Eris
chiuse la porta alle sue spalle tirando un leggero sospiro di sollievo.
Amava
il club di pittura e di disegno, ma lo amava ancora di più
quando poteva serrarne la porta e far dividere quell'aula dal resto
della scuola.
O
del mondo...
Avvertì
una risata cristallina dietro di lei.
"Sei
in ritardo oggi? Cosa ti è successo? Qualcosa di bello?"
Eris
rise a sua volta in direzione di Syria.
"Penso
di essermi fatta una nuova amica, tutto qui." Le rispose rilassando le
spalle.
Era
bella, Syria, più bella di qualsiasi altra ragazza che
avesse mai incontrato all'interno dell'istituto. Calma come acqua
quieta e gentile verso tutti; nonostante non avesse molti amici a
scuola nessuno aveva mai osato parlare male di lei.
I
lunghi capelli ondulati, color cioccolato, le ricadevano sulla schiena
come una cascata e le mani, abili come solo le sue sapevano esserlo, si
muovevano sulla tela stendendo lunghe pennellate di colore. La
frangetta le copriva appena gli occhi, senza darle troppo fastidio, un
piccolo neo faceva capolino sotto l'occhio destro, spiccando sulla
pelle rosea.
Eris,
ogni volta, si ritrovava ad osservarla trattenendo il fiato: c'era
troppa eleganza nei suoi movimenti, persino il semplice spostarsi dei
capelli da davanti a dietro erano in grado di ammaliarla.
"Dai,
non perdiamo tempo." Le sussurrò Syria accortasi della sua
immobilità, la voce morbida e vellutata di sempre.
Eris
si avvicinò al centro stanza, dove due banchi erano stati
uniti insieme e una sedia era stata posta poco lontano da essi.
Ripiegato,
sopra i due banchi uniti, vi era un lenzuolo bianco immacolato pronto
all'uso.
Eris
si sbottonò i primi bottoni della sua camicetta mentre Syria
si era alzata per appurare che la porta fosse effettivamente chiusa a
chiave. Chissà a cosa avrebbero pensato i professori se
avessero scoperto cosa combinavano in quella stanza, loro due da sole e
rinchiuse.
Lentamente
la camicetta scivolò via dalle braccia e venne fatta
sollevare sopra i jeans che furono sbottonati; le scarpe furono tolte,
i calzini pure assieme a tutto il resto, fino a restare solo con
l'intimo addosso.
Eris
ricordava benissimo l'imbarazzo che aveva provato la prima volta.
"Anche
le mutandine?" Aveva chiesto, timida e imbarazzata.
"Anche le mutandine."
Reggiseno
e slip furono rimossi.
Ora
non c'era più traccia di quell'imbarazzo iniziale; anzi,
ogni volta, c'era una sorta di eccitazione accompagnata da una lieve
euforia: erano lei e Syria, completamente da sole, senza alcun disturbo
esterno.
Syria
era molto professionale quando dipingeva: sedeva sullo sgabello con la
schiena dritta, in una mano reggeva la tavolozza con i colori mischiati
e nell'altra il pennello più adatto per disegnare; un
tavolino lì accanto le permetteva di adagiare tutti gli
strumenti che le servivano.
Eris
amava vederla seria e assorta nei suoi pensieri, alla ricerca della
migliore sfumatura o del colore più simile a quello reale;
continuando ad osservarla prese il lenzuolo e lo usò per
coprirsi la parte bassa del proprio corpo mentre saliva sui due banchi
e assumeva una posizione semi-sdraiata.
Drappeggiò
il lenzuolo attorno al proprio corpo, facendo sì che
coprisse solo i punti strategici del proprio corpo, esattamente come
Syria le aveva chiesto di fare la prima volta.
"Il
mento." La corresse. "Lo stai tenendo troppo inclinato; ecco,
così, ora va meglio. Rilassa le spalle, oggi sarà
veloce."
Syria
era figlia di una pittrice hobbystica che, tuttavia, non aveva nulla da
invidiare a un pittore di professione. La passione della madre era
stata trasmessa alla figlia e Eris ricordava ancora quanto era rimasta
affascinata dalla sua bravura il giorno in cui decise di entrare a far
parte del club di disegno e di pittura, da sempre anche una sua
passione.
Eris
non era mai andata d'accordo con le sue coetanee dai caratteri troppo
esuberanti e vivaci, ma con Syria la problematica non si era mai
presentata fin dall'inizio: Syria aveva modi gentili e pacati per
rapportarsi con i suoi compagni e, quando le aveva chiesto di aiutarla
per una mostra a cui aveva intenzione di partecipare, con quel sorriso
irresistibile sulle labbra in grado di scioglierla, Eris non ci aveva
pensato due volte: aveva accettato seppure ciò significava
mettersi a nudo di fronte a un'altra persona.
Poi
era successo: si erano scambiate un bacio sulle labbra, complice un
momento di fin troppa intimità, e dopo quello ne erano
seguiti altri.
"Teniamolo
segreto, ok?"
Le
aveva detto Syria, accarezzandole i capelli, ed Eris aveva annuito. Da
allora il rapporto fra le due si era evoluto, ma veniva tenuto
custodito all'interno di quelle quattro mura, finché quel
sentimento non era diventato talmente forte da diventare opprimente.
"Penso
di aver trovato la sfumatura giusta per i tuoi capelli, sai?"
Scherzò Eris, tratteggiando le onde dei suoi capelli sulla
tela a cui stava lavorando. "Mi hanno fatto penare, sai?"
"Mmm,
questo colore di capelli è orribile." Sussurrò
Eris toccando una delle sue ciocche ribelli. "Scusa."
"Orribile?
Stai scherzando, vero?" Syria mischiò ulteriore colore, per
crearne di nuovi, sulla tavolozza. "Io trovo che siano unico e adatto a
te."
Eris
arrossì appena, distogliendo lo sguardo, tentando di
nascondere l'imbarazzo e il rossore sulle guance.
"Non
tenere gli occhi bassi." La rimproverò gentilmente Syria e
subito Eris si ricompose. "Oggi sei assente." Commentò poi
poggiando il pennello sulla tavolozza e sfregando le mani contro il
grembiule legato in vita, ormai chiazzato e sporco.
"Ma
no." Rispose Eris sedendosi composta. "Stavo solo pensando..."
Syria
si alzò dal suo sgabello e le si avvicinò,
poggiando le mani sui due banchi uniti esattamente a lato dei suoi
fianchi.
"Cosa?"
Sollecitò.
"Ti
andrebbe bene se qualcun'altro si unisse a noi?" Trovò
l'ardore di dire.
Syria
si sollevò, inarcando le sopracciglia verso l'alto.
"Questo
è un club scolastico, chiunque è il benvenuto
qui." Le rispose con semplicità; Eris spostò gli
occhi di lato pensierosa.
"Dai,
dimmi cosa c'è che non va." Syria sollevò una
mano, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio, che,
tuttavia, non servì a tranquillizzare la ragazza. "Stai
tranquilla." Le mormorò, chinandosi su quel lobo. "Nessuno
scoprirà di noi."
Eris
si sentì attraversare da un fremito.
"Ho
chiesto a una mia amica se volesse unirsi a noi." Si confidò
infine.
Syria
prese posto a sedere accanto a lei, sollevando il sedere e lasciando
che le gambe ciondolassero avanti e indietro; Eris ne
approfittò per poggiare il capo contro la sua spalla.
"Era
per lei che prima sei entrata tutta sorridente?" Sirya
l'abbracciò da dietro, avvolgendole la schiena e un fianco,
tirandola verso sé, Eris chiuse gli occhi godendosi quelle
coccole.
"Mh,
sì, è una nuova, arrivata la scorsa settimana. Le
ho proposto di entrare nel nostro club, ma ora, pensandoci, forse ho
fatto male."
Syria
si staccò appena, guardandola dubbiosa, Eris si
mordicchiò il labbro inferiore alla ricerca delle parole
adatte per risponderle.
"In
fondo, solo in questo club, io e te possiamo essere... solo io e te..."
Eris non riuscì a terminare la frase: Syria l'aveva zittita
poggiando il dito indice sulle sue labbra.
"Non
pensarci nemmeno. C'è anche Letty eppure continuiamo lo
stesso a restare da sole, no?" Le baciò la fronte,
spostandole appena la frangetta.
"Letty,
lei sa..." Mormorò Eris, una punta di panico nella voce.
"Sono certa che lei sappia di noi. E se decidesse di parlare, se
andasse a spifferare qualcosa a qualcuno..." Si sentì
premere sulla bocca da qualcosa di morbido e fresco, a tratti
appiccicoso forse a causa di un velo di lucidalabbra; Eris non si
lasciò scappare l'occasione di dischiudere le labbra,
lasciando che le loro lingue si sfiorassero in un continuo mordi e
fuggi.
Quando
si staccarono si ritrovò talmente senza fiato da non
riuscire a completare ciò che stava dicendo qualche istante
prima.
Syria
le accarezzò il capo, scompigliandole affettuosamente i
capelli rossicci, nel tentativo di rassicurarla.
"Non
accadrà. Letty non è quel tipo di persona. E
anche se dovesse accadere... non cambierà ciò che
c'è fra me e te, giusto?" Asserì con espressione
seria, guardandola dritta negli occhi e trasmettendole ogni tipo di
sicurezza. Il cuore di Eris si inondò di
felicità, fino a spingerla a trovare rifugio tra le sue
braccia.
"Scusami,
sono sempre così insicura." Mormorò, soffocando
le parole contro il suo petto, la fronte poggiata lì dove
pulsava il cuore.
"Non
farti più venire in mente brutte idee." Syria le strinse
appena le spalle e la staccò da sé. "Ok,
è ora di tornare a lavoro, che ne dici?" Rise divertita,
stringendole appena il mento fra le dita e sorridendole dolcemente.
Eris
sollevò le braccia in alto, appoggiandole sopra la sua nuca
e premendola verso sé, facendo sì che le loro
labbra si congiungessero di nuovo.
Si
scambiarono ulteriori baci: lenti o veloci, fugaci o più
approfonditi, finché entrambe desiderarono staccarsi per poi
guardarsi negli occhi.
"Non
voglio affatto che tu torni a sederti su quello sgabello."
Mormorò Eris contro le labbra di Syria, prendendole una mano
e intrecciando le dita fra le sue in una presa talmente forte che non
ammetteva di essere lasciata. "Abbiamo sempre così poco
tempo a disposizione e solo qui possiamo stare insieme. Ti prego, non
consumiamolo."
Syria
sgranò appena gli occhi per poi inclinare i lati della bocca
verso l'alto.
"Lo
sai che è proprio questo il motivo per cui non riusciamo a
portare a termine quel dipinto?" Commentò maliziosa, per poi
farla stendere sotto di sé. "Ma va bene uguale." Si
sfilò il grembiule dalla vita, lasciandolo scivolare a
terra, per poi chinarsi sul collo candido e iniziare a succhiarne la
pelle, Eris si portò il palmo della mano alla bocca per
tapparsela.
Era
da sempre così: da quando avevano scoperto che oltre ad
attrazione fisica c'era molto di più; quello era l'unico
momento in cui riuscivano ad esternare i loro sentimenti, senza doversi
nascondere dietro ad una facciata di pura finzione, quando la scuola
era quasi deserta, i pochi professori rimasti erano rinchiusi in sala
professori e gli studenti, che si dedicavano alle attività
extra-scolastiche, segregati nei loro club.
Nessuno
le aveva mai scoperte finora, seppure erano consapevoli che non
avrebbero potuto continuare a lungo a nascondersi o a usare quell'aula.
Eppure
quel club era davvero il loro piccolo rifugio nascosto e segretamente
pregavano che sarebbe rimasto tale ancora per tanto tempo, almeno fino
a che non avrebbero trovato un'altra soluzione per restare insieme da
sole.
Eris
scalciò appena con le gambe quando Syria tracciò
il solco di pelle che dal seno scendeva fino all'ombelico; poi si
sollevò di poco per portarsi la mano ai bottoni della
cintura dei jeans e slacciarli; li fece scivolare giù fino
alle cosce.
I
loro bacini si scontrarono più e più volte e le
bocche si suggellarono reciproche, le dita affondarono nei capelli
percorrendone la lunghezza.
Eris
trascinò giù con sé Syria fino a
tenerla stretta contro il torace.
"Sei
l'unica persona che mi fa davvero stare bene qui." Le
sussurrò baciandole il capo; Syria lo sollevò
appena sorridendole.
"Non
vorrei mai più vederti soffrire a causa di un amore non
corrisposto." Mugolò sistemandosi contro la sua spalla.
"Fabian,
eh?" Rimembrò Eris. "Non penso più a lui da
quando ho conosciuto te."
Già,
perché era stato quello il motivo per cui Eris era scoppiata
a piangere quel giorno
e Syria si era ritrovata a consolarla, generando poi ciò che
sarebbe successo in seguito.
Non
si dissero più niente in quanto nulla era necessario:
bastavano soltanto le carezze reciproche e gli sguardi.
Almeno
fino a che Syria non fece forza sulle mani e si sollevò,
prendendole entrambi i polsi e trascinando con sé Eris.
Il
lenzuolo, usato per coprirle le parti del corpo, era scivolato sul
pavimento.
"Dai,
rivestiamoci." Suggerì ricomponendosi i vestiti. "L'orario
di chiusura si avvicina."
Eris
annuì, allungando una mano verso la sedia dove aveva riposto
i propri vestiti; anche per quella giornata il loro tempo a
disposizione era terminato e, ogni volta, si sentiva preda
dell'angoscia: ritornate in corridoio lei e Syria avrebbero riassunto i
loro comportamenti normali, atteggiandosi semplicemente a due amiche
che condividevano la stessa passione.
Ma
non era proprio possibile continuare così e loro due lo
sapevano bene, ogni giorno che passava sarebbe stato sempre peggio.
Curiosamente
Letty prendeva il mio stesso autobus per tornare a casa.
L'avevo seguita a debita distanza, fingendo semplicemente che entrambe
andassimo nella stessa direzione; il che, in parte, era anche vero.
Non mi capacitavo ancora di come avevo potuto fare quella figura
davanti a lei: certo, c'erano molte compagne di classe con cui ancora
non avevo avuto modo di discutere e conoscere, ma non ricordarsi di una
di loro era pressoché impossibile.
La osservai curiosa: quando era arrivata alla fermata del bus,
già gremita di studenti e di qualche professore, non aveva
rivolto parola a nessuno e nessuno aveva salutato. Al contrario era
rimasta ferma e immobile, assorta in chissà quali pensieri,
mentre gruppi di amici e ragazzi le scivolavano accanto non
accorgendosi di lei.
Ostentando un comportamento di naturalezza, unito a una mera
coincidenza, la affiancai con la scusa di parlarle di nuovo.
"Pare che prendiamo lo stesso autobus." Scherzai allegra.
"Pare." Rispose lei piano e sottovoce.
Non era esattamente stato un gran metodo di approccio; provai, allora,
un'altra strada.
"Se facessi richiesta per entrare nel tuo club saresti contenta?" Le
domandai direttamente per poi mordermi la lingua da sola.
Che razza di domanda era? Mi diedi della stupida, ma almeno ottenni un
minimo di attenzione.
Finalmente Letty mi rivolse lo sguardo.
"Non avrei nulla in contrario."
"Ah, bene..." Risi nervosa. "Anche se non ho ancora deciso dove
andare." Mi passai la mano fra i capelli a disagio, Letty mi continuava
a guardare senza trasparire alcuna emozione, come aveva sempre fatto
fin dall'inizio.
Alla fine spostai timidamente i miei occhi da lei fino alla punta dei
miei piedi, per qualche minuto calò un silenzio imbarazzante
disturbato dal gran vociare e caos provocato dagli studenti che
smaniavano di tornare a casa.
In lontananza l'autobus che tutti quanti stavano aspettando
svoltò l'incrocio e imboccò il viale della
scuola; gruppi di ragazzi iniziarono a spintonarsi scherzosamente fra
di loro, creando delle file, mentre il mezzo si avvicinava alla
banchina.
"Tuttavia vorrei solo dirti una cosa..."
Mi risvegliai dai miei pensieri.
"Quando trovi la porta del club chiusa... è meglio che non
ci metti il becco."
Letty si dileguò, integrandosi con la fila che si era creata
per salire, lasciandomi con un'espressione ebete condita dai miei occhi
leggermente sgranati; soltanto uno spintone mi fece capire che dovevo
muovermi.