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Autore: PuccaChan_Traduce    18/02/2017    1 recensioni
Asahi e Nishinoya hanno finito il liceo e frequentano l’università. Asahi studia medicina dello sport e Noya gioca ancora a pallavolo. La loro amicizia pare salda come sempre, ma qualcosa sta per cambiare... specialmente dopo l’entrata in scena di una ragazza che sembra molto interessata al piccolo libero.
DISCLAIMER: questa fanfiction è una traduzione che io sto effettuando con il permesso del legittimo autore; tutti i personaggi citati appartengono ai rispettivi autori.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Asahi Azumane, Nuovo personaggio, Ryuunosuke Tanaka, Yuu Nishinoya
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

Asahi vide che Nishinoya strofinava gli alluci sul tappeto consumato e si stropicciava la t-shirt tra le mani. Era strano che il creatore del Rolling Thunder! fosse incapace di guardarlo in faccia. Strano. E degno di una piccola indagine.
Asahi incrociò le braccia sul petto in quella che sperava fosse una mossa calma e indifferente. Se non altro avrebbe nascosto il suo tremore. “E adesso?” lo sfidò.
Nishinoya continuò a fissare il pavimento, sgranando gli occhi. “E–e adesso?” ripetè con voce strozzata.
“Sei tu che mi hai invitato qui”, disse Asahi, sperando di risultare in pieno controllo della situazione. Era certo che se avesse alzato appena un po’ la voce, questa si sarebbe spezzata.
Nishinoya sembrava sul punto di avere un attacco di panico. Si portò le mani sulla nuca e finalmente alzò gli occhi su Asahi. Per poi riabbassarli sulle sue scarpe. Per poi alzarli fino alle sue braccia. Quindi si morse la lingua.
Che strano.
Beh, se Nishinoya non aveva intenzione di dire nulla, Asahi ce l’aveva una cosa in mente.
Si tolse le scarpe usando gli alluci e si diresse verso il divanetto di seconda mano. Nishinoya si era messo in bocca un lembo della giacca e lo osservava. Gli occhiali gli erano scivolati un po’ sul naso.
Asahi si accomodò nel suo solito posto, tra i cuscini bitorzoluti, accavallò una caviglia su un ginocchio e si strinse uno dei cuscini al petto.
“Noya.”
“Hm?” Nishinoya non si era tolto il lembo della giacca di bocca. Era rimasto nell’ingresso, e lo fissava. Era sconcertante.
“Che cosa intendevi quando hai detto che mi avresti permesso di baciarti due anni fa?” Asahi era molto fiero di se stesso per non aver incespicato nella frase nemmeno un po’.
Nishinoya si coprì la bocca con la giacca. “Io non l’ho detto”, borbottò.
Asahi aggrottò la fronte. “Sono piuttosto sicuro di sì, invece. Nel bar, prima di cena, ricordi?” D’accordo, gli era passato di mente per un minuto durante il loro appuntamento (appuntamento!), ma Asahi era praticamente certo che non avrebbe mai più scordato quell’informazione.
Nishinoya si lasciò cadere sul divano. “Perché me lo chiedi proprio adesso?” si lagnò. “Non potremmo passare alla parte dove tu baci me?”
Il volto di Nishinoya era rosso come un pomodoro, ma Asahi avrebbe scommesso che il suo lo era anche di più. “N–Noya!”
Nishinoya rise, ed era una risata chiara e familiare. “Non lo so. Tu eri al terzo anno ed eri così figo, e io–” Tacque di colpo e si raggomitolò nel lato opposto del divano. “Ero veramente felice che fossi tornato in squadra. Lo sai? E poi hai cominciato a fare tutte quelle cose stratosferiche. Come il tuo servizio, hai presente? Cioè, wow!” Ondeggiò sulle ginocchia, gli occhi brillanti. “Dovremmo fare un po’ di pratica qualche sera! Tu servi e io ricevo. Vieni qualche volta dopo il mio allenamento, dirò al capitano che la rete la metto a posto io.”
Asahi sorrise. “Il che vuol dire che dovrò metterla a posto io.”
“Ehi! Quell’affare è dannatamente pesante, ok?”
“Tutto quell’allenamento intensivo con la squadra e ancora non riesci a sollevarla da solo?”
Nishinoya gli tolse il cuscino dalle braccia e cercò di colpirlo sulla testa con esso. “Mica tutti quanti hanno due tronchi al posto delle braccia!”
Asahi gli afferrò il polso e Nishinoya provò a cambiare mano, ma lui gli intrappolò facilmente anche l’altra. “Pessima idea prendersi gioco di uno che ha i tronchi al posto delle braccia”, lo rimproverò. “E hai cambiato argomento. Non credere che non me ne sia accorto.”
Le punte delle orecchie di Nishinoya si colorarono di rosa. “Sì, beh”, borbottò. “Non è da te notare tutte queste cose.” Diede uno strattone di prova.
Asahi rafforzò la stretta delle dita. “Come la cotta che a quanto pare avevi per me al liceo?” Non ci credo che gli sto chiedendo questo, non ci credo che–
“Io– non ho mai detto di avere una cotta per te!” farfugliò Nishinoya.
“Hai detto che mi avresti permesso di baciarti.” Asahi era certo di quel fatto.
“Lo... lo avrei permesso a un sacco di gente se me l’avessero chiesto!” Nishinoya diede un altro strattone e stavolta Asahi lo lasciò andare, sbigottito.
Un attimo.
Che?

Asahi emise un sospiro, sperando di farlo passare per una risata. “Oh già, mi ero scordato di Kiyoko.” Me n’ero scordato davvero. Dannazione. Se fraintedere le cose fosse stato uno sport olimpico, lui avrebbe preso la medaglia d’oro.
Mise i piedi sul pavimento e poggiò i gomiti sulle ginocchia. E se adesso ci fosse Kiyoko al mio posto...? Forse non importava chi ci fosse sul divano quella sera.
Il pensiero lo fece quasi star male.
“Uhm.” Nihsinoya cambiò posizione. “Penso che– ok, mi sa che mi è uscita male...”
“No, lo capisco.” Asahi pensò di andarsene, ma si costrinse a restare seduto. Andarsene sarebbe stata la soluzione facile e lui stava cercando di crescere, grazie tante. “Tutti sono arrapati a scuola.”
“...Anche tu?”
Asahi alzò la testa di scatto, la bocca un po’ aperta.
Nishinoya si accoccolò sui talloni e si passò una mano sulla nuca. “È solo che non sembravi... non sembravi mai interessato a nessuno, perciò...”
Perchè era difficile anche solo pensare di combinare qualcosa con qualcuno se trovavi tutti vagamente spaventosi. “Immagino che sono dovuto crescere riguardo a questo.”
Nishinoya sembrava un piccolo soldatino sull’attenti. “Quindi adesso– uhm. Sei a tuo agio con le persone? Da quando sei entrato all’università?”
Asahi si passò una mano sul viso. Se sono a mio agio con le persone. Che cazzo di domanda... “Sono a mio agio con le persone, Noya.” Era con i baci casuali che non si sentiva a suo agio, ma ormai, dopo due– no, tre baci, gli pareva inutile puntualizzare la cosa.
Nishinoya mise una mano sullo schienale del divano e gli si avvicinò avanzando sulle ginocchia. “E allora?” La sua voce era tranquilla, le sopracciglia sollevate.
Asahi lo guardò. Quindi, se a Nishinoya piaceva pomiciare... e lì c’era lui... ‘fanculo, adesso voleva proprio baciarlo.
Rimase immobile, lasciando che Nishinoya testasse l’ampiezza del suo spazio personale. In quei due anni di università, si era reso conto che alla gente piaceva qualcosa del suo corpo. Forse anche a Nishinoya? Questo pensiero gli scatenò tutta un’altra serie di emozioni. E se fosse stato solo un altro corpo che a Nishinoya piaceva?
Nishinoya gli mise cautamente una mano sulla spalla.
Però... cazzo, se a lui piaceva il suo corpo...
Prima fu il respiro di Nishinoya a sfiorargli il collo, poi sentì le sue labbra morbide sulla pelle. Asahi aprì la bocca, e si sentì piuttosto fiero di sé per esser riuscito a non emettere alcun suono. Era sorprendentemente facile restare immobile, mentre Nishinoya gli appoggiava le mani sulle ginocchia, gli deponeva baci sul collo, si faceva strada lungo la sua mandibola. Fu solo quando prese a succhiargli la giugulare che Asahi si lasciò sfuggire un lievissimo sospiro.
“Asahi-san...” Nishinoya lo spinse leggermente sulle spalle, e Asahi si reclinò all’indietro sui cuscini del divano. L’altro ragazzo lo seguì, sedendosi sui suoi addominali. Gli scostò i capelli dal viso, cercando di infilarli nella fascia che portava, e Asahi chiuse gli occhi al tocco delicato.
Nishinoya emise un versetto di meraviglia a quella scoperta e gli tolse del tutto la fascia, intrecciando le dita nei suoi capelli. Asahi lasciò cadere la testa sul bracciolo del divano perché accidenti se era piacevole. Nessuno aveva mai giocato con i suoi capelli prima d’allora.
Le unghie di Nishinoya gli sfregavano il cuoio capelluto, separando a ciocche i capelli lunghi fino alle spalle. Asahi sentiva la pelle formicolare a ogni passaggio delle dita. Gli ci volle un secondo prima di rendersi conto che quei sospiri strascicati provenivano dalla sua stessa bocca.
Batté le palpebre, imbarazzato.
Nishinoya lo stava guardando con un’espressione affascinata. “Vorrei proprio averlo saputo prima che ti piaceva questo.”
Tossicchiando, Asahi cercò di tirarsi su. Nishinoya non si mosse dal suo grembo e approfittò dell’occasione per buttargli le braccia al collo. Una delle sue mani risalì dalla nuca di nuovo nei capelli. “Scommetto che al liceo ti avrei fatto addormentare in un batter d’occhio”, sussurrò.
“Non–” Asahi si schiarì la gola. “Non così facilmente.” Oddio sta’ zitto, per piacere, sta’ zitto.
Nishinoya sollevò un sopracciglio; strinse la mano che gli teneva tra i capelli e tirò.
Stavolta il sospiro di Asahi fu solo un po’ meno imbarazzante e solo perché ci si era impegnato, dannazione.
“Oddio.” Nishinoya affondò il viso nell’incavo del suo collo. “Sei così sexy che è davvero ingiusto.”
Ingiusto? Vagamente, Asahi si rese conto di non stare toccando Nishinoya per niente. Forse questo era un po’ ingiusto. Quel genere di cose doveva funzionare in entrambi i sensi. Si tirò indietro fino a trovarsi seduto con la schiena appoggiata al bracciolo del divano. Infilò le mani sotto la giacca di jeans di Nishinoya e gliele fece scorrere sulle costole.
Nishinoya inarcò la schiena, Asahi lo sentì, e gli si strinse più forte al collo. Emise un gemito basso ma chiaro, proprio nel suo orecchio, ed era bello quasi quanto sentire le sue dita tra i capelli.
I bordi dei suoi occhiali gli graffiavano le tempie. Asahi alzò una mano e glieli sfilò. “Questi li togliamo”, sussurrò, sporgendosi ad appoggiarli sul tavolino. Studiò per un momento il viso di Nishinoya. Passò il pollice sul livido che aveva su uno zigomo. “L’occhio nero è quasi svanito.”
“S–sì.” Nishinoya si morse il labbro, le mani poggiate sul suo petto.
Asahi gli premette il labbro inferiore con il pollice. “Ti ho detto di non fare così.” Con una mano fermamente appoggiata tra le scapole del ragazzo, lo tirò a sé per baciarlo.
Gli prese il mento con l’altra mano, allargò le dita dell’altra sulla sua schiena, e approfondì il bacio. Nishinoya stava così bene tra le sue braccia, nel suo grembo, che era proprio strano che non avessero mai provato una cosa del genere prima. Stupido, persino...
Nishinoya gli fece scorrere le unghie sulla nuca e Asahi rabbrividì. “A–accidenti.”
Nishinoya rise, e Asahi sentì il suo respiro sulle labbra. “Adoro le tue reazioni.”
“Uhm... già.” Ma cosa piaceva a Nishinoya? Non glielo poteva mica chiedere così. Giusto? “Noya?”
“Mm?” Nishinoya stava provando a baciarlo da un’altra angolazione.
“Ehm. Cosa... cioè, tu cosa... uhm”, annaspò Asahi.
“Io cosa...?” lo incoraggiò Nishinoya, facendo scorrere una mano sul suo sterno. Cazzo, anche questo era piacevole.
“Tu che cosa... uhm. Vuoi?”
Nishinoya si fermò. Poi si fece un po’ indietro e lo guardò. “Cosa voglio, nel senso, cosa facciamo adesso? O...” Distolse gli occhi, tornò a puntarli nei suoi. “ O nel senso, tu ed io?”
Asahi piegò la testa da un lato, non molto sicuro circa le due opzioni. “Adesso?” provò. “È solo che...” Nascose il viso nella spalla di Nishinoya, imbarazzatissimo. “Mi piace un sacco quando mi tocchi i capelli. Perciò, a te cosa piace?”
Nishinoya inspirò ed espirò profondamente. “Come puoi essere così carino?”
Augh. Asahi odiava sentirsi dire che era carino. Lui era enorme, e le persone enormi non erano carine, e ogni volta gli sembrava che lo stessero solo prendendo in giro. Inclinò ancora di più la testa e diede un morsetto di avvertimento all’orecchio di Nishinoya. “Non dirlo.” Era contento di avere ancora la faccia nascosta, così l’altro non avrebbe potuto vedere quant’era rosso.
Nishinoya strillò.
Si dimenò, cercando di spostarsi, ma adesso Asahi voleva risentire quel verso. Si chinò in avanti, ribaltando l’equilibrio di Nishinoya e facendolo stendere sul divano. Gli catturò di nuovo l’orecchio tra i denti, e di nuovo Nishinoya si dibatté, premendogli forte le mani sul petto.
Asahi gli prese i polsi e glieli bloccò tra i loro due corpi, chinandosi per mordicchiarlo sul collo. Appena sotto l’orecchio, poi più in basso verso le spalle, quindi più in alto sotto il mento... ovunque, solo per farlo strillare.
Augh!” Nishinoya si dibatteva a più non posso sotto di lui, rideva, ansimava, e strillava. “Asahi-san, questo si chiama IMBROGLIARE! To... togliti!”
Asahi si sedette all’istante sui talloni, un po’ spaventato. Si accorse di avere l’affanno, i capelli gli erano caduti sugli occhi e andavano in su e in giù ad ogni respiro.
Le mani di Nishinoya scesero sul petto e giacque lì, ansante, il volto quasi viola. Gli sfuggì una risatina debole, e Asahi abbassò le spalle, sollevato.
“S–scusa”, ansimò. “Una piccola vendetta, credo.” Gli sorrise con fare di scuse. “Non lo farò più.”
“Vendetta?” Nishinoya si tirò su puntellandosi sui gomiti. “Per... averti detto che sei carino?”
Asahi si scostò i capelli dal viso, di nuovo super imbarazzato, e non disse niente.
“Perciò... questo è quel che devo aspettarmi se ti dico che sei carino.”
Asahi socchiuse le palpebre.
Nishinoya si tirò su ulteriormente fino a trovarsi quasi seduto. “Asahi-san.”
“Noya, no.”
“Sei carino.”
Noya, adesso sei tu che imbrogli, così non vale.”
“Carino! Asahi-san è trooooooppo cariiiiiino!” Nishinoya si lasciò cadere all’indietro con fare melodrammatico, alzando le braccia sulla testa. “È un rotolino alla cannella, un orsacchiotto coccoloso, e–”
Asahi gli piazzò una mano sulla bocca e si chinò su di lui. “Shhh! Sei scemo, cazzo, qualcuno potrebbe sentirti”, sibilò. Dovette reprimere un sorriso, anche se si sentiva bruciare dalla vergogna.
“Mmmmm! Mm mmm mmm!” cercava di gridare Nishinoya da dietro la sua mano.
“Noya, ti avverto, se non stai zitto...” Asahi si chinò in avanti, mettendo ancora un po’ di pressione sulla mano.
Qualcosa di nuovo lampeggiò negli occhi di Nishinoya. Gli afferrò la mano e se la scostò dalla bocca. “Non starò mai zitto”, disse. La sua voce era bassa e piuttosto strafottente. “Che cazzo pensi di fare, eh?”
Asahi sapeva riconoscere quando Nishinoya lo sfidava. Solo perché in quel momento non c’era nessuna palla in giro non voleva dire che non fosse ovvio. Gli rimise la mano sulla bocca. Si chinò fino a sfiorargli l’orecchio con le labbra, e lo sentì trattenere il respiro.
“Vuoi scoprirlo?”
Si sentì un po’ sciocco a pronunciare quelle parole. Se Nishinoya si metteva a ridere...
Gli occhi di Nishinoya erano diventati enormi, e lo fissava da sopra le sue dita. Dal naso gli uscivano respiri brevi e accelerati. Asahi tolse la mano per permettergli di respirare meglio.
“S–sì.”
Asahi non lo sentì quasi. Ma quando registrò quel che aveva detto... abbassò la testa, e Nishinoya inarcò il collo.
Era piacevole, riflettè Asahi, tenere le mani di Nishinoya sopra la sua testa e puntellarsi su un gomito. L’incavo tra il suo collo e la sua spalla era caldo. Asahi inspirò a fondo, assaggiando con le labbra la pelle salata. Se era questo che Nishinoya voleva, potevano pomiciare anche per tutto il giorno, al diavolo gli scrupoli.
Nishinoya sospirò forte e inclinò la testa per incoraggiarlo a muoversi altrove. Il fatto che non avesse l’uso delle mani non sembrava importargli, anche se per un attimo Asahi si preoccupò se quella posizione non potesse risultare dannosa per le spalle di un libero, a lungo andare. Ma poi sentì la lingua di Nishinoya guizzargli all’angolo delle labbra e dimenticò cosa fosse la pallavolo.
Aprì la bocca un po’ di più, lasciando che il labbro inferiore di Nishinoya scivolasse sopra il suo. Fece di nuovo scorrere la mano libera sotto la sua giacca, saggiando il tessuto della t-shirt che il ragazzo indossava. Al di sotto di essa riusciva a sentire tutto, ogni costola, ogni singolo muscolo.
Nishinoya aprì a mezzo gli occhi. Brillarono nella luce soffusa dell’appartamento. “Asahi-san”, sussurrò, sfiorandogli le labbra con le proprie. “Ho sempre vo–”
Bang! Bang!
“Noyaaaaaa! Noya, bello, sei in casa?”
Asahi e Nishinoya si fissarono.
Bang! Bang! BANG!
“Ehi! Amico, se ci sei apprezzerei davvero del tè e un po’ di comprensione. Il tuo ragazzo sta passando un brutto momento.”
Nishinoya piegò il collo e, al rovescio, fissò la porta dell’appartamento. Asahi seguì il suo sguardo, a bocca aperta.
“Merda.” Adesso che non urlava più da farsi sentire in tutto il palazzo, la voce di Tanaka giungeva smorzata. “Perché non risponde nessuno al telefono?”
Nishinoya guardò Asahi. “Dovremmo, ehm... tu pensi–?”
No. Cazzo, no, voglio scoprire come sei sotto quella t-shirt. “Sì. Sembra che abbia qualche problema.”
Nishinoya emise un gran sospiro e alzò gli occhi al soffitto. “Fammi alzare.”
Arrossendo, Asahi gli lasciò andare i polsi. Nishinoya rotolò giù dal divano, sussultando appena, e si diresse alla porta.
“Aspetta!” Asahi afferrò i suoi occhiali e glieli porse. “Un attimo.” Mentre Nishinoya li indossava, lui gli sistemò il collo della giacca e gli allisciò la t-shirt. “E io?” bisbigliò.
“La tua fascia!” sibilò Nishinoya.
“Merda! Dov’è finita?”
“Che ne so, guarda tra i cuscini.”
“Uff! Va’ da Tanaka, qua ci penso io.”
Nishinoya si fiondò alla porta mentre Asahi scannerizzava l’appartamento.
Luce. Doveva accendere qualche luce. Due ragazzi che passavano un po’ di tempo dopo la scuola non se ne stavano al buio. E– Asahi afferrò il telecomando. Ci voleva anche un po’ di tv. Il canale della fantascienza, andiamo sul sicuro. Dio, che razza di film era quello? Il divano... era un casino. Sprimacciò i cuscini e recuperò quello che era finito sul pavimento. Almeno, la sua fascia era lì sotto.
Si stava giusto risistemando i capelli, seduto sul pavimento davanti alla tv con tutta la calma possibile, quando Nishinoya si riaffacciò in soggiorno. “E insomma, sì, io e Asahi stavamo, ecco–” Lanciò un’occhiata allo schermo. “–Guardando questo film, è un vero spasso! C’era un bel po’ di casino, scusa se non ti abbiamo sentito subito!”
Tanak si trascinava dietro di lui; Asahi dimenticò all’istante la paura di poter essere sorpreso a pomiciare con Nishinoya.
Le spalle di Tanaka, normalmente alte e dritte tanto da rasentare l’arroganza, erano afflosciate. Asahi avrebbe potuto sintonizzare la tv su un canale di giardinaggio e Tanaka non l’avrebbe neanche notato. Si tolse gli scarponcini da lavoro, a testa bassa, e con un sospirone si lasciò cadere seduto al tavolino da caffè.
Asahi lanciò un’occhiata a Nishinoya, che si strinse nelle spalle.
“Ehm, birra non ce n’è, amico, ma... vuoi dell’acqua o altro? O posso fare del tè?”
“Tè, sì.” Tanaka appoggiò la guancia sul tavolo. “Grazie, bello.”
Asahi studiò l’espressione di Tanaka mentre Nishinoya si dava da fare in cucina. “Allora...”
Tanaka lo guardò. “Ma dai, è ovvio, no? Vi avevo detto che avrei chiesto a Shizuku di uscire.”
Oh. Asahi fece una smorfia. Quei messaggi risalivano solo a un paio di ore prima. Come aveva potuto dimenticarsene? Andava detto però che Nishinoya era una distrazione piuttosto efficace.
“Quindi, uhm, ha detto di no, eh?”
Un altro sospirone. “Non... esattamente. Amico, ma tu lo sapevi che è interessata a Noya?”
Asahi batté le palpebre. “Uh, beh...”
Merda.
  
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