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Autore: _Fedra_    18/02/2017    7 recensioni
Versailles, 1764
La piccola Oscar viene invitata a un ballo in maschera in cui gli invitati avranno un unico dovere: presentarsi con gli abiti del sesso opposto.
Che cosa sceglierà l'erede del generale de Jarjayes? Manterrà saldi i propri principi o asseconderà, anche solo per una sera, la sua natura femminile?
E, soprattutto, chi è Lia de Beaumont, una ragazzina tanto sveglia quanto impertinente che sembra voler portare a corte degli ideali mai sentiti prima, che appaiono a un tempo affascinanti e pericolosi? Un'intrigante sovversiva o la sua futura migliore amica?
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2.

L’ABITO


*



 
 
 
 
Oscar era a dir poco allibita. Si trovava in piedi davanti allo specchio della sua camera, fissando dritta negli occhi quella che appariva un’emerita sconosciuta. Eppure riusciva ad avvertire la spazzola della nonna di André che le passava sui riccioli biondi, fissandoli mano a mano in una delicata acconciatura in cui i capelli dorati si alternavano ai boccioli di alcune rose bianche. Il tutto in tinta con il vestito.

In tutta la sua vita, Oscar non ne aveva mai indossato uno e mai avrebbe creduto che un simile affare potesse risultare ancora più scomodo e ingombrante di quanto la sua immaginazione avesse mai osato credere. Di colpo le sembrava di essere completamente bloccata all’interno di una rigida impalcatura fatta di stecche di legno, sopra le quali si impilavano strati e strati di tessuto voluminoso che scendeva fino a terra in uno strascico. Il busto esile era serrato da un bustino di stecche di balena che le stringeva la cassa toracica fino a renderle doloroso ogni respiro, al punto che la ragazzina aveva preso a chiedersi se mai sarebbe diventata di colpo cianotica e svenuta sul pavimento da un momento all’altro. Almeno, in quell’evenienza, si sarebbe risparmiata una bella seccatura.

Nonostante quei cupi pensieri che non facevano altro che frullarle per la testa, la nonna di André sembrava di tutt’altro avviso. In tutti quegli anni, l’anziana governante non aveva mai avuto occasione di prendersi cura della piccola Oscar come una fanciulla di buona famiglia. Il generale de Jarjayes, infatti, era stato molto chiaro a riguardo: Oscar era un maschio e come tale andava trattato. Chiunque si fosse trovato in disaccordo sarebbe stato allontanato dalla casa immediatamente. E così, nessuno si era permesso di contraddire la volontà del proprio padrone. Ed era proprio per questo che quel pomeriggio una strana atmosfera di eccitazione aveva preso ad aleggiare in tutta la casa, come se tutti fossero stati in qualche modo contagiati da quell’improvviso cambiamento di rotta.

“Oh, mia cara, guardatevi: siete un vero incanto!”, esclamò l’anziana governante appena ebbe finito.

“Dite davvero?”, domandò Oscar, perplessa.

“Ma certo! Una deliziosa fanciulla pronta a fare il suo primo ingresso nella società”.

Fu come se quelle parole avessero sortito l’effetto di una cucchiaiata di aceto dritta in gola, amara e bruciante. Oscar si girò di scatto, il piccolo cuore che martellava come una furia contro le costole.

“Io non sono una ragazza!”, esclamò arrossendo. “Il mio nome è Oscar François de Jarjayes, unico erede di mio padre, e come tale ricoprirò il mio ruolo di valoroso soldato! Quello di stasera è solo un ballo in maschera, niente di più. Domattina avrò di nuovo la mia divisa, i miei stivali e la mia spada. Niente di tutto questo resterà, se non un ricordo”.

L’anziana donna sospirò, lisciando le pieghe del vestito sulle spalle di Oscar. Negli occhi si rifletteva un’espressione indecifrabile, un misto di tristezza e un insieme di pensieri inespressi che la ragazzina non riusciva a sondare, ma che in qualche modo le facevano paura.

“Avete ragione, mia signora. Starò al mio posto, d’ora in poi”, disse a un certo punto. “Vi lascio sola qualche istante, ma ricordatevi che la carrozza arriverà fra poco: mi raccomando di non fare aspettare troppo il cocchiere o vostro padre avrà presto qualcosa di cui lamentarsi”.

“D’accordo, Nanny”.

La governante accennò un sorriso, poi uscì silenziosamente dalla stanza. Oscar rimase immobile per qualche attimo, continuando a fissare con aria instupidita la sua immagine riflessa nello specchio. Le calze le tiravano fino a farle venire voglia di grattarsi fino a strapparsele via, il corsetto era una morsa soffocante. Non era nemmeno iniziata quella dannata festa e già aveva voglia di liberarsi di quella prigione di tessuto per poter tornare a essere la persona di sempre. E la cosa che la innervosiva di più era il fatto di dover rinunciare per un giorno ai suoi allenamenti, cosa che per Oscar era inconcepibile. Ma perché mai suo padre era caduto nelle lusinghe di quella smorfiosa?

Poi ripensò a quanto gli aveva detto, all’onore di famiglia, al fatto che un loro diniego non avrebbe portato altro che guai. No, Oscar non poteva tirarsi indietro. Ne andava della posizione di tutti loro a corte, che improvvisamente stava diventando sempre più liberale e aperta alle stravaganze più assurde. Se solo avesse avuto qualche anno di più, Oscar sarebbe rimasta colpita a sua volta dai discorsi sull’uguaglianza tra tutti gli uomini, ma per il momento le sembravano nient’altro che un mucchio di sciocchezze.

In quel momento, uno scricchiolio attirò la sua attenzione. Da buon soldato, Oscar si voltò di scatto, ma le fragili scarpette che le calzavano i piedi non erano proprio il massimo per permettere quell’azione, scivolando sul pavimento di marmo e pestando l’orlo del vestito. La ragazzina gridò, evitando di scivolare a terra solo grazie allo spigolo del suo scrittoio, a cui si aggrappò come un’ancora di salvezza fino a quando non riuscì a riacquistare la posizione eretta. Solo a quel punto si rese conto di chi fosse appena entrato nella stanza, facendola diventare di tutti i colori.

“André!”, gridò inferocita. “Non dovresti essere qui dentro, accidenti!”.

“Scusami, Oscar… la carrozza è già arrivata e la nonna chiedeva di farti scendere. Non ho trovato altri servitori così, ecco… ho pensato di venirti a cercare direttamente io”.

Il ragazzino sembrava profondamente imbarazzato mentre avanzava di un passo all’interno della camera da letto. Solo a quel punto Oscar si rese conto di come era conciato. Trattenere una risata fu praticamente impossibile. Il suo amico d’infanzia era uno spettacolo a dir poco osceno. I suoi lunghi capelli neri erano stati acconciati al pari di quelli biondi della ragazzina in un intrico di trecce e boccoli che avrebbero fatto vergognare chiunque. Un lungo vestito verde lo costringeva a muoversi in maniera goffa e impacciata, mettendo in risalto le spalle che già a quell’età iniziavano ad apparire prominenti.

“Sono tanto… brutto?”, domandò André, sprofondando nella vergogna.

“Brutto no, ma…”, Oscar rise se possibile ancora più forte, ormai incapace di contenersi. “Sicuramente sei buffo! Anzi, buffissimo!”.

Il ragazzino abbassò lo sguardo. Era chiaro che desiderava solo scomparire.

“Sicuramente meno peggio di te”, su lasciò sfuggire. “Tu sì che stai bene”.

A quelle parole, Oscar si raggelò di colpo.

“Cosa vorresti dire, con questo?”, esclamò.

“Che di certo gli abiti femminili calzano meglio a te che a me”.

“Non dire sciocchezze!”.

Oscar mosse un passo in avanti, calcando il terreno con malagrazia come se indossasse ancora i suoi stivali da equitazione.

“Finiamo questa pagliacciata e non parliamone più”.

I due ragazzi scesero al piano di sotto – Oscar non senza qualche difficoltà – dove li attendevano sia Nanny che Madame de Jarjaeys, che salutò la figlia con una strana espressione sul viso. Non vi era invece traccia del generale. La cosa destò in Oscar un certo spaesamento. Come mai suo padre non era venuto a salutarla?

La carrozza li stava attendendo all’esterno. Oscar e André salirono a bordo, poi il veicolo partì di gran carriera verso la loro destinazione.

“Va tutto bene, Oscar?”, domandò André a un certo punto, notando il silenzio di tomba in cui era precipitata l’amica.

“Hai notato che a casa avevano tutti un’aria strana? Erano come… silenziosi. Ecco, non so come altro definirli”, rispose lei senza staccare gli occhi dalla campagna che scorreva fuori dal finestrino.

“Non lo so. A essere sincero, non l’ho notato. Forse è perché non siamo nei nostri abiti di sempre”.

“Già, forse”.

Oscar continuò a fissare il paesaggio, assorta nei suoi pensieri.

“Voglio solo che finisca il prima possibile”, sussurrò a fior di labbra.




Ed eccomi di nuovo qua, con il secondo capitolo :)
Lo so, la situazione si sta facendo abbastanza stramba, ma chi a quel tempo non lo era? Perlomeno, Oscar e André non se la stanno passando molto bene al momento, costretti in abiti che non sono i loro... o almeno questo è ciò che crede la nostra protagonista. Che cosa succederà una volta arrivata alla festa?

Colgo l'occasione per ringraziare di cuore tutti coloro che in quest'ultima settimana hanno letto e recensito questa piccola nuova storia: spero che continui a piacervi e ad appassionarvi anche in futuro :)

Ci leggiamo presto!

Vi mando un forte abbraccio, ovunque voi siate <3

F.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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