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Autore: Dante Vail 1911    19/02/2017    1 recensioni
La forza della guerra ti assale come un fiume in piena, arrivandoti contro con la forza di un'onda anomala.
Solo rabbia e disperazione possono tenerti in vita.
Combatti fino al tuo ultimo respiro mantenendo alti i tuoi ideali.
E raggiungerai la gloria.
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Le sei protagoniste
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Trattenne il respiro.
Con una leggera pressione dello zoccolo, il freddo grilletto in acciaio sganciò l'astina di blocco del percussore, che colpì il proiettile 7,62 x 54 mm R ora incamerato, innescandone la polvere infume e sparandolo fuori dalla canna di 730 mm x 311 millesimi di pollice. In un volo di 500 m circa, il colpo si piantò nel cranio di un ufficiale unicorno nemico, che cadde a terra privo di vita.
Rarity sorrise leggermente vedendo che non aveva colpito nemmeno il cappello della divisa di quell'ufficiale. Per quanto potessero odiarli, la sua vecchia passione per la moda le permetteva di accorgersi di come fossero ben fatte quelle grigie divise, anche attraverso il mirino di un fucile.
Con lo zoccolo alzò il manubrio dell'otturatore curvo, indurito dal freddo e dalla sua macchinosa meccanica, incamerando un nuovo proiettile dentro quel Mosin-Nagant che tanto l'aveva servita.
Tornò ad'osservare nel mirino, facendo attenzione a non respirarci sotto per non appannarlo con la condensa del suo respiro nel freddo gelido dell'inverno.
Scandagliava la battaglia dall'alto della torre di un campanile di una chiesa ormai quasi in rovina, con la mimetica bianca e la sua criniera quasi coperta da un cappuccio, era quasi invisibile. Un logoro mantello di buona fattura rigorosamente bianco la copriva dandole leggero riparo dal freddo. Non poteva permettersi di tremare e mancare il colpo.
Non reclute o normali soldati cercava su quel campo di battaglia, altri pensavano a loro. Ma ufficiali e artiglieri, pericolosi e fonte di morale per le truppe nemiche. Più di loro cadevano, e più poteva fiaccare quell'immensa forza che ormai da mesi gli assediava.
Un altro colpo fu sparato dalla puledra eseguendo un'altra magnifica uccisione. Estrasse nuovamente il bossolo che rotolò assieme agli altri in un piccolo mucchio alla sua destra. Già più volte li aveva spostati con un gesto della zampa, il loro calore condensava nel gelo e le infastidiva la vista.
Dalla mattina andava avanti a svuotare clip sui nemici, senza mai sprecare un colpo. Una scia di urina si era formata nella neve dietro di lei. Non aveva tempo e non poteva perdere la concentrazione.
Infilò una nuova clip di 5 colpi nel fucile spingendola dentro con lo zoccolo, quindi chiuse l'otturatore facendo volare di lato la lastrina della clip.
Si rimise in posizione scrutando dal suo nido ogni giubba stellata che vedeva.
Il suo lavoro si faceva sempre più facile man mano che il tempo scorreva. I nemici erano sempre più vicini. Ma questo non la rendeva felice. Significava solo che i suoi compagni stavano venendo massacrati in un inutile tentativo di fermare qualcosa di più grande di loro di centinaia di uomini.
Un altro ufficiale cadde sotto la sua mira. Non le piacque molto come colpo, aveva traforato il cappello che il pegaso portava in testa.
Estrasse la cartuccia e tornò a guardare il mirino nella stessa zona dove aveva colpito l'ultimo avversario.
Un leggero movimento poco più sopra a dove stava guardando attirò la sua attenzione.
Alzò la mira vedendo cosa aveva attirato la sua attenzione.
Un Panzerkampfwagen VI Tiger I marciò sopra il cadavere dell'ufficiale che aveva appena colpito fermandosi. Il cannone anticarro 8,8 cm KwK 36 era semplicemente troppo alto per star puntando alla loro prima linea.
La puledra sgranò gli occhi capendo troppo tardi di essere nella traiettoria di quel carro.
 
Il mastodontico percussore del carro colpì il dorso del proiettile da 88 mm perforante sparandolo fuori dalla canna a 1200 m/s.
Percorse i 745 metri tra il carro e il campanile colpendolo poco sotto la sua metà e sventrandone i muri di pietra che ne sorreggevano la struttura.
Inutilmente le travi di sostegno in legno cercarono di sostenere il peso del campanile, sollevandolo per meno di cinque secondi scricchiolando sinistramente, fino a che semplicemente non cedettero facendo cadere il campanile sulle sue stesse fondamenta che lo sorressero abbastanza da farlo inclinare in avanti e schiantarsi nella piazza davanti alla chiesa, sgretolandolo completamente e sollevando un imponente muro di polvere e neve che ricoprì la zona per pochi istanti.
 
Fluttershy corse nella polvere chiudendo gli occhi e stringendo i denti. Da ore faceva avanti e indietro davanti a quel campanile assieme al pony dietro di lei, trasportando una barella di tela un tempo bianca, ma ora sporca di sangue a tal punto da non permettere quasi di vederne il colore originale.
Calpestò un logoro e strappato mantello bianco senza nemmeno farci caso.
Doveva sbrigarsi.
Dietro di lei l'altro barelliere portava la barella assieme a lei. Non sapeva il suo nome, non si era nemmeno accorta delle sue caratteristiche fisiche, non aveva voluto, dopo che il suo precedente compagno era caduto in combattimento. Aveva solamente notato l'elmetto bianco e la divisa bianca, uguali alle sue.
Era stanca. Avevano trasportato feriti per tutta la mattina, e così per tutta la settimana, o forse il mese. Ormai non ne era più sicura.
Ogni volta che correva in prima linea sotto i proiettili nemici, il suo cuore si fermava, e un assoluto terrore la pervadeva, impedendole di pensare a cose futili come la cognizione del tempo.
L'unica cosa che voleva era che quel conflitto finisse. Ma nel frattempo, si era data un compito.
Non importa a che prezzo. Salvali tutti. Salva tutti quelli che puoi.
Arrivarono alla prima linea.
Il relativo silenzio della strada fino all'ospedale di fortuna fu obliterato da fracasso della battaglia.
Spari, grida, esplosioni, feriti, morti.
Tutti assieme riempivano le orecchie della pegaso, che con fatica saltò l'ultima linea di trincee assieme al suo compagno correndo in campo aperto a cercare chi ancora non fosse morto sotto i colpi nemici.
Nella mente cercava inutilmente di convincersi che non sarebbe stata colpita, e che le insegne bianche e rosse dei paramedici fossero sufficienti ad'evitare che la prendessero di mira.
Ma sapeva che non era così. Sapeva che spesso i paramedici erano presi di mira perché bersagli disarmati e non intenti a combattere ma a riportare altri soldati a farlo.
Era strategico colpire loro. Non morale.
I due si fermarono affianco a un pony di terra disteso a terra. L'esplosione di una granata vicino a lui gli aveva letteralmente strappato la zampa anteriore sinistra, e ora cercava in ogni modo di fermare l'emorragia con l'altra zampa.
L'unicorno compagno di Fluttershy sollevò il soldato mettendolo sulla barella. Era un sollievo per lei avere un unicorno come compagno. Almeno il portare i feriti sulla barella era molto più semplice.
Una volta caricato non servì nemmeno un cenno della testa. I due semplicemente si voltarono correndo nuovamente in direzione della città per portare il prima possibile quel pony all'ospedale dando le spalle al nemico.
 
Un rumore giunse alle loro orecchie.
Anche nel fracasso della battaglia, poterono sentire chiaramente quel rumore. Erano addestrati a riconoscerlo.
Ma l'addestramento non ti rende antiproiettile.
 
Una sventagliata di 7,92 x 57 mm Mauser arrivò da dietro i due paramedici, accompagnata dal mostruoso fracasso di una MG 42 a pieno rateo di fuoco. Due soldati nemici stavano aprendo il fuoco sulle loro linee con la tecnica del tiro in appoggio.
 
L'unicorno cadde a terra colpito da almeno tre proiettili portandosi dietro il ferito e Fluttershy.
Uno dei proiettili dell'arma la colpì alla schiena passandola da parte a parte e traforandole un polmone.
Cadde a terra tossendo sangue. Una fredda sensazione di fastidio le risalì la spina dorsale, mentre un caldo rivolo di sangue le usciva dal petto.
Cominciò a respirare affannosamente in preda al panico e con un'ingente quantità di adrenalina nel sangue.
Si guardava attorno in cerca di un paramedico, o anche di un soldato che potesse aiutarla. Ma nessuno sarebbe uscito dalla trincea sotto al fuoco a ventaglio di quella maledetta mitragliatrice.
C'era silenzio in giro. Tutto le sembrava estremamente ovattato. Non sentiva più gli spari, le grida, le esplosioni. Anche il freddo stava svanendo. Era quasi una bella sensazione.
Le palpebre le si fecero sempre più pesanti, cadendo sui suoi magnifici occhi verde acqua.
Fino a chiudersi, dietro al rumore di un aereo che precipitava.
 
Rainbow Dash guardò in basso il Supermarine Spitfire che si schiantava al suolo distruggendosi completamente in una palla di fuoco.
Imprecò sotto la maschera dell'ossigeno. Anche se quell'aereo non apparteneva al loro esercito, il pilota a bordo era una sua amica, nonché l'unico altro pilota oltre a lei ancora in volo.
Era sola. Un singolo Yakovlev Yak-9 contro un intero stormo di caccia e bombardieri.
Per quanto potesse sormontarli in coraggio, tecnica di volo, determinazione, e meccanica dell'aereo, il loro numero era semplicemente troppo grande.
Spinse la manetta al massimo lanciandosi in mezzo agli stormi nemici.
In fretta si mise in coda a un Messerschmitt Bf 109, cominciando ad'inseguirlo nel cielo. Bastarono 10 colpi del cannoncino da 20 mm ShVAK per colpire il suo motore e farlo precipitare.
Non aveva munizioni per tutti. Doveva avanzare a colpi da maestro e nient'altro.
Aveva il pieno di carburante e il motore dell'aereo non era nemmeno a 3 ore di utilizzo. Condizioni perfette per volare.
 Distrusse il quinto caccia nemico senza subire nemmeno un colpo, poi rollando vide un'orda di problemi in avvicinamento.
Tre squadriglie di Junkers Ju 87 Stuka. 18 aerei in totale. Volavano in formazione lineare, diretti verso la città.
Se l'avessero raggiunta, sarebbe stato un massacro.
Subito la pegaso celeste girò l'aereo andando verso di loro da sola. Ultima guardiana dei cieli in un disperato tentativo di non far passare nessuno.
Sapeva come affrontare gli Stuka. Mai starci davanti o si veniva fatti a pezzi dalle Mg 17 nelle ali, ma ancora di più evitare le code. Giravano voci fra i piloti, voci che parlavano dei mitraglieri di coda dei Junkers, praticamente infallibili.
Con una leggera picchiata si portò sotto le formazioni nemiche, per poi cabrare e attaccarli da sotto.
Con precisione colpì il vano motore di uno degli aerei nemici facendolo precipitare.
Passò attraverso una delle squadriglie e sopra di essa, quindi andò nuovamente in picchiata per colpire un secondo aereo dall'alto, sventrandone il vano pilota e abbattendolo.
Così doveva continuare. Senza scorta quegli aerei non erano pericolosi se sapevi affrontarli. Ma lei era comunque da sola.
Qualche colpo di mitragliatrice l'aveva raggiunta sulle ali coperte di compensato dell'aereo, ma mai niente l'aveva colpita per bene.
Al sesto giro di picchiata un Messerschmitt Bf 109 nemico la attaccò di lato costringendola a spostarsi nella linea di fuoco degli Stuka.
Una sfilza di 7,92 mm le piovvero addosso traforando le ali e la carena dell'aereo. Qualcosa colpì il motore facendone fuoriuscire una scia di fumo bianca.
Per sola fortuna lei non venne colpita da niente.
Si voltò notando che ora era inseguita da due Messerschmitt, parte della scorta nemica.
I tre cominciarono un inseguimento nel cielo di quella landa gelata.
Una situazione difficile per Rainbow Dash. I Bf 109 erano avversari temibili, come il suo aereo. Liberarsi da due in coda era molto complicato.
Volava nel cielo facendo attenzione a non farsi colpire dalle mitragliatrici avversarie. Se avesse avuto ancora dei compagni in volo avrebbe potuto farsi dare una mano. Ma era sola nei cieli.
Doveva sbrigarsi.
In un folle tentativo, la ragazza si buttò in mezzo agli edifici della cittadina, volando in mezzo a loro a pochi metri dal terreno.
Anche i Messerschmitt la seguirono fra gli edifici.
Con maestria Dash manovrava il suo caccia in mezzo agli edifici, virando alla perfezione sulle strette strade cittadine arrivando quasi a toccare il terreno con la punta delle ali, ed i muri di pietra con l'elica del motore.
Lei conosceva quella città. Ci era nata. Ci viveva.
I suoi inseguitori non avevano questa fortuna.
Non ci volle molto prima che uno dei due Bf 109 prendesse troppo tardi una curva, sfasciandosi contro un edificio ed'esplodendo in una palla di fuoco.
La pegaso celeste si voltò vedendo la carcassa dell'aereo cadere a terra.
Immediatamente cabrò prendendo quota il più in fretta possibile.
Il suo inseguitore la seguì in quella salita verticale cominciando a sparare con le mitragliatrici nel muso.
Dash strinse i denti mentre i colpi avversari le passavano affianco colpendola sporadicamente sulle ali o sulla coda. Cercava di muoversi per evitare che potesse prendere bene la mira, mentre intanto indicatori e spie si accendevano per la troppa altitudine.
Il Messerschmitt continuava a sparare, determinato ad'abbattere l'aereo in fronte a se.
Un colpo traforò il lunotto posteriore del cupolino di Rainbow Dash, mancandole di pochi centimetri la testa. Un altro però non la mancò, passando attraverso le lamiere e colpendola alla schiena.
Gemette, ma non demorse, spingendo il suo velivolo dalle ali di legno e acciaio il più in alto che potesse spingersi nel cielo.
E non la tradì.
A 10.000 metri d'altezza, il Messerschmitt, oramai con il serbatoio mezzo vuoto a causa dei precedenti scontri, si ritrovò con il motore a non riuscire più a prendere benzina, cosa che portò al suo spegnimento.
L'aereo smise di prendere quota inclinandosi di lato e poi iniziando a precipitare in picchiata.
Dash colse subito l'occasione fermando quella manovra folle e lanciandosi in picchiata dietro al Bf 109.
Non appena lo ebbe nel mirino non si trattenne, e gli sparò con tutte le armi che aveva, strappandogli piume di ferro dalla carena e dalle ali, fino a spezzargli l'ala destra, facendolo avvitare in aria e quindi precipitare al suolo.
La ragazza si fece sfuggire un urlo di gioia per aver abbattuto l'avversario, cosa di cui subito si pentì a causa della ferita alla spalla.
Ma non aveva tempo per le ferite. Doveva fermare gli Stuka.
Si abbassò di quota per riportare l'aereo ad'una quota competitiva per cercare di recuperare la squadriglia di bombardieri.
Non ebbe mai la fortuna di ritrovarli.
 
Dalle nuvole dietro Rainbow Dash uscì un altro Messerschmitt. Ma non dello stesso modello degli altri. Un Bf 109 G (Gustav).
Il muso e le punte delle ali non erano del giallo acceso tipico di quei modelli, bensì di un rosso sanguineo, e a lato del motore, era dipinto un asso di picche bianco e nero.
Tre cannoncini da 20 mm, due nei pod esterni sulle ali, ed'uno nel mozzo dell'elica, aggiunti a due ulteriori MG 17 da 7,92 mm nel muso, formavano il suo armamentario.
Non servì molto a quell'asso del cielo. Solo una pressione del grilletto.
Una letterale pioggia di colpi investì l'aereo di Rainbow Dash, aprendone fori su tutta la superficie. La puledra non ebbe nemmeno il tempo di reagire che il suo motore prese fuoco fermandosi e rilasciando una scia di fiamme e fumo nero dietro l'aereo mentre precipitava.
La pegaso cercò inutilmente di riprendere il controllo dell'aereo, ma in fretta realizzo che era semplicemente irrecuperabile.
Portò una zampa alla leva d'espulsione del seggiolino, ma esitò, mentre il tempo sembrava rallentare intorno a lei.
Cosa avrebbe fatto dopo? Non c'erano più aerei alla pista d'atterraggio. Tutti erano stati distrutti in volo, se non direttamente prima che potessero decollare.
Cosa avrebbe fatto una volta arrivata la? Sempre ammesso che ci fosse arrivata.
Non poteva accettarlo. Arrivò ad'una decisione drastica.
Combattendo era arrivata li. Combattendo se ne sarebbe andata.
 
Saldamente afferrò la cloche con entrambi gli zoccoli, ed'in fretta attraverso il fumo cercò il più bel obbiettivo che fosse alla sua portata.
Inquadrò un Panzerkampfwagen VI Tiger I, e lo calcolò come l'opzione migliore.
Con un mostruoso sforzo direzionò l'aereo distrutto verso di esso puntandolo a velocità sempre maggiore e avvicinandosi sempre di più al suolo.
 
Fino a poterlo quasi toccare con la zampa.
 
Pinkie si buttò a terra mentre il carro davanti a lei saltava in'aria. Si sporse dalla trincea vedendo il carro distrutto che bruciava con lo scheletro di un aereo.
Rimase un attimo ad'osservare quello strano evento, quindi scosse la testa e appoggiò il PPSh-41 al bordo della trincea puntando i nemici.
Il largo caricatore a tamburo era un ottimo appoggio per l'arma, nonostante il suo enorme rateo di fuoco lo rendesse piuttosto impreciso.
La puledra premette il grilletto riversando un ingente quantità di 7,62 x 25 mm Tokarev sulle file nemiche.
Mirare era quasi inutile. Solo con il fuoco a ventaglio si potevano colpire avversari, da quanto vicini si trovavano e da quanto grande fosse il loro numero.
La pony di terra cercava di non distrarsi a guardare la vampa a forma di stella che fuoriusciva dalla canna della sua arma.
Finì in fretta il caricatore a tamburo da 71 colpi. In realtà dentro ce ne erano solo 60, metterne di più premeva sulla molla del caricatore e causava inceppamenti.
Si spaventò venendo assordata dal fuoco automatico di una mitragliatrice pesante DShK 1938 alle sue spalle.
Si voltò osservando la casamatta che sormontava la loro trincea. Quella mitragliatrice prima non c'era. Doveva essere stata portata li al posto della Pulemyot Degtyaryova Pekhotny DP28 che prima ne faceva da postazione.
Non era un buon segno se stavano usando le armi da contraerea sui soldati.
Si stavano avvicinando troppo.
La puledra rosa afferrò un altro caricatore a tamburo inserendolo nell'arma.
Nuovamente sparò a ventaglio in fronte a se, sostenendo il volume di fuoco della mitragliatrice dietro di lei e dei suoi compagni ai suoi fianchi.
Acciaio rovente volava da tutte le parti. Un furioso combattimento che infuriava da giorni.
Nella trincea, Pinkie camminava sui bossoli.
Si preparò a cambiare caricatore sentendo l'arma grattare sugli ultimi colpi in quello inserito.
Esauritosi lo tolse immediatamente abbassandosi in copertura per prenderne un altro.
Guardò nella cassa davanti a se trovandovi tutti i caricatori vuoti. Li mosse tutti in cerca di munizioni, ma nessuno di essi ne conteneva ormai più.
Sedendosi a terra si guardò rapidamente in giro notando un caricatore bifilare da 35 colpi per terra.
Lo afferrò con lo zoccolo sorridendo, ma rimase delusa notando che anch'esso era vuoto.
Fece una smorfia infastidita e lo lanciò davanti a se fuori dalla trincea. Magari avrebbe colpito qualcosa. O sarebbe stato scambiato per una granata.
Quell'ultimo pensiero le fece accendere la lampadina.
Cominciò a guardarsi in giro, scrutando fra le zampe dei sui compagni. Fino a trovare ciò che cercava.
Si allungò fino a tirare a se una cassa di legno ripiena di granate RGD-33.
La puledra appoggiò al bordo della trincea la sua arma afferrando una delle granate. Rimosse il fermo di bloccaggio sul manico sentendo il meccanismo della spoletta azionarsi.
In fretta si alzò sulle zampe posteriori lanciando la granata a 35 metri davanti a lei, dove esplose dopo nemmeno 5 secondi.
Pinkie non guardò l'esplosione, ma subito dopo aver lanciato la granata si abbassò per prenderne un'altra, cominciando a lanciare le granate in quella cassa una dopo l'altra, senza sosta e sempre più di fretta.
Nessuno cercò di prendere ordigni da quella cassa. Forse non si erano nemmeno accorti della sua presenza, troppo presi da quel conflitto. O più probabilmente non avevano intenzione di avvicinarsi a Pinkie, che sembrava indemoniata da quanto in fretta e furiosamente lanciava quelle granate.
Uno spirito indomabile contro una forza brutale.
 
Fu solo la sfortuna a fermarla.
 
Alla venticinquesima granata la puledra si alzò nuovamente sulle zampe posteriori portando la zampa destra dietro la groppa in basso, per poi tirarla avanti con forza per lanciare la granata che aveva nello zoccolo con forza verso il nemico.
Quando ebbe portato la granata sopra la sua spalla, un proiettile sopraggiunse.
Non era mai stata colpita da un colpo in tutto il conflitto.
Era il soldato con più fortuna di tutta la trincea.
Ed'infatti fu mancata di nuovo.
Ma non ebbe lo stesso fortuna.
 
Un proiettile 7,92 x 57 mm Mauser, sparato da un Mauser Karabiner 98k, arrivò alto rispetto alla puledra.
Il proiettile in acciaio colpì la testata, traforandone il rivestimento disgregante e creando scintille tra l'acciaio e l'acciaio, settando a fuoco gli 85 g di esplosivo in essa contenuta.
 
Il mitragliere affianco ad'Applejack cadde a terra dopo l'esplosione avvenuta davanti alla casamatta.
La puledra gettò a terra la cassa di munizioni contenente il nuovo nastro di 12,7 mm per la mitragliatrice soccorrendo il soldato. Ma non poté fare niente.
Una scheggia d'acciaio gli aveva perforato la gola. Era morto praticamente sul colpo ed ora si stava dissanguando sul pavimento di cemento di quel Bunker.
La puledra strinse i denti imprecando, quindi si voltò furente verso la mitragliatrice.
Ne aprì con un gesto secco la copertura, facendo scivolare a terra il nastro di munizioni esaurito.
Con la zampa si avvicinò la cassa di munizioni che aveva gettato a terra. Non la agganciò nemmeno ai supporti, semplicemente ne estrasse il nastro e lo inserì nell'arma chiudendoci poi sopra la copertura e dandoci un colpo per bloccarla in posizione.
Afferrò la maniglia dell'otturatore tirandolo indietro del tutto per poi lasciarlo avanzare fino in fondo alla sua corsa.
Quindi afferrò i due grilletti sporchi di sangue dell'arma osservando i soldati nemici che stavano lentamente avanzando davanti a loro.
Con un'ultima serie d'insulti pesanti, la puledra premette i grilletti aprendo il fuoco.
Applejack era stufa di quella guerra, troppe persone erano morte. Erano stati attaccati di sorpresa, circondati e assediati. Da troppo ormai difendevano quelle posizioni, spostando cadaveri su cadaveri.
Il nastro da 50 colpi finì interrompendo i pensieri della puledra, che con un calcio allontanò la cassa d'acciaio vuota.
Caricò il nuovo nastro in fretta. Non era abituata a fare da mitragliere, ma a quanto pareva, ormai a guardia di quell'arma c'era soltanto lei.
Afferrò l'otturatore pronta a tirarlo nuovamente, quando un proiettile vagante le si piantò nel petto, affianco alla zampa destra.
La puledra rischiò di cadere all'indietro, riuscendo però a reggersi alla mitragliatrice, che s'impennò al massimo che poteva.
Sputò sangue mentre la divisa si chiazzava di rosso.
Respirò più volte la gelida aria dell'inverno.
Si appoggiò anche con l'altra zampa all'arma riportandola in posizione mentre gocce del suo sangue macchiavano il pavimento.
Il suo respiro affannato condensava nell'aria gelida, come il calore della canna rovente dell'arma.
Con la zampa destra afferrò l'otturatore, ma non avendo abbastanza forza in essa, lo afferrò anche con l'altra tirandolo indietro del tutto e lasciandolo andare.
Non sarebbe riuscita a ricaricare di nuovo quell'arma. Aveva 50 colpi. Ne doveva uccidere quanti più poteva.
Osservò i soldati attraverso il mirino a ragnatela. Aspettò qualche secondo che si avvicinassero un poco.
Quindi riempì i polmoni d'aria gelida, che fece uscire in un singolo colpo sotto forma di un possente urlo animalesco, misto di rabbia e dolore, mentre sparava a raffica sui nemici.
Un secondo colpo la raggiunse alla spalla, più piccolo. Una pistola forse, o un mitra. Lei non lo senti nemmeno. Il suo corpo era ormai pervaso di adrenalina e furore. Una rabbia che la spingeva a continuare a sparare, nonostante il sangue perso.
 
Fino a che le munizioni non finirono.
 
La puledra tirò più volte i grilletti, ottenendo solo dei click da essa.
Ormai esausta, la puledra lasciò andare l'arma, che s'impennò levandole la protezione fornitagli fino ad'ora dalla piastra in acciaio posta in fronte ad'essa.
Guardò ansimante i soldati che si muovevano fuori dalla casamatta. Ormai non poteva fare più niente.
Un'altro colpo la raggiunse alla spalla sinistra facendola indietreggiare ma non cadere. Poi un altro arrivò colpendola sopra il polmone destro.
Rimase comunque in equilibrio sulle zampe posteriori. Intenta a non cedere.
 
Fu l'ultimo colpo a fermarla. Un colpo mirato ed'anche fin troppo facile.
La colpì al cuore.
La puledra cadde in ginocchio, poi sul pavimento.
I suoi occhi osservarono per pochi secondi il lago di sangue che si allargava a terra, poi si spensero.
 
Twilight, si voltò alla sua destra, non sentendo più la mitragliatrice sparare.
Non poteva vedere nella casamatta, ma avrebbe voluto sapere perche ora non erano più coperti su quel fianco.
La puledra si voltò a sinistra puntando con la Tokarev TT-33 che aveva stretta nello zoccolo un pony di terra coperto dalla trincea affianco ad'una radio intimandogli di chiedere immediatamente fuoco di soppressione davanti a loro. Enfatizzando le zone con pronunciati gesti della zampa libera.
La puledra quindi si spostò verso destra affiancando un pony di terra e un pegaso con un PTRS-41. Si appoggiò alla spalla del primo e gli indicò due carri che si stavano avvicinando.
Il pony acconsentì per poi puntare i due Panzer cercando di attaccarli nei punti più deboli, i cingoli, e nelle intercapedini delle placche.
L'ufficiale unicorno annuì, quindi si voltò nuovamente verso il radiofonista chiedendo dove fosse il loro fuoco di copertura.
Rimase spiazzata vedendo che il radiofonista ascoltava ciò che gli dicevano dalla radio con espressione sempre più distrutta.
Lasciò cadere la radio e si voltò verso di lei facendo di no con la testa.
No poteva voler dire molto. Munizioni finite. Troppo vicini agli alleati. O anche solo che fossero loro sotto attacco.
I pensieri della puledra furono fermati da un'esplosione affianco alla loro posizione.
Si voltò vedendo la casamatta sventrata da un colpo di cannone ed'ora in fiamme.
Con lo sguardo cercò sul campo di battaglia l'artefice del colpo, vedendo un altro Panzer che si avvicinava alle loro linee.
Puntandolo con la pistola ordinò di colpirlo con tutto ciò che avevano.
Un pony della trincea buttò a terra il fucile raccogliendo un gruppo di granate RGD-33 legate insieme a un solo manico per farne una sola anticarro e la lanciò contro di esso riuscendo a farne esplodere la copertura laterale ed'uccidendone la squadra all'interno.
Twilight ancora scrutava il campo di battaglia, impartendo ordini come solo lei sapeva fare.
Quando a tutti si gelò il sangue, sentendo un suono che tutti conoscevano.
Un lungo suono continuo che sembrava avvicinarsi sempre di più.
Qualcuno dalla trincea urlò il nome dell'aereo buttandosi a terra, come tutti fecero, Twilight compresa, mentre un piccolo gruppo di Junkers Ju 87 Stuka sganciava una serie di bombe sulle trincee, accompagnati dal suono delle Trombe di Gerico.
 
Twilight si alzò coperta di terra. Una delle bombe era caduta veramente troppo vicina a loro. Quasi per miracolo non ne era rimasta ferita.
Un penetrante fischio le ronzava nelle orecchie a causa dell'esplosione troppo vicina.
Si guardò in torno cercando di comprendere la situazione.
 
Ma le si formò un groppo in gola da ciò che vedeva.
 
Attorno a lei, soldati morti, ovunque.
In pochi erano sopravvissuti a quell'ultimo raid in quei 20 metri di trincea.
I pochi superstiti inutilmente cercavano di tornare a rallentare i soldati nemici che caricavano la loro posizione.
Ma ormai erano semplicemente troppi pochi.
Senza supporto aereo, artiglieria, carri o mitragliatrici, era ormai insostenibile affrontare un'armata.
La puledra si voltò in tutte le direzioni, vedendo i soldati disperati che combattevano con tutto ciò che gli era rimasto, lanciando i fucili ai nemici pur di cercare di fermarli.
Non poteva fare di meglio.
Quello era lo schieramento migliore che poteva posizionare.
Erano semplicemente troppi pochi.
Si avvicinò il fischietto agganciato alla divisa per ordire la ritirata, mentre le sue orecchie si riprendevano dall'esplosione.
Almeno avrebbe potuto sentire un'ultima volta il suono del suo fischietto.
 
Ma una cosa la stupì.
 
Non c'era più un suono.
Nessuno sparo, nessuna esplosione, niente grida.
Tutto taceva.
 
I soldati nella trincea si voltarono verso la città, attirati dal suono di un fischietto, così come i soldati nemici, che alzarono lo sguardo sentendolo anche loro.
Anche Twilight si voltò stupita nel sentire un fischietto che non fosse il suo.
E ad'esso se ne aggiunse un'altro, e poi un'altro e un'altro ancora. Fino a diventare a decine.
 
Un leggero tintinnio attirò l'attenzione della puledra. Abbassò lo sguardo vedendo i bossoli sul terreno che iniziavano a rotolare in giro mentre il terreno vibrava come in un terremoto sempre più forte e sempre più vicino.
 
E poi lo sentirono.
 
Il rumore più spaventoso che fosse mai giunto alle loro orecchie, che investì tutti come un'onda anomala.
Un mostruoso grido di guerra composto dalla voce di migliaia, forse decine di migliaia, di soldati.
 
Una prima linea di pony si riversò fuori dalle strade cittadine.
Centinaia di soldati con la divisa alleata che correvano verso quelle trincee urlando con tutto il fiato che avevano in corpo.
 
I primi arrivarono alla trincea ancora urlando, e semplicemente la saltarono riversandosi a capofitto sul campo di battaglia caricando i soldati nemici come bestie.
 
Non tutti erano armati. Alcuni avevano un fucile, scarico. Gli altri avevano una clip di munizioni, ma nessuna arma.
 
I soldati avversari più avanti non ebbero nemmeno il tempo di reagire, venendo investiti da quell'ondata furiosa che li calpestò come se fossero solo cenere sotto i loro zoccoli.
 
Le linee più indietro reagirono sparando contro quell'orda ed'abbattendo alcuni pony.
 
Ma loro non si fermarono continuando a corrergli incontro urlando.
 
Per ogni soldato con un fucile che cadeva, uno con le munizioni raccoglieva il fucile caricando poi l'arma.
Per ogni soldato con le munizioni che cadeva, uno con il fucile le raccoglieva caricando poi l'arma.
 
In fronte all'orda. Un solo pony, correva coraggiosamente più veloce di tutti. Ne fucile ne munizioni portava, ma stretta fra le zampe portava l'asta su cui svettava il loro vessillo. Simbolo della loro furia.
 
L'orda raggiunse anche le squadre più indietro sormontandole immediatamente di numero di 90 a 1.
Dieci pony salirono su un carro, forzandone a braccia il portello e massacrando chi vi ci si trovava dentro.
 
Quell'orda furiosa non si sarebbe fermata, per nessun motivo.
 
Le ultime righe passarono la trincea di difesa alla città, chiuse in coda da un manipolo di ufficiali che avanzava lentamente continuando a soffiare nei fischietti e spronando le truppe a un'avanzata irrefrenabile.
 
Twilight si guardò in giro sconcertata dalla forza e dal furore di quella carica.
Guardò l'avanzata dei soldati alleati mentre massacravano i nemici.
 
E per la prima volta sorrise.
 
Con lo zoccolo libero estrasse la sciabola dal fodero alzandola al cielo ed'urlando con tutto il fiato che aveva.
I soldati del suo reggimento si unirono a lei in quell'urlo animalesco che si unì a quello del gruppo principale.
 
Quindi tutti saltarono fuori dalla trincea urlando e correndo verso le linee nemiche.
   
 
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