veramente no.' dissi io, guardando la bionda ragazza al mio fianco, che mi sorrideva.

'Beh, questa è Heléne. Heléne, lei è Eleanor.'

'Piacere di conoscerti.' dissi io, porgendole la mano. Lei la strinse.

'Il piacere è mio.' disse. 
Ok, ma non sapevo ancora chi era...

'Heléne era la dama di compagnia di Elise.' disse Arno, quasi leggendomi nel pensiero.

'Ah, le hai già raccontato tutto vedo.' disse lei.

'Quasi tutto.' rispose Arno. 

'Beh, vi lascio qui a conoscervi, io devo mettere a posto delle cose in studio. Poi io e te dovremo vestirci per il ballo.' disse. Come?

'Vestirci per il ballo? Credevo saremmo entrati di nascosto.'

'E perchè mai? Abbiamo un invito. Possiamo entrare senza problemi, basterà passare inosservati.' disse.

In effetti aveva ragione. 

'Si ma... come?' chiesi io.

'Beh, credi che non abbia dei vestiti eleganti messi da parte per queste occasioni?' chiese lui, retorico.

'Tu di certo, ma io...? Non ho portato nulla di elegante. A dire il vero, non ho mai avuto un vestito elegante.' riflettei.

'Non è un problema, userai uno dei vestiti di Elise.' disse Heléne. 

'Davvero...?' chiesi io guardando Arno, quasi chiedendogli il permesso.
Arno sorrise.

'Si, Eleanor. Credo ti starà bene.' 

'D'accordo...' mormorai io, lievemente in imbarazzo.

'Beh, sono quasi le quattro di pomeriggio. Sarà meglio iniziare a prepararci.' disse Arno. 
'Ci vediamo fra un'ora. Ti lascio nelle mani di Heléne.'

Annuii e mi girai verso Heléne, che mi prese per mano e mi portò al piano superiore, nella vecchia stanza di Elise.

Era veramente bellissima. Il letto a baldacchino era perfettamente intatto, tutto era ordinato. La stanza era illuminata dalla luce del primo pomeriggio, e sembrava che le appartenesse ancora, che fosse la stanza di una ragazza viva. Magari a me faceva questa impressione perché non l'avevo conosciuta. 
Me la immaginai, mentre Heléne cercava un vestito adatto nell'armadio, e io la aspettavo seduta sul divanetto ai piedi del letto.

Avevo visto il suo ritratto nella libreria qui al piano superiore qualche giorno prima. Sembrava davvero bellissima, vestita in un abito da festa, mentre teneva elegantemente un ventaglio nella mano sinistra. Aveva dei meravigliosi capelli rossi, ondulati e lucenti, gli occhi chiari blu, simili ai miei, e un viso bellissimo. 

Capii perché Arno era così innamorato di lei, e mi sentii rattristata. Doveva essere stato veramente terribile averla persa. Non volevo sembrare egoista, ma... speravo di aiutarlo ad affievolire quel ricordo doloroso, prima o poi.

'Questo mi sembra perfetto.' disse Heléne dietro di me, risvegliandomi dai miei pensieri. 
Mi girai e vidi il vestito che aveva scelto: era azzurro intenso, in raso di seta. Mi alzai per guardarlo meglio: il tessuto era meraviglioso, liscio e spesso, un po' pesante, ma questa caratteristica ne denotava la qualità. Il corpetto era decorato con dei dettagli in pizzo bianco sui bordi, uguale al pizzo della sottoveste e dei merletti che uscivano dalle maniche al gomito, e dalla scollatura quadrata. Era davvero bellissimo. 

'Meraviglioso, vero?' mi chiese Heléne. Io annuii, sorridendole. Speravo di entrarci senza problemi.

Mi spogliai appoggiando i miei vestiti sul divanetto. Heléne mi infilò subito la sottoveste, notando il rossore delle mie guance. 

'Hai un corpo bellissimo Eleanor, non vergognartene.' mi disse, dolce come sempre.

'Grazie mille Heléne...' risposi io, ancora rossa in viso. 
Nessuno mi aveva mai vista senza vestiti, tranne la mia balia Lizzie, ma dai 15 anni in poi mi ero sempre preparata e vestita da sola.

Heléne mi infilò prima la gonna dall'alto, che era divisa a strati, e aveva bisogno di essere sostenuta da una rete metallica che mi legò in vita con un nastro. 

'Sarò sincera, mi chiedo come facciano le nobildonne a indossare questi vestiti praticamente ogni giorno.' dissi, suscitando la reazione divertita di Heléne.

'Questo è uno dei motivi per cui ringrazio di non far parte di quella categoria.' disse lei, infilandomi il corsetto. 

'È meglio che ti appoggi da qualche parte e inizi a trattenere il respiro.' mi consigliò lei.

'Oh mio Dio, ma è una tortura!' mormorai mentre Heléne mi stringeva i lacci, e vedevo il mio povero seno sempre più schiacciato. Cercai di tenerlo a posto con una mano tirando su la sottoveste, o sarebbe fuoriuscito a momenti.

'E devi ritenerti fortunata perchè tu sei già abbastanza magra e con la vita stretta, pensa cosa devono patire certe donne che non hanno avuto questa fortuna...' disse lei.

'Ok, abbiamo fatto. Devi solo infilare la giacca e abbottonarla.' me la passò, e io la infilai e la abbottonai, per poi sistemare meglio le maniche e i merletti che uscivano.

Incredibilmente, sembrava starmi. Mi guardai allo specchio attaccato al muro, e vidi che la tortura a cui mi ero sottoposta aveva portato i suoi frutti.
Mi sembrava così strano vedermi vestita così, io che ero sempre stata abituata ad andare in giro in pantaloni e giacca. Dovevo dire che stavo scomoda e non poco, ma potevo abituarmi, almeno per la serata.

'Stai davvero benissimo.' mi disse Heléne, e mi mise a posto la gonna.

'Vieni, ora pensiamo ai capelli.' e mi fece sedere alla toilette.

Guardai la mia immagine riflessa allo specchio, e vidi quel po' di mio padre nel castano scuro dei miei capelli e nella mia carnagione leggermente olivastra, ma mio nonno nei lineamenti 'tipicamente inglesi' come li chiamava Winston, e negli occhi, ghiacciati, che erano sempre stati a contrasto con i miei colori. 

Heléne sciolse la lunga treccia in cui erano legati i miei capelli e iniziò a pettinarli.

'Sai, Arno mi ha parlato di te...' disse. Io cercai di non sussultare e non sembrare troppo interessata, quindi sorrisi.

'... sono felice che ti stia addestrando. Ha passato dei mesi veramente difficili da quando Elise se n'è andata.'

'Posso immaginarlo.' mormorai, pensando a tutto quello che aveva affrontato nella sua vita.

'Sai, lui è un po' particolare. Non ha mai messo in mostra i suoi sentimenti e le sue emozioni, nè con me o con Jacques, il mio fidanzato, e da quello che mi raccontava Elise, addirittura nemmeno con lei. Il fatto che abbia perso suo padre da piccolo, e sia stato incolpato per l'omicidio di Monsieur De La Serre, l'unica persona di cui si fidava, ha contribuito a renderlo introverso e fragile. Quando è stato per un periodo qui con noi e con Frederick Weatherall, l'istruttore di Elise, passava molto spesso del tempo da solo, beveva, non parlava quasi mai e spariva spesso, anche per giorni. Poi io e Jacques ci siamo trasferiti insieme fuori città, e ci è dispiaciuto lasciarlo da solo, perchè anche Weatherall era tornato a Londra. L'unica cosa che lo ha tirato su è stata la sua riammissione nella Confraternita, con il titolo di Maestro. E poi, sei arrivata tu.' 

Sorrisi, pensando che forse stavo facendo qualcosa di buono per lui. Ed era una cosa importante. 

'Si fida ti te, Eleanor, e ti vuole bene. E da come lo guardi, vedo che anche tu sei affezionata a lui...' 

Cercai di non diventare paonazza.
'È la verità, ci tengo molto a lui. È diventato il mio punto di riferimento, la persona di cui mi fido. È più di un Maestro per me.' L'ultima frase mi uscì spontanea, e abbassai lo sguardo.

Heléne mi mise una mano sulla spalla. 'Arno può avere paura dei suoi sentimenti, ma tu non farlo.' 

Io le sorrisi, e vidi che lei forse aveva capito. Provavo qualcosa per lui, ed era difficile da nascondere. 

'Ti prego Heléne, non farne parola con nessuno...' 

'Certo che no! Per chi mi hai presa? Sarò una tomba. E anzi, ti auguro il meglio. Potresti essere una benedizione per lui.'

'Lo spero...' mormorai, con il cuore davvero pieno di speranza. 

'Avanti ora, cerchiamo di legare bene questi capelli.' disse, e un quarto d'ora di arricciamenti e annodamenti dopo la mia enorme massa di capelli era legata in una meravigliosa acconciatura. Heléne mi passò uno specchio con cui potevo ammirare il lavoro da dietro: era una specie di chignon complicatissimo, con due boccoli che mi ricadevano ai lati del viso, incorniciandolo.

Mi fece anche indossare una bellissima collana di zaffiri, abbinati a due orecchini uguali a goccia.

Guardai il risultato finale allo specchio: non sembravo nemmeno io. 

'Heléne, sembro un'altra persona!' dissi mentre giravo davanti allo specchio.

'Sei stupenda, Eleanor. Qualcuno laggiù appena ti vedrà prenderà un colpo.' 

'Hai fatto un lavoro stupendo. Grazie, davvero.' le dissi, e le diedi un bacio sulla guancia. Era stata veramente un tesoro con me. 

'Grazie a te. Avanti ora, cherie. Hai una missione da compiere, non dimenticarlo.' Annuii, e presi lo stiletto dal fodero della mia cintura, infilandolo all'interno della manica del vestito. Mi dispiacque lasciare la lama celata lì, ma non avevo dove nasconderla.

'Ti aspetto giù.' mi disse Heléne.

Uscii dalla stanza e scesi le scale: ai piedi c'erano Arno, Heléne e quello che probabilmente era Jacques, che stavano confabulando.

Appena fui visibile smisero di parlare, e mi guardarono tutti quanti. 

Arno fu l'ultimo a girarsi, e quando mi vide sgranò gli occhi e fece un sorriso gigantesco. 

'Vi prego, non fissatemi così.' dissi io, coprendomi il volto con le mani mentre scendevo gli ultimi scalini.

'Fatti vedere.' disse Arno, e mi prese una mano avvicinandomi a lui, per poi farmi roteare.

'Sei perfetta.' disse, e mi sorrise. Io non volevo sapere di che colore ero in quel momento.

'Grazie. Anche tu pero', eh!' gli dissi, e lo ammirai in tutto il suo splendore: aveva addosso un completo elegantissimo, nero, una giacca con doppiopetto e bottoni argentati, e un nastro rosso scuro al collo.

'Modestamente.' disse lui, accenando un inchino. Ridacchiai, dopo aver visto Heléne che ammirava la scena con un sorrisetto soddisfatto. 

'Eleanor, questo è Jacques, il mio fidanzato.' me lo presentò: il ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi fece un inchino e mi baciò la mano, sorridendomi.

'Enchantè, Mademoiselle Kenway.' 
disse. Era proprio carino, lui ed Heléne stavano bene insieme.

'Piacere mio, Jacques. Sei fortunato ad avere al tuo fianco una ragazza come Heléne.' gli dissi, e lui annuí, per poi dare ad Heléne un bacio sulla guancia. Erano dolcissimi.

'Eleanor, è meglio andare, manca poco all'inizio del ballo.' mi disse Arno, mentre si sistemava la lama celata sotto la manica della giacca.

Salimmo su una carrozza che ci aspettava fuori dal cancello, io da una parte e lui dall'altra.

'Questo vestito è davvero una prigione.' dissi, quando finalmente riuscii a metterlo a posto dentro il vano della carrozza.

'Devi resistere solo stasera, e poi ti sta benissimo.' disse lui. 

'Anche tu sembri un damerino. Comunque spero riusciremo a passare inosservati, considerando che non abbiamo potuto portare quasi nessuna arma.' 

'Tu segui me, e vedrai che andrà tutto secondo i piani.'

'Arno, almeno sei sicuro che non ti riconoscerà nessuno lí dentro?' gli chiesi. Si, stavo iniziando ad agitarmi.

'Quasi tutti i nobili che conoscevo hanno fatto una brutta fine negli ultimi due anni. La maggior parte di loro è stata ghigliottinata durante il terrore di Robespierre. E comunque, l'elîte di Parigi ora non è più quella di una volta. I pochi nobili rimasti sono riusciti a fare accordi con il Direttorio, ed è questo il motivo per cui sono ancora vivi.' disse.

'Capisco. Beh, spero non avremo problemi.' mormorai.

Arrivati a Palazzo Poulain, leggermente fuori il centro, io e Arno scendemmo dalla carrozza. Mi misi a posto il vestito, e Arno mi prese per l'avambraccio, portandomi in un angolo.

'Ascoltami bene. Stasera dobbiamo carpire più informazioni possibili dagli invitati, e tornare con qualcosa di concreto in mano. Inoltre, dovremmo inventarci un nome...' pensò, grattandosi il mento.

'Monsieur e Madame Peltier.' dissi. Non avevo idea di come mi fosse uscito.

'Très jolie.' disse Arno, e mi sorrise.
'Che lo spettacolo abbia inizio.'
  
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