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Autore: Mary J Tyrell    18/02/2017    1 recensioni
[SasuSaku 🖤]
Il passare di ogni attimo le sembrò impossibile da scandire con chiarezza, tanto che i secondi parevano interminabili. L'aria si era fatta più densa, più fitta, più tossica. Irrespirabile. La sua lucidità annebbiata non riusciva a trovare una ragione dietro quell'angoscia che pervadeva ogni suo ottenebrato pensiero, ogni suo aleatorio movimento, ogni sua timida parola, ogni suo flebile respiro.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Il picchiettare delle sue dita sottili sul legno della recinzione si mescolò al fruscio delle foglie mosse dalla dolce brezza primaverile. Avvertiva lo sguardo ferreo di Sasuke spostarsi dal vuoto a lei e non poteva fare altro che deglutire e lasciarsi annebbiare i sensi dal tepore che le pervadeva le gote arrossate. 
Rimasero appostati lì, quasi immobili, nella silente attesa che i loro compagni li raggiungessero presto. Non riusciva a reggere quel supplizio, Sakura. Il suo coraggio si infrangeva contro la lentezza angosciante del tempo che sembrava aver smesso di scorrere, un riverbero della freddezza glaciale del corvino.
«Sasuke-kun.»
Un sussurro interrotto dal tremolio delle sue labbra sembrò dissiparsi nell'aria. Quando Sasuke si voltò verso di lei, la sua espressione criptica la privò per un istante delle forze.
«Cosa c'è?»
La voce di lui, monocorde e distaccata, sferzava il silenzio di quell'istante.
«Siamo da soli.» Butto lì. «Forse potremmo... Parlare.» L'ultima parola scivolò dalla sua bocca come un peso sulla coscienza.
«Di cosa vorresti parlare?»
Perse un battito nel realizzare di avere la sua totale attenzione, ma quella volta non cedette.
«Non lo so, in realtà.» Spostò lo sguardo imbarazzato verso le immense praterie che si estendevano oltre il recinto ligneo, incapace di sostenere gli occhi vitrei di Sasuke.
Lui non aveva detto nulla,  si era soltanto voltato in avanti con un mugugno distratto.
«Non arrivano.»  Dopo qualche istante, un impaziente sibilo rianimò quel labile dialogo. «Quanto ancora pensano di farci aspettare?»
Sakura si limitò ad una sommessa risata di assenso, seguito da uno sguardo di persuasiva accondiscendenza. «Forse hanno trovato qualche contrattempo.»
«Potresti avere ragione.» Sasuke si adagiò sulla recinzione e, dopo un sospiro, continuò. «In ogni caso, è fastidioso restare ad aspettare.»
Il passare di ogni attimo le sembrò impossibile da scandire con chiarezza, tanto che i secondi parevano interminabili. L'aria si era fatta più densa, più fitta, più tossica. Irrespirabile. La sua lucidità annebbiata non riusciva a trovare una ragione dietro quell'angoscia che pervadeva ogni suo ottenebrato pensiero, ogni suo aleatorio movimento, ogni sua timida parola, ogni suo flebile respiro. 
«Se proprio ci tieni, possiamo parlare.» Il suo fiato si interruppe quando Sasuke incalzò con quelle parole. Sgranò gli occhi smeraldini, privati di ogni luce dall'alone di inconsapevole nostalgia che l'avvolgeva. Le parve di notare l'ambiente attorno a lei sfocarsi, le verdeggianti praterie interrompersi in un confuso tripudio di bianco.
«Ad esempio,»  e lo vide inarcare le sopracciglia sottili. Le sembrò di percepire in lui un'incertezza che sentiva propria. «non lo so, qual è il tuo colore preferito?» 
Sakura rimase immobile e silente, quasi in stato di catarsi. Cercò di aggrapparsi all'occasione di parlargli, ma essa le scivolò dalle deboli dita. 
«È il rosso, vero?»
Tastò la stoffa dell'abito rossastro che indossava sovente, quello che tanto adorava, sebbene non ne avesse mai capito il motivo. Il colore della veste la condusse ad annuire, assente e meccanica, come ipnotizzata. Sentiva svanire le sue funzioni cognitive e il controllo di sé stessa. Ogni secondo che passava era più intontita, meno sveglia, meno cosciente, meno umana.
«E il tuo?» La sua voce rifletteva il suo stato attuale: inumana, innaturale, inavveduta.
Dopo qualche istante, Sasuke aveva risposto. «Il nero, immagino.»
L'aveva notata subito, Sakura, nonostante le sue condizioni, l'aura che circondava il corvino.
I suoi occhi non erano più vitrei, né umani; nessun luccichio vi si rifletteva più. Tutto ciò che ne restava erano due vacue iridi ombrose, inespressive e tetre. Proprio come lui. Le sue parole altro non erano che mormorii atoni e apatici. Apatici proprio come lui. 
Non era un caso che il nero fosse il suo colore preferito, era riuscita a elaborare Sakura, dato il modo in cui pareva rispecchiarlo.


                              *****

Sollevò le palpebre con una lentezza quasi esasperante, riempiendosi la vista delle fioche luci che rischiaravano alcuni angoli dell'angusta stanza. 
Brevi ansiti febbrili lasciavano le sue labbra dischiuse, scandendo il ritmo del suo battito cardiaco. 
Strinse le lenzuola fresche di bucato, una lacrima a rigarle il volto diafano.
Le ci vollero alcuni istanti per realizzare che la sua mente fosse tornata quella di prima, lucida e riflessiva. Rifletté su ciò che aveva visto, conscia del fatto che ciò che le era passato davanti agli occhi sigillati altro non era che un ricordo distorto dal suo fragile subconscio.
Lo ricordava bene, Sakura, il giubilo che aleggiava in quel mattino primaverile. Aveva impresso alla perfezione il modo in cui le sue ansie si erano dissipate nella brezza marzolina non appena Sasuke le aveva rivolto la parola. 
Osservò con la coda nell'occhio la camicetta rossa che non si era curata di togliere prima di stendersi sul materasso sfatto.
Un sorriso amareggiato si formò sul suo viso, mentre rimembrava come, da quel momento, il rosso fosse diventato il suo colore preferito. E lo era ancora, constatò. Ogni giorno continuava a indossare abiti dalle accese tinte rosseggianti, ad indossarli con orgoglio, anche se Sasuke, ormai, non era più accanto a lei a vederli.
Singhiozzò nel silenzio della stanza, travolta da quei momenti così allegri che si tinsero di malinconia nel preciso momento in cui lui aveva deciso di abbandonarla. 
Ripensò a quell'istante ancora una volta. Sul fatto che il colore preferito di Sasuke fosse il nero non vi erano più dubbi.
Nero come il suo sguardo e i suoi capelli. Nero come il segno maledetto che era apparso sul suo corpo. Nero come la notte in cui aveva deciso, accecato dalla sete di potere, di lasciare Konoha. Nero come l'oscurità in cui era sprofondato, senza che potesse più tornare indietro.
  
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