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«Siete
completamente pazzi!» strillò Dupont mentre, legato come un salame, veniva
scaraventato, senza troppi complimenti, nella stiva.
«Non mi sarei dovuto fidare di voi delinquenti» piagnucolò infine, mentre
tremebondo cercava di muovere a pietà quelli che erano i suoi aguzzini, o
meglio, che lui riteneva tali.
«Veramente siamo noi che non ci fidiamo più di te dopo che ci hai venduti e ci
hai fatto arrestare!» gli rispose Tetsuda, nome in codice “D”, mettendo
minacciosamente mano alla sua katana. Li aveva traditi e li aveva fatti finire
in prigione con una condanna a morte, poco importava se poi se l’erano cavata,
forse anche grazie a lui e al suo tardivo pentimento. Le sue scuse non
convincevano “D”.
«Fermo! Che vuoi fare?» si spaventò Dupont.
«Mi piacerebbe tagliarti la testa».
«Portia non approverebbe» s’intromise, rosicchiandosi un’unghia, la piccola Emily,
nome in codice “E”.
«Ci sono zero virgola quarantasette probabilità su cento che Dupont possa
sopravvivere ad un attacco da arma da taglio al suo collo» esordì con la solita
precisa tempestività Android, le cui memorie erano sempre in moto per calcolare
il calcolabile, anche quando non le era palesemente richiesto.
Tetsuda ebbe un moto di stizza.
«La mia katana non sbaglia mai» la redarguì fulminandola con un’occhiataccia.
«Perché ti accanisci con la povera Android? C’è sempre una prima volta»
commentò giusto per mettere scompiglio Marcus, nome in codice “C”, che era
appena arrivato, ed essendo ancora di pessimo umore, cercava un modo per far
buriana.
«Il fatto che tu sia un cialtrone non significa che gli altri lo siano! Tetsuda
si allena in ogni momento libero che ha, ed è praticamente infallibile» lo
bacchettò Griffin, nome in codice “F”, che aveva di “C” una bassa stima e non ne
faceva mai mistero.
Marcus si girò di scatto e stava per rispondergli a tono, quando furono interrotti
da Portia, che irruppe e intimò loro di finirla.
«Basta! Dobbiamo decidere il da farsi su questa commissione».
«Secondo i miei calcoli abbiamo il trentanove virgola sessantadue per cento di
possibilità di riuscita se…».
«Grazie Android, ma i tuoi calcoli al momento non ci servono» disse la donna,
che poi puntò le mani sui fianchi e scrutò il suo equipaggio.
«Anche senza le percentuali del robot sappiamo bene che ci sono grossi rischi in
questa faccenda e che potremmo, forse, anche soccombervi. Premesso ciò, la
posta in gioco è altissima e molto allettante, non lo nego, in più io ho pure
intenzione di raddoppiarla».
Gli uomini e la piccola Emily la ascoltavano interessati, anche Android non la interruppe
più.
«Se riuscissimo nell’impresa ci sistemeremmo per sempre o quasi, anche perché,
come ho detto, ho intenzione di prendere un bonus tutto per noi, oltre ad
intascare la ricompensa che ci è stata promessa». E spiegò loro materialmente
che cosa intendesse.
«Allettante» ne convenne Marcus massaggiandosi il mento.
«Sono d’accordo» disse Tetsuda, anche Griffin annuì, Emily era entusiasta,
perché il suo apporto da pirata informatico sarebbe stato basilare, e Android,
beh, lei era sempre solidale con i suoi compagni.
«Non dobbiamo però sottovalutare niente e nessuno» ammonì Tetsuda.
Discussero un po’ che piano usare e poi si misero d’accordo che avrebbero corso
il rischio.
«E di me che avete intenzione di farne?» squittì Dupont agitandosi, cercando di
allentare le corde che lo stingevano fin quasi a fermargli la circolazione.
«Te l’ho detto: sei la nostra assicurazione. Sarai il nostro scudo umano!».
«No! Pietà!» si spaventò a morte quello «Piuttosto potrei esservi molto più
utile dalla terraferma se fossi con loro…».
«Che c’è, Dupont, hai paura? Ci nascondi qualcosa?» lo incalzò Marcus
accarezzando la sua pistola.
«Che ti piaccia o no condividerai il nostro destino e, se non ci stai
ingannando, non hai niente da temere, giusto? Siamo il leggendario equipaggio
della Raza! Siamo invincibili, il terrore di tutte le galassie, non possiamo
fallire e non accadrà» tagliò corto Portia e poi aggiunse «Tutti in plancia,
dobbiamo mettere a punto il piano in modo perfetto, niente potrà essere
lasciato al caso, solo così potremo riuscire nell’impresa forse più ardua che
ci sia mai capitato di affrontare».
***
Harlock era sul ponte di
comando, stava aspettando la decisione del suo equipaggio. Sapeva che era in
corso una votazione, dalla quale, stranamente, Yattaran si era alla fine astenuto.
Aveva preferito rinchiudersi nella sua cabina a costruire uno dei suoi
modellini, isolandosi da tutto e tutti.
Per quanto bislacco e insensato potesse apparire quel gesto, il Capitano
dell’Arcadia lo comprendeva. Conosceva molto bene i membri del suo equipaggio,
per non parlare dei suoi ufficiali. Aveva perfettamente capito che Yattaran non
voleva essere la causa di un futuro grave errore. Il pirata, evidentemente, aveva
riflettuto e alla fine non aveva preso alla leggera le perplessità del suo
Capitano, così aveva deciso di non spingere per forza l’equipaggio dalla sua parte.
Non voleva essere colui che avrebbe potuto indurre la ciurma a fare una scelta
sbagliata e si era ritirato, lasciando ai suoi compagni piena libertà di
decidere con la propria testa, senza nessun tipo di pressione esterna.
Era da tutta la notte che nel ventre dell’Arcadia fervevano discussioni,
domande e confronti tra i pirati, ma ancora sembrava che non si venisse a capo di
niente. Una parte era a favore, l’altra era contraria.
«Non hai intenzione di metterci bocca, vero?» gli domandò retoricamente
sopraggiungendo Kei, distogliendolo così dai suoi pensieri.
«No».
«Potrebbero durare per dei giorni, lo sai…».
«E sia, non intendo imporre la mia volontà né forzarli in alcun modo».
Kei annuì e gli accennò un sorriso comprensivo.
«Ma tu realmente che cosa ne pensi?» gli chiese.
Harlock non rispose subito, sembrava sempre che riflettesse prima di dare una
risposta, difficilmente appariva impulsivo o precipitoso, ma alla fine parlò.
«Forse sarebbe saggio lasciar perdere».
«Chissà perché, ma avevo intuito che tu non fossi così entusiasta di questa
storia».
«Non è da noi obbedire alla Coalizione, né aiutarli, non mi piace, ma potrei
sbagliarmi. Tu invece che cosa ne pensi?» le chiese di rimando a sorpresa.
Yuki trasalì appena, non se l’aspettava.
«Beh… sarò sincera, mi fido ciecamente del tuo fiuto e ti seguirò qualunque sia
la decisione finale, ma, se devo essere totalmente onesta, non mi dispiacerebbe
riavere la mia fedina pulita».
«È così importante per te?».
«No, ma sarebbe una bella rivincita su chi ci ha ricoperto di fango per anni,
solo per nascondere le sue malefatte. E poi nel futuro…» se avessi un figlio, pensò senza però dirlo ad alta voce. Era uno
di quei desideri che fanno paura, così grandi e importanti, così difficili da
realizzare, che, per assurdo, il solo pronunziarli ad alta voce sembrava fosse un
modo per vederli sfumare per sempre.
Harlock, sebbene non avesse mai avuto tali desideri, aveva intuito che lei nutrisse
delle aspettative in quanto donna, ma decise di tacere, la cosa non lo
riguardava e poi quello era un argomento troppo delicato, decisamente tabù,
soprattutto per uno come lui, che al pari di un monaco si era votato anima e
corpo solo ai suoi ideali.
Con Tochiro avevano un sogno e il suo amico, nel tentativo di realizzarlo, era
morto, lui non aveva intenzione di venir meno al suo impegno solo perché
l’altro non c’era più.
Ma una cosa però volle dirla.
«Non hai bisogno del loro beneplacito per essere una persona pulita. Non è la
loro legge che determina se siamo o non siamo brava gente. Il loro fango per me
è motivo di vanto, mi preoccuperebbe molto di più essere oggetto della loro
condiscendenza ed è per questo che la loro proposta mi puzza di trappola».
A quelle parole Yuki si rabbuiò, scacciò i suoi sogni di giovane donna ingenua,
la realtà era ben diversa, era una pirata e aveva scelto una vita raminga,
certi passi erano definitivi, c’era ben poco da fare o sperare. Si sentì un po’
sciocca.
Come se le leggesse nella mente, Harlock aggiunse «Questo non significa che dobbiate
pensarla tutti come me né che io sia nel giusto o che abbia assolutamente
ragione. Sai benissimo che sei libera di lasciare questa nave in ogni momento,
se lo desidererai».
«Come ha fatto Nagol?» gli chiese non potendo fare a meno di punzecchiarlo.
Il Capitano si accigliò subito.
«Per lui è diverso, sai come stavano le cose, anche se come vedi non gli ho
comunque impedito di mollarci e fare la sua strada».
«Mi chiedo se te la saresti presa così tanto per uno di noi, Yattaran, o ad
esempio… me» concluse incerta. I suoi sentimenti per quell’uomo erano ambigui.
Gli era grata per averla accolta nella sua ciurma, che di fatto era diventata
per lei, come per tutti, una grande famiglia, lo ammirava in modo
incondizionato e si fidava di lui fino a mettere nelle sue mani la sua vita. Harlock
era un uomo di grande fascino e carisma, e lei ne era certamente vittima, ma
era anche consapevole che fosse totalmente fuori dalla sua portata. Era così
chiuso e distante, così sempre preso da altre cose, che spesso dubitava
addirittura che si rendesse conto che lei e Meeme erano due membri femminili e
non maschili.
L’uomo la guardò con piglio serio.
«Chiunque abbandoni questa nave è libero di farlo, indipendentemente da ciò che
io penso, o possa provare» tagliò corto.
Kei non seppe mai se avesse capito o se avesse fatto finta di non capire, ma
anche questo faceva parte del suo charme: l’essere criptico e distaccato.
Poco più lontano, nel frattempo, qualcuno stava
bussando alla cabina di Yattaran. Il primo ufficiale ripose delicatamente in
una teca apposita il suo modellino della USS Enterprise NCC-1701 che era ormai
in fase di completamento, quindi schiacciò il pulsante e aprì la porta.
Era Maji.
«Abbiamo raggiunto un accordo, quasi totale» gli disse subito andando al sodo.
«Ebbene?» chiese l’altro alzandosi.
«Accettiamo la proposta della Coalizione, alcuni di noi hanno famiglia e
vogliono il condono, altri invece si prenderanno un risarcimento in loco, a
modo nostro».
«Del resto siamo pirati, condonati o meno la nostra natura sarà sempre quella!»
ne convenne soddisfatto Yattaran.
«Bene, vado a oliare a dovere le anchor cables, era ora di rimettersi a fare
qualche arrembaggio, ci stavamo arrugginendo!».
Il primo ufficiale dette all’ingegnere macchinista una sonora pacca nella
schiena. «E io vado ad avvisare il Capitano, dovremo studiare un piano che non
abbia neppure una virgola lasciata al caso, l’impresa è senza dubbio ardua, ma
noi ce la faremo, come sempre» disse soddisfatto, lasciandosi alle spalle la
porta chiusa della sua cabina.
Note
La USS Enterprise (NCC-1701) è una nave stellare della serie televisiva di
fantascienza Star Trek. L'Enterprise è probabilmente la più famosa astronave
immaginaria della storia. Il vascello appartiene alla classe Constitution ed è
un incrociatore pesante commissionato nel 2245 dalla Flotta Stellare della
Federazione Unita dei Pianeti.Il codice identificativo (non ufficialmente
acronimo di Naval Costruction Contract) sembra sia stato scelto per la sua
similarità con l'attuale codice di identificazione utilizzato dalla Marina
militare statunitense.
Fonte www.wikipedia.org
Spiegoni domande e risposte
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Cari lettori vicini e lontani, sorpresa!!!
Questa volta ho fatto più veloce, così faccio pari con la volta scorsa che ho
fatto tardi! :D
Specifico che, non dipende da me o dai mie capricci, ma dal tempo! Questa volta
ne ho avuto di più a disposizione e ho fatto prima a scrivere il capitolo, così
Marina non mi brontolerà, almeno sulla velocità di aggiornamento, la lunghezza
invece è sempre quella :P
Ma veniamo a noi, mi dite tutti che sono criptica, beh sì, lo sono e lo sarò
ancora per un po’, il perché, lo capirete poi, ormai sapete come sono fatta ;)
Come avrete letto, ho deciso di dare “vita” ai modellini di Yattaran, nel senso
che mi piaceva che avessero “un’anima” e così ho deciso di farlo omaggiando una delle serie di fantascienza
che ho più amato: ovvero Star Trek, in fondo potrebbe anche essere che il primo
ufficiale potesse essere un fan di Star Trek, perché no? Ad ogni modo nella mia
fic lo è :)
Bene con le ciance ho finito, ci vediamo suppergiù tra un mese, o forse meno?
Ma forse anche di più!
Mah! Chi vivrà vedrà!
Scherzi a parte, farò del mio meglio per rispettare i tempi e se è possibile,
perché no? Anticiparli anche :)
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Ringraziamenti Sparsi
GRAZIE a TUTTI voi che state leggendo, incredibilmente state pure aumentando,
EVVIVA!
Grazie alle ragazze e al RAGAZZO (ti chiedo umilmente scusa per l’altra volta Kyashan!)
che mi regalano sempre un po’ del loro tempo per recensirmi, è un bel regalo
che sempre apprezzo!
Ancora grazie a TUTTI i lettori silenti e a chi ha messo la storia tra le
seguite/ricordate/preferite ♥
Sperando di farle cosa gradita, dedico questo capitolo alla mia amica Marilù,
che la forza sia sempre con te, vai all’arrembaggio e falli neri TUTTI! Un
abbraccio grandissimo!
Disclaimer
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personali non originali; ovvero Capitan Harlock e i protagonisti di
Dark Matter, non mi appartengono, ma sono proprietà dei loro rispettivi
creatori e proprietari.
Invece la trama, così come i personaggi originali e qualsiasi altra cosa
inventata dalla sottoscritta, sono proprietà dell'autrice, cioè me :)
All pics are from google search.
Fan art by Jerome Alquie.
Graphic by me!