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Autore: mgrandier    20/02/2017    15 recensioni
"Se in quell’istante avessi avuto il coraggio di abbassare lo sguardo,
evitando quegli occhi trasparenti come cristallo e taglienti come il filo di una lama,
allora, forse, avrei avuto la libertà.
La libertà di obbedire."
Genere: Introspettivo, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Bisogno di pace
 
Aprendo gli occhi, nell’immagine un poco confusa del primo risveglio, l’attenzione venne immediatamente attratta dalla macchia dorata della inconfondibile chioma di Oscar. China sui resti di un focolare ormai esausto, con un ramo sottile lei stava smuovendo i frammenti scuri della legna che durante la notte aveva offerto un poco di sicurezza e di tepore.
Dopo il primo giorno di cammino, avevano proseguito su percorsi secondari, evitando i centri abitati principali e portandosi cautamente verso la Normandia, approssimandosi ad un villaggio solo con lo scopo di acquistare delle provviste per poter consumare pranzo e cena al riparo da sguardi indiscreti: una forma di pane e qualche mela, sufficienti per pasti frugali e, al bisogno, rapidi. Poi, al calar della sera, avevano scelto di stabilirsi alle spalle di una sorta di capanno diroccato nella campagna a occidente di Alençon, dove, di nuovo, si erano alternati in turni di veglia e riposo, durante tutta la notte.
Analogamente, il terzo giorno, muovendosi verso nord, si erano portati a poche miglia dalla costa, scegliendo poi di percorrere una via interna, in avvicinamento alla foce della Seine, per fermarsi a trascorrere la notte nell’entroterra, riparati presso i resti di una cappella di preghiera ormai in disuso, dove rampicanti e arbusti avevano creato una specie di rifugio.
André si sollevò dal rudimentale giaciglio, sollevando le braccia sopra il capo per sgranchirsi le articolazioni dopo il sonno; all’udire il suo movimento, Oscar si volse immediatamente verso di lui.
- Buongiorno, Oscar. – la salutò, e al suo sguardo fu subito chiaro che dietro il sorriso che ebbe in risposta si celava l’ombra di un pensiero che, forse da ore, era giunto a turbare la notte di Oscar. Allora le si avvicinò, chinandosi a sua volta e, raccogliendo a terra un legnetto, prese a sgranare le ceneri della notte insieme a lei, smuovendo la polvere inconsistente. Rispettò per un poco il suo silenzio, poi levò il viso e scrutò il cielo, limpido e apparentemente libero da nubi, perdendosi nel gioco mutevole di colori con cui l’aurora, a oriente, iniziava a schiarire la notte regalando i primi soffi di luce rosata.
- Non sei tranquilla, lo vedo: qualcosa ti preoccupa. – esordì pacato, senza chiedere, ma semplicemente riconoscendo in Oscar e in quei gesti senza uno scopo preciso, i segni di un tumulto soffocato – Intendo … qualcosa di nuovo. –
Si stupì quasi del vederla sorridere tra sé, in risposta alle parole che le aveva rivolto. Oscar distolse lo sguardo dalla cenere e annuì, quasi rassegnata a lasciarsi scrutare fino nell’animo e forse in parte sollevata dallo scoprire, ancora una volta, quanto lui riuscisse a vedere oltre il suo fragile involucro.
- Pensavo a mia madre … al fatto che non saprà nulla di ciò che è accaduto realmente e che potrà ascoltare solo il resoconto dei fatti così come li riporterà mio padre. Chissà cosa potrà mai pensare di tutto questo … –
André lasciò allora il ramo tra la cenere, voltandosi e levandosi in piedi, in attesa che lei facesse lo stesso; la scrutò un poco e poi le si avvicinò ancora di più, posando le mani sulle sue spalle in un gesto istintivamente protettivo.
– Temi che il fatto di lasciare la tua famiglia per … per me, potrà ferirla? – le chiese.
- No! – si affrettò lei a fermarlo, posando le mani aperte sul suo petto – Lei in fondo sapeva che io … Beh … - esitò un poco, prima di poter riprendere – Quella notte[i], in qualche modo lei aveva compreso. Lo aveva fatto davvero. – riuscì a spiegare, sottolineando quanto Madame fosse riuscita ad ascoltarla e ad accogliere il suo sentire – Non si sarebbe mai opposta, anzi … in qualche modo credo che ne fosse quasi felice. Tuttavia, ora … – sussurrò infine, lasciando in sospeso ogni altro pensiero.
André allora comprese meglio i dubbi di Oscar e capì di doverle delle spiegazioni – Oscar, dopo la tua partenza, quella stessa notte tua madre venne a cercarmi, nella mia camera[ii] e fu lei ad aiutarmi a comprendere dove cercarti, lei a spingermi a partire e a chiedermi di … portarti via, lontano da tutto. –
Sorpresa da quelle parole, Oscar rimase senza parole, forse pensando alla propria madre; André ne colse il momentaneo smarrimento e le venne in aiuto.
- In realtà non mi disse nulla vostro colloquio, se è questo a preoccuparti … - la tranquillizzò sorridendole - … ma mi aiutò a trovare il coraggio di crederci davvero; perché forse, senza di lei, non avrei mai avuto la forza di sfidare così apertamente tuo padre, né di spacciarmi per un conte, pur di raggiungerti! – concluse infine, cercando di alleggerire il suo animo.
Lei annuì e per qualche istante parve davvero sollevata da quanto André le aveva detto; eppure la sua espressione tornò scura e la fronte segnata dal dubbio.
- Resta comunque mio padre. – riprese seria.
– Temi che gli uomini del Generale possano giungere nei dintorni, chiedendo di noi? Credi che possano trovarci … o che ci stiano già seguendo? – chiese André cercando di seguire il filo dei suoi pensieri.
- Non lo so. – ammise scuotendo il capo – Non so cosa possiamo aspettarci da mio padre e sento di non riuscire a prevedere le sue mosse. – aggiunse poi – Non come potevo fare un tempo. Però ripensavo a ieri, alla nostra sosta al borgo, e a quella del giorno precedente, dal fattore, al fatto che ci sarà necessario tornare a fermarci in una bottega … o presso un casale … -
– Non angustiarti, Oscar, – le sussurrò – perché già siamo molto lontani da Azay e il Generale non può immaginare quale tragitto stiamo percorrendo, né da quale porto partiremo. – cercò di rassicurarla, protettivo – Ad ogni modo, faremo tutto il possibile, Oscar, e ti giuro che non torneremo indietro. – affermò sicuro, puntando il proprio sguardo in quello di lei, in cui la luce dell’alba aveva acceso un riflesso insolito, rendendolo incredibilmente simile al cielo che aveva scrutato solo poco prima. Portò poi un palmo al suo viso, cullando la sua guancia morbida in una carezza calda, mentre il pollice disegnava lento il profilo dritto della tempia e lei chiudeva gli occhi di rimando, abbandonandosi a quel gesto delicato e dischiudendo appena le labbra in un sospiro lieve.
Avvertì allora, in quel contatto, qualcosa di nuovo. In quell’istante, Oscar gli parve fragile, affaticata, certamente provata dalle emozioni e dalle preoccupazioni degli ultimi avvenimenti, ma anche dal viaggio che avevano affrontato all’improvviso, rinunciando ad ogni agio. Vide le ciocche disordinate, le volute un poco arruffate, intrecciate oltre il consueto, e le tracce evidenti della stanchezza che non era solo di una notte, o di qualche ora di veglia, ma qualcosa di più profondo, che segnava Oscar, e il suo bisogno di vivere davvero, con un’ombra di fatica. Si chinò a baciarle la fronte, scostando i capelli dalla pelle e ravviandoli con gentilezza sul suo capo, mentre le dita li liberavano dalla polvere e da minuscoli frammenti di foglie, districandone gli intrecci.
- Per tre giorni ci siamo mantenuti lontani da percorsi battuti – mormorò quasi tra sé, facendo poi scendere il palmo sulla sua spalla - ma a questo punto, se il Generale ci avesse inseguiti da subito, ci avrebbe già individuati. – ipotizzò poi, seguendo il filo dei propri pensieri – Io credo che dovremmo invece cercare di restare tranquilli, per vivere questo momento come è giusto che sia. – tese le labbra, riflettendo per un istante e poi riprese, con un sorriso intrecciato tra le parole – Per la prossima notte, cercheremo una locanda, in modo da riposare davvero; così avremo del tempo per noi e non daremo l’impressione di essere due fuggiaschi … -
 
- Quanti siete? – chiese la donna dal suo cantuccio buio, ricavato in un angolo della sala, e i suoi occhi verdi si spostarono rapidamente da André a Oscar, per poi passare a gettare lo sguardo alle loro spalle con fare speranzoso; André si volse, seguendo il moto della donna e abbracciando in un attimo tutta la sala dove, purtroppo per lei, non poté scorgere altri che una mezza dozzina di uomini malvestiti, intenti a bere quello che certamente, non doveva essere un vino particolarmente ricercato.
- Solo io e mia moglie. – rispose André prontamente tornando a fissare lo sguardo sulla donna, realizzando solo un istante dopo aver parlato, di aver espresso quella importante verità con estrema semplicità, oltre che con una fermezza che non si sarebbe aspettato di poter avere – Siamo solo in due: una camera sarà sufficiente. – spiegò poi.
La donna piegò le labbra in una espressione che gli parve quasi tradire un poco di delusione; tuttavia, seppe essere estremamente gentile e si mostrò immediatamente disponibile nei loro confronti.
- Allora, una camera sola. – recepì e poi sollevò le sopracciglia, proseguendo con occhio esperto il suo esame sui nuovi venuti – Forse allora posso esservi utile in qualche modo, Monsieur? Posso fare preparare dell’acqua calda, perché vostra moglie possa rassettarsi e riaversi dal viaggio – suggerì, certamente ispirata dalla polvere che copriva entrambi da capo a piedi – e se preferisse essere più comoda, posso mettere a sua disposizione una tinozza e magari anche farvi preparare una cena calda, più tardi, Monsieur … Monsieur … -
- … G-Gaumont. – intervenne subito André, improvvisando – Monsieur Gaumont. E … ecco, credo che gradiremo davvero di poter utilizzare una tinozza di acqua calda e poi anche di consumare la cena, più tardi. Credete di potercela servire direttamente in camera, Madame? –
All’udire le parole di André, la donna parve quasi ringiovanire di un decennio, mentre la fronte si distendeva, soddisfatta e rallegrata dalle esigenze di questi curiosi ospiti che, certamente, avrebbero fatto lievitare il conto del loro soggiorno come pagnotte ben impastate.
- Ma certamente, Monsieur Gaumont! – rispose gioviale - Provvederò a farvi servire la cena non appena lo desidererete. Vi sarà sufficiente chiamarmi, o chiedere di me, di Madame Françoise, e sarete serviti al più presto. –
In quel momento, un cigolare lamentoso annunciò l’ingresso in sala di un nuovo avventore e Madame Françoise si affrettò a controllare con solerzia chi fosse il nuovo arrivato; André seguì lo sguardo della donna, scorgendo sulla soglia d’ingresso della locanda un uomo dall’aria dimessa, intento a scegliersi un posto tranquillo tra gli altri uomini intenti a bere.
- La camera è la seconda a destra. – spiegò allora risoluta Madame Françoise, improvvisamente colta da una certa fretta di dedicarsi al nuovo venuto, mentre depositava una lunga chiave brunita nel palmo di André – Avete bisogno di altro? –
- I nostri cavalli, Madame: gradirei poterli accomodare al riparo e rifocillarli, se avete una stalla per gli animali dei vostri ospiti. – chiese ancora.
- Certamente, Monsieur: nel cortile qui dietro, - spiegò rapida, sollevando un braccio per indicare il muro alle proprie spalle, e tutto il resto del mondo da esso celato – c’è un ricovero per le bestie di mio marito. Potete portare lì i vostri cavalli e, se vorrete, il mio Guy potrà prendersi cura di loro. Ora, se volete scusarmi … -
- Vi ringrazio, Madame. – concluse perciò André, comprendendo le ragioni della donna e chiudendo le dita sullo stelo della chiave – Vi ringrazio. Noi saliamo, per accomodare i nostri bagagli, e poi provvederò ai cavalli. –
 
Aveva quindi condotto Cesar e Alexander nel cortile alle spalle della locanda, dove un ragazzino magro dai capelli rossi lo aveva immediatamente intercettato e accompagnato in una specie di ricovero di fortuna, in cui gli spifferi soffiavano vivaci, provocando suggestivi mulinelli di polvere sospesa nell’aria.
- Potete sistemare qui i vostri cavalli, Monsieur! – gli aveva indicato allegro il ragazzino, mostrando un angolo vuoto, accanto al quale un asino dal manto scuro e spelacchiato sonnecchiava tranquillo – Mi occuperò io stesso di loro: mia nonna mi ha ordinato di fare del mio meglio! Posso strigliarli, rifocillarli e … Oh, Monsieur! Sono davvero belli i vostri cavalli e io sarei davvero onorato di potermi occupare di loro! – aveva ammesso poi e le lentiggini sul suo viso allegro avevano aggiunto al suo entusiasmo una nota festosa, mentre, un poco agitato, sfregava i palmi aperti sugli abiti consumati ma dignitosi, che, aveva osservato André, certamente avrebbero potuto accompagnarlo nella crescita ancora per qualche anno, considerata la dimensione sovrabbondante.
André aveva sorriso, divertito dall’atteggiamento del ragazzino e consapevole di quanto gli sarebbe stato difficile, gracile come era, levare la sella dagli stalloni e occuparsi di loro tutto da solo.
– Tu sei Guy, dunque? – aveva chiesto, ottenendo in risposta un energico annuire con il capo – Bene, Guy, allora ci occuperemo insieme di questi due bei cavalli! –
Con Guy, André si era intrattenuto per oltre mezz’ora. Fin dalle prime mosse, si era accorto di quanto la buona volontà del ragazzino non potesse colmare le falle dell’inesperienza … perciò si era prestato volentieri a mostrargli come prendersi cura dei cavalli nel migliore dei modi, così come lui stesso aveva appreso durante la sua infanzia a palazzo Jarjayes, seguendo come un’ombra il vecchio stalliere e facendo propri i suoi segreti. Li avevano liberati da selle e finimenti, strigliati, rifocillati e, in un certo senso, ricompensati delle fatiche del viaggio che avevano affrontato nei giorni passati. Era stato semplice, per André, guadagnarsi la simpatia del giovane Guy, nei cui occhi limpidi aveva riconosciuto un genuino fascino di fronte a Cesar e Alexander e pure una assoluta riconoscenza per gli insegnamenti avuti; ed era stato ancor più semplice comprendere dai suoi racconti spontanei e coloriti, come la locanda vivesse di un traffico tranquillo, della sosta di viaggiatori che, da sud e da nord, attraversavano la Seine sull’ultimo ponte prima che il corso del fiume si aprisse sull’Oceano nel grande estuario.
- Il porto di Havre è a meno di un giorno di cammino a piedi, Monsieur, e la maggior parte dei viaggiatori prosegue e si ferma nelle taverne di Lillebonne o scende direttamente a Honfleur: qui non ci restano che i contadini dei villaggi che vogliono sbronzarsi e qualche viandante troppo stanco per andare oltre … - aveva spiegato in modo pratico il ragazzino, e André si era quasi sentito sollevato da questo dettaglio, augurandosi sinceramente di essere lontano dai percorsi preferiti e prevedibili.
- Voi dove siete diretto, Monsieur? – gli chiese diretto Guy, mentre ancora la striglia si muoveva rapida e ormai precisa sul mantello di Alexander.
André esitò per qualche istante, aggrottando la fronte, impreparato a quella domanda, e il ritardo della sua risposta parve eloquente più di qualunque destinazione avesse potuto azzardare a citare; lo sguardo azzurro e sveglio di Guy divenne immediatamente diretto e consapevole.
- Oh, non dovete preoccuparvi, Monsieur … anzi, perdonatemi se sono stato così invadente … Non volevo in alcun modo mettervi in difficoltà! – si affrettò a tranquillizzarlo il ragazzo, evidentemente preoccupato per i disagi provocato.
André allora gli si avvicinò, le labbra serrate mentre nella mente rapidi si intrecciavano dubbi e ipotesi; si chinò appena un poco, perché il proprio viso fronteggiasse quello del ragazzo, che si era irrigidito, forse consapevole di essere ad un passo da qualcosa di incognito ma importante. André vide le sopracciglia brillare di un riflesso di rame e inarcarsi nell’attesa che lui parlasse; scrutò quello sguardo azzurro per qualche istante, specchiandosi tra i fili dorati che si intrecciavano nelle iridi e leggendovi dentro, con pazienza e una sorta di fiducia.
- Sono diretto lontano, Guy; molto lontano, a nord. – esordì a voce bassa, mantenendo lo sguardo in quello del ragazzo, che ora rispondeva con silenziosa serietà – Non ho nulla da nascondere; tuttavia … - soggiunse poi, infilando una mano nella tasca della giacca e rovistando per qualche istante, per poi estrarla, trattenendo tra le dita una moneta, fredda e lucida sotto il proprio tocco - … preferirei che il mio viaggio restasse tranquillo, senza intoppi di nessun genere. –
Guy non si mosse, evidentemente sorpreso da quella immediata vicinanza, o dal suo tono basso e perentorio e chiaramente non avvezzo a simili confidenze. André, un poco sollevato da quel dettaglio, allungò il braccio, afferrando la mano libera dalla striglia e prendendola tra le proprie mani. Depositò la moneta nel palmo del ragazzo e poi la strinse un poco, richiudendo le dita perché la trattenesse.
- Posso fidarmi di te, ragazzo, non è vero? – gli chiese poi, mantenendosi serio, e il ragazzo prese lentamente ad annuire, tendendo le labbra e assottigliando lo sguardo in una espressione grave.
- Bene! – esclamò allora André, allontanandosi all’improvviso, ritrovando in un batter di ciglio la propria giovialità e battendo la propria mano sulla spalla di Guy, con una presa salda e rassicurante – Allora continua a prenderti cura dei miei cavalli e veglia su di loro! –
Il viso magro del ragazzino si illuminò di un sorriso radioso, caldo di una sorta di orgoglio di giovane uomo, mentre le dita restavano serrate sul palmo, trattenendo quanto ricevuto dalle mani di André.
– Non vi deluderò, Monsieur! – gli rispose, muovendo appena le labbra, troppo tese nell’euforia del momento – Potete starne certo! –
 
– Oscar? – chiamò cauto, bussando due colpi sul legno, e rimase in attesa, in ascolto, di fronte alla porta della camera. Udì il rintocco sordo di qualche passo mosso rapidamente a piedi nudi sull’assito del pavimento, e poi lo stridere lento del chiavistello, prima che il battente si potesse aprire in uno spiraglio sottile, lasciando che un alito caldo lo investisse come una carezza delicata e piacevole, profumata del denso sentore di lavanda evidentemente utilizzato per il bagno di Oscar.
- Vieni pure, André. – lo invitò allora la sua voce calda, nascosta nell’angolo cieco dietro al battente, e André varcò la soglia, richiudendo subito dietro di sé la porta e assicurandola di nuovo con il fermo e con la chiave.
Volgendosi, André non poté impedirsi di trattenere il fiato, nello scorgerla lì, a poco più di un passo, ferma di fronte al camino acceso, il corpo avvolto in telo grezzo, con le braccia ripiegate a bloccare la stoffa chiusa sul seno e le spalle sollevate, quasi nel tentativo di risultare meno esposte. Teneva lo sguardo basso, fisso sull’assito macchiato della traccia dei suoi passi umidi e ne intuì il leggero disagio, osservando come le dita stringessero avide la stoffa ripiegata su se stessa.
- L’acqua è ancora calda … - mormorò lei e André, sollevando lo sguardo al suo volto, vide i suoi capelli umidi, le ciocche indisciplinate sul capo e la pelle del viso un poco arrossata per la vicinanza del fuoco acceso; seguì la corsa di una goccia, gonfia e lucida, nel suo discendere lenta lungo una voluta scura come miele per raggiungere la pelle delicata della spalla, e poi scivolare rapida fino al telo, scomparendo in una macchia appena visibile sul lino grezzo. Si perse per qualche istante nel disegno magro delle sue spalle, delle clavicole esposte e ancora umide, delle curve che la stoffa lasciava intuire e che ora poteva ricondurre a qualcosa di tangibile e vivo, come un formicolio sotto i propri palmi.
Chiuse gli occhi e per un istante si trovò a Palazzo Jarjayes, in una situazione del tutto simile, che ora gli pareva lontanissima e che tuttavia era ritornata con forza, richiamata dall’eco di quella stessa stretta alle viscere che aveva provato allora, nello scorgere la forma sinuosa di Oscar avvolta in un telo, allora candido e prezioso.
Si riscosse quando avvertì il suo tocco delicato sul proprio collo e la stretta dello jabot si fece lenta, fino a svanire in un soffio, restituendogli agio e respiro; si lasciò cullare dal piacere di quella mano leggera che, con un poco di fatica, ma piena di determinazione, procedeva nel suo intento, sfilandogli la giacca e poi tirando un poco la stoffa della camicia, per liberarla dalla presa delle brache sui fianchi. Allora, prendendo fiato e ritrovando vigore, si sfilò rapido la casacca, lasciandola cadere a terra, mentre Oscar, ferma al suo cospetto, tornava a stringersi addosso il telo, con lo sguardo in una fessura bruciante di blu, puntato nel suo.
- Aspettami … - le disse con voce graffiata dall’urgenza, e in un attimo si allontanò da lei, diretto alla tinozza da cui ancora si levava qualche spira calda e profumata, mentre le mani frugavano impazienti, slacciando le brache.
 
[i] Riferimento al capitolo 32
[ii] Riferimento al capitolo 43

Angolo dell'autrice: capitolo lungo... e forse pure ricco di spunti, per chi vuole riflettere un po'. Se vi può rincuorare... avrete tempo per pensarci, perchè nel prossimo fine settimana sarò impegnata e così pure lunedì, perciò la pubblicazione del capitolo 60 potrebbe farsi attendere un po'. Io lascio un abbraccio fortissimo a tutte voi che leggete, seguite, ricordate e preferite, lasciandomi anche i vostri commenti. Grazie a tutte... e a presto! Bacioni
  
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