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Autore: 9Pepe4    18/02/2017    3 recensioni
«Toglimi una curiosità» riprese Han, alzandosi in piedi, «da quanto tempo hai in mente di fondare questa tua Resistenza?»
Leia si accigliò. «Non lo so. Da quando ho visto che il Primo Ordine è una minaccia tangibile, e che la Nuova Repubblica non sembra intenzionata a prendere i provvedimenti necessari».
«Sì?» chiese Han, più tagliente di quanto avrebbe voluto. «Non ce l’avevi già in mente quando hai iniziato a rimetterti in contatto coi tuoi vecchi amici della Ribellione, quelli che avrebbero dovuto aiutarti a trovare tuo figlio?»
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Han Solo, Principessa Leia Organa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E poi scuse, e accuse e scuse, senza ritorno

Strofa
    
There once was a time I was sure of the bond
When my hands and my tongue and my thoughts were enough

Prima di tornare in albergo, Han s’infilò in un bar.
Era una bettola sorprendentemente pulita ed ordinata, e molto poco affollata – solo tre alieni in un angolo, ed una ragazza che passava uno straccio bagnato sul bancone. Aveva un’aria assorta, i capelli biondi tenuti indietro da una forcina, e due occhi scuri.
Quando Han le chiese il drink più alcolico che aveva, lo perforò con lo sguardo ma non commentò. Si limitò a scrollare le spalle, e a voltarsi per prendere una bottiglia.
Han la osservò riempirgli il bicchiere di un liquido dorato. «Sicura che sia il più alcolico che hai?»
«Sono sicura che non lo è» ribatté lei, riavvitando il tappo. «Ma il più alcolico che ho non è adatto agli umani. Ti squaglierebbe lo stomaco».
«Uh». Han prese il bicchiere. «Sai cosa? Mi accontenterò».
La ragazza sorrise cortesemente. Era il genere di sorriso che avrebbe potuto fare una figlia davanti alla battuta imbarazzante di suo padre. In effetti, era probabile che Han fosse coetaneo dei suoi genitori. Di certo lei non sembrava molto più vecchia di…
L’uomo tagliò di netto quella linea di pensieri, e si diresse ad un tavolino prima che gli sfuggisse una domanda stupida come sei in contatto con la tua famiglia? o i tuoi genitori lo sanno dove ti trovi?
Si sedette nel posto più lontano dagli altri avventori, e si chiese vagamente quanto doveva sembrare patetico ai loro occhi. Era un uomo dai capelli ingrigiti e il viso segnato, che entrava in un bar a metà del pomeriggio, completamente solo.
Alzò il bicchiere e sorseggiò il proprio drink. La sua prima reazione fu di tossire e battersi la mano libera contro il petto.
D’accordo. Alcolico lo era di certo, ma il secondo sorso andò un pochino meglio. Era arrivato al terzo, quando qualcuno si sedette accanto a lui.
«Ehi».
Han alzò lo sguardo sul nuovo arrivato, un uomo dalla pelle bruna e i capelli che cominciavano ad ingrigire. «Kes» lo salutò, quasi in un borbottio. «Come sapevi che ero qui?»
«Quando mi hai lasciato con Chewbacca ad occuparmi della nave, hai detto che andavi a bere qualcosa. Questo è l’unico bar nei dintorni».
Han si accigliò. Avrebbe decisamente potuto arrivarci da solo. «E Chewie dov’è?»
«A finire di occuparsi della nave» rispose Kes Dameron, pazientemente. «Se la stava cavando meglio senza di me. Sai che non me ne intendo».
«Giusto» disse Han. «Vero».
Per un lungo istante, l’altro uomo lo osservò in silenzio. «Senti, Han» esordì infine, «mi dispiace molto che questa pista non abbia portato a niente».
«Non importa» disse Han, distogliendo lo sguardo.
Gli pizzicavano gli occhi, e sospettava non fosse soltanto colpa dell’alcol.
Kes gli posò una mano sulla spalla in una tacita offerta di conforto. «Non smetteremo di cercarlo».
No. Certo che no.
Han cercò di non pensare al fatto che erano trascorsi due anni interi, ormai. Lui si era rimesso in contatto con persone che aveva conosciuto quando ancora contrabbandava, Leia aveva chiesto l’aiuto di ex membri dell’Alleanza Ribelle. Ogni tanto qualcuno trovava un indizio, una pista, ma si rivelavano sempre dei vicoli ciechi.
A volte, di sera, Han guardava le olo-notizie. Parlavano ancora di Ben – l’opinione ufficiale era che fosse stato rapito, ma era evidente che a questo punto molta gente lo dava per morto.
Trasmettevano anche un ologramma, e per Han era un pugno nello stomaco ogni volta. Ben aveva quattordici, quindici anni al massimo. Non sorrideva, forse perché i capelli non gli coprivano del tutto le orecchie a sventola, ed era impossibile non notare la traccia di pinguedine infantile che ancora gli ammorbidiva il viso.
Inutile dirlo, la sua caduta al Lato Oscuro non era di dominio pubblico.
Lo sapeva Han e lo sapeva Leia, ma non era importante – o almeno, loro cercavano di non pensarci troppo. Han, onestamente, non era neanche sicuro di crederci del tutto. Era molto più verosimile che si fossero sbagliati, che loro figlio non avesse partecipato attivamente all’attacco contro Luke e i suoi apprendisti, che adesso fosse tenuto in ostaggio contro la sua volontà.
Soltanto una cosa era certa: quel che importava era riportarlo a casa. Allora le cose si sarebbero sistemate, in un modo o nell’altro. Prima, però, dovevano trovarlo.
Strappandosi a fatica da quei pensieri, Han si rivolse a Kes. «Tu cosa mi dici? Non ti ho chiesto come va. Come sta Poe?»
A quella domanda, l’espressione preoccupata dell’altro uomo si rilassò in un accenno di sorriso. «Sta bene» rispose lui. «È sempre impegnato con le simulazioni di volo, ultimamente, per cui non lo sento spesso… ma credo sia soddisfatto».
«Immagino» disse Han, sforzandosi di contribuire alla conversazione. «Ho sentito delle voci sull’addestramento per la flotta della Nuova Repubblica. Sembra parecchio faticoso».
«Già» annuì Kes, e sospirò. «Qualche volta mi preoccupo, perché so che non ha mai perso il vizio di volare sino allo sfinimento. Ma cerco di fidarmi di lui, di dirmi che conosce i propri limiti».
Han passò le dita sul bordo del proprio bicchiere. «Mi è sempre sembrato un ragazzo ragionevole».
«Questo sì, ma è anche testardo. Se lo incitassi a fare le cose con più calma, non so se mi darebbe retta. In fondo è quello che ha sempre sognato di fare… E sa che Shara sarebbe fiera di lui».
Han alzò la testa. La moglie di Kes, Shara Bey, era stata una pilota per la Ribellione, ed era morta circa sei anni dopo la battaglia di Endor.
«Questo» mormorò Kes, quasi parlando a se stesso, «conta molto per Poe».
Sul momento, Han faticò ad identificare la morsa improvvisa che gli aveva chiuso lo stomaco, poi capì: era dovuta al modo in cui Kes parlava di suo figlio. Con orgoglio, una quieta felicità… E soprattutto la certezza di conoscerlo.
Han non era più sicuro che lui e Leia conoscessero Ben. Quando lui pensava a loro figlio, pensava ad un bambino con la testa tra le nuvole, i cui capricci peggiori facevano tremare gli scaffali e cadere gli oggetti. Pensava ad un bambino che parlava lo Shyriiwook con la stessa naturalezza con cui respirava, e a cui piaceva la neve. Cose del genere.
Ma se lui o sua moglie avessero dovuto parlare del ragazzo che loro figlio era diventato, Han aveva paura che non sarebbero riusciti a dire molto.
Quando Leia aveva sentito il bisogno che Ben imparasse a controllare la Forza, ed era successo fin troppo presto, lo avevano mandato da Luke. E sì, gli avevano fatto visita, e si erano messi in contatto con lui ogni volta che potevano, ma… Ben ce l’aveva con loro, e Han non sapeva quand’era stata l’ultima volta che avevano parlato come si deve. Ricordava un adolescente evasivo, risentito, che solitamente si limitava a mugugnare dei monosillabi.
Gli piaceva ancora disegnare? Gli era passato il terrore dei temporali? Aveva degli amici? Cos’avrebbe voluto fare da grande?
Han strinse il bicchiere sino a farsi sbiancare le nocche, perché non conosceva la risposta a nessuna di quelle domande.
Ripensò al malumore quasi costante di Ben, ai suoi lunghi silenzi. Si era detto che era una fase, che era tutto dovuto all’adolescenza. Adesso poteva solo pensare che suo figlio era completamente, dannatamente infelice – un angolo della sua mente rammentò che il primo impulso di Ben, quando ferito, era sempre stato ferire di rimando. Si sentiva un idiota per non averlo capito prima.
“No, non è vero” si disse, “lo sapevo. È questo il peggio, lo sapevo anche allora”.
Rigirandosi il bicchiere tra le mani, ricordò l’ultima volta che aveva visto Ben. Era stato tramite un’olo-chiamata, e suo figlio aveva l’aria esausta e gli occhi arrossati, come se non dormisse da giorni, o come se avesse pianto di recente.
Per un istante – un breve, singolo istante – Han aveva pensato di chiedergli: Ben, ma tu vuoi tornare a casa?
Se il ragazzo avesse risposto di sì, al diavolo Leia e Luke e persino la Forza. Han sarebbe immediatamente salito sul Millennium Falcon e sarebbe andato a riprendersi suo figlio.
Alla fine, però, non gli aveva chiesto niente. Si era limitato a fare qualche stupida battuta nella speranza di risollevargli il morale, ed aveva… Aveva perso la sua occasione.
Dopo quella chiamata, era diventato più difficile mettersi in contatto, perché sembrava che la linea fosse sempre disturbata… E poi era precipitato tutto. Il lavoro di Luke era andato distrutto, e Ben era scomparso.
Era un ragazzo, pensava Han disperato, era solo un ragazzo. Com’era possibile che fosse andato tutto così storto?
Con un sussulto, tornò al presente, rendendosi conto di essere rimasto in silenzio molto a lungo. Si schiarì la gola, senza guardare Kes.
«D’accordo, allora… Salutami Poe» si sentì dire, fissando il proprio bicchiere.
Da una parte avrebbe voluto svuotarlo in un colpo solo. Dall’altra non aveva più alcuna voglia di bere.
Probabilmente, Kes annuì. «Lo farò» promise. «Tu tienimi informato. Contattami, se posso essere ancora d’aiuto». Mosse la sedia, ma non si alzò. «Ah, di’ a Leia che poi gliene parlerò di persona, ma non credo che entrerò a far parte della Resistenza».
Han aggrottò la fronte. “Della cosa?”
Quando alzò lo sguardo, Kes stiracchiò le labbra in un sorriso di scuse ed aggiunse: «Ho già dato con la Ribellione, penso».
«Certo» si affrettò a dire Han, «sicuro, lo capisco». Fece una pausa. «Che cosa ti ha detto Leia, esattamente?»

Non era passato molto tempo, da quando erano arrivati su quel pianeta.
Per essere precisi, vi si erano recati quando avevano iniziato a circolare delle voci sul fatto che un ragazzo dell’età di Ben, un ragazzo che corrispondeva anche alla sua descrizione, era stato visto nei dintorni.
Avevano chiesto l’aiuto di Kes perché sapevano che era già stato sul pianeta e che lo conosceva bene, così come conosceva alcuni dei suoi abitanti.
Non avevano una sistemazione particolarmente lussuosa: era la stanza di un albergo, pulita ed ordinata ma molto semplice.
Un letto matrimoniale, uno specchio a muro, una sedia ed una cassapanca; più o meno era tutto qui.
Kes aveva preso un’altra camera, mentre Chewbacca preferiva dormire sull’astronave.
Han percorse la stanza a grandi passi, entrando un paio di volte anche nel bagno, poi si accomodò bruscamente sulla sedia.
Si sfilò la giacca scura e la drappeggiò sullo schienale, quindi prese a tamburellarsi le dita sulle gambe.
Leia sarebbe dovuta rientrare a momenti. Mentre nei giorni precedenti aveva partecipato alle ricerche, oggi era andata ad incontrare un’assistente che doveva riferirle cosa stava succedendo in Senato in sua assenza.
Era molto preoccupata a causa dei resti dell’Impero; temeva potessero trasformarsi in una nuova minaccia.
“Sembra più preoccupata per la Nuova Repubblica che per suo figlio”.
Han cercò di soffocare quel pensiero, ma alla luce di quanto aveva appena scoperto… Non gli sembrava poi così ingiustificato.
Quando la porta si aprì con un sibilo, lui ebbe un piccolo sussulto. Leia entrò nella stanza, e gli scoccò una breve occhiata – molto breve, come se guardandolo troppo a lungo avrebbe potuto farsi male.
Era vestita in modo semplice, e i suoi capelli erano intrecciati ed avvolti attorno alla sua testa, come una corona.
Non disse nulla, passandogli davanti per raggiungere lo specchio accanto al letto ed iniziando a disfare la propria acconciatura.
In modo forse irrazionale, Han provò un barlume di rabbia. «Non mi chiedi nemmeno com’è andata?»
Leia si soffermò a guardarlo nello specchio. «Se fosse andata bene me lo avresti detto subito» gli disse, «o sbaglio?»
Han non rispose. Non si sbagliava.
«Allora?» domandò Leia. «Lo avete trovato?» Dal suo tono stanco, era chiaro che non si faceva illusioni.
«No. Abbiamo trovato il ragazzo di cui parlavano. Non era lui».
Era solo un nativo di Coruscant che stava visitando alcuni pianeti. Il suo comportamento schivo aveva insospettito gli abitanti, ma alla fin fine era solo un po’ timido.
La donna annuì appena, srotolando la prima treccia e cominciando a disfarla.
Han guardò i loro riflessi nello specchio. Non sapeva se gli anni – soprattutto gli ultimi – fossero stati gentili con loro, ma Leia era ancora bella. Era sempre così bella.
«Ho parlato con Kes» le disse Han, improvvisamente. «Mi ha detto che stai organizzando una Resistenza, o qualcosa di simile».
Leia non interruppe nemmeno il proprio lavoro. «È vero» convenne.
«Perché io non ne sapevo niente?»
Lei si passò le dita tra i capelli. «Te l’avrei detto» affermò, iniziando a disfare la treccia successiva. «Ti voglio con noi, naturalmente».
Han si schiacciò le mani tra le ginocchia. «Oh, quindi me l’avresti detto perché pensavi di reclutarmi, non perché sono tuo marito».
Stavolta, Leia si girò verso di lui, l’acconciatura disfatta a metà. «Che cosa ti prende?»
«Che cosa mi prende?» ripeté Han, incredulo, per poi assumere uno sguardo cupo. «Non mi piace che tu mi abbia tenuto all’oscuro».
«Hai ragione, non avrei dovuto» ammise Leia, dopo un istante di silenzio. «Ma è ancora tutto confuso, e incerto, e…» Si bloccò e lo guardò con più attenzione. «Non è per questo che sei arrabbiato».
Han provò quasi l’assurdo impulso di mettersi a ridere. «Davvero? Perché, non sarebbe una buona ragione?»
«Sei molto arrabbiato» rimarcò Leia.
Aveva ragione, naturalmente. Han distolse gli occhi, cercando di trattenersi… Non ce la fece, e tornò a guardarla.
«Lo hai usato come scusa» la accusò, in tono a stento controllato.
Lo shock balenò nello sguardo di Leia. «Che cosa?»
«Toglimi una curiosità» riprese lui, alzandosi in piedi, «da quanto tempo hai in mente di fondare questa tua Resistenza?»
Leia si accigliò. «Non lo so. Da quando ho visto che il Primo Ordine è una minaccia tangibile, e che la Nuova Repubblica non sembra intenzionata a prendere i provvedimenti necessari».
«Sì?» chiese Han, più tagliente di quanto avrebbe voluto. «Non ce l’avevi già in mente quando hai iniziato a rimetterti in contatto coi tuoi vecchi amici della Ribellione, quelli che avrebbero dovuto aiutarti a trovare tuo figlio?»
Per un istante, Leia lo fissò come raggelata.
Han vide con chiarezza il cambiamento nei suoi occhi, la vide ripensare alle sue parole di poco prima – lo hai usato come scusa – ed essere colta da una furia improvvisa.
Fu quasi come tornare indietro di anni, alla base su Hoth, mentre il viso di Leia si faceva duro ed impenetrabile.
«Vattene» gli sibilò lei, gelida.
Quando Han non reagì subito, Leia si diresse ad aprire la porta, e si voltò di nuovo a guardarlo.
«Fuori di qui».
Han serrò i pugni. Pensò che gli occhi di Leia, quegli occhi colmi di rabbia, avrebbero potuto riempirsi di lacrime, e desiderò quasi rimangiarsi le proprie accuse… Era un sospetto che lo rodeva, certo, ma credeva veramente che questo fosse stato l’obiettivo di Leia sin dal principio? Che avesse radunato i suoi vecchi amici non perché voleva un aiuto nelle ricerche, ma per trovare alleati per la sua nuova guerra?
Forse no, ma al momento ricordava solo tutte le ore che Leia aveva trascorso al lavoro anziché a casa, e la biasimava quasi quanto biasimava se stesso. E in ogni caso, era troppo infuriato per ritrattare.
«Agli ordini, vostra grazia» la schernì, strappando la propria giacca dallo schienale della sedia e dirigendosi alla porta.
Passò vicinissimo a Leia, ma non la guardò nemmeno di sfuggita.
Senza fermarsi ad aspettare che la porta si chiudesse alle sue spalle, imboccò le scale a passo spedito. Arrivò sino al livello interrato, e a quel punto si lasciò cadere a sedere sull’ultimo gradino.
Si nascose il viso tra le mani, e pianse.









Note:
Okay, io non volevo scrivere questa cosa, dato che c’è il 99% di probabilità che venga smontata dai prossimi film. Ma ehi, pare che la chiamata dell’angst sia troppo forte.
Probabilmente ho pensato troppo al fatto che in alcuni momenti del Risveglio della Forza Han e Leia mi ricordano tanto com’erano prima, e a quanto la cosa sia dolorosamente azzeccata.
(Comunque faccio sempre in tempo ad eliminare tutto, se pensate sia per il meglio.)
Il titolo è un verso della canzone “Hotel Supramonte” di Fabrizio De André, mentre la citazione in corsivo viene da “Between” di Vienna Teng. Non posso ascoltarla senza pensare ad Han e Leia dopo la caduta di Ben.
BONUS:

Era la prima volta che lo vedeva adulto.
E dopo avervi resi partecipi di tutta questa gioia, me ne vado~
Ah, a meno che non ci siano imprevisti, pubblicherò la seconda (e ultima) parte sabato prossimo, il 25 di febbraio.
  
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