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Autore: Sacchan_    20/02/2017    0 recensioni
Selena si è da poco trasferita in una nuova città, ma il suo primo giorno non sarà dei migliori.
In questa long si muovono diversi personaggi, ognuno di loro nasconde qualcosa o convive con qualcosa che tenta di tenere nascosto al prossimo. In fondo, abbiamo tutti i nostri scheletri nell'armadio.
Warning!: presenza di tematiche delicate, più coppie slash [boyxboy] e fem!slash [girlxgirl]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Eris chiuse la porta alle sue spalle tirando un leggero sospiro di sollievo. 
Amava il club di pittura e di disegno, ma lo amava ancora di più quando poteva serrarne la porta e far dividere quell'aula dal resto della scuola. 
O del mondo... 
Avvertì una risata cristallina dietro di lei. 
"Sei in ritardo oggi? Cosa ti è successo? Qualcosa di bello?" 
Eris rise a sua volta in direzione di Syria. 
"Penso di essermi fatta una nuova amica, tutto qui." Le rispose rilassando le spalle. 
Era bella, Syria, più bella di qualsiasi altra ragazza che avesse mai incontrato all'interno dell'istituto. Calma come acqua quieta e gentile verso tutti; nonostante non avesse molti amici a scuola nessuno aveva mai osato parlare male di lei. 
I lunghi capelli ondulati, color cioccolato, le ricadevano sulla schiena come una cascata e le mani, abili come solo le sue sapevano esserlo, si muovevano sulla tela stendendo lunghe pennellate di colore. La frangetta le copriva appena gli occhi, senza darle troppo fastidio, un piccolo neo faceva capolino sotto l'occhio destro, spiccando sulla pelle rosea. 
Eris, ogni volta, si ritrovava ad osservarla trattenendo il fiato: c'era troppa eleganza nei suoi movimenti, persino il semplice spostarsi dei capelli da davanti a dietro erano in grado di ammaliarla. 
"Dai, non perdiamo tempo." Le sussurrò Syria accortasi della sua immobilità, la voce morbida e vellutata di sempre. 
Eris si avvicinò al centro stanza, dove due banchi erano stati uniti insieme e una sedia era stata posta poco lontano da essi. 
Ripiegato, sopra i due banchi uniti, vi era un lenzuolo bianco immacolato pronto all'uso. 
Eris si sbottonò i primi bottoni della sua camicetta mentre Syria si era alzata per appurare che la porta fosse effettivamente chiusa a chiave. Chissà a cosa avrebbero pensato i professori se avessero scoperto cosa combinavano in quella stanza, loro due da sole e rinchiuse. 
Lentamente la camicetta scivolò via dalle braccia e venne fatta sollevare sopra i jeans che furono sbottonati; le scarpe furono tolte, i calzini pure assieme a tutto il resto, fino a restare solo con l'intimo addosso. 
Eris ricordava benissimo l'imbarazzo che aveva provato la prima volta. 
"Anche le mutandine?" Aveva chiesto, timida e imbarazzata. 
"Anche le mutandine."

Reggiseno e slip furono rimossi.
Ora non c'era più traccia di quell'imbarazzo iniziale; anzi, ogni volta, c'era una sorta di eccitazione accompagnata da una lieve euforia: erano lei e Syria, completamente da sole, senza alcun disturbo esterno. 
Syria era molto professionale quando dipingeva: sedeva sullo sgabello con la schiena dritta, in una mano reggeva la tavolozza con i colori mischiati e nell'altra il pennello più adatto per disegnare; un tavolino lì accanto le permetteva di adagiare tutti gli strumenti che le servivano. 
Eris amava vederla seria e assorta nei suoi pensieri, alla ricerca della migliore sfumatura o del colore più simile a quello reale; continuando ad osservarla prese il lenzuolo e lo usò per coprirsi la parte bassa del proprio corpo mentre saliva sui due banchi e assumeva una posizione semi-sdraiata. 
Drappeggiò il lenzuolo attorno al proprio corpo, facendo sì che coprisse solo i punti strategici del proprio corpo, esattamente come Syria le aveva chiesto di fare la prima volta. 
"Il mento." La corresse. "Lo stai tenendo troppo inclinato; ecco, così, ora va meglio. Rilassa le spalle, oggi sarà veloce."
Syria era figlia di una pittrice hobbystica che, tuttavia, non aveva nulla da invidiare a un pittore di professione. La passione della madre era stata trasmessa alla figlia e Eris ricordava ancora quanto era rimasta affascinata dalla sua bravura il giorno in cui decise di entrare a far parte del club di disegno e di pittura, da sempre anche una sua passione. 
Eris non era mai andata d'accordo con le sue coetanee dai caratteri troppo esuberanti e vivaci, ma con Syria la problematica non si era mai presentata fin dall'inizio: Syria aveva modi gentili e pacati per rapportarsi con i suoi compagni e, quando le aveva chiesto di aiutarla per una mostra a cui aveva intenzione di partecipare, con quel sorriso irresistibile sulle labbra in grado di scioglierla, Eris non ci aveva pensato due volte: aveva accettato seppure ciò significava mettersi a nudo di fronte a un'altra persona. 
Poi era successo: si erano scambiate un bacio sulle labbra, complice un momento di fin troppa intimità, e dopo quello ne erano seguiti altri. 
"Teniamolo segreto, ok?" 
Le aveva detto Syria, accarezzandole i capelli, ed Eris aveva annuito. Da allora il rapporto fra le due si era evoluto, ma veniva tenuto custodito all'interno di quelle quattro mura, finché quel sentimento non era diventato talmente forte da diventare opprimente. 
"Penso di aver trovato la sfumatura giusta per i tuoi capelli, sai?" Scherzò Eris, tratteggiando le onde dei suoi capelli sulla tela a cui stava lavorando. "Mi hanno fatto penare, sai?" 
"Mmm, questo colore di capelli è orribile." Sussurrò Eris toccando una delle sue ciocche ribelli. "Scusa." 
"Orribile? Stai scherzando, vero?" Syria mischiò ulteriore colore, per crearne di nuovi, sulla tavolozza. "Io trovo che siano unico e adatto a te." 
Eris arrossì appena, distogliendo lo sguardo, tentando di nascondere l'imbarazzo e il rossore sulle guance. 
"Non tenere gli occhi bassi." La rimproverò gentilmente Syria e subito Eris si ricompose. "Oggi sei assente." Commentò poi poggiando il pennello sulla tavolozza e sfregando le mani contro il grembiule legato in vita, ormai chiazzato e sporco. 
"Ma no." Rispose Eris sedendosi composta. "Stavo solo pensando..."
Syria si alzò dal suo sgabello e le si avvicinò, poggiando le mani sui due banchi uniti esattamente a lato dei suoi fianchi. 
"Cosa?" Sollecitò. 
"Ti andrebbe bene se qualcun'altro si unisse a noi?" Trovò l'ardore di dire. 
Syria si sollevò, inarcando le sopracciglia verso l'alto. 
"Questo è un club scolastico, chiunque è il benvenuto qui." Le rispose con semplicità; Eris spostò gli occhi di lato pensierosa. 
"Dai, dimmi cosa c'è che non va." Syria sollevò una mano, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio, che, tuttavia, non servì a tranquillizzare la ragazza. "Stai tranquilla." Le mormorò, chinandosi su quel lobo. "Nessuno scoprirà di noi."
Eris si sentì attraversare da un fremito.
"Ho chiesto a una mia amica se volesse unirsi a noi." Si confidò infine. 
Syria prese posto a sedere accanto a lei, sollevando il sedere e lasciando che le gambe ciondolassero avanti e indietro; Eris ne approfittò per poggiare il capo contro la sua spalla. 
"Era per lei che prima sei entrata tutta sorridente?" Sirya l'abbracciò da dietro, avvolgendole la schiena e un fianco, tirandola verso sé, Eris chiuse gli occhi godendosi quelle coccole. 
"Mh, sì, è una nuova, arrivata la scorsa settimana. Le ho proposto di entrare nel nostro club, ma ora, pensandoci, forse ho fatto male." 
Syria si staccò appena, guardandola dubbiosa, Eris si mordicchiò il labbro inferiore alla ricerca delle parole adatte per risponderle. 
"In fondo, solo in questo club, io e te possiamo essere... solo io e te..." Eris non riuscì a terminare la frase: Syria l'aveva zittita poggiando il dito indice sulle sue labbra. 
"Non pensarci nemmeno. C'è anche Letty eppure continuiamo lo stesso a restare da sole, no?" Le baciò la fronte, spostandole appena la frangetta.
"Letty, lei sa..." Mormorò Eris, una punta di panico nella voce. "Sono certa che lei sappia di noi. E se decidesse di parlare, se andasse a spifferare qualcosa a qualcuno..." Si sentì premere sulla bocca da qualcosa di morbido e fresco, a tratti appiccicoso forse a causa di un velo di lucidalabbra; Eris non si lasciò scappare l'occasione di dischiudere le labbra, lasciando che le loro lingue si sfiorassero in un continuo mordi e fuggi. 
Quando si staccarono si ritrovò talmente senza fiato da non riuscire a completare ciò che stava dicendo qualche istante prima. 
Syria le accarezzò il capo, scompigliandole affettuosamente i capelli rossicci, nel tentativo di rassicurarla. 
"Non accadrà. Letty non è quel tipo di persona. E anche se dovesse accadere... non cambierà ciò che c'è fra me e te, giusto?" Asserì con espressione seria, guardandola dritta negli occhi e trasmettendole ogni tipo di sicurezza. Il cuore di Eris si inondò di felicità, fino a spingerla a trovare rifugio tra le sue braccia.
"Scusami, sono sempre così insicura." Mormorò, soffocando le parole contro il suo petto, la fronte poggiata lì dove pulsava il cuore. 
"Non farti più venire in mente brutte idee." Syria le strinse appena le spalle e la staccò da sé. "Ok, è ora di tornare a lavoro, che ne dici?" Rise divertita, stringendole appena il mento fra le dita e sorridendole dolcemente. 
Eris sollevò le braccia in alto, appoggiandole sopra la sua nuca e premendola verso sé, facendo sì che le loro labbra si congiungessero di nuovo. 
Si scambiarono ulteriori baci: lenti o veloci, fugaci o più approfonditi, finché entrambe desiderarono staccarsi per poi guardarsi negli occhi. 
"Non voglio affatto che tu torni a sederti su quello sgabello." Mormorò Eris contro le labbra di Syria, prendendole una mano e intrecciando le dita fra le sue in una presa talmente forte che non ammetteva di essere lasciata. "Abbiamo sempre così poco tempo a disposizione e solo qui possiamo stare insieme. Ti prego, non consumiamolo." 
Syria sgranò appena gli occhi per poi inclinare i lati della bocca verso l'alto. 
"Lo sai che è proprio questo il motivo per cui non riusciamo a portare a termine quel dipinto?" Commentò maliziosa, per poi farla stendere sotto di sé. "Ma va bene uguale." Si sfilò il grembiule dalla vita, lasciandolo scivolare a terra, per poi chinarsi sul collo candido e iniziare a succhiarne la pelle, Eris si portò il palmo della mano alla bocca per tapparsela.
Era da sempre così: da quando avevano scoperto che oltre ad attrazione fisica c'era molto di più; quello era l'unico momento in cui riuscivano ad esternare i loro sentimenti, senza doversi nascondere dietro ad una facciata di pura finzione, quando la scuola era quasi deserta, i pochi professori rimasti erano rinchiusi in sala professori e gli studenti, che si dedicavano alle attività extra-scolastiche, segregati nei loro club. 
Nessuno le aveva mai scoperte finora, seppure erano consapevoli che non avrebbero potuto continuare a lungo a nascondersi o a usare quell'aula. 
Eppure quel club era davvero il loro piccolo rifugio nascosto e segretamente pregavano che sarebbe rimasto tale ancora per tanto tempo, almeno fino a che non avrebbero trovato un'altra soluzione per restare insieme da sole. 
Eris scalciò appena con le gambe quando Syria tracciò il solco di pelle che dal seno scendeva fino all'ombelico; poi si sollevò di poco per portarsi la mano ai bottoni della cintura dei jeans e slacciarli; li fece scivolare giù fino alle cosce. 
I loro bacini si scontrarono più e più volte e le bocche si suggellarono reciproche, le dita affondarono nei capelli percorrendone la lunghezza. 
Eris trascinò giù con sé Syria fino a tenerla stretta contro il torace. 
"Sei l'unica persona che mi fa davvero stare bene qui." Le sussurrò baciandole il capo; Syria lo sollevò appena sorridendole. 
"Non vorrei mai più vederti soffrire a causa di un amore non corrisposto." Mugolò sistemandosi contro la sua spalla. 
"Fabian, eh?" Rimembrò Eris. "Non penso più a lui da quando ho conosciuto te."
Già, perché era stato quello il motivo per cui Eris era scoppiata a piangere quel giorno e Syria si era ritrovata a consolarla, generando poi ciò che sarebbe successo in seguito.
Non si dissero più niente in quanto nulla era necessario: bastavano soltanto le carezze reciproche e gli sguardi. 
Almeno fino a che Syria non fece forza sulle mani e si sollevò, prendendole entrambi i polsi e trascinando con sé Eris. 
Il lenzuolo, usato per coprirle le parti del corpo, era scivolato sul pavimento.
"Dai, rivestiamoci." Suggerì ricomponendosi i vestiti. "L'orario di chiusura si avvicina." 
Eris annuì, allungando una mano verso la sedia dove aveva riposto i propri vestiti; anche per quella giornata il loro tempo a disposizione era terminato e, ogni volta, si sentiva preda dell'angoscia: ritornate in corridoio lei e Syria avrebbero riassunto i loro comportamenti normali, atteggiandosi semplicemente a due amiche che condividevano la stessa passione. 
Ma non era proprio possibile continuare così e loro due lo sapevano bene, ogni giorno che passava sarebbe stato sempre peggio.






Curiosamente Letty prendeva il mio stesso autobus per tornare a casa.
L'avevo seguita a debita distanza, fingendo semplicemente che entrambe andassimo nella stessa direzione; il che, in parte, era anche vero. 
Non mi capacitavo ancora di come avevo potuto fare quella figura davanti a lei: certo, c'erano molte compagne di classe con cui ancora non avevo avuto modo di discutere e conoscere, ma non ricordarsi di una di loro era pressoché impossibile. 
La osservai curiosa: quando era arrivata alla fermata del bus, già gremita di studenti e di qualche professore, non aveva rivolto parola a nessuno e nessuno aveva salutato. Al contrario era rimasta ferma e immobile, assorta in chissà quali pensieri, mentre gruppi di amici e ragazzi le scivolavano accanto non accorgendosi di lei.
Ostentando un comportamento di naturalezza, unito a una mera coincidenza, la affiancai con la scusa di parlarle di nuovo. 
"Pare che prendiamo lo stesso autobus." Scherzai allegra. 
"Pare." Rispose lei piano e sottovoce. 
Non era esattamente stato un gran metodo di approccio; provai, allora, un'altra strada. 
"Se facessi richiesta per entrare nel tuo club saresti contenta?" Le domandai direttamente per poi mordermi la lingua da sola. 
Che razza di domanda era? Mi diedi della stupida, ma almeno ottenni un minimo di attenzione. 
Finalmente Letty mi rivolse lo sguardo. 
"Non avrei nulla in contrario." 
"Ah, bene..." Risi nervosa. "Anche se non ho ancora deciso dove andare." Mi passai la mano fra i capelli a disagio, Letty mi continuava a guardare senza trasparire alcuna emozione, come aveva sempre fatto fin dall'inizio. 
Alla fine spostai timidamente i miei occhi da lei fino alla punta dei miei piedi, per qualche minuto calò un silenzio imbarazzante disturbato dal gran vociare e caos provocato dagli studenti che smaniavano di tornare a casa. 
In lontananza l'autobus che tutti quanti stavano aspettando svoltò l'incrocio e imboccò il viale della scuola; gruppi di ragazzi iniziarono a spintonarsi scherzosamente fra di loro, creando delle file, mentre il mezzo si avvicinava alla banchina. 
"Tuttavia vorrei solo dirti una cosa..." 
Mi risvegliai dai miei pensieri. 
"Quando trovi la porta del club chiusa... è meglio che non ci metti il becco." 
Letty si dileguò, integrandosi con la fila che si era creata per salire, lasciandomi con un'espressione ebete condita dai miei occhi leggermente sgranati; soltanto uno spintone mi fece capire che dovevo muovermi.


   
 
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