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Autore: BebaTaylor    20/02/2017    2 recensioni
2015. Erikson, Presidente degli Stati Uniti d'America, rivela al mondo l'esistenza di alcune persone dotate di poteri particolari: possono creare il fuoco dal nulla, possono trasformarsi in animali, creano elettricità con le mani, hanno premonizioni... Erikson le vuole catturare e rinchiudere perché sono pericolosi. Mostri assassini, li definisce. Soldier, si definiscono loro.
Crystal fugge dopo la morte della nonna, unica parente. Non si fida più di nessuno, nemmeno dei vicini. Marie-Anne scappa, spaventata da quello che è. Benjamin se ne va dopo la misteriosa scomparsa del padre. Kathy e Samuel fuggono dopo la festa per il loro fidanzamento, Erik segue l'istinto e scappa, Kyle e Jenna scappano perché è l'unica cosa da fare. William, Emily e Sarah scappano dopo che gli uomini di Erikson hanno ucciso la madre davanti a loro. Dawn, della sede Newyorchese della Projeus, momentaneamente trasferita in Canada, cerca di salvarli, perché Erikson è venuto in possesso di una lista con i nomi di tutti i Soldier della parte orientale degli USA. C'è una talpa, alla sede. E ce ne è una anche nei fuggitivi diretti in Canada.
E questa è la loro storia.
*eventuali scene splatter|Azione|Introspezione*
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Projeus:
The Big War

4.
Quarto Giorno

Martedì 8 Settembre.

James inspirò a fondo e aprì gli occhi, fissando il soffitto della sua camera. Sospirò, sentendosi sempre più stanco, anche se si era appena svegliato. Era tutta quella situazione che lo stancava. Avrebbe voluto fare di più, invece di starsene lì e organizzare squadre di ricerca. Avrebbe voluto scendere in campo, andare a cercare i dispersi, muovere le mani e spaccare qualche naso, invece preferivano averlo lì.

Avrebbe voluto che gli altri smettessero di fissarlo come se fosse lui la talpa, come se lui fosse colpevole di quello che aveva fatto suo padre, troppo invidioso di Dawn e Steven, così invidioso da volerli morti, dal volere incastrare i genitori di Nick, George e Katelynn.

Il ragazzo sospirò nel ricordare la rivalità, durata qualche anno, fra lui e Dawn, ma era un qualcosa di cameratesco, e lui non avrebbe mai immaginato che suo padre facesse tutto ciò.

«James?»

«Sei sveglia.»

Katelynn sorrise, «Sì.» disse accoccolandosi contro di lui. «Brutti pensieri?» domandò sfiorandogli il torace nudo.

James sospirò e le toccò i capelli rossi, «Sì.» rispose, «Non farci caso.» sospirò.

Katelynn inspirò piano e lo guardò, «Sicuro?» domandò sfiorandogli il torace.

«Sì.» rispose lui guardandola appena, sapendo che stava mentendo. Non era sicuro di niente. Katelynn sorrise appena e si accoccolò contro di lui, sfiorando il cotone pesante delle lenzuola.

«Okay.» mormorò lei e chiuse gli occhi, «È presto, dormi un altro po'» soffiò.

«Anche tu.» mormorò James baciandole la testa.

Katelynn sorrise e annuì, gli baciò una guancia e posò la testa sul torace del ragazzo e chiuse gli occhi.

James inspirò a fondo e continuò a guardare il soffitto. Rimase così per diversi minuti, fino a quando non sentì il respiro lento e regolare di Katelynn. Solo allora la scostò con delicatezza, scivolò fuori da letto, afferrò i sui vestiti e andò in bagno.

Mezzora dopo era al piano terra, diretto alla caffetteria ancora chiusa. Inspirò a fondo mentre versava il caffè in una tazza.

«Già sveglio?»

James si voltò e sorrise a Dawn, «Sì.» rispose, «Non riuscivo a dormire.» sospirò.

Anche Dawn si versò un caffè, «Ti capisco.» disse, «Hai lasciato un biglietto a Katelynn?» domandò e ridacchiò nel vedere James sussultare.

«Ma che...» borbottò il ragazzo.

«Guarda che lo sanno tutti.» sorrise Dawn e zuccherò il caffè, «Bhe, quasi tutti.» scrollò le spalle, «George ne è all'oscuro.»

James deglutì il sorso di caffè, «Bhe... non è niente.» disse, «Solo sesso.» mugugnò, «Ci vediamo.» aggiunse e si allontanò.

Dawn lo fissò, scosse la testa e andò nel suo ufficio, proprio davanti a quello di James. Si disse che avrebbe parlato con lui più tardi, ricordandogli che a George la spiegazione “Solo sesso” non avrebbe convinto per nulla e che, se avesse voluto, avrebbe potuto infilarlo in una scatoletta di tonno con una mano sola.

Scosse la testa e si accomodò sulla sua poltrona con un sospiro, posò la tazza del caffè accanto al tappetino del mouse e fissò lo schermo nero del computer, lo accese e attese che il sistema operativo si caricasse. Aprì un programma fissando dei puntini rossi oltre il confine con il Canada. Erano un gruppo di licantropi.

I licantropi non erano dei Soldier, erano solo... licantropi, che il più delle volte causavano problemi agli allevatori di bestiame, che fossero piccoli o grandi non importava: se avevano fame per loro rubare galline da un pollaio grande quanto uno sgabuzzino o da un allevamento non importava.

Il Projeus Institute li cercava, li trovava, li stordiva e iniettava loro un chip GPS sottopelle, per tenerli sotto controllo. I più pericolosi venivano rinchiusi nelle prigioni sotterranee.

Dawn cliccò sui pallini rossi, scoprendo che il piccolo branco — erano in sei — proveniva dall'Illinois.

In un certo senso era felice che si fossero messi in salvo, leggendo velocemente i loro fascicoli aveva capito che erano una famiglia — genitori e figli — che non aveva mai causato troppi problemi se non qualche razzia di galli e galline. Controllò ancora, sperando che nessun demone si fosse risvegliato, che nessun ragazzino e invasato si mettesse a giocare con la tavola Ouija, richiamando demoni in cerca di sangue, vendetta o chissà cosa.

Inspirò a fondo, cercando di capire dove potevano essere i Soldier che stava ancora cercando. Erano tanti, troppi, sparasi in un territorio troppo grande per loro. E in più c'era in giro quello stronzo di Nelson, sbattuto fuori con disonore dall'esercito per le sue manie, non troppo ortodosse, con cui trattava i prigionieri di guerra: al primo “No” o “Non rispondo” sparava loro in testa.

Evidentemente a Erikson quei metodi piacevano, se l'aveva arruolato di nuovo.

Dawn si lasciò sfuggire un gemito di frustrazione, si premette le mani sugli occhi e trattenne un urlo, la voglia di buttare tutto quanto giù dalla scrivania era molto forte. E tutto per colpa della talpa.

«Ti ucciderò, stronza.» mormorò.

Sospirò e finì il caffè, si alzò in piedi e andò alla porta, fissando quella di fronte e la raggiunse dopo averci pensato una manciata di secondi. Spalancò la porta di legno scuro e fissò James seduto al pc.

«Cosa fai?» domandò.

«Gioco a Freecell.» rispose l'altro, «Dovresti bussare.» aggiunse senza alzare il viso.

Dawn scrollò le spalle e si avvicinò, «Sei innamorato di Katelynn?» domandò.

James la fissò, puntando i suoi occhi verde scuro in quelli chiari di lei, «È solo sesso.» rispose, tornando a fissare lo schermo LCD, «Te l'ho già detto.»

«Lo so.» rispose lei appoggiando le mani sul ripiano della scrivania, «Ma lo sai che se George lo scoprisse ti ridurrebbe a fettine?»

«Kat ha ventitré anni.» disse lui, senza spostare lo sguardo, «È maggiorenne e può darmi fuoco con un dito.»

«Per George è la sua adorata sorellina.» Dawn sorrise, «È normale.» disse, «Tu non lo faresti?» chiese, «Se avessi una sorella minore non ti preoccuperesti per lei?»

James sospirò, «Perché mi fai tutte queste domande?» domandò, «Kat non è la tua migliore amica.»

Dawn inspirò a fondo, «No, però è mia amica.» replicò, «Come lo è George.» disse, «Come lo sei tu.»

James la fissò, «E quindi?» domandò, chiedendosi dove volesse andare a parare, erano troppe domande, soprattutto se fatte all'alba.

«E quindi niente, stai solo attento.» sospirò lei, «Con tutti i casini che abbiamo l'ultima cosa che ci vorrebbe è una rissa.»

«Nessuno ti ha chiesto niente.»

«Come siamo acidi.» commentò Dawn, «Il mio è solo un consiglio.» disse.

James la guardò appena, «Bhe, grazie.» disse, «Ma ne faccio a meno.»

Dawn sospirò, sapendo che sarebbe stato inutile continuare quel discorso, James sapeva essere più testardo di un mulo. Sbuffò, «Le tue squadre?»

«Altri tre morti.» rispose James, «Un elettrocinetico e due pirocinetici.» spiegò, «Va sempre peggio.» aggiunse.

Dawn si limitò ad annuire. «Se sposti il sette di quadri liberi il due di picche, così puoi spostare anche il tre e il quattro...»

«Dawn!» esclamò James, «Smettila, ho il mio metodo.»

«Il tuo metodo ti farà perdere.» disse lei.

«Dawn.» ringhiò lui.

Lei rise, «Okay.» disse, «Ci vediamo.» aggiunse e se ne andò, capendo che era meglio lasciare James da solo.

Lui la fissò chiudere la porta e sospirò, spostò il sette su una casella libera, mise il due sopra l'asso, ci aggiunse il tre e il quattro e bevve un sorso di caffè.

❖.❖.❖

Erikson fissò i suoi sottoposti, le persone migliori che potesse trovare: erano fedeli, facevano poche domande e, soprattutto, ubbidivano ai suoi ordini senza fiatare.

Osservò l'enorme schermo che occupava un'intera parete, e guardò la cartina degli Stati Uniti, quei mostri stavano diminuendo sempre di più, anche se alcuni gli erano scappati.

«Ne abbiamo presi altri quattro, signore.» esclamò un ragazzo alto e magro, con la pelle segnata dalle cicatrice dell'acne.

Erikson lo guardò appena, «Bene.» commentò, «Portateli qui.» disse, «Cosa sono?»

«Due mutaforma: un orso e un alce e gli altri due hanno il potere della corsa.» rispose il ragazzo mentre gli occhiali tondi gli scivolavano sul naso.

«Un orso?» commentò il Presidente, «Bruno?» chiese e l'altro annuì, «Perfetto.» sorrise, «Ho in mente una cosa per lui.» aggiunse mentre il sorriso si allargava sempre di più, inquietando il giovane sottoposto.

«Sì, signore.» disse il ragazzo.

«Io vado nel mio ufficio.» esclamò Erikson, «Fammi sapere quando sarà qui.» ordinò, «E voglio la colazione.» aggiunse.

Il sottoposto annuì, «Sì, signore.» disse, «Subito, signore.» e si allontanò sotto lo sguardo del presidente.

Pochi minuti dopo l'uomo era nel suo ufficio, dove si sedette sulla sua comoda poltrona.

Essere a capo degli Stati Uniti era sempre stato il suo sogno e la morte del precedente presidente, Oscar Simpson, per infarto era stata una manna dal cielo. Lui era salito al potere, spodestando gli altri, prima come Senatore dell'Ohio, poi come Leader della Maggioranza del Senato per poi diventare Vice Presidente e, infine, presidente.

Quella data, il 18 Luglio 2012, era importante, se non di più, del suo compleanno. Quella era la data in cui Simpson era spirato e lui aveva giurato sulla Bibbia, a quarant'anni, come più giovane Presidente degli Stati Uniti D'America.

All'inizio era stato bravo e generoso, promettendo di tutto e di più, per poi dare ciò che aveva promesso, salvo poi iniziare a mettere in pratica il suo piano: catturare quei mostri, trasformandoli nei suoi giocattolini privati. Lo divertiva vederli legati ai tavoli di acciaio — gli stessi tavoli che si potevano trovare in un obitorio ben attrezzato — e urlare per i trattamenti. Alcuni si sottoponevano di propria iniziativa, pensando di guarire, non sapendo che invece sarebbero diventati ancora più mostruosi, dei giocattolini mandanti in giro per creare scompiglio, paura e terrore.

«La sua colazione.»

La cameriera entrò nella stanza, strappando il presidente dai suoi pensieri. «Grazie, Lisa.» disse e osservò l'anziana signora posare il vassoio sul tavolo tondo. Una volta la settantenne era stata la sua tata e lui l'aveva voluta con sé, dopo essersi accertato che non fosse pericolosa.

«Di niente, signore.» esclamò Lisa, «I gemelli si sono svegliati.»

Erikson annuì, «Bene.» disse, «Fagli fare i compiti.» ordinò, «Dopo passo a controllare.»

Lisa annuì, salutò l'uomo e uscì.

Erikson si sedette al tavolino e iniziò a mangiare, in solitudine, come era abituato a fare. Aveva una moglie e due figli solo perché era una delle cose da fare, una cosa che, secondo lui, rendeva un uomo di potere più affidabile. A lui di sua moglie non importava molto, era solo una delle tante pedine nelle sue mani. Di Josh e Tim invece sì. Erano ancora piccoli, avevano otto anni ma li stava crescendo come voleva lui, insegnando loro che i mostri andavano combattuti, uccisi, analizzati, portarti dalla loro parte, usando le buone o le cattive maniere. Meglio se cattive.

Mentre tagliava il bacon pensò che la Casa Bianca gli mancava ma starsene lì, in mezzo al nulla era più sicuro. C'erano quelli, quelli del Projeus Institute che lo cercavano ed era sicuro che lo avrebbero ucciso se solo ne avessero avuto l'occasione. E lui non voleva dargliela; poi la C.I.A e l'F.B.I, che lo braccavano, che volevano catturarlo e gli altri membri del Gabinetto che volevano farlo fuori.

Quindi meglio starsene lontano da tutti e vivere in pace. Aveva portato con sé i suoi uomini migliori, soldati addestrati e gente che per qualche centone avrebbe venduto la propria madre.

Mentre masticava la carne, pulendosi di tanto in tanto le labbra sottili, pensò che tutto stava procedendo secondo i piani. Certo, quei tre marmocchi erano sfuggiti da sotto il naso di Nelson — e avrebbe voluto prenderlo a cinghiate solo per quello — ma erano bambini, si disse che forse erano già morti, magari caduti in qualche dirupo.

Scrollò le spalle e sorseggiò il succo d'arancia. Aveva cose più importanti a cui pensare, come quell'orso che sarebbe arrivato presto.

❖.❖.❖

Kyle fissò il letto in fondo al piccolo camper, guardando la bambina che dormiva sulla schiena di Crystal, e si domandò se non fosse scomoda la più piccola e se la ragazza non si fosse accorta di nulla.

«Puoi spostarla?»

Kyle sussultò nel vedere Crystal aprire gli occhi, annuì e si avvicinò con un solo passo, sollevò Emily e la spostò accanto alla giovane, che si mise seduta e stiracchiò la schiena e le braccia, facendo scrocchiare le ossa.

«Grazie.» disse lei, «Benjamin?» domandò.

«Credo sia fuori.» rispose.

Crystal annuì e gettò uno sguardo nel passeggino, fissando Sarah che dormiva tranquilla, «Jenna?» domandò.

«Sono sveglia.» mormorò la donna scendendo dal letto a soppalco.

Mentre la donna si passava le mani fra i capelli castani arruffati Crystal la osservò, domandandosi da dove potesse provenire: dalla carnagione avrebbe detto Sud America, ma non ne era sicura, era come se avesse diverse origini, come se ognuno dei suoi nonni provenisse da un Paese diverso. Ma era davvero bella con gli occhi castani dal taglio allungato, la pelle leggermente scura e i capelli castani tagliati in modo asimmetrico.

Decise di non pensarci e si infilò in bagno, uscendone cinque minuti dopo con i capelli legati in una coda alta.

Benjamin rientrò in quel momento. «È tutto libero.» disse, «Non ci sono persone nel raggio di...» scrollò le spalle «cinque isolati.»

Kyle annuì e fissò Jenna chiudersi in bagno, «Bene.» commentò, «È un inizio.» sospirò, guardò Crystal prendere il suo zaino, aprirlo e tirare fuori il barattolo con il caffè solubile. «Caffè!» esclamò.

«È quello solubile.» disse Crystal, «Niente di che.»

«E quindi? È il mio preferito!» esclamò Kyle.

«Prepara quel caffè.» sbadigliò Jenna uscendo dal bagno, «Altrimenti ti seguirà come un cagnolino.»

«Non è vero.» replicò Kyle, vagamente indispettito, «È solo che voglio il caffè.»

Jenna alzò gli occhi al cielo, «Certo.» borbottò, «Svegliamo i bambini, facciamo colazione e andiamocene.» disse.

Crystal annuì, posò il barattolo sul ripiano e tolse il coperchio in plastica, spostò il sguardo verso destra, fissando il torace ampio e muscoloso di Kyle. Alzò il viso e lo guardò, «Se ti sposti prendo il pentolino per scaldare l'acqua.» esclamò, leggermente divertita. «Sembri un bambino la sera della Vigilia.» commentò mentre l'uomo indietreggiava. Prese il pentolino, lo riempì d'acqua e lo mise sul fornello acceso.

«Non è vero.» replicò Kyle mentre Benjamin alzava Sarah dal passeggino.

«Va cambiata.» esclamò il mutaforma, per poi passare la bambina a Jenna, che ritornò in bagno.

Dieci minuti dopo Sarah era nel seggiolino auto, che mangiucchiava un biscotto dopo aver bevuto un intero biberon di latte in un paio di minuti. Gli altri erano seduti a fare colazione, con Kyle che sospirava dal piacere a ogni sorso di caffè.

«È caffè, Kyle.» borbottò Jenna.

«Ma mi piace.» replicò lui e Jenna non disse nulla, limitandosi ad alzare gli occhi al cielo.

Fecero colazione parlando appena, decidendo solo di proseguire verso nord. Alle otto e mezza Benjamin spalancò le porte del casolare e Kyle guidò il camper all'aperto, il mutaforma salì sul mezzo e partirono.

❖.❖.❖

Marie-Anne sbuffò mentre arrancava fra l'erba alta dei campi. Continuava a pensare che se l'avessero ascoltata non sarebbero finiti in quella situazione. «Dove stiamo andando?» domandò.

Erik sbuffò, «Verso il Canada.» rispose.

«A piedi!?» esclamò Marie-Anne, «Non arriveremo mai.» piagnucolò, «Ci uccideranno.» mormorò.

«E allora muoviti.» sbottò Erik senza voltarsi, iniziando a sopportare sempre di meno la ragazza e i suoi piagnistei. «Vediamo di trovare un auto abbandonata, di farla ripartire e di allontanarci in fretta.» disse.

Marie-Anne ingoiò il groppo che aveva in gola e proseguì, stringendo forte gli spallacci dello zaino, dicendosi che dovevano ascoltarla, che avrebbero dovuto prendere una statale o un'interstatale.

«Vuoi ancora cercare quella persona?» domandò Kathy, che camminava al fianco di Samuel.

«Certo.» rispose Erik, «Più siamo meglio è.» disse.

«Magari sa da che parte dobbiamo andare una volta oltrepassato il confine.» esclamò Samuel togliendosi gli occhiali, e pulì le lenti con l'orlo della maglietta.

«Bhe, sarebbe fantastico.» disse Erik e si fermò, fissò davanti a sé e inspirò a fondo. Poi si voltò, fissando gli altri tre. «Là c'è un bar.» esclamò, «Adesso ci calmiamo e andiamo lì, entriamo, facciamo quelli che hanno fatto del campeggio un po' troppo estremo, facciamo colazione e ce ne andiamo.» disse, «Niente piagnistei, sono stato chiaro?»

Samuel e Kathy annuirono mentre Marie-Anne si bloccò, rimanendo a bocca aperta per un'istante. Alla fine annuì anche lei, anche se il pensiero di proseguire a piedi fino al Canada la terrorizzava, pensò che ci avrebbero messo molto tempo, che avrebbero impiegato mesi, che sarebbero morti prima, che era lei a dover decidere. Per un momento pensò di lasciarli lì e chiedere un passaggio a qualcuno, preferibilmente una donna. Però, alla fine, seguì Erik e gli altri perché era sempre meglio che starsene da sola. E perché, forse, gli altri avrebbero cambiato idea.

❖.❖.❖

Crystal guardò fuori dal finestrino, fissando il paesaggio che scorreva senza vederlo veramente.

«Dove siamo?» esclamò Emily, seduta sul divano letto.

«Nei pressi di Moorefield.» rispose Kyle, «Fra un paio d'ore saremo in Pennsylvania.» disse, «Ma prima dobbiamo fermarci a fare benzina.» sospirò.

«C'è un benzinaio a una decina di miglia a nord ovest da qui.» esclamò Jenna fissando la cartina.

«E poi?» chiese Benjamin. «E poi da che parte proseguiamo?» domandò, «Cerchiamo di attraversare uno dei grandi laghi oppure andiamo verso il Vermont, il New Hampshire o il Maine, così, magari abbiamo un po' di possibilità in più?»

Kyle strinse le mani sul volante mentre Jenna di girava verso il mutaforma, «Non ne ho idea.» rispose l'uomo, «Se passiamo dai laghi arriviamo prima in Canada, ma se hanno costruito dei muri lungo gli argini dei fiumi e dei laghi siamo fottuti.» disse. «Proseguire verso nord e sperare di passare da un bosco o una cosa del genere sarebbe meglio, ma anche lì va a culo.» continuò.

«Eh, lo so.» sospirò Benjamin e guardò Crystal, che lo osservò con gli occhi sgranati, «Ma dobbiamo scegliere.» esclamò, dicendosi che, qualunque strada avrebbero preso, non sarebbe stato facile raggiungere il Canada

Crystal fissò Sarah mangiare un biscotto e le pulì la bocca con l'angolo di un fazzoletto, «Non sarà facile.» sospirò.

«Già.» sospirò Kyle. «Sarà complicato, qualunque strada prendiamo.»

E poi calò il silenzio.

❖.❖.❖

Samuel lasciò la mano di Kathy e toccò la spalla di Erik. «Sangue.» soffiò.

«Umano?» chiese l'altro fermandosi così improvvisamente che Marie-Anne rischiò di finirgli addosso.

Samuel annuì. «Sì.» disse. «Davanti a noi, a circa...» scrollò le spalle «mezzo miglio.» disse. «Più o meno.»

Erik prese un respiro profondo, «Sentite altro?» domandò fissando Samuel e Kathy.

«No.» rispose la ragazza.

«Bene.» mugugnò il Cercatore. «Non sento nulla neppure io.» sospirò. «Andiamo.» disse, «Vediamo se qualcosa può tornarci utile.» disse.

Marie-Anne sgranò gli occhi, domandandosi come potesse essere così insensibile. Se c'era sangue c'erano dei feriti, magari anche gravi, e lui voleva approfittarne? “Sciacallo.” pensò. Ma seguì gli altri tre senza dire una parola.

Una decina di minuti dopo arrivarono ai margini di un grande prato. Erik, sottovoce, ordinò a tutti di nascondersi dietro dei cespugli. Sì concentrò, espandendo il proprio potere. Niente. L'unico essere vivente — oltre a loro quattro — era una lepre poco lontana. «Non c'è nessuno.» disse alzandosi, recuperò lo zaino e lo mise in spalla. «Prendiamoci il camper.» disse e lo indicò, indicando l'enorme motorhome bianco con una grossa striscia blu che correva lungo la fiancata.

«Vuoi rubargli il camper?» squittì Marie-Anne, «Ma è un reato!»

«Vuoi andare a piedi?» ringhiò Erik avvicinandosi a lei e piegando la testa per poterla fissare negli occhi, «Accomodati.»

«Sono tutti morti.» commento Kathy e portò le mani al viso, si coprì le labbra per reprimere l'urlo e la nausea che l'aveva travolta alla vista dei sei corpi stesi sull'erba.

«Hanno incontrato uno di quei cazzo di mutanti.» sputò Samuel fissando una bambina con due lunghe trecce bionde sporche di sangue e l'addome squarciato. Deglutì e distolse lo sguardo. Era una famiglia. Probabilmente in fuga o forse in vacanza. Era sicuro che non fossero mutaforma ma ciò non voleva dire che non fossero altro.

Erik spalancò la porta del camper e sorrise quando vide le chiavi buttate sul sedile del conducente.

Salì, afferrò le chiavi e si sedette dopo aver abbandonato lo zaino sulla panca a ferro di cavallo. Inserì la chiave e la girò, sorridendo nel sentire il motore avviarsi. Sorrise ancora di più quando il computer di bordo rivelò che il serbatoio era pieno per tre quarti. «Salite!» esclamò.

Samuel, Kathy e Marie-Anne non se lo fecero ripetere due volte: Samuel salì per ultimo, chiuse la porta e si accomodò accanto a Erik, mentre le due ragazze si sedettero sulla panca. Trenta secondi dopo, il camper era sulla strada principale.

Kathy inspirò a fondo, cercando di scacciare l'immagine di quei corpi martoriati e l'odore del sangue. Dopo un paio di minuti si alzò e aprì ogni pensile e mobiletto che trovò. «Abbiamo del cibo.» disse. «Non tanto, ma per un paio di giorni basterà.» commentò.

«In un paio di giorni voglio essere in Canada.» commentò Erik.

Marie-Anne afferrò il bicchiere di acqua che Kathy le aveva messo davanti e lo bevve in un sorso. Voleva dimenticare quello che aveva appena visto, l'odore che aveva sentito. Voleva solo scappare e fuggire lontano.

Voleva solo salvarsi.

❖.❖.❖

Kyle fermò il Westfalia nel parcheggio di una stazione di servizio. Jenna si alzò dal suo sedile e si avvicinò ai bambini. «Dovete fare una cosa, ora.» disse sedendosi sul letto.

«Cosa?» chiese Emily.

«Io e Kyle facciamo benzina, mentre Benjamin, Crystal e Sarah vanno dentro e comprano qualcosa da mangiare.» spiegò Jenna, «Voi dovete chiudervi nel bagno.»

«Perché?» domandò William.

«Perché questo è un camper da cinque persone, non da sette.» rispose la donna, «Se vi vedono rischiamo che la polizia ci fermi e noi non lo vogliamo.» continuò e sorrise dolcemente mentre accarezzava i capelli della bambina. «Avete capito?» domandò e i bambini annuirono. «Non ci starete tanto, solo una decina di minuti.» disse; si alzò in piedi, aprì la porta del bagno, controllò che la tavoletta del wc fosse abbassata e ci fece sedere al bambina, recuperò lo sgabello e William si sedette. Jenna chiuse la porta e fissò Crystal con in braccio la bambina e Benjamin che portava fuori il passaggio dal camper. Quando i due mutaforma si furono allontanati, Kyle guidò fino alle pompe di benzina.

Crystal sistemò Sarah nel passeggino e inspirò a fondo, si guardò attorno e sospirò. Non si sentiva tranquilla.

«Crystal?» la chiamò Benjamin, «Tutto bene?»

Lei scrollò le spalle e strinse i manici del passeggino, «Un po' d'ansia.» rispose.

«Siamo tutti ansiosi.» fece lui e le strinse brevemente una spalla. Entrarono nel mini-market e il ragazzo afferrò uno dei cestini, che riempirono con pane a fette confezionato, barrette energetiche, scatolette di tonno, mais e carne in gelatina, un paio di pacchi di biscotti, confezioni di caffè solubile, un pacco da dodici di lattine di birra, quattro bottiglie di latte e una decina di tavolette di cioccolato.

«Danno energia.» replicò Crystal quando Benjamin la osservò con curiosità. Presero anche della frutta sciroppata e disidratata, oltre a confezioni di diversi succhi — arancia, pesca e ace.

Alla cassa Benjamin prese anche un paio di casse di acqua e tre bottiglie di acqua frizzante. «Ci starà tutto?» commentò lui mentre Crystal spiegava la borsa di tela e iniziava a riporvi il cibo in modo ordinato.

«Spero di sì.» rispose lei, «Altrimenti metto qualcosa nel porta oggetti.» esclamò e continuò a riempire la borsa, lasciando fuori solo le due casse d'acqua e le tre bottiglie, che sistemò nel porta oggetti sotto al passeggino. In quel momento Sarah lanciò il ciuccio, che cadde vicino ai piedi di Crystal. La lupa lo raccolse, lo sfregò sui vestiti, lo infilò un attimo in bocca prima di ridarlo alla bambina. Fu quando alzò il viso da quello della piccola che si accorse dei fogli appesi accanto alla porta, con scritto: “- Ricercati - Vivi - Ricompensa 2'000$ a testa -” e sotto delle foto. Crystal deglutì, afferrò la borsa e agganciò i manici alle impugnature del passeggino. Guardò Benjamin, in attesa che il proprietari del mini market gli desse il resto.

«Guarda vicino alla porta.» soffiò la mutaforma all'orecchio di lui, lo disse così piano che solo Benjamin sentì.

Il ragazzo voltò appena il viso, vide quelle foto — la sua, quella di Crystal, di William, di Emily, di Jenna, di Kyle e di tanti altri che non conosceva — e sentì la testa girargli. Afferrò il resto, lo infilò nella tasca dei pantaloni, prese le casse d'acqua e seguì Crystal fuori dal negozio

«Quel bastardo.» sibilò Benjamin.

«Ci avrà riconosciuto?» mormorò Crystal.

Benjamin aprì la bocca per rispondere quando sentì il commesso chiamarli: «Voi due! Fermatevi, subito!»

I due mutaforma non si fermarono ma girarono appena la testa per guardare: l'uomo aveva in mano un fucile e li stava seguendo.

«Corri.» disse Benjamin, Crystal annuì e strinse di più le mani sul passaggio, aumentò il passo, la borsa che picchiava contro il telaio del passeggino.

Fecero solo pochi passi quando si udì lo sparo. «Fermatevi!» gridò l'uomo mentre la gente urlava.

Kyle si sporse oltre l'angolo e sgranò gli occhi a quella vista: Benjamin e Crystal che scappavano, inseguiti da un uomo che cercava di sparare loro.

Crystal scartò un uomo che correva verso di lei e Sarah scoppiò a piangere. Due secondi dopo raggiunse Kyle, tolse la bambina dal passeggino e la strinse al petto, mentre Kyle sollevava il passeggino e la borsa come se fossero leggerissimi. Crystal entrò nel camper e arrivò al letto sul fondo, un attimo dopo Kyle spinse il passeggino, che si incastrò fra il tavolino e il sedile del guidatore, ribaltandosi sul lato sinistro, minacciando di rivoltarsi da un momento all'altro a causa del peso eccessivo della borsa. Fece salire Jenna e Benjamin, chiuse la porta, si sedette al posto di guida, infilò la chiave nell'accensione e avviò il motore.

Crystal afferrò meglio la bambina e guardò fuori attraverso il grande lunotto posteriore, fissò il commesso che urlava contro il ragazzo addetto alla pompa di benzina, lo guardò stringere meglio il fucile e si ritrovò a urlare: «Tutti giù!»

«Adesso!» strillò l'attimo dopo e si accucciò a terra, imitata da Benjamin mentre Kyle sterzava per uscire dal parcheggio e Jenna recuperava una pistola automatica dal cassetto porta oggetti del cruscotto.

L'attimo dopo un proiettile perforò il lunotto e si conficcò nella sottile parete che divideva il bagno. «I bambini!» gridò Jenna, spaventata. La porta del bagno si spalancò e i bambini ne uscirono fuori, strillando e piangendo, videro Crystal rannicchiata a terra e si buttarono su di lei mentre un altro proiettile attraversava il lunotto per poi conficcarsi nel mobiletto sopra il lavandino. Benjamin si buttò sopra Crystal e i bambini, proteggendoli.

Kyle accelerò, spingendo a fondo il pedale dell'acceleratore, rischiando di causare un'incidente a catena. Si fermò solo quando mise una quindicina di miglia fra loro e la stazione di servizio; prese una stradina di terra battuta e s'infilò in mezzo a una macchia d'alberi. Si voltò e guardò gli altri.

Jenna rimise la sicura alla pistola e la gettò sul cruscotto, «Che diavolo è successo?» domandò alzandosi in piedi.

«Avevano le nostre foto.» spiegò Benjamin sedendosi, controllò che i bambini stessero bene e sospirò, «C'è una taglia su di noi e su tutti quelli che sono come noi.» aggiunse e fissò Crystal. «Stai bene?» le chiese e lei annuì.

«Per fortuna che ci vogliono vivi.» commentò la giovane e osservò Sarah che piagnucolava. Non aveva ferite.

«State tutti bene?» commentò Kyle, ricevendo un coro di “Sì”. Benjamin afferrò Sarah, si alzò in piedi e andò a sistemare la bambina nel seggiolino.

«Sanguini.» esclamò Emily indicando il polpaccio sinistro di Crystal.

La mutaforma, seduta sul letto, abbassò lo sguardo, fissando i pantaloni sporchi di sangue. «Oh.» commentò, «Non me ne sono accorta.» disse.

Jenna la raggiunse e alzò la gamba del pantalone, «È solo un graffio.» constatò, «Ti ha preso di striscio.»

«Non è niente.» replicò Crystal, «Fra due ore non ci sarà più il segno.»

«Va disinfettato.» replicò Emily, «La mamma lo diceva sempre.» mormorò e scoppiò piangere. Crystal l'abbracciò, stringendola forte e baciandole la testa.

«Va bene, lo disinfetto.» soffiò la lupa sfiorandole la schiena. «Ho il kit del pronto soccorso nel mio zaino.»

«Prendo quello che c'era nel camper.» esclamò Jenna e si rialzò, afferrò il piccolo kit da uno degli sportelli e tornò da Crystal. «William, tieni su.» disse rialzando la gamba dei pantaloni. Il bambino annuì e lo fece, contento di essere d'aiuto. Jenna pulì il sangue usando una garza e del disinfettante.

«E il cerotto?» pigolò Emily infilandosi il pollice in bocca.

Jenna fissò Crystal che annuì così la donna coprì la piccola ferita — il proiettile si era portato via un pezzo di stoffa dei pantaloni e un poco di pelle — con un cerotto. «Fatto.» esclamò e si rialzò in piedi, gettò la garza e i resti del cerotto nel cestino sotto al lavandino e si lavò le mani. Poi si chinò, aprì il piccolo frigo, prese una lattina di birra, l'aprì e ne bevve un lungo sorso.

«Jenna!» squittì Kyle.

«Fottiti.» replicò la donna asciugandosi le labbra con il dorso della mano.

Kyle rise, «Intendevo dire che potevi aspettarci!» disse e afferrò tre lattine di birra.

Crystal spostò Emily dalle sue gambe al letto ma la bambina piagnucolò e si strinse più forte a lei, così sospirò, la sistemò meglio e si alzò in piedi, sedendosi accanto a Benjamin, che si era spostato accanto al seggiolino di Sarah, afferrò la lattina che il ragazzo aveva aperto per lei e bevve un sorso. Jenna versò del succo in due bicchieri e li diede ai bambini — William aveva preso lo sgabello dal tavolo e lo aveva portato vicino al tavolo.

«E adesso?» chiese Benjamin, «Se hanno le nostre foto, con una taglia su di noi...» scosse la testa.

«Dovremo stare più attenti.» esclamò Kyle. «Evitare di fermarci, la prossima volta che ci fermeremo a fare benzina sceglieremo un self-service.» disse e bevve un sorso di birra. «Sono quasi le undici.» commentò. «Pranziamo e ripartiamo.» disse e gli altri annuirono, troppo stanchi e spaventati per ribattere. I bambini, invece, erano terrorizzati ma non capivano perché qualcuno avesse sparato contro di loro. Quando avevano sentito le urla William aveva abbracciato forte la sorella, poi c'era stato lo sparo ed erano usciti dal bagno.

Crystal bevve un altro sorso e sospirò. «Emily?» chiamò, «Tesoro? Puoi scendere?» chiese, «Devo andare in bagno.» disse. La bambina scosse la testa e si strinse di più a lei.

«Vieni qui.» esclamò Benjamin posando la lattina sul tavolino, allungò la mano destra e sfiorò il viso della bambina, che lo fissò, annuì piano e si rifugiò fra le sue braccia. Crystal gli sorrise e si alzò in piedi.

Una volta in bagno raccolse l'asciugamani caduto, rimise a posto il rotolo di carta igienica e si guardò allo specchio, fissando il viso pallido segnato dalle occhiaie. Usò il bagno, si lavò le mani e il viso. Fu quando alzò il viso verso l'alto che si accorse di dove si fosse conficcato il proiettile: a due dita di distanza dallo specchio. Deglutì, pensando che se lo avesse preso i bambini avrebbero potuto farsi molto male.

«Ha quasi preso lo specchio.» esclamò uscendo dal bagno. «Poco più in là e...» scrollò le spalle e tornò a sedersi, fissando Emily aggrappata a Benjamin, come se non volesse più staccarsi da lui.

Jenna chiuse gli occhi per un'istante, «Dio mio.» soffiò, «Sarebbe stato terribile.» commentò e bevve ancora.

«Benjamin, vieni.» esclamò Kyle, «Ho visto che c'è un telone di plastica, usiamolo per coprire il finestrino.»

Il ragazzo annuì e si alzò, passò Emily a Crystal e seguì Kyle fuori da camper. Mentre prendevano un paio di grossi fogli di plastica, il mutaforma ripensò a quello appena accaduto. Una volta saliti sul camper, anche lui aveva visto il commesso sbraitare contro il benzinaio e stringere il fucile con due mani. Solo che Crystal aveva urlato un attimo prima che lui lo sollevasse, come se...

Scosse la testa, scacciando quei pensieri e afferrò un rotolo di nastro adesivo di colore nero, dall'aspetto resistente.

«Resisterà il vetro?» domandò Benjamin.

Kyle scosse le spalle, «Non lo so.» disse, «Se vediamo che inizia a cedere lo rompiamo del tutto.» esclamò voltando appena la testa, «Non vorrei che cascasse sopra Crystal e i bambini durante la notte.»

Benjamin annuì appena, terrorizzato da quell'eventualità. «Okay.» soffiò e salì sul camper, fissando Emily aggrappata a Crystal e William che sedeva accanto alla ragazza; insieme a Kyle sistemò due pezzi di plastica — uno sopra l'altro — sul finestrino, usando abbondanti quantità di nastro adesivo.

Nel frattempo Jenna stava preparando un pranzo veloce, la voglia di prendere la pistola e infilarla nei pantaloni che diventava sempre più grande. Se avesse visto un'altra persona con in mano un'arma gli avrebbe sparato senza lasciargli il tempo di dire una parola.

❖.❖.❖

Kyle e gli altri erano ripartiti subito dopo aver mangiato, decidendo di prendere strade poco battute, sperando di non fare brutti incontri.

I bambini dormivano sul letto, esausti da quella lunga e turbolenta mattinata.

Crystal e Benjamin se ne stavano seduti, in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, Jenna controllava ogni quarto d'ora che la pistola fosse carica e pulita — voleva evitare che si inceppasse nel momento meno opportuno.

Avevano mangiato velocemente e in silenzio — ed Emily aveva voluto restare in braccio a Crystal, rifiutando l'offerta di Benjamin di prenderla un po' in braccio.

Crystal controllò Sarah, che ciucciava un sonaglino di gomma, ignara di quello accaduto poche ore prima.

Girò la testa e accadde tutto velocemente: la fitta arrivò improvvisa e dolorosa. Si portò le mani al viso, posò i palmi sulle tempie e gemette.

«Crystal!» esclamò Benjamin girandosi verso di lei, «Che succede?» domandò preoccupato. Anche Jenna si voltò e la fissò, poi si alzò in piedi e raggiunse il tavolino con un unico passo.

«La mia testa.» pigolò la mutaforma, «Mi scoppia.» disse e chinò il capo, schiacciando forte le mani, mentre immagini le si affollavano nella mente, istantanee così veloci che non riuscì a coglierne un senso. Un animale nero, un vetro rotto, una spranga di ferro, qualcosa di rosa che si muoveva. Gridò ancora, forte e i bambini si svegliarono, terrorizzati.

«Crystal!» esclamò Benjamin toccandole la testa, mentre lei posava la fronte sul tavolo e gridava, rauca. «Crys...»

«Crystal.» la chiamò Jenna, sporgendosi sul tavolino, «Tesoro, che cosa...»

Si bloccò quando Crystal alzò la testa di scatto, i palmi ancora premuti sulle tempie, come se volesse spremere via quelle immagini. «Arrivano.» disse, gli occhi spalancati e le pupille ridotte a una punta di spillo.

«Chi?» chiese Jenna, nervosa. «Chi arriva?»

«Arrivano.» ripeté la lupa e si girò verso Benjamin che sussultò nel vedere il sangue scivolarle dal naso alle labbra. «Arrivano.»

Mentre Jenna e Benjamin cercavano spiegazioni e i bambini si abbracciavano impauriti, Kyle cambiò marcia e premette un po' di più l'acceleratore. Aveva già visto una volta una cosa simile e se Crystal diceva che stavano arrivando, lui le credeva.

Crystal reclinò di scatto la testa, emettendo un urlo strozzato. Le immagini si affollavo nella sua mente, sempre più veloci e confuse. Cose mostruose, che saltavo e ringhiavano e sputavano saliva dall'aspetto disgustoso.

«Da dove arrivano?» domandò Benjamin pulendo il viso di Crystal con un tovagliolo di carta pulito rimasto lì dopo il pranzo.

Crystal lo fissò, le mani ancora sulla testa, strizzò gli occhi e annaspò, alla ricerca d'aria — le sembrò che qualcuno le stesse stringendo con violenza i polmoni, come se volesse farli scoppiare —, «Ovunque.» soffiò spalancando gli occhi verdi.

«Quando? Quando arrivano?» chiese Jenna.

Crystal si voltò verso di lei, lentamente, «Ora.» mormorò.

Jenna si rialzò, confusa, e si girò verso Kyle, lo vide scalare la marcia e accelerare, così pensò di afferrare la pistola. Le sue dita avevano appena sfiorato il metallo lucido e freddo quando i bambini gridarono, terrorizzati e fuggirono verso i mutaforma, salendo loro in braccio.

Un'enorme e mutante lince spaccò il lunotto posteriore, distruggendolo e rompendo la plastica. Una cascata di pezzi di vetro finì sul materasso. La bestia ruggì e si issò, cercando di entrare nel veicolo, mentre Kyle cercava di non far sbandare il camper.

Jenna tirò indietro il caricatore, puntò i piedi a terra, alzò le braccia e fece fuoco, colpendo la bestia in mezzo agli occhi, uccidendola e facendola trasformare in un ragazzo dai lunghi capelli castani, che ricadevano sul materasso, impigliandosi nei pezzi di vetro. «Dio mio.» commentò la Miratrice e osservò i bambini, stretti a Benjamin e Crystal — il cui viso era di un biancore spettrale, su cui spiccavano gli occhi verdi e il rosso sbiadito del sangue.

Urlarono tutti quanti quando udirono il tonfo e Jenna rialzò di nuovo la pistola e sparò, ma era solo il cadavere che scivolava via, fuori dal camper. «State bene?» domandò.

«Sì.» mormorò Benjamin ma si tolse lo stesso la felpa, pronto a trasformarsi e attaccare chiunque fosso entrato lì dentro.

«Sì.» pigolò Crystal, sentendo l'impellente bisogno di fuggire da lì. I bambini non risposero, e Kyle mugugnò un sì poco convinto.

Jenna inspirò a fondo e urlò quando un'altra lince sbatté la testa contro il finestrino alla sua destra — proprio quello accanto a Sarah —, sì girò, la pistola alta, pronta a fare fuoco ma con la paura che le schegge di vetro avrebbero potuto ferire i bambini o Crystal e Benjamin.

Il mutaforma gettò la sua felpa sul seggiolino, coprendo Sarah, e sistemò meglio William, pronto a scattare in caso di pericolo — si sarebbe trasformato, anche se avrebbe travolto ogni cosa lì nel piccolo camper.

E la lince fece un altro salto, spaccando il vetro, mandando schegge ovunque. Jenna sparò, mirando alla testa, ma la lince scartò, finendo con le zampe sul tavolo, mentre Emily si sdraiava sul grembo di Crystal, lanciando urla di puro terrore. Benjamin ringhiò, un suono che non aveva nulla di umano e si chinò su Crystal e William, proteggendoli e impedendo a William di guardare.

Jenna sparò di nuovo, e questa volta prese in pieno in mostro che emise un urlo strozzato prima di morire. La miratrice fissò la ragazza che prima era quella lince e sospirò rumorosamente.

«State bene?» domandò Kyle. Nessuno ebbe tempo di rispondere perché qualcosa si schiantò contro il fianco destro del mezzo, facendolo sbandare. Kyle perse il controllo, il camper fece un testa-coda — Jenna si aggrappò al lavandino per non cadere — e si fermò dentro un campo.

Ci fu un attimo di silenzio, rotto solo dai singhiozzi soffocati di Sarah, Crystal si affrettò a spostare la felpa, facendo attenzione perché i vetri non cadessero nel seggiolino. Fissò la bambina, le toccò il viso, sussurrandole di smettere di piangere, che andava tutto bene. Avrebbe voluto prenderla in braccio, ma aveva paura — e in più Emily le si era seduto sul braccio — lo sentiva bloccato — e non voleva spostarla finché non avesse avuto la certezza che quelle bestie se ne fossero andate.

Jenna si girò di scatto quando sentì lo scricchiolio, nell'esatto istante in cui Kyle colpiva l'air-bag per poi slacciarsi la cintura e alzarsi in piedi. La Miratrice alzò la pistola e, un momento dopo, la porta del camper fu spalancata con così tanta forza che rimase appesa a un cardine solo. Un'altra lince entrò, passando per la stretta apertura, ringhiando e graffiando il pavimento con gli artigli lunghi e acuminati, affilati come lame di rasoi.

Benjamin fissò la bestia e sbiancò, vedendola così vicina. Quasi tremò quando quella lo osservò, «Spara!» gridò, «Jenna, spara!»

La donna alzò la pistola, ancora sconvolta e il dito sfiorò il grilletto ma non fece in tempo a premerlo: una pantera nera apparve, saltò sul dorso della bestia con un ruggito e morsicò il collo della bestia, che guaì. La pantera — un mutaforma, intuì Benjamin — trascinò l'altra fuori dal camper e si udì uno sparo. Un attimo dopo un ragazzo dai capelli neri e gli occhi blu entrò nel camper, fissò la pistola che Jenna gli puntava contro e sorrise. «Vi salviamo le chiappe e volete spararci?» domandò, sarcastico. Inspirò a fondo, fissando i presenti, «State bene?» chiese mentre accanto a lui comparì una ragazza.

«Chi sei?» esclamò Jenna, abbassando di poco la pistola.

«Erik.» rispose lui e fissò i presenti. «Siamo arrivati in tempo, a quanto vedo.» disse.

«Cosa sei?» domandò di nuovo Jenna — la pistola ancora in mano.

«Un Cercatore.» rispose lui scrollando le spalle, sentendo i singhiozzi dei bambini.

«Un Cercatore!» esclamò Kyle mentre Benjamin si alzava. Il lupo afferrò William e lo rimise in piedi, e il bambino si aggrappò alla gamba di Jenna come se da quello dipendesse la sua vita. La donna gli sfiorò la testa con una mano, l'altra ancora impegnata a stringere la pistola.

Benjamin afferrò Emily che strillò, «Crystal, alzati.» disse. La ragazza annuì e mosse il braccio sinistro. Urlò, quando si accorse che era rimasto incastrato fra il sedile e lo schienale del seggiolino.

«È incastrato.» pigolò.

«Incastrato?» esclamò Erik e si avvicinò, schiacciando pezzi di vetro. Non arrivò a Sarah, la ragazza che prima era vicino a lui fu più veloce.

«Sono Kathy.» si presentò la sconosciuta, sganciò la bambina mentre Crystal mormorava il suo nome, la sollevò e sorrise. «È tutta intera.» disse.

Erik si riscosse, sganciò il seggiolino — mormorando qualche imprecazione — e lo posò sul tavolino. Benjamin passò Emily a Kyle — la bambina piagnucolava e si succhiava il pollice destro — e aiutò Crystal ad alzarsi.

«Credo sia slogata.» disse lei portando il braccio al petto e sostenendolo con la mano destra, «Un'altra volta.» borbottò. Uscirono dal camper — Jenna prese in braccio William che non voleva muoversi — e la lupa vide un ragazzo con i capelli neri — immaginò che fosse la pantera di prima — che si stava allacciando la felpa e una ragazza, rannicchiata per terra, la testa fra le mani.

«Vieni, sistemiamo quella spalla.» esclamò Erik. Crystal annuì e si aggrappò con la mano destra a Benjamin, lui la strinse ed Erik rimise in sede la spalla. La ragazza soffocò un grido contro la spalla del lupo ma si sentì subito meglio.

Soffiò un grazie e fissò gli altri, «Voi chi siete?» domandò.

«Kathy Brown.» rispose la ragazza e diede Sarah a Crystal, che la cullò e le accarezzò la schiena.

«Samuel Forrest.» rispose il ragazzo dai capelli neri, «Il suo f danzato.» accennò con la testa a Kathy. Anche gli altri si presentarono — non lo fece la ragazza rannicchiata a terra.

Crystal osservò Erik, «Erik?» domandò, «Erik Stabler?»

Il ragazzo la fissò, sorpreso che conoscesse il suo nome. Ma era lei che cercava, ne era sicuro. «Crystal White.» sorrise.

«È lei quella che conosci?» domandò Kathy.

«Lo conosci?» chiese Benjamin avvicinandosi a Crystal come se volesse proteggerla.

La mutaforma annuì, «Sì, sua nonna abitava vicino alla mia.» raccontò.

Anche Erik sorrise, «Esatto.» disse, «E tu andavi sempre da mia nonna a lamentarti!»

Crystal fece una smorfia,«Per forza, giocavamo a nascondino e tu mi trovavi sempre.» si lamentò.

«Giocare a nascondino con un Cercatore non è la cosa più intelligente da fare.» rise Samuel. «Voi siete lupi.» indicò Benjamin e Crystal, «Voi due?» chiese indicando Jenna e Kyle, «Sono i vostri figli?» accennò ai bambini

«Miratrice.» disse Jenna, «Lui è un Forzuto.» indicò il marito, «Non sono nostri.» sospirò, «È una lunga storia...» scrollò le spalle.

Tacquero per un'istante, poi Kyle fissò la sconosciuta. «E lei? Chi è?» domandò puntandole l'indice destro.

La ragazza se ne accorse, spalancò gli occhi e si immobilizzò. Kathy la raggiunse e la strattonò, rimettendola in piedi, per poi spingerla verso gli altri. «Lei è Marie-Anne.» la presentò.

«Cosa sei?» chiese Crystal, «Non capisco.» disse.

«Uno... uno spatola rosa.» mormorò. Non voleva stare con quelli, voleva scappare, fuggire, guarire. Poi i suoi occhi castani si posarono su Benjamin. Lo trovò bellissimo e affascinate. Gli sorrise quando lui la guardò, ma il ragazzo distolse subito lo sguardo, facendola rimanere delusa.

Crystal annuì e inspirò a fondo. «Okay.» si limitò a dire.

«Tuo nonno, Crystal?» domandò.

«È morto.» rispose lei.

«Nonna?»

«Anche lei.»

«Tua madre?»

«È in giro con il suo terzo marito.» rispose Crystal, «Non so dove sia e non me ne frega nulla.» disse e un attimo dopo Erik l'abbracciò, facendo attenzione a non schiacciare la bambina.

A Kathy non sfuggì l'occhiata di Benjamin — quasi gelosa — mentre Samuel trattene un sorriso nel vedere Marie-Anne fissare Benjamin come se fosse un'apparizione mariana: aveva la bocca spalancata e gli occhi sgranati.

«Non sapevo che avessi una figlia.» commentò Erik indicando Sarah, che non piangeva più, ma si guardava attorno, incuriosita da tutta quella gente.

«Non è mia figlia.» disse lei, «È la loro sorellina.» indicò i bambini.

Erik sorrise appena. «Bhe, visto che andiamo tutti dalla stessa parte...» indicò il motorhome, «Andiamoci insieme.» esclamò.

«È enorme.» commentò Benjamin, «È vostro?» chiese.

«No, l'hanno rubato!» squittì Marie-Anne fissando Benjamin. Lui le sorrise e lei arrossì. Quel ragazzo le piaceva e lui le aveva sorriso in un modo così dolce che la mente di lei immaginò come fosse stare con lui, farsi abbracciare da lui...

«Anche noi.» disse Jenna, «Direi che è una proposta accettabile.» scrollò le spalle.

Decisero che, mentre le ragazze sarebbero andate sul camper, i ragazzi avrebbero prese le cose dal piccolo camper.

Kathy afferrò il seggiolino di Sarah che Kyle le stava porgendo e condusse le altre nel camper.

«È grandissimo.» mormorò Crystal fissando il divanetto a ferro di cavallo, al cui centro svettava un tavolino di legno chiaro.

Kathy sorrise e agganciò il seggiolino al divanetto, mentre Marie-Anne le osservava, «Dammi la bambina.» esclamò e quasi strappò Sarah dalle mani di Crystal.

La lupa la fissò sorpresa mentre la piccola piangeva a pieni polmoni, «La stai tenendo male.» commentò e, con delicatezza, la riprese, la cullò e ignorò le proteste dell'altra. Posò la bambina sul seggiolino e le sfiorò la fronte.

I ragazzi iniziarono a portare i bagagli nel camper, Crystal e Jenna sistemarono i seggiolini dei bambini e li invitarono a sedersi. In meno di una quindicina di minuti il Westfalia fu svuotato e le cose riposte in maniera abbastanza ordinata nel motorhome.

«Bene, leviamoci dai coglioni.» esclamò Erik sedendosi al posto di guida. Accanto a lui si accomodò Kyle, mentre gli altri si strinsero sul divanetto. Crystal aveva alla sua destra Benjamin, alla sua sinistra Sarah, Emily, Jenna, William, Kathy, Samuel e Marie-Anne — che era proprio davanti a Benjamin, e lo fissava ma lui la guardava appena, troppo preso dai suoi pensieri.

«Quanti anni avete?» domandò Kathy, «Io ventitré, lui» indicò Samuel «ventiquattro.»

«Venti.» sbadigliò Crystal.

«Trentadue.» disse Jenna e non vide la smorfia di Marie-Anne, che sperava di essere la più grande. «Kyle è il più vecchio, mi sa.» ridacchiò.

«Ne ho trentaquattro, non sono mica Matusalemme!» protestò l'interessato.

«Venticinque.» sospirò Benjamin.

«Ventiquattro.» sbuffò Erik, «Marie-Anne, non puoi più dire di essere la più grande.» aggiunse sotto voce. Kyle lo fissò e l'altro sorrise e scrollò le spalle.


❖.❖.❖

Si fermarono solo quando il sole stava tramontando. Ormai erano in Pennsylvania, non molto lontano da Uniontown. Erik posteggiò il grosso mezzo in una macchia di alberi.

«Posso avere un biscotto?» domandò Emily.

Crystal annuì, «Certo, tesoro.» disse e attese che Benjamin si alzasse per poter prendere la confezione dal pensile sopra il lavandino.

«No, non puoi.» sentenziò Marie-Anne, «Ti rovini la cena.» disse. Crystal la ignorò e porse un biscotto a Emily e uno a William. «Ho detto no.» esclamò.

«Rovinarsi la cena è l'ultimo dei loro problemi.» esclamò Crystal e fissò Samuel che si copriva le labbra con le mani.

«Non si mangia prima di cena.» replicò Marie-Anne. «Tu hai vent'anni, non sai come si fa con i bambini.» sentenziò.

«Almeno io non prendo in braccio una bambina come se fosse un sacco di patate.» esclamò Crystal, sorrise a Erik che le aveva porso una bottiglietta d'acqua, ne bevve un sorso e la posò sul tavolino, per poi prendere il biberon dalla borsa. «Mi sa che Sarah ha fame.» commentò, osservando la bambina che faceva delle smorfie.

Marie-Anne spalancò gli occhi e le strappò il biberon dalle mani, «Faccio io.» esclamò, afferrò la tettarella e la tirò, «L'hai rotto, non si apre.» disse, «Sei una stupida.»

Crystal trattenne una risata — e la voglia di prenderla a sberle —, riprese il biberon, girò la ghiera e l'aprì. «Non hai mai fatto la baby sitter, vero?» commentò mentre svuotava una bottiglietta d'acqua nel recipiente di plastica. «Non fare la mammina se non ne sei capace.» commentò. «E comunque non ci vuole una laurea per aprire un biberon.» borbottò.

Un attimo dopo la porta del camper si spalancò e Samuel uscì di corsa, dopo una manciata di secondi scoppiò a ridere. «Che ha?» domandò Crystal richiudendo il biberon.

«Nah, niente.» rispose Kathy, «Ha un pessimo senso dell'umorismo.» disse. Crystal scrollò le spalle, infilò il biberon nella base dello scalda biberon e si sedette.

Marie-Anne li fissò, incrociò le braccia e si sedette, offesa per il modo in cui Crystal l'aveva trattata. Fissò Benjamin, sperando di trovare un aiuto da lui, ma il ragazzo stava parlando con Erik e Kyle. Odiò Samuel, che rideva di lei. Fissò Crystal dare il biberon alla bambina e si sentì ancora più arrabbiata: doveva darglielo lei, non Crystal, o tantomeno Jenna. Non le importava che fosse più grande, in quel momento, mentre la Miratrice rideva a una battuta di Kyle, le sembrò infantile.

«Ti sei dato una calmata, Sam?» esclamò Erik quando Samuel rientrò nel camper.

«Sì.» rispose l'altro, «Scusatemi, è che certe cose sono...» scrollò le spalle, «Così divertenti.» esclamò.

Kathy si limitò ad alzare gli occhi al cielo. «Cosa mangiamo?» domandò.


Avevano appena finito di cenare e lavare le posate — avevano usato piatti e bicchieri di plastica — quando Erik afferrò le lattine di birra.

«Cristal non può bere!» esclamò Marie-Anne, «È minorenne!»

L'altra alzò gli occhi al cielo, afferrò la lattina e la stappò, «Ma taci.» borbottò, «Non è il momento per pensare all'età.»

Marie-Anne spalancò la bocca e fece per rispondere, poi vide Samuel che si tratteneva dal ridere e tacque, non volendo dargli un motivo per prenderla in giro. Afferrò l'anello di metallo e strappò la linguetta, per poi berne un soffio, cercando di trattenere una smorfia di disgusto.

«Come ci sistemiamo per dormire?» domandò Erik, «Assodato che ci sono due coppie,» guardò brevemente Samuel «chi dorme con chi e dove?» chiese.

«Io lassù non ci dormo.» Samuel indicò il letto sopra la cabina, «Rischierei di ammazzarmi ogni volta che ci salgo o scendo.» disse.

«Stiamo noi lì.» disse Kyle.

«Ma sei un mutaforma!» esclamò Erik, «Come fai a essere così impedito?» sbottò e scosse la testa, «I bambini dormono nella camera.» continuò, «Con Crystal, Kathy e Marie-Anne.» disse, «Noi dormiremo qui.» batté una mano sul tavolo.

«Sul tavolo?» pigolò Emily, «Non è scomodo?»

«È un tavolo magico, principessa.» Erik le sorrise e la bambina arrossì, «Diventa un letto.»

«Oh.» la bambina ridacchiò. «Ma io con lei» agitò la mano verso Marie-Anne «non dormo, puzza.»

«Emily!» squittì Crystal, «Non si dicono queste cose.» esclamò, imbarazzata.

«Ma è vero!» ribatté Emily, «Io con lei non ci dormo.» disse e incrociò le braccia.

Erik trattenne un risolino nel vedere il viso imbarazzato di Marie-Anne. «Quindi? Che si fa?» chiese.

«Io dormo per terra.» Benjamin scrollò le spalle e sorseggiò la birra, «Non è un problema. Si accorse che Marie-Anne lo stava guardando e le sorrise, facendola arrossire.

La ragazza pensò che fosse bellissimo e che non le importava se lui fosse di un anno più piccolo.

«Okay.» sospirò Erik. «Quindi?»

«Quindi io e Samuel dormiamo qui.» Kathy indicò il tavolino, «Con Marie-Anne.» aggiunse e strinse la coscia di Samuel mentre lo fissava, «Se ci stringiamo ci sta anche Erik.» disse.

«Cosa? No!» esclamò Marie-Anne, «Io non dormo con due ragazzi!» disse, «La prendo io la camera e dormo con i bambini e con Benjamin.» aggiunse.

«No.» protestò Emily, «Io dormo con Jenna, allora.»

«Anche io.» si intromise William.

Erik chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie per qualche istante. «Jenna e Kyle sul letto in cabina, Crystal e i bambini nella camera, io e Benjamin per terra, Kathy, Samuel e Marie-Anne sull'altro letto.» disse. «Non si discute, chiaro?» domandò fissando Marie-Anne, seduta alla sua sinistra. La ragazza si ritrovò ad annuire, arrabbiata perché avrebbe voluto tanto dormire con Benjamin e perché nessuno prendeva in considerazione la sua opinione, preferendo dare ascolto a una bambina.

«Per me va bene.» esclamò Crystal.

«Cosa siete?» domandò Kathy lasciando la gamba di Samuel e fissando i bambini.

«Elettrocinetico.» rispose William con un sorriso.

«Cercatrice.» rispose Emily, «Trovo le cose.» aggiunse orgogliosa.

Erik, Samuel e Kathy la osservarono sorpresi, «Sei una Cercatrice, principessa?» domandò il primo e la bambina annuì, «Anche io.» sorrise.

«Due Cercatori in pochi metri quadri... è una cosa epica.» esclamò Kathy.

«Due lupi, due pantere, una Miratrice, un forzuto, due Cercatori e un elettrocinetico...» sospirò Erik, «Siamo messi bene, dopotutto.» sorrise.

«E io?» squittì Marie-Anne.

«Tu sei una spatola rosa.» replicò il Cercatore, «E in più lo hai appena scoperto.» disse, «Oltre ad avere paura della tua ombra.»

Marie-Anne lo fissò offesa, «Io non lo sapevo, sono stata adottata e nessuno me lo ha detto.» piagnucolò. «E la mia mamma è morta, non ho più nessuno.» mormorò.

«Se lo ha appena scoperto è normale che sia spaventata.» disse Benjamin — non rivelando che anche sua madre fosse morta — e Marie-Anne gli sorrise, grata che qualcuno la capisse e prendesse le sue difese.

Erik scrollò le spalle, «Abbiamo tutti paura.» esclamò, «Solo che fare l'isterica non è di aiuto.» sospirò, «Abbiamo già tre bambini, averne anche una quarta di ventisei anni è troppo.»

«Come hai fatto a non saperlo?» domandò Crystal, «Mai avuto l'impellente bisogno di trasformarti?» chiese. «Comunque potrebbe essere utile: in volo potrebbe far cadere una pietra in testa a quelle bestie e ammazzarli.»

Marie-Anne la fissò con orrore. «Io non voglio, ho paura.» pigolò.

«Eh, bhe, allora così sei inutile.» commentò l'altra scrollando le spalle, fissò i bambini che iniziavano ad avere sonno e sospirò.

«Erik, hai una sigaretta?» domandò Samuel trattenendo una risata che minacciava di uscire prepotente.

«Certo.» rispose l'altro.

«Oh, se fumate voi lo faccio anche io.» disse Kyle.

«Avevi smesso.» replicò Jenna.

«Tesoro mio, non è questa che mi ucciderà.» esclamò ridendo l'interessato e uscì anche lui, seguendo Samuel.

«Vieni?» domandò Erik a Benjamin che annuì e si alzò in piedi e uscirono anche loro due. Samuel dava le schiena agli altri, le spalle scosse da risate silenziose. Erik alzò gli occhi al cielo a quella vista, «Sam, capisco che certe reazioni di Marie-Anne siano esilaranti, ma cerca di contenerti!» esclamò, recuperò il pacchetto di sigarette e l'accendino dalla tasca della giacca di jeans e li porse a Kyle che si accese una sigaretta, sputò la mano verso Benjamin, che lo fissò per un paio di secondi per poi scrollare le spalle e recuperare una sigaretta.

«Non posso fare a meno di ridere.» gracchiò Samuel voltandosi, «Non è colpa mia se è così divertente!» rise e prese una sigaretta, ringraziò Benjamin per l'accendino, inspirò la prima boccata e fece un risolino. «Dai, insomma... lo vedete anche voi come reagisce!» squittì.

«Ma ridere davanti a lei non è carino.» osservò Benjamin.

Erik sbuffò, «È stupida.» disse, «Se fa l'isterica rischia di farci ammazzare tutti.» disse, «Inoltre ha questa convinzione che lei è la più grande e deve decidere lei.»

Kyle aggrottò le sopracciglia, «Che assurdità.» commentò, «E comunque ora non è la più grande.» osservò. «E si decide insieme.»

Erik scrollò le spalle, «Altra birra?» domandò e gli altri annuirono, così tornò al camper, «Mi passi quattro birre?» domandò a Jenna, «Per favore.» le sorrise e lei annuì. Mentre aspettava, fissò Marie-Anne che cercava di cambiare il pannolino a Sarah.

«Che hai fatto?» domandò la ragazza, «Non riesco a trovare i bottoni del body!» si lamentò fissando Crystal, che se ne stava appoggiata alla parete del bagno.

«Sono pantaloni, non è un body.» esclamò Emily, «Sei stupida?»

Erik trattenne una risata, ringraziò Jenna per le lattine e tornò dagli altri.

«Perché ridi?» domandò Samuel prendendo una delle lattine.

«Perché è stupida.» rispose Erik.

«Chi?» domandò Kyle.

«Marie-Anne.» rispose Erik e aprì la sua lattina, «Voleva cambiare Sarah ma non si è accorta che la bambina indossa i pantaloni e non il body.» spiegò, «Emily glielo ha fatto notare e le ha chiesto se è stupida.» disse e scoppiò a ridere.

Samuel lo fissò e rise, «L'avevo detto che era scema!» gracchiò fra una risata e l'altra. Finirono di fumare e ritornarono nel camper, trovando Marie-Anne che diceva che i bambini non potevano bere del latte perché avevano avanzato la cena — ma la loro parte l'aveva finita Kyle — e che Emily non poteva usare il biberon, perché troppo grande.

«Stai zitta, che sei stupida.» replicò Emily. Samuel scoppiò a ridere di nuovo, Marie-Anne lo fissò offesa e andò a sedersi mentre Jenna scaldava del latte. In breve i bambini ebbero il loro latte. Dopo che lo finirono, Crystal controllò che si lavassero i denti, li aiutò a mettersi il pigiama e rimboccò loro le coperte, poi socchiuse la porta scorrevole. Tornò a sedersi con uno sbuffo e bevve un altro sorso di birra.

«Crystal.» chiamò Kyle, «Per prima... ecco...» si tormentò le mani, «Non è semplice...» sospirò.

«Cosa?» pigolò lei.

«Sei anche una preveggente.» sbottò Kyle.

«Ho due poteri?» gracchiò la lupa.

«Possibile.» disse Kyle. «Quel figlio di puttana di mio padre ne aveva due.» disse.

Crystal inspirò a fondo, sentendosi scossa. Non avrebbe mai immaginato una cosa del genere. «Ah.» commentò, «E farà sempre così?» chiese, «Cioè... nonna non perdeva sangue dal naso, non aveva mal di testa...»

Kyle scosse la testa, «Perché è appena... come dire, esploso.» disse, «Andrà sempre meglio.» le sorrise.

Crystal annuì, metabolizzando — o cercando di farlo — la nuova notizia.

«Bhe, questo spiega quello che è successo prima.» disse Benjamin.

«Cosa?» chiese Crystal fissandolo.

Il lupo scrollò le spalle, «Prima hai gridato un attimo prima che ci sparasse, ancora prima che quello alzasse il fucile.»

Crystal spalancò gli occhi, «Oh.» fece. «Io credevo che fosse solo una sensazione, una cosa logica da fare non pensavo che... che...» deglutì e buttò giù un sorso di birra.

«Ma ci hai salvato.» le sorrise Benjamin, scatenando un'ondata di gelosia e invidia in Marie-Anne. Anche Crystal gli sorrise.

«Bene, adesso abbiamo anche una preveggente.» esclamò Samuel bevendo la birra, «Ora dobbiamo portare le chiappe in Canada.»

«Cose gli è successo?» domandò Erik indicando la camera con un cenno della testa.

«Li abbiamo trovati noi.» disse Benjamin, «Parlavano di mostri che avevano ucciso la loro mamma.» scosse la testa, «Abbiamo controllato.» continuò, «Ed era vero.» sospirò, «Aveva l'addome squarciato e un proiettile in fronte.»

«Dio mio.» soffiò Kathy, sconvolta. Gettò un'occhiata a Sarah, che mangiucchiava un biscotto, e deglutì.

«Già.» fece Crystal, «E poi è stato il delirio: l'auto della donna era stata manomessa, c'era 'sto stronzo di Nelson che domandava dove fossero i bambini e sparava a chiunque non gli rispondesse. Anche se non lo sapevano, lui sparava.» rabbrividì e Benjamin le strinse una mano. Samuel sarebbe scoppiato a ridere nel vedere l'espressione furiosa di Marie-Anne, ma non era il momento adatto.

«C'era anche una volpe mutante.» continuò Benjamin, «Ci siamo nascosti in una casa, i soldati di Nelson avevano detto che i proprietari non c'erano e vivevano a New York.» inspirò a fondo, «Il giorno dopo, cioè ieri, abbiamo incontrato loro.» indicò Jenna e Kyle. «Ci eravamo fermati in una farmacia perché Emily doveva andare in bagno e aveva trovato quella e...» scrollò le spalle, «Abbiamo trovato tre di quelle cazzo di bestie.» sputò, «CI hanno salvato.» disse.

Jenna annuì. «Ci sono le nostre foto in giro.» disse, «C'è una taglia su di noi.»

«Una taglia?» gracchiò Kathy e si affrettò a stringere la mano del fidanzato.

«Sì.» rispose Crystal, «C'eravamo fermati perché dovevamo fare benzina e comprare qualcosa da mangiare. Noi,» indicò se stessa, Benjamin e Sarah, «siamo entrati nel minimarket e prima di uscire mi sono accorta di questi fogli, con le nostre foto. Valiamo duemila dollari da vivi.» soffiò. «Il vecchio del negozio ci ha riconosciuto e voleva spararci addosso.»

Erik si passò le mani sul viso, «Merda.» sbottò, «Merda, merda.» ripeté, «Una taglia?» commentò, «Cristo, questa ci mancava.» disse.

«C'erano anche le nostre foto?» chiese Samuel.

Benjamin e Crystal si fissarono e scossero la testa, «Non lo ricordiamo. Abbiamo notato solo le nostre.» disse.

Samuel annuì, «Va bene.» sospirò. «Siamo nella merda.» commentò, «Che si fa?»

«Niente strade primarie, solo secondarie, meglio se poche battute.» disse Erik, «Ci fermeremo solo se sarà strettamente necessario.»

«Sarebbe meglio prendere le interstatali.» squittì Marie-Anne, «Arriveremo prima!»

«Ma sei scema?» sbottò Crystal, «Non hai sentito la radio, prima?» domandò, «Hai sentito dei posti di blocco ogni dieci miglia?» chiese, «Non ci arriveremo mai, in Canada, se le prendiamo, è solo la strada più breve per finire nelle mani di Erikson.»

«Sì, ma...» pigolò Marie-Anne.

«Ma un corno.» continuò Cristal, «I bambini vivevano in paesino in culo all'universo eppure Nelson e la sua cricca hanno fatto una mattanza, la farmacia dove abbiamo conosciuto Jenna e Kyle non era neppure segnalata da nessun cartello e il benzinaio e il mini market erano quasi in mezzo a un bosco.» ricordò, «Qualsiasi strada prenderemo saremo nella merda, ma è sempre meglio che finire direttamente in bocca all'orco cattivo.»

«Giusto.» annuì Erik, «Ma chi è Nelson?» domandò.

«Un soldato.» disse Jenna, «Uno che ha evidenti problemi al cervello, violento, misogino, stronzo fino al midollo ma a Erikson evidentemente piacciono 'ste cose, visto che lo ha preso con sé.»

«Uno da cui stare alla larga.» commentò Samuel e soffocò uno sbadiglio contro la mano.

Erik finì la birra, «Andiamo a dormire, domani mattina partiamo all'alba.» disse, «Senza storie.» esclamò osservando Marie-Anne, che lo fissò con una smorfia offesa — l'ennesima di quella giornata.

Si preparano per la notte e Crystal straccò il passeggino dalla sua intelaiatura, lo posò sul letto, dalla parte dei bambini e vi adagiò Sarah, che si stava addormentando mentre succhiava il ciuccio e stringeva uno strofinaccio in micro fibra che non aveva voluto lasciare andare.

Jenna e Kyle salirono sul letto in cabina, Erik e Samuel preparano il letto, abbassando il tavolo e piegando una delle spalliere, per poi sistemare un materassino sul ripiano del tavolo. Kathy e il suo fidanzato fecero. il letto mentre Erik buttava per terra un sacco a pelo trovato nel camper. Anche Benjamin sistemò i sacchi a pelo — il suo e quello di Crystal — posizionandoli sopra il materassino da yoga; aveva deciso di sdraiarsi accanto al letto matrimoniale della stanza da letto.

«Se vuoi ci stai.» disse Crystal a bassa voce.

«No, mi va bene anche qui.» replicò Benjamin, «Non preoccuparti, starò bene.» le sorrise mentre si sedeva. «Tranquilla.» esclamò e si sdraiò, fissandola alla flebile luce prodotta dalle luci di cortesia, «Buona notte.»

«Buone notte.» sbadigliò Crystal sdraiandosi.

Marie-Anne fissò la porta della camera socchiusa e sospirò. Voleva — doveva — essere lei quella che dormiva con i bambini e con Benjamin, non quella ragazzina insolente. Avrebbe voluto prendere i bambini e andare via insieme a Benjamin. Sbadigliò e si raggomitolò dicendosi che lo avrebbe fatto sul serio, magari una volta raggiunto il Canada. Allora avrebbe lasciato quello stronzo di Erik, quell'oca di Kathy che non la difendeva mai quando quello stupido di Samuel la prendeva in giro, avrebbe detto addio a quella pazza di Jenna che girava armata di pistole e fucile, avrebbe ignorato quel Kyle che la spaventava appena posava lo sguardo su di lui e avrebbe preso a schiaffi quella smorfiosa di Crystal che faceva la super figa solo perché aveva due poteri.

Sì, lo avrebbe fatto.



Scusate l'enorme ritardo, ma sono stata bloccata :(
'Sto capitolo è stato praticamente un parto: molte scene le ho scritte almeno quattro volte, perché non riuscivo a scriverle come avevo immaginato. E in più sabato scorso mi si è rotto il cavo caricabatteria del portatile e per una settimana non ho potutuo fare nulla, odio scrivere con il cellulare!
E bhe, niente, i nostri si sono ritrovati! Ed ora sono pronti a dirigersi verso il Canada, anche se non sarà facile *risata sadica e isterica*
Grazie a chi legge/mette la storia in una delle liste/commenta.

   
 
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