Teatro e Musical > Les Misérables
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Autore: Christine Enjolras    19/02/2017    1 recensioni
Marius Pontmercy, sedici anni, ha perso il padre e, nel giro di tre mesi, è andato a vivere con il nonno materno, ora suo tutore, che lo ha iscritto alla scuola privata di Saint-Denis, a nord di Parigi. Ora Marius, oltre a dover superare il lutto, si trova a dover cambiare tutto: casa, scuola, amici... Ma non tutti i mali vengono per nuocere: nella residenza Musain, dove suo nonno ha affittato una stanza per lui dai signori Thénardier, Marius conoscerà un eccentrico gruppo di amici che sarà per lui come una strampalata, ma affettuosa famiglia e non solo loro...
"Les amis de la Saint-Denis" è una storia divisa in cinque libri che ripercorre alcune tappe fondamentali del romanzo e del musical, ma ambientate in epoca contemporanea lungo l'arco di tutto un anno scolastico. Ritroverete tutti i personaggi principali del musical e molti dei personaggi del romanzo, in una lunga successione di eventi divisa in cinque libri, con paragrafi scritti alla G.R.R. Martin, così da poter vivere il racconto dagli occhi di dodici giovanissimi personaggi diversi. questo primo libro è per lo più introduttivo, ma già si ritrovano alcuni fatti importanti per gli altri libri.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Bahorel

- Les Amis de la Saint-Denis  -:

- « 32 messaggi non letti »

- Ma come ti vesti: “Jolllly… come stai?”-

-Crapa pelata: “Adesso sta dormendo, Jehan.”-

-“Ma sta bene: nn preoccuparti per lui! ”-

-Marius: “Ne sei sicuro? Nn aveva una bella cera…”-

-Crapa pelata: “Tranquilli: è lui ke è ipocondriaco e pensa di avere ogni sorta di malattia! ”-

-Indovina-chi: “Il nostro perenne malatino. ”-

-So-tutto-io: “Bossuet: credo che ci penserà da solo, ma assicurati che prenda mezza bustina di tachipirina quando si sveglia.”-

-Crapa pelata: “Agli ordini doc! ”-

-Indovina-chi: “Wella!”-

-“Il sapone si è connesso durante le lezioni?!!”-

-“È un evento biblico! ”-

-“PREPARARSI ALL’APOCALISSEEEEEEEEEEE!!!! BOOOOOOM!”- -

-So-tutto-io: “Courfeyrac ho un’ora buca. Piantala con le idiozie!”-

-Indovina-chi: “Fiuuuuuu! Pericolo scampato! ”-

-Stachanovista: “Sarebbe stato un evento, Combeferre: lo devi ammettere. ”-

-Indovina-chi: “Guarda guarda ki si fa vivo dp ore!”-

-“Dov’è quell’altro, Feuilly?”-

-Biondino: “ “Quell’altro” sarei forse io?”-

-Indovina-chi: “Ovviamente, biondo leader!”-

-Biondino: “Risolvici tu una questione, che io e Marius da soli non ci arriviamo.”-

-“Ma tu non segui mai?!”-

-R: “Nessuno di noi sta davvero seguendo o lavorando, angioletto: lo sai benissimo. ”-

-So-tutto-io: “Non vi viene in mente che forse dovreste?”-

-Biondino: “Stavo per scrivere la stessa cosa.”-

-R: “Ma quante storie x nulla! XD”-

- Ma come ti vesti: “Dai non litigate…”-

-Indovina-chi: “BAHOREL, SOMMO DIO DELL’OZIO! VIENI IN NOSTRO SOCCORSO!!! ”-

-R: “Giusto!-

- “Santo Yvan da Parigi: INTERCEDI PER NOI!”-

-Biondino: “…”-

-R: “Esprimi il tuo sconcerto usando qualcosa di diverso dai tre puntini, ogni tanto! ”-

-Crapa pelata: “AHAHAHAHAAH!!! Mi state uccidendo! Non fatemi ridere che se no sveglio Joly! XD”-

Ecco, c’era d’aspettarselo: per colpa di Javert, Bahorel si era perso una bella conversazione in cui intervenire. Ne avrebbe scritte così tante, accidenti… Oh beh: lo avevano interpellato, quindi avrebbe detto la sua ora che le lezioni erano finite:

- Les Amis de la Saint-Denis  -:

“Ke cos’è tutto questo putiferio solo x un po’ di distrazione?”-

“Biondino, nn fare il leader rompi coglioni”-

“Relax!”-

Finito di scrivere si alzò e iniziò a riporre astuccio e quaderno nello zaino. Non aveva seguito, ovviamente: aveva scarabocchiato tutta l’ora con la penna sul quaderno, senza prestare ascolto neanche per un minuto. Già normalmente non era da lui stare a sentire l’insegnante, soprattuto se era Javert, ma quel giorno la sua concentrazione era stata tutta rivolta alla gaffe fatta a pranzo con Grantaire. Giusto il giorno prima il suo amico gli aveva confessato di avere una cotta paurosa per Enjolras: come gli era venuto in mente di fare quel commento su lui e Feuilly? Come?! Forse Grantaire non era tipo da rimanere male per uno scherzo del genere e anche leggendo la conversazione sul gruppo gli era sembrato che stesse meglio. Però lo sguardo triste che il ragazzo aveva sul volto quando Bahorel aveva iniziato a prendere in giro Feuilly e Enjolras non gli dava pace.

Lo aveva ancora stampato nella testa e non riusciva a capacitarsi di averlo potuto ferire così scioccamente. ‘Yvan, sei un idiota!’ continuava a ripetersi. Avrebbe voluto scusarsi, ma a pranzo non ne aveva avuto l’occasione e non gli sembrava il caso di farlo via messaggio. Riordinato il suo banco, andò fuori dall’aula di diritto a passo spedito e corse verso la classe di matematica dove avrebbe trovato Grantaire… perché Grantaire a quell’ora avrebbe finito la lezione di matematica, giusto? Non importa: se fosse stato lì meglio, altrimenti si sarebbe scusato una volta tornati alla residenza. Come sperava, si ricordò bene e vide Grantaire uscire dalla classe con lo sguardo fisso sul cellulare: Bahorel non riuscì a capire se fosse triste o meno.

“Grantaire!” lo chiamò alzando appena la mano. Il tono della sua voce era forte e lui era un ragazzo alto e robusto: non aveva dubbi che Grantiare lo avrebbe visto senza difficoltà.

Grantaire alzò distratto lo sguardo, ma nonostante ciò i suoi occhi trovarono subito chi lo stava chiamando. “Ciao, Bahorel!” disse sorpreso di vederlo. Mentre Bahorel si avvicinava, vide alcuni studenti salutare Grantaire uscendo dall’aula. “Che fai qui? Pensavo ci saremmo trovati giù con gli altri…” Quando Bahorel arrivò da lui, i due ragazzi si diedero la solita stretta di mano come saluto.

“L’idea doveva essere quella, infatti. Però dovevo vederti subito” disse Bahorel, un po’ nervoso.

“Perché?”

Il nervosismo crebbe: non era da lui chiedere scusa, ma questa volta era davvero necessario. “Perché…” iniziò incerto, “perché ti devo delle scuse.” Grantaire rimase a guardarlo in silenzio e Bahorel non riuscì a capire se fosse confuso o se volesse vedere dove andava a finire quel discorso. In ogni caso avrebbe dovuto proseguire con delle spiegazioni. “È stato davvero cretino da parte mia iniziare a prendere in giro Enjolras e Feuilly come coppietta proprio davanti a te. Dopo che ieri mi hai confessato che Enjolras ti piace, forse è stato addirittura imperdonabile. Mi spiace tantissimo.”

Grantaire aveva stampata in volto un’espressione sbalordita e divertita assieme. “Cioè…” disse abbassando lo sguardo, quasi nel pavimento potesse trovare le parole che gli mancavano. Si lasciò sfuggire un accenno di risata e poi sembrò trovare il resto del discorso: “Ti stai scusando? TU? Sul serio?” Fu quando scoppiò a ridere che Bahorel iniziò a sentirsi davvero in imbarazzo. Sì, stava chiedendo scusa per davvero: che c’era di strano? “Courfeyrac aveva ragione: dobbiamo prepararci per l’apocalisse!” rispose Grantaire, quasi gli avesse letto nel pensiero. Forse aveva ragione per davvero: che Bahorel si scusasse era un fatto più unico che raro, questo lo sapeva lui stesso.

“Concesso” disse Bahorel, alzando le mani come segno di resa. “Mi perdoni?”

“Certo che ti perdono!” disse Grantaire facendogli abbassare le braccia. “In fondo non è successo niente.”

“Pensavo di averti ferito…”

“Forse un pochino” disse Grantaire distogliendo lo sguardo. “Ma suppongo di dover semplicemente cercare di ingoiare il rospo un’altra volta.”

“Di che parli?” Non era la prima volta che Bahorel vedeva Grantaire così abbattuto, ma ora che sapeva la verità era diverso: ora poteva capire fino in fondo ciò che provava il suo amico. Grantaire non rispose subito: sembrava quasi non riuscirci. Restò semplicemente a fissare Bahorel per un attimo con occhi seri; poi prese un respiro profondo, guardando verso la finestra, e tirò un lungo sospiro.

Solo dopo qualche altro istante passato a guardare verso terra disse: “Non posso pretendere che nessuno gli giri attorno. È un ragazzo bellissimo… come potrei credere che non interessi a nessun altro?” Grantaire fece una pausa e lui e Bahorel si guardarono negli occhi. Grantaire doveva aver capito che Bahorel avrebbe aspettato che continuasse, perché riprese: “Se non faccio nulla non posso certo aspettarmi che sia mio… ma non so che cosa fare.”

“Non saprei come aiutarti…” dovette ammettere Bahorel. “Forse se tu parlassi con Combeferre…”

“No, no! Non se ne parla!” lo interruppe Grantaire. “Non lo dovresti sapere nemmeno tu, figurati se vado a dirlo a lui che, oltretutto, gli è così vicino. No, non ci penso nemmeno!”

“Se non vuoi chiedere una mano a chi può effettivamente aiutarti, allora non ti resta che parlarne direttamente con lui.” Grantaire sembrò quasi sconvolto da ciò che gli disse Bahorel, neanche gli avesse proposto di gettarsi dal belvedere di Monmartre. “Mi conosci: sai che per me la soluzione migliore è essere sempre diretti e non stare ad farsi mille menate!”

“Non lo so, Bahorel…” disse Grantaire: forse ci stava riflettendo sul serio. “Certe volte mi chiedo cos’è andato storto…”

“Che intendi?”

Grantaire restò a fissare Bahorel in silenzio. Quando sembrò che stesse per vuotare il sacco, ci ripensò. “Lascia stare. Preferisco non parlarne.”

“Ne sei sicuro?”

“Sì…” Il discorso si chiuse lì: Grantaire spostò lo sguardo e Bahorel ebbe l’impressione che fosse immerso in pensieri profondi. Ad un certo punto, Bahorel sentì uno strano rumore e vide l’altro ragazzo prendere in mano il telefono che teneva in tasca; il suono che aveva sentito doveva essere la vibrazione del cellulare. D’istinto, Bahorel tirò fuori il suo iPhone dalla tasca posteriore e vide che c’erano altri messaggi dal gruppo.

- Les Amis de la Saint-Denis  -:

- « 13 messaggi non letti »

-R: “Eccolo qua! Dov’eri finito?”-

-Indovina-chi: “Davvero, ragazzone! X 1 volta ke c’è bisogno di te! ”

-Stachanovista: “Tu davvero credi che avrebbe fatto differenza col grande capo? ”

-Indovina-chi: “Vabbè 1 c può sperare”

-Marius: “Enjolras dice di non farti illusioni, Courfeyrac. ”

-Indovina-chi: “Ah sì?”

-“VENGA A DIRMELO IN FACCIA! ”

-Marius: “Dovrai attendere poco: stiamo arrivando.”

-Indoviana-chi: “WAAAAAAAAAAAAAAAA”

-“NO IO SKERZAVOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!”

-“ENJOLRAAAAAAAAAAS!!!”

-Ma come ti vesti: “Grantaire, Bahorel: dove siete? Va tutto bene?”

-R: “Adesso arriviamo”

“Dobbiamo andare” disse Grantaire mettendo via il telefono.

“Sì l’ho notato. Andiamo, allora.” Bahorel vide che Grantaire stava iniziando ad avviarsi verso le scale. Avrebbe voluto cercare di convincerlo a parlargli, per lasciare che si sfogasse, se non altro, ma aveva già fatto abbastanza danni per quella giornata: era colpa sua se Grantaire era giù di corda. Si limitò a seguirlo senza dire una parola. Quando gli fu di fianco si rese conto che la situazione era peggio di quanto pensasse.

“Eccovi, maledetti!” urlò Courfeyrac quando li vide arrivare. I ragazzi erano tutti davanti all’ingresso ad aspettare l’arrivo di Bahorel e Grantaire. “Siete arrivati persino dopo il sapone!”

“Aveva un’ora libera” disse Bahorel. “Normale che sia arrivato prima: avrà ricopiato gli appunti durante quell’ora, no?” Courfeyrac sembrò spiazzato dalla logica di quell’affermazione.

“NON È UN VALIDO ARGOMENTO!!!” urlò infine.

“Abbassa la voce! Siamo tutti qui, non serve che ci rendi sordi!” lo sgridò Enjolras.

“Vedo che ti sei ripreso in fretta…” disse Bahorel guardando Courfeyrac saltare da una parte all’altra.

“Eh eh…” Courfeyrac si fece sfuggire una risatina imbarazzata, quasi avesse fatto qualcosa da non fare.

“Perché? Sei stato male anche tu?” chiese Enjolras: evidentemente non gli avevano ancora spiegato nulla.

“Niente di grave” intervenne subito Combeferre, mettendosi tra Enjolras e Courfeyrac e mettendo loro una mano sulla spalla. “Solo un calo di pressione. Vero, Courfeyrac?”

“Eh già!” confermò Courfeyrac. “Mi sono sentito meglio praticamente subito dopo che Marius e Combeferre mi hanno accompagnato in infermeria…”

“Perché non mi hai detto nulla, Marius?” gli chiese Enjolras, voltandosi verso di lui. Bahorel lesse un profondo imbarazzo nel suo sguardo e capì che i tre ragazzi stavano nascondendo qualcosa. Probabilmente quella di Courfeyrac era stata una manovra evasiva in piena regola: Bahorel se ne intendeva. Ma non avrebbe cercato di approfondire lì, in quel momento, soprattutto con Grantaire presente.

Ancora una volta fu Combeferre a giungere in soccorso: “Non volevamo farti preoccupare, quindi gli abbiamo chiesto di non dirti nulla.” Il secchione era tornato in gran forma dopo la gaffe di quella mattina, questo Bahorel lo vedeva chiaramente. Combeferre era bravo ad uscire dai guai; tuttavia, Enjolras non parve convinto: lo guardò negli occhi un po’ confuso, ma dopo uno scambio di sguardi, il biondino annuì leggermente e si voltò. Si erano detti qualcosa con quelle occhiate, Bahorel ne era certo! Come minchia facevano a farlo?! Sembrava che fossero capaci di leggersi nel pensiero, quei due!

“Torniamo a casa?” disse Enjolras girandosi verso il portone e cominciando ad avviarsi all’uscita. Jehan fu il primo a correre verso di lui e iniziò a parlargli, ma Bahorel non riusciva a sentirli. Vide Combeferre scambiare un’occhiata con Marius e poi anche loro due si avviarono parlottando. Courfeyrac rimase indietro, ma prima che potesse raggiungere il resto del gruppo, Bahorel lo prese per il cappuccio della felpa verde smeraldo che indossava e lo tirò indietro verso di sé.

“Ehilà, maciste!” disse Couerfeyrac allegramente. “Posso fare qualcosa per te?” Bahorel alzò lo sguardo e vide Grantaire osservarlo confuso. In qualche modo, Bahorel riuscì a fargli capire di andare avanti, ma solo quando arrivò Enjolras a chiamarli, il ragazzo dai capelli neri si convinse a dargli ascolto ed uscì insieme al biondino dal portone, lasciando Courfeyrac e Bahorel da soli.

“Credi che non mi sia accorto della tua mossa evasiva?” gli chiese il ragazzone lasciando andare il cappuccio di Courfeyrac e avviandosi con lui verso il cancello. “Che ci state nascondendo tu e il secchione?”

“N-niete!” il disagio di Courfeyrac era evidente.

“Voglio la verità!”

Courfeyrac rimase a guardarlo in silenzio, i piccoli occhi neri spalancati che lo guardavano con uno sguardo indecifrabile. Alla fine, il ragazzo dalle orecchie a sventola si lasciò scappare un’espressione piena di amarezza e spostò lo sguardo sulla bianca pavimentazione a mattonelle larghe che ricopriva Place Victor Hugo. Stavano passando vicino alla fila di alberi tra la chiesa e l’edificio quando Courfeyrac sembrò decidersi a parlare: “Sì, è vero: qualcosa c’è.” Alzò lo sguardo e, guardando Enjolras camminare accanto a Grantaire davanti a loro, terminò: “Ma ho promesso di non parlarne.”

“Perché no?” chiese Bahorel. Dovette ammettere che i segreti lo incuriosivano sempre parecchio, ma nell’osservare le espressioni che avevano sempre Combeferre e Courfeyrac anche solo al nominare quel segreto, iniziò a pensare che forse stavolta era più la sua preoccupazione a farlo parlare.

“Conosci anche tu Enjolras:” gli fece notare Courfeyrac, “sai quant’è riservato.”

“Ma con voi si apre, giusto? Un pochino almeno” Nel sentire Bahorel pronunciare quelle parole, Courfeyrac lo fissò per un po’ senza dire nulla: sembrò sorpreso da quella considerazione, neanche Bahorel avesse bestemmiato davanti al preside, cosa che il ragazzone ricordava essere successa…  forse.

Mentre entravano in quello stretto passaggio tra gli edifici e le aiuole alberate che era l’inizio di Rue de la Boulangeri, Courfeyrac tornò di nuovo a fissare dritto davanti a sé prima di riprendere la parola: “Certe volte mi sembra che nemmeno io e Combeferre sappiamo tutto quello che lo preoccupa.”

“Ma è qualcosa di così grave?” chiese immediatamente Bahorel. “So che non sono affari miei e non voglio certo saperlo a tutti i costi, non fraintendermi. Ma alle volte vorrei poterlo aiutare per ripagarlo di tutto ciò che lui fa per me. Sai: per lo studio e tutto il resto.”

“È un bel pensiero, ma non me ne preoccuperei se fossi in te” gli rispose Courfeyrac senza distogliere lo sguardo da davanti a sè. Erano arrivati al primo incrocio al di fuori dell’area pedonale della piazza, quindi c’era da fare più attenzione: i rumori che si sollevavano dal traffico delle strade rendeva difficile ai due ragazzi parlare. Ad un certo punto, Bahorel e Courfeyrac rimasero bloccati da una fila di macchine mentre gli altri ragazzi stavano già dall’altra parte dell’incrocio. Bahorel vide Jehan girarsi verso di loro e gli fece cenno di proseguire, così il ragazzino, anche se titubante, raggiunse il resto del gruppo. Riuscì anche a scorgere Grantaire e Enjolras parlare di qualcosa, forse riguardo al nuovo tatuaggio del suo compagno di stanza, visto che egli si stava lasciando tastare il braccio dal biondino e, a giudicare dai loro sorrisi, per una volta non stavano litigando: fu sollevato nel vedere che Grantaire sembrava essersi rasserenato.

Arrivarono anche loro sull’altro marciapiede e si infilarono come di loro solito nello stretto tratto a senso unico di Rue de la Boulangeri. Quando si allontanarono dall’incrocio e il rumore si fu affievolito, Bahorel potè riprendere: “Perché non dovrei?”

“Ad Enjolras fa bene tenersi impegnato in mille questioni. Finché non ci pensa, lui sta bene. Lo vedi anche tu, no?”

“E Feuilly?” chise Bahorel. Il crollo di nervi che Combeferre aveva avuto a pranzo  gli aveva fatto pensare che si stesse riferendo ad entrambi, non solo ad Enjolras.

Courfeyrac parve rifletterci su qualche istante, poi scrollò la testa e disse: “Non ne so molto: credo che Enjolras e Combeferre ne sappiano di più di me a riguardo. Sinceramente rischierei di darti informazioni sbagliate, perciò preferisco non farne parola.”

“A lui niente promesse?” disse Bahorel.

“Beh…” iniziò incerto Courfeyrac. “Penso che mettervi a conoscenza dello stato delle cose possa aiutarlo… per quello che ne so io, quanto meno.”

“E la sua questione è grave?” chiese Bahorel, quasi senza rendersene conto. All’improvviso, Bahorel si accorse che, senza preavviso, Courfeyrac aveva smesso di camminare. Si voltò e vide che il ragazzo ricciolino lo stava fissando con espressione sorpresa. “Che ti prende?”

Il viso di Courfeyrac mutò da colpito a divertito e, ridacchiando, il ragazzo disse: “Ma tu guarda! Il nostro rabbioso Yvan Spaccatutto, bullo della situazione, si è trasformato in tenerone? Non lo avrei mai detto! Oggi è proprio un giorno straordinario!”

Bahorel si imbarazzò. Era vero: non era mai stato troppo da lui preoccuparsi degli altri e quel giorno si era interessato ai problemi di ben tre persone diverse. Forse Grantaire aveva ragione: doveva davvero arrivare l’apocalisse per causa sua! Tuttavia, con Courfeyrac negò l’evidenza. “Ma che vai blaterando?! Non dire stronzate!” disse riprendendo a camminare.

Courfeyrac lo seguì quasi subito e gli corse davanti. Camminando all’indietro in modo da guardarlo in faccia, disse: “Perché sei rosso come un peperone? Allora è vero! Ti stai preoccupando!”

“No.”

“Ma sei bordeux!”

“No.”

“E ti stai agitando!”

“No!...”

“Uh! Ora ti stai arrabbiando!”

“NO!”

“Che ti costa ammettere la verità?!”

“E VA BENE! QUANDO SI PARLA DI VOI PICCOLETTI IO MI AGITO!” Entrambi si fermarono: Courfeyrac rimase a guardarlo sconvolto, mentre Bahorel si mise una mano sugli occhi e sospirò. Pose entrambe le mani in vita e si voltò a guardare un punto imprecisato della strada: sentire i suoni della vita cittadina aveva uno strano potere calmante su di lui. Stette fermo a fissare quel punto per un po’, mentre un raggio di sole, che filtrava tra due edifici, illuminava i suoi occhi dorati. In tutto questo tempo, Courfeyrac non disse nemmeno una parola. Quando fu del tutto calmo, Bahorel sospirò nuovamente e poi riprese: “Il fatto è che per tutti quelli che conosco io sono sempre stato solo un caso irrecuperabile: nessuno ha mai voluto perdere tempo con me. Ma poi siete arrivati voi: mi avete compreso, aiutato, accettato… e quindi quando si tratta di voi io… io mi preoccupo, ecco...” Detto ciò, Bahorel ebbe bisogno di una piccola pausa prima di aggiungere: “Sei soddisfatto, adesso?”

Courfeyrac gli mise una mano sulla spalla, sorrise e il suo sguardo si addolcì.  “Direi proprio di sì!”

   
 
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