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Autore: Beverly Marshall    19/02/2017    2 recensioni
“[...] Streak, Swordsgirl e Lady Ice erano La Dannata Trinità, i tre criminali più ricercati d’America. Ovviamente finché non vennero scelti per far parte della Task Force X. E da Amanda Waller non si scappa.”
Una fanfiction senza troppe pretese, per ora solo “in prova”, spero vi piaccia!
Nel primo capitolo la Suicide Squad non è presente perché dovevo introdurre i miei OC (è una sorta di prologo-presentazione, ecco), ma ovviamente a partire dal secondo – se deciderò di continuare – ci saranno tutti i nostri cattivi ragazzi!
Genere: Azione, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se solo qualcuno fosse stato lì a guardare avrebbe visto, con immenso stupore, il gruppo sparire nel nulla, come se non fosse mai arrivato. Peccato che non ci fosse nessuno a testimoniare quell’anomalia.
La squadra restò bloccata in un turbine di colori e figure confuse per poco, per poi apparire in un luogo del tutto sconosciuto.
«Ma che...?» Rick si guardò intorno più stupito di tutti gli altri, forse le uniche tranquille del gruppo erano Harley e Jolly, difficile accorgersi del pericolo quando si è più fuori di un balcone. «Dove siamo finiti?» domandò Floyd, avvicinandosi al colonnello, che rimase rigido fissando davanti a sé, «Non lo so, ma dobbiamo mantenere tutti la calma.» disse, mentre recuperava un cellulare dalla tasca sperando di poter contattare Amanda Waller. L’impossibile era la norma grazie ai metaumani, ai supercriminali e a tutte le stranezze che ormai popolavano senza problemi quel mondo, ma Rick, comunque, non era addestrato a rispondere a situazioni come quella.
«Dobbiamo trovare un modo per uscire da qui...» borbottò il colonnello, mentre armeggiava con il cellulare che, ovviamente, non prendeva nessun segnale. Il soldato che reggeva il dispositivo per rilevare l’energia aggrottò le sopracciglia, «Colonnello, il dispositivo sta sfasando, a quanto pare questo posto è il nucleo della concentrazione di energia.»
Davanti al gruppo si trovava quella che doveva essere l’entrata di un luogo non identificato, c’erano dei muri di pietra particolarmente alti ma non sembrava essere un edificio comune: non era un palazzo, né una casa, né nessun altro tipo di costruzione conosciuta o quantomeno familiare. Deadshot si schiarì la voce «Beh, allora entriamo.»
«Ti sei bevuto il cervello?! Io là dentro non ci metto piede.» decretò categorico Capitan Boomerang, Rick incrociò le braccia al petto, per un attimo assunse un’aria impensierita poi tornò serio, «Non dai tu gli ordini.» il rimprovero arrivò gelido, come se non volesse farlo ma qualcosa gli dicesse che era un suo obbligo e dovere. «Comunque è tutto ciò che possiamo fare, se dentro c’è qualcosa di pericoloso dobbiamo distruggerlo, siamo qui per questo.» disse fermo. Fece un cenno ai soldati e pensò che fosse abbastanza esplicito che anche la Squadra Suicida dovesse avanzare con loro verso l’entrata. «Questo è un labirinto.» sussurrò Sheila. Chato, che poco prima si era affiancato a lei silenziosamente, la guardò di sfuggita per poi puntare di nuovo lo sguardo davanti a sé «Sembra proprio di sì... Dovremo dividerci.»
Rick diede istruzioni ai soldati, poi si voltò sulla Suicide Squad, «Entrate solo voi, noi staremo qua fuori, la maggior parte degli apparecchi elettronici qua non funzionano ma il cip nelle bombe che avete nel collo è attivo, per portarvi fuori quando avrete finito i soldati verranno a prendervi. Sarà meglio che vi dividiate, il primo che trova il centro del labirinto-»
«Ah, è un labirinto?» chiese Harley, inclinando la testa di lato. Jolly era stupita ma sembrava elettrizzata all’idea di addentrarsi tra le strade intricate. Rick si schiarì la voce con un certo fastidio, «Sì, è un labirinto. Comunque il primo che trova il centro manda un segnale, vi dividerete a coppie o a gruppi di tre.»
La Dannata Trinità si era già messa in disparte, come se fosse scontato che loro sarebbero stati un gruppo da tre. «Quando voi tre confabulate succedono guai, quindi sarete divisi. Lawton sta con la figlia squinternata di Harley, Akito con Harley, Katana e la volpe, quello stupido con la Regina delle Nevi, il pirocinetico mezzo hippie con la sirena, e il cannibale con quella che lancia i coltelli.» sentenziò. Inutile dire che non era prevista nessuna obiezione, e se anche ci fosse stata non sarebbe stata ascoltata.
Sarah guardò i due migliori amici con aria spaventata, scuotendo impercettibilmente la testa, Lucille si avvicinò, «Tranquilla, se ti torce anche solo un capello diventa un coccodrillo surgelato.» la rassicurò, Stephan annuì d’accordo con le parole dell’amica, «Esattamente, e tu avrai un nuovo fantastico gilet in pelle di coccodrillo, sei contenta?»
Le battute dei due la fecero ridacchiare, oltre che a farle dimenticare l’iniziale paura che aveva provato. Swordsgirl si ripeté più volte che non poteva davvero mangiarla, insomma, l’avrebbero ucciso se l’avesse fatto, no? Certo, se Rick Flag non l’avesse fatto ci sarebbero stati i suoi due migliori amici ad occuparsene, ma non voleva che rischiassero davvero la pelle per lei, dopotutto avrebbe preferito morire piuttosto che saperli in pericolo per salvarla – o meglio, probabilmente per vendicarla.
Katana guardò il figlio facendogli un cenno che venne immediatamente ricambiato, mentre il ragazzo asiatico si avvicinava alla madre, che gli disse alcune frasi in giapponese: «Fai attenzione, non fidarti di nessuno di loro, hai capito? Qualunque cosa accada non esitare a combattere e a difenderti.» Akito annuì, «Certo.» fu la sua unica risposta prima di allontanarsi verso Harley, «Andiamo! Su!» cinguettò contenta dopo aver lasciato Jolly con un bacio sulla guancia.
Stephan guardò Katana avviarsi verso la strada a destra del labirinto, la seguì velocemente, e quando furono abbastanza lontani dal resto della squadra – il ragazzo suppose che fosse così dato che avevano già svoltato a sinistra un paio di volte – cercò di iniziare una conversazione, non era uno che sapeva stare zitto, infatti non capiva la persone taciturne come la samurai che aveva accanto e che non lo degnava di uno sguardo. «Sai almeno dove stiamo andando?» chiese alzando un sopracciglio, la donna si trattenne dallo sbuffare «Non che in un labirinto sia possibile sapere dove si stia andando.»
«Era giusto per parlare un po’.»
«Non parlo con voi, e non è questo il motivo per cui siamo qui.» gli rispose acida, Stephan alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa tra sé, somigliava molto ad un “Ma con chi sono capitato...” seguito da un “Quel coglione di Flag” detto a voce leggermente più alta. Quando sembrava che stessero camminando a vuoto senza motivo una strana luce azzurra colpì gli occhi dei due, «Sarebbe... l’energia?» chiese Stephan, la donna sguainò immediatamente la katana, «Non lo so, dovremmo mandare un segnale a Flag.»
«Certo, e come dovrem-» il ragazzo non poté terminare la frase perché i due vennero di nuovo teletrasportati in qualche luogo sconosciuto da quella luce azzurra, che li risucchiò velocemente. Un portale.

 
Akito non era uno che se la faceva sotto, se aveva accettato di seguire sua madre nella missione della Squadra Suicida era proprio perché non aveva paura, tantomeno della svitata che camminava accanto a lui. Pensò che sarebbe stato molto meglio scambiare due chiacchiere con la dottoressa Quinzel piuttosto che con Harley Quinn, con cui avere una conversazione che non terminasse con un suo monologo su Mister J era impossibile.
Il ragazzo non era del tutto sicuro di questo, anche perché non aveva ancora spiccicato una parola da quando si erano divisi, ma era certo di non voler scoprire cosa la regina di Gotham avesse da dire. «Dunque!» cinguettò quell’unica parola la bionda. Akito le lanciò un’occhiata lasciandole intendere che la stava ascoltando. «Io non so ancora il tuo nome!»
Il ragazzo sbuffò, «L’ho detto prima: Akito.» disse con cipiglio infastidito, mentre la bionda masticava rumorosamente una gomma, facendo scoppiare ogni tanto dei piccoli palloncini fatti con essa. «Allora non stavo ascoltando,» scrollò le spalle «Perché tu e tua madre siete qui?»
«A quanto pare mia madre ha passione per le missioni suicide, suppongo di non poter stare a casa con le mani in mano.» rispose sperando che la conversazione non prendesse una brutta piega e che non lo portasse a dover sfoderare le due katana, nonostante facesse finta di non rendersene conto Harley Quinn era parecchio brava a provocare, avrebbe fatto perdere la pazienza a chiunque e Akito sapeva che ne era pienamente consapevole.
Harley rise, «Non avrei mai portato qui la mia Giulia se non mi avessero costretta… Non ti sei chiesto perché una persona che dovrebbe volerti bene ti abbia mandato qui a morire?»
Il ragazzo si soffermò davvero a pensare alla domanda, si fidava così ciecamente di sua madre che non aveva preso in considerazione quella piccola questione che la ragazza del Joker stava ponendo per la prima volta sotto la sua attenzione.
Non fidarti di nessuno di loro” le parole di Katana gli rimbombarono nella testa come un fastidioso promemoria. «Io qualche domanda me la farei…» lasciò in sospeso camminando tranquilla, il ragazzo iniziò a rimuginare su quello che gli era stato detto. Non disse una parola, continuò a camminare seguendo Harley che svoltava a destra o a sinistra completamente a caso, senza nessun criterio. Fu quando si trovarono in un vicolo cieco che le cose si complicarono, la via per tornare indietro era stata bloccata. «Complimenti, regina di Gotham!» l’apostrofò sarcastico «Grazie alla tua brillante strategia siamo bloccati qui!»
«Non che tu abbia fatto molto per aiutare, pensi ancora alla tua mammina che non ti vuole bene?»
Akito prese un respiro profondo, fortunatamente era un ragazzo dallo spiccato autocontrollo, stava per rispondere ma venne interrotto da Harley che con un balzo si avvicinò al muro, «C’è scritto qualcosa! Esiste qualcosa sulla terra che ha due piedi, quattro piedi e tre piedi ed ha una sola voce, è l’unico, tra coloro che si muovono sulla terra, in cielo e nel mare a cambiare la propria natura, ma quando per camminare usa più piedi la sua velocità in proporzione diminuisce. Eh?» assunse un’espressione confusa dopo aver letto l’indovinello, anche il figlio di Katana aggrottò le sopracciglia, «È un enigma, evidentemente per proseguire dobbiamo risolverlo.»
«Beh inizia pure a scervellarti, perché per me è impossibile!» rinunciò a prescindere Harley, poggiandosi al muro.
 
Vista da un punto di vista esterno quella situazione poteva apparire decisamente imbarazzante: Sheila e Chato camminavano l’uno accanto all’altra senza guardarsi, ogni volta che si trovavano a dover girare o cambiare direzione comunicavano con cenni del capo e nemmeno una parola. «È da un po’ che andiamo dritti…» constatò El Diablo, in effetti quello che doveva essere un labirinto sembrava essere diventato un lungo corridoio. Sheila si guardò intorno e scrollò leggermente le spalle, «Magari siamo vicini al centro.» ipotizzò, Chato scosse la testa, «Non credo, ma è strano che un labirinto non abbia nemmeno un bivio per così tanti metri… dovremmo far sapere a Flag cosa sta succedendo.»
«Come?»
«Posso cercare di lanciare una fiammata abbastanza alta in modo che da fuori si veda.» alzò un braccio e una lunga fiammata scaturì dal palmo della sua mano, superando di qualche metro l’altezza dei muri. «Mh, non sono sicuro che l’abbiano visto…» Sheila era in procinto di replicare ma sgranò gli occhi e cacciò un urlo acuto prima di poter pronunciare qualunque parola, coprendosi poi la bocca con le mani. Chato si voltò di scatto per capire cosa aveva spaventato la ragazza, e arretrò istintivamente vedendo quello che sembrava essere un mostro. «C-cosa… C-come… Non è possibile…» mormorò la sirena con le lacrime agli occhi, mentre soffocava i singhiozzi. «Sheila! Sheila! Cosa c’è?! » chiese El Diablo scuotendola per le spalle, notando che la ragazza aveva smesso di reagire, come se il mondo attorno a sé avesse cessato di esistere. «Perché non ci attacca?» chiese il pirocinetico, più a se stesso che a Sirena, che comunque non avrebbe risposto, «Cos’hai?» rivolse ancora l’attenzione a Sheila, che sussurrò un solo nome: «Randelën

 
«Non ci voglio credere…» sbuffò Floyd, mentre la figlia di Harley trotterellava tranquilla accanto a lui, seguendolo come un cane seguirebbe il proprio padrone. Se Floyd trovava Harley in qualche modo simpatica, Jolly era semplicemente irritante, aveva una spiccata parlantina e nonostante in quel labirinto non ci fosse nulla da commentare e nulla di divertente, quella continuava a parlare e a ridacchiare praticamente da sola poiché Deadshot non le rivolgeva più di tanta attenzione.
Jolly, accorgendosi dell’atteggiamento freddo dell’uomo trasformò il proprio sorriso in un broncio, «Ehi! Parlo con te!» brontolò offesa, Floyd alzò gli occhi al cielo e si decise a degnarla di uno sguardo, «Dimmi!» sbottò «È da quando siamo partiti che parli da sola, non credevo ti desse così tanto fastidio.»
«Perché sei sempre così gentile con la mia mamma?» chiese, ignorando completamente la frase precedente. Deadshot tornò a guardare davanti a sé con aria del tutto indifferente, «Non sono gentile con lei, dopo la prima missione siamo diventati amici e mi comporto di conseguenza, tutto qui.» Jolly si sistemò la gonna, «Il mio papà non ne sarebbe contento.»
«Beh, il tuo papà ha lasciato anche che lei tornasse a Belle Reve e che tu ci finissi.» rispose tranquillo. Jolly rise, «Credimi, non è come pensate tutti.» affermò divertita, Floyd alzò un sopracciglio «Ah no?»
«No, però mi è stato detto di non dire nulla, è un segreto!» Floyd alzò di nuovo gli occhi al cielo e decise di ignorarla. Tutto ciò che gli serviva sapere era che il Joker aveva in mente qualcosa, e sua figlia oltre che la sua ragazza lo sapevano. «Floyd…» la ragazza assunse un tono spaventato. Nessuna risposta. «Floyd…» lo chiamò di nuovo, Deadshot non disse nulla. «FLOYD! C’È DELL’ACQUA QUI!» strillò. Il sicario guardò a terra e vide che da un punto non identificato usciva dell’acqua e che questa continuava ad alzarsi di livello. «Okay, calma, va tutto bene… dobbiamo capire da dove viene e fermare la fuoriuscita, non sarà difficile.»
«Sembra che venga fuori dal nulla!» urlò ancora Jolly, ormai l’acqua le arrivava alle ginocchia e no, non sapeva affatto nuotare.
 
Sarah e Killer Croc furono gli ultimi ad entrare nel labirinto, Lucille si era allontanata con Boomerang mimandole con le labbra una richiesta d’aiuto che l’aveva fatta ridacchiare. La ragazza borbottò qualcosa che Waylon non capì, «Beh? Andiamo?» si chiedeva che fine avesse fatto la paura che l’aveva presa quando aveva sentito che in coppia con lei c’era quello che appariva essere uno strano miscuglio fra un umano e un coccodrillo, per di più cannibale. Quello grugnì in risposta, seguendola.
«Non hai paura.» affermò ad un tratto lui, la ragazza lo guardò confusa, non riusciva a capire come lui lo sapesse… si chiese se fosse possibile che lo percepisse, ma si accorse che in effetti lei stessa non si comportava come una persona impaurita. Gli camminava accanto senza problemi, gli aveva addirittura sorriso quando i loro sguardi si erano incrociati; non che lui avesse risposto allo stesso modo ma era un tentativo.
«No, affatto. Se tu non mi dai motivi per averne io non ne ho.» rispose tranquilla. KC, se gli fosse stato possibile, avrebbe alzato le sopracciglia, «Non ho intenzione di mangiarti.»
«Allora andiamo d’accordo.» annunciò sorridente. Sarah credette di non essersi mai trovata in una situazione più strana – e lei era cresciuta in un circo, di cose inusuali ne aveva viste parecchie – o almeno lo pensò finché non si trovò davanti le loro esatte copie: due Swordsgirl e due Killer Croc si fronteggiavano, gli originali erano sbigottiti, ma si accorsero di doversi preparare a combattere perché nessuna delle loro copie sembrava avere buone intenzioni. E a volte la paura di se stessi è più forte di qualunque altra cosa.

Quando Lucille era entrata nel labirinto con il criminale australiano aveva supplicato silenziosamente la sua migliore amica di aiutarla, ma quella aveva semplicemente riso della sua situazione, e se le cose fossero state leggermente diverse probabilmente l’avrebbe chiamata “sfigata”, continuando a prenderla in giro. Sarah e quella sua passione per le disgrazie altrui.
Lady Ice camminò spedita, cercando di sorpassare velocemente Boomer, che, ovviamente più veloce di lei, non fece la minima fatica a raggiungerla. «Da chi scappi, milady?» le chiese con una nota divertita nella voce, prendendola chiaramente in giro per il suo nome d’arte, che tra l’altro non aveva nemmeno scelto lei. «Io non scappo, kangaroo.» rispose la ragazza. Con un accento australiano così palese non era difficile trovare un motivo per cui infastidirlo. «Sembra proprio di sì.»
«E invece ti sbagli, torna ad ascoltare gli AC/DC e non darmi fastidio.» disse tagliente, non si era nemmeno voltata a guardarlo in faccia, ma per Boomer fu semplice notare il mezzo sorriso compiaciuto che si dipinse sulle labbra della ragazza, evidentemente soddisfatta della sua stessa battuta. «Quindi hanno ragione quando dicono che tutte le bionde sono stupide! Non tutti gli australiani ascoltano gli AC/DC, lo sai, ghiacciolo
«Sei così stereotipato che non mi stupirei se li ascoltassi,» svoltò a destra per almeno la terza volta e trovò quasi irritante il fatto che lui non protestasse mai, seguendola quasi senza nemmeno parlare. «e smettila di fare l’accondiscendente, non mi fido di te e questa cosa non cambierà.»
«Me ne sbatto della tua fiducia. Non mi piace l’idea di essere congelato a morte.» affermò scrollando le spalle, Lucille ridacchiò ma prima che potesse rispondere una forte luce azzurra accecò entrambi, in meno di qualche secondo si trovarono nello stesso turbine di colori che li aveva portati all’entrata del labirinto. Boomer cominciava a stancarsi di tutti quegli eventi assurdi da libro fantasy.
 


Something I Need To Say
SINTS, quando gli autori giocano sporco.
 
Salve!
Oggi passerò direttamente al sodo senza troppi preamboli, vorrei dire due parole sulle prove del labirinto, la prova di Akito e Harley non è altro che l’Enigma della Sfinge (nonché primo vero e proprio indovinello ad essere documentato nella storia!), un’antica leggenda diceva che chiunque, prima di poter avere accesso alla città di Tebe, doveva risolvere un indovinello posto appunto dalla Sfinge; chi era in grado di rispondere correttamente poteva passare, mentre chi perdeva moriva strangolato o – in alcune versioni alternative – divorato dal mostro. E voi? Siete stati mangiati o avete saputo rispondere? Senza cercare su internet, eh!
Tra l’altro questa mia scelta è anche un omaggio ad una delle mie scrittrici preferite: J.K. Rowling, infatti l’Enigma della Sfinge è presente anche nel labirinto dell’ultima prova del Torneo Tremaghi in “Harry Potter e il Calice di Fuoco”.
Katana, Stephan, Boomer e Lucille finiscono in una breccia, che li porterà (SPOILER ALERT IO L’HO DETTO) in un luogo inventato da me: l’Isola dei Giocattoli Rotti, che non vi dico cos’è, altrimenti rischierei di dire troppo! (FINE SPOILER).
Sulle altre prove non c’è molto da dire, ma per qualunque curiosità ci sono le recensioni. E… IDEONA! Ho pensato che sarebbe interessante se in ogni capitolo aggiungessi – nelle mie note – una curiosità su ogni OC presente, i miei e i vostri quindi. Se vi piace l’idea mandatemi per messaggio privato tutto quello che vi passa per la testa sul personaggio, su come vi è venuta l’ispirazione per crearlo, perché ha quel nome o quel cognome, che voce avrebbe, che attore/attrice dovrebbe interpretarlo/a se fosse in un film… Tutto, in pratica.
Domanda di questo capitolo: che scuola fate? Medie, superiori, università?
Chiudo qui dato che come al solito mi sono dilungata anche troppo, però prima che possiate fuggire a leggere un’altra storia in questo link trovate una foto della presta volto di Sarah White aka Swordsgirl, per chi non la conoscesse è Willa Holland (Thea Queen in Arrow, per intenderci).
Vi saluto e al prossimo capitolo!
Beverly.
   
 
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